Opere di

Aleksandr Aleksandrovic Blok

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Poesie tratte da «il silenzio fiorisce e altre poesie», Passigli poesia

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Il celeste non si misura con la mente

Il celeste non si misura con la mente,
l’azzurro è occulto agli intelletti.
Solo di rado i serafini portano
un sacro sogno agli eletti dei mondi.

E la Venere russa mi è apparsa,
avvolta in una tunica pesante,
insensibile e pura, immensamente non lieta,
con nei tratti un placido sogno.

Non per la prima volta è scesa sulla terra,
ma per la prima volta le si stringono intorno,
non gli eroi del mito, ma altri paladini…
E strano è il lampo dei suoi occhi profondi…

Sachmatovo, 29 maggio 1901

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Ombre trasparenti, misteriose

Ombre trasparenti, misteriose
nuotano verso Te, e Tu con loro vai;
nell’abbraccio di cerulee visioni,
a noi incomprensibili, ti perdi.

Sconfinati avanti a Te s’inazzurrano
mari e campi, e montagne, e foreste,
gli uccelli si chiamano nella libera altezza,
la nebbia si leva, fiammeggiano i cieli.

Ma qui, in basso, nella polvere, nell’onta,
scorti un attimo i Tuoi tratti immortali,
l’ignoto schiavo ispirato
Ti canta. E tu lo ignori,

non lo distingui nella moltitudine,
non lo ripaghi d’un Tuo sorriso,
quando, vinto, Ti segue con lo sguardo
che ha gustato la Tua immortalità.

3 luglio 1901

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È terribile il freddo delle sere

È terribile il freddo delle sere,
il loro vento che picchia con angoscia,
l’inquieto frusciare sulla strada
di passi inesistenti.

La fredda linea del crepuscolo
è come il ricordo di un male vicino
e il segno certo che noi siamo dentro
un cerchio non aperto.

luglio 1902

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Entro nei templi tenebrosi

Entro nei templi tenebrosi
compio un povero rito.
Attendo là la Bellissima Dama,
nello scintillio di rosse lampade.

Nell’ombra, presso un’altra colonna,
sussulto al cigolare delle porte.
Ma mi guarda in viso, illuminata,
solo l’immagine, il sogno di Lei.

Oh, sono avvezzo a queste icone
della solenne Eterna Sposa!
Fuggono in alto per i cornicioni
sorrisi, favole e sogni.

Oh, Sacra, come le candele sono
come consolanti le Tue fattezze!
non sento né sospiri, né parole,
ma io credo, Amata: sei Tu.

25 ottobre 1902

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Divampano simboli occulti

Divampano simboli occulti
sul muro sordo, inerte.
Dorati, rossi papaveri
gravano sopra il mio sonno.

Mi celo negli antri notturni
e non rammentano gli austeri prodigi.
All’alba le azzurre chimere
si specchiano in chiari cieli.

Fuggo negli istanti passati,
dalla paura serro gli occhi,
sui fogli d’un libro che gela,
una treccia d’oro di fanciulla.

Su me il cielo è ormai basso,
nero sonno mi grava sul petto.
La fine predestinata è vicina,
e guerra e fiamme mi stanno davanti.

ottobre 1902

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Non uscirò incontro alla gente

Non uscirò incontro alla gente,
mi spaventa il biasimo e le lodi.
Davanti a Te Sola risponderò
di quello che tutta la vita ho taciuto.

Capisco coloro che tacciono
e amo chi è volto all’ascolto:
oltre le parole, di tra il rombo indistinto
si spargerà il luminoso Spirito.

Uscirò alla festa del silenzio,
non noteranno il mio sembiante.
Ma, in me è recondito il sapere
sull’amore per Te senza fine.

14 gennaio 1903

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Le cose si sono compiute

Le cose si sono compiute.
I giorni sono contati.
Qui abbiamo pregato
presso il fiume sonnolento.

Là i ghiacci sono andati
nei giorni di primavera.
E obliati, i giorni!
Come lontani!

Il mio giorno compiuto
ha finito se stesso.
Il mio spirito nudo
canta per tutti.

Stanco, innamorato,
io attendo te,
cupo, insonne,
freddo come il ghiaccio.

4 marzo 1903

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L’invisibile

Gaiezza nella bettola notturna.
Sulla città un’azzurrina nebbia.
Lontano, sotto il rosso crepuscolo,
nei campi fa baldoria l’Invisibile.

Danza nel fango dei pantani,
che ad anello circondano le case,
chiama con gridi lunghi e canta
imitando una nota voce.

Per voi è dolce sospirare d’amore,
cieche creature venali?
Chi ha sporcato di sangue il firmamento?
Chi ha appeso fuori il rosso lanternino?

E latra come un cane abbandonato,
miagola come una dolce gattina.
Getta mazzetti di rose della sera,
che cala nel finestrino delle meretrici…

E irrompe di forza nella nera bisca
una banda di ubriachi e bontemponi,
e ognuno è rapito nella nebbia
da un folla di vermiglie prostitute…

I lampioni sono in un buio di sepolcro,
cessa lo strepito sulla città…
Sopra il rosso astro del crepuscolo
barcolla una risata silenziosa…

L’insegna serale è ubriaca
sopra la porta aperta della bettola…
Si è mischiata alla folla demente
con la coppa di vino che trabocca
su una Bestia di Porpora, la Sposa.

16 aprile 1905

✒ ✑ ✒

Preludio

Ti sei allontanata nei campi senza ritorno.
Sia consacrato il Tuo Nome!
Di nuovo le rosse lance del tramonto
hanno volto aguzze verso me.

Solo alla Tua dorata zampogna
stringo le labbra nel nero giorno.
Se tutte le preghiere cesseranno,
oppresso, mi assopirò nel campo.

Passerai nella propria d’oro, – e io non potrò aprire gli occhi.
Fammi respirare in questo mondo assonnato,
baciare l’irradiato cammino…

Oh,s trappa via l’anima arrugginita!
Dammi la pace coi santi,
tu, Reggitrice dell’immobile mondo e del mare
con la Mano sottile!

16 aprile 1905

✒ ✑ ✒

La sconosciuta

Nelle serate sui ristoranti
l’aria ardente è sorda e selvaggia
e governa le grida degli ubriachi
lo spirito insano della primavera.

Lontano, sulla polvere dei vicoli,
sulla noia delle ville suburbane,
s’indora la ciambella s’un fornaio,
e riecheggia un pianto infantile.

E ogni sera, oltre le barriere,
con il cappello sulle ventitrè,
passeggiano fra i borri con le dame
i navigati bontemponi.

Sopra il lago scricchiolano gli scalmi,
e risuona uno strillo femminile,
mentre nel cielo, avvezzo a tutto,
stupidamente il disco s’incurva.

Ed ogni sera l’unico mio amico
si riflette nel mio bicchiere
e dall’aspro e misterioso liquido
è come me stordito e sottomesso.

Mentre di fianco, ai tavoli vicini,
sonnolenti lacché stanno impalati,
e gli ubriachi con occhi di coniglio
gridano: «In vino veritas!»

E ogni sera, all’ora stabilita,
(o è soltanto un sogno?)
una figura di fanciulla avvolta di seta
si muove nella nebbiosa finestra.

E, passando fra gli ubriachi, lentamente,
sempre senza compagni, sempre sola,
esalando nebbia e profumi,
va a sedersi vicino alla finestra.

Ed emanano antiche credenze
le sue elastiche vesti di seta,
e il cappello con piume di lutto
e la sottile mano inanellata.

E, avvinto dalla strana vicinanza,
guardò di là della scura veletta,
e vedo una riva incantata
e una incantata lontananza.

Cupi misteri mi sono confidati,
mi è affidato un sole sconosciuto,
e un vino aspro ha permeato
tutti i meandri dell’anima mia.

E le oblique piume di struzzo
si dondolano nel mio cervello,
e gli occhi turchini senza fondo
fioriscono su una remota riva.

Nella mi anima giace un tesoro,
la cui chiave è affidata solo a me!
Tu hai ragione, mostro ubriaco!
Lo so, nel vino è la verità.

Ozerki, 24 aprile 1906

✒ ✑ ✒

Uno strascico, spruzzato di stelle

Uno strascico, spruzzato di stelle,
un azzurro, un azzurro, azzurro sguardo.
Fra terra e cielo un falò
sollevato da un turbine,

Vita e morte in un vortice eterno,
tutta stretta in abiti di seta,
sei aperta alla Vie Lattee,
chiusa in nubi di tempesta.

Sono cadute le nebbie soffocanti.
Spegniti, spegniti, luce, dilaga buio…
Tu con la bianca mano, sottile, strana
mi hai dato in mano una fiaccola-calice.

La scaglierò nella cupola azzurra:
traboccherà la Via Lattea.
Sola ti leverai su tutto il deserto
della cometa a svolgere lo strascico.

Fammi sfiorare le pieghe d’argento,
conoscere col cuore indifferente
com’è dolce la mia penosa via,
com’è leggero e limpido morire.

settembre 1906

✒ ✑ ✒

Il silenzio fiorisce

Qui il silenzio fiorisce e spinge
il vascello pesante dell’anima,
e, cane ubbidiente, il vento
lecca i giunchi appena piegati.

Qui in un’oziosa insenatura il desiderio
conduce i suoi vascelli.
Ed è dolce il quieto non sapere
dei lontani mormorii della terra.

Qui a immagini lievi e pensieri
io consacro i miei versi,
e con un languido murmure li accolgono
le concordi correnti del fiume.

E, abbassando languidamente le ciglia,
voi, fanciulle, avete letto nei versi
come le gru di pagina in pagina
siano volate nella lontananza.

Ed ogni suono era per voi un’allusione
e ineffabile ogni mio verso.
Ed amavate nell’ampia largura
delle mie lievi rime.

E ciascuna ha conosciuto per sempre
e mai potrà dimenticare,
come abbracciava, come baciava,
come cantava l’acqua silenziosa.

ottobre 1906

✒ ✑ ✒

Tutto questo è stato, è stato

Tutto questo è stato, è stato,
s’è compiuto il turbine dei giorni.
Quale menzogna, quale forza
potrà revocarti, passato?

In un mattino cristallino e puro,
presso le mura del Cremino a Mosca,
potrà restituirmi la mia terra
l’entusiasmo iniziale dell’anima?

Oppure a Pasqua, sopra la Nevà,
sotto il vento, nel freddo, nel disgelo,
col bastone di notte una misera vecchia
muoverà il mio tranquillo cadavere?

O sulla mia radura prediletta
allo stormire dell’autunno canuto
il mio corpo nella nebbia piovosa
verrà a beccare un giovane nibbio?

O solo in un’ora d’angoscia senza stelle,
fra quattro pareti qualunque,
per una ferrea necessità
mi assopirò fra bianche lenzuola?

E in una vita nuova, diversa,
scorderò il sogno di prima.
e starò a ricordarmi dei dogi
come ora ricordo Kalità?

Ma non sarà passato senza traccia
tutto ciò che ho amato con passione,
tutto il palpito di questa povera vita,
tutto questo inesplicabile ardore!

agosto 1909

✒ ✑ ✒

Tutto muore al mondo, e madre e giovinezza

Tutto muore al mondo, e madre e giovinezza;
la moglie tradisce e l’amico ci lascia.
Ma tu impara a gustare una dolcezza nuova,
contemplando il freddo circolo polare.

Prendi la tua barca, salpa al lontano polo
fra pareti ghiaccio, e in silenzio dimentica
come laggiù a mano, periscono e lottano…
Dimentica la nota contrada di passioni.

E nei brividi del lento gelo insegna
all’anima stanche che di nulla
ha bisogno quaggiù
perché di là precipitano i raggi.

7 settembre 1909

✒ ✑ ✒

Come è penoso andare fra la gente

«Là l’uomo si è consunto» Fet

Com’è penoso andare fra la gente
e fingere di non essere morto,
e raccontare a chi non ha vissuto
il tragico giuoco delle passioni.

E, contemplando il proprio incubo notturno,
trovare un ordine nel turbinio discorde
di sentimenti, perché nei pallidi bagliori dell’arte
si veda l’incendio rovinoso della vita.

10 maggio 1910

✒ ✑ ✒

Io trascino la mia vita

Io trascino la mia vita,
la mia vita sorda, dissennata:
oggi esulto con animo sereno,
domani invece piango e canto.

Ma se è imminente la rovina?
Ma se mi sta dietro la schiena
colui che con la mano immensa
ha coperto lo specchio?...

Dallo specchio sfolgorerà una luce
e, socchiudendo gli occhi nell’orrore,
arretrerò in quel regno della notte
donde non c’è ritorno…

27 settembre 1910

✒ ✑ ✒

Una sfera arroventata, d’oro

A Boris Sadowskij

Una sfera arroventata, d’oro,
manderà nello spazio un raggio immenso,
e un lungo cono d’ombra tenebrosa
scaglierà nello spazio un’altra sfera.

Tale è il nostro mondo sempiterno.
Quel cono è la nostra notte terrena.
Di là da essa nuovamente l’etere
fonde un pianeta d’oro…

E mi fanno paura, amore mio,
i tuoi occhi splendenti:
più atroce del giorno, più terribile della notte
è lo splendore del non-essere.

6 gennaio 1912

✒ ✑ ✒

Aleksandr Blok



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