Opere di

Alessandro Troiani


THE SECRET GARDEN

Da lontano… Se per una volta vi capiterà di aver fortuna, vi troverà proprio così, arrivando da lontano. Un po’ come fa il vento leggero di fine estate. Sapete di cosa parlo, no? Parlo di quel bel venticello tiepido e carico di odori che arriva, vi sfiora soave e impalpabile, vi avvolge e rapisce e vi porta proprio là, dove volevate andare, in un istante. Così, senza quasi accorgervene, voi che farete? Beh, niente. Non farete niente.
Chiuderete gli occhi e la musica vi porterà con sé. Proprio come desideravate e neanche sapevate quanto. Come capita a volte in spiaggia, quando te ne stai sdraiato e pensi che, forse, è arrivato il momento di spostarsi un po’ all’ombra. Allora, una nuvola silenziosa arriva, copre per un attimo il sole e ti strappa un sorriso colmo di beatitudine… Bello, quando vi sorprenderà, quando arriverà inattesa, nell’istante perfetto, quando vi scoprirete a pensare che era esattamente quel che ci voleva, in quell’attimo lì. Non vi è mai capitato? Beh, allora non avete idea di cosa vi siete persi.
Sono poche le belle frasi di augurio da poter dedicare a qualcuno, in grado di cogliere esattamente nel segno. Date retta a me. Una frase del tipo: “Ti auguro di trovare le TUE canzoni…Quelle che saranno la colonna sonora della tua esistenza…” Se dici questa frase alla persona giusta, funziona di sicuro. Sdolcinata eh?! Forse. A me però, è successo davvero. Qualche sera fa, mentre, come al solito, pensavo a lei.
Dunque… Io sono solo, in casa, e me ne sto lì, in piedi alla finestra, nel buio della mia stanza. D’un tratto, arriva in auto un cretino qualunque, parcheggia in doppia fila davanti al bar chiuso all’altro lato della strada, proprio sotto al mio appartamento. Scende dalla macchina; resta così, con il braccio appoggiato sulla portiera aperta. Non so perché, ma mi disturba la sua presenza. Si atteggia a duro, penso. Coglione. Chi credi di essere? Donnie Brasco? Si guarda attorno, poi osserva l’orologio. Venti a mezzanotte. Ad agosto, in città sarebbe ancora pomeriggio. Ma adesso, a gennaio, con questa schifosa pioggerella gelida, mi sa che siamo in pochi ancora svegli, a quest’ora. O forse no.
Si accende una sigaretta e aspetta. Non fa altro. Si tira su il bavero del giaccone e chiude la lampo sul davanti. Allora lo senti il freddo eh? Imbecille.
Lasciate che vi confessi una cosa: sono convinto che esista uno strano me, che si compiace nel rimanere così, a crogiolarsi nel ribollire dei pensieri. Non so a voi, ma a me ogni tanto, capita. E mi arrabbio parecchio quando qualcuno, o qualcosa, mi distoglie dalla mia sacrosanta mezz’oretta di ginnastica mentale masochista.
Proprio così: io me ne stavo in pace, pensando ai fatti miei, ai cavolacci miei e che succede?
Arrivi tu, dannato guastafeste, a fregarmi la mia strameritata fetta di malinconia!? Continuo a fissarlo tra le fessure della persiana abbassata, dalla mia finestra al terzo piano. Mi accarezzo il mento e penso che, forse, è giunta l’ora di radermi. Domani, domattina lo faccio. Che diavolo, sono tre giorni che non mi lavo e non esco di casa. Da un po’ non riesco a scrivere. Chi o che cosa, vale tutto questo? Una donna vale tutto questo? Forse sì.
Donnie Brasco là sotto, per un istante alza lo sguardo sulle finestre del palazzo di fronte, scure come orbite vuote, che lo fissano di rimando, nere e indifferenti.
Se ne sta lì, senza fiatare, a prendersi la pioggerella in faccia, non fa altro che guardare verso chissà quale direzione, così, tanto per romper le scatole a me con la sua invadente presenza. Magari aspetta che qualche tossico si faccia vivo, per comprare un po’ di robaccia. Inutile buffone. Un altro inutile buffone, penso. Come me.
Poi si muove. Getta in terra il mozzicone, lo spegne con il piede, sbuffa fumo bianco dal naso e dalla bocca come un drago, una nuvola lo avvolge e diventa più densa con l’umidità della notte. Se ne va, adesso se ne va. Era ora! Non mi ha fatto niente, non ho neanche la più pallida idea di chi sia ma già lo detesto, non vedo l’ora che sparisca dalla mia esistenza.

Certe persone hanno il dono dell’inadeguatezza, come quei deficienti che si imbucano alle feste altrui, convinti che rimorchieranno, e fanno di tutto per mettersi in mostra…Beh, la festa è finita per te, Donnie Brasco: è ora che sloggi, io devo tornare alle mie impellenti necessità meditative.
Si infila in macchina ma non accende il motore, non chiude neanche la portiera. Rimane seduto con la gamba sinistra fuori dall’auto, il piede sul selciato viscido di pioggia. Non riesco a immaginare quali siano le sue intenzioni e questo mi innervosisce ancora di più. Vedo per un attimo brillare lo schermo di un cellulare tra le sue mani; adesso si mette pure a chiamare qualcuno, che di sicuro dorme…Mi assale il desiderio di vestirmi in fretta e furia, di tirarlo fuori dalla macchina e gonfiarlo di botte, così, tanto per togliermi lo sfizio. Chiudi quel cellulare, imbecille. Accendi il motore, ingrana la prima e vattene! Lo chiude. Non chiama più nessuno. Lo vedo armeggiare per qualche istante sul cruscotto, raccoglie qualcosa, poi si blocca in una strana, innaturale posizione, leggermente inarcato sulla leva del cambio. Esce di nuovo dalla macchina e, di nuovo, si mette come prima, con un braccio sulla portiera aperta, ma stavolta tira su il piede e lo poggia sul pianale dell’auto dopo aver acceso un’altra sigaretta. Adesso mi vesto, penso, scendo giù e non gli dico neanche una parola, lo riempio di calci in culo…Faccio per prendere la felpa dalla sedia, ma mi blocca qualcosa di inaspettato, di imprevedibile. Di sovrannaturale.
Di nuovo mi volto a guardarlo: Donnie se ne sta lì, impalato, a faccia in su. Ma ora niente è più come prima:

……”She’ll let you in her house……If you come knockin’ late at night….”
...... ”She’ll let you in her mouth…..If the words you say are right…” ... ...
”If you pay the price, she’ll let you deep inside…But there’s a Secret Garden she hides…..”

Aspetta… Mentre la voce di Springsteen riempie l’aria fradicia, Donnie resta lì e aspetta, zitto e immobile. Aspetta. Come quei vecchi pescatori che passano ore seduti sul molo, in attesa che qualcosa abbocchi, anche se non c’è mai garanzia che qualcosa abbocchi davvero. Ma il pescatore esperto e paziente sa, se l’esca è quella giusta. Non importa allora quanto sarà lunga l’attesa, tanto lui resta lì. Attenderà, il pescatore. In silenzio, una sigaretta dopo l’altra attenderà. Fin quando avrà ciò che cerca, proprio il pesce che voleva.
La finestra di fronte alla mia, al quarto piano del palazzo sul lato opposto della strada, all’improvviso si illumina di una tenue luce arancione. C’è una sagoma esile e scura nascosta dietro alle tendine. Non può vedermi, ma io la vedo bene, Lui la vede bene…

……” You’ve gone a million miles…How far’d you get …”
.......” To that place where you can’t remember…”
.....” And you can’t forget…..”

Le dita della ragazza si fanno largo tra due eleganti cortine ricamate, poggia la fronte e il naso sul vetro gelato e osserva il tizio là sotto, che continua a non far niente.
La guarda, Donnie. E fuma. Non fa altro che guardare e fumare…Allora lei si sfila la camicia da notte, senza staccarsi dalla finestra, poggia le mani sul cristallo appannato dal suo alito caldo e fissa in silenzio il ragazzo in mezzo alla strada. Non c’è un cane, nessuno in giro. Non posso crederci…Un’intera notte, una notte così, solo per tre persone. Sta per succedere qualcosa, lo sento. E io non mi sono neanche fatto la barba…

.......”She’ s got a Secret Garden…... where everything you want…..”

....... ”where everything you need…..will always stay…....”

...... a million miles away…....”

La Dea della Notte si slaccia il reggiseno, i suoi capezzoli sfiorano il vetro, poi li schiaccia dolcemente contro la finestra. Poggia il nasino perfetto e la fronte, i lunghi capelli neri ora, sono sciolti sulle spalle nude. Riesco a scorgere l’alito vitale di quell’essere meraviglioso, di quell’angelo perfetto, che appare e scompare sulla finestra. Non c’è lascivia nei suoi gesti, non c’è nulla di torbido o fuori luogo in quel che sta facendo. Tutto è perfetto. Lui fa la sua mossa.
Con movimenti lenti, studiati, si china sul sedile di guida. Io socchiudo la finestra, la musica e il freddo della notte mi toccano più da vicino, nel profondo.
Donnie fa scattare una leva sotto al volante, apre il portabagagli e si gira, lanciando un’altra occhiata a lei, che segue ogni sua mossa dall’alto. Solleva la portiera del bagagliaio e, quel che vedo, mi coglie del tutto impreparato, come un calcio nello stomaco.
Cinque, anzi no sette, forse dieci palloncini colorati appaiono improvvisamente in mano al giovane rompiscatole. Li vedo volteggiare per qualche istante sopra la sua testa, mentre armeggia con qualcosa che lo interessa ancora di più di quegli oggetti sorprendenti e assolutamente fuori posto.
Palloncini… Un romantico bastardo armato di palloncini! Forse è meno idiota di quanto pensassi.
Li tiene con la destra, con l’altra mano chiude il bagagliaio, sento il tonfo sordo della portiera che torna a posto. Non dice niente. Cammina al centro della strada e infine, dopo un’ultima occhiata alla splendida visione nuda, immobile dietro alla finestra, li lascia andare…
Come piccoli fantasmi i palloni volteggiano e si innalzano verso il cielo nero che li ingoierà, inevitabilmente, tra pochi istanti. Moriranno così, penso, spariranno nel buio. Ma non riesco ad avvertire alcuna sensazione di malinconia nella scena surreale che osservo. Mi accorgo solo ora che legato al filo sottile dei palloni, c’e qualcosa. È una rosa. Una rosa bianca.
Il fiore per un istante accarezza la finestra della ragazza nuda, estasiata, rapita. Poi scompare nella notte. Lei però non la apre, neanche per seguire con lo sguardo gli ultimi istanti di volo del suo splendido, imprevedibile dono d’amore, prima che l’oscurità lo inghiotta per sempre. Donnie Brasco le manda un cenno, sale in macchina e stavolta se ne va davvero. Sento le ultime note della canzone del Boss che scivolano via dal finestrino dell’auto. Non riesco a pensare. Non riesco più a pensare. Sei il mio eroe, stronzo invadente. Forse al mondo c’è ancora speranza, per quelli che sanno cogliere la magia di momenti come questo. Se è vero, se è vero davvero, forse ce n’è anche per me. La luce arancio è sparita. Tutto dorme.
Ci vuole un goccio, penso, robusto. Si, bello robusto. Mi verso il Bourbon nel bicchiere e lo mando giù d’un fiato. Mi infiamma la gola e il torace ma non riesco a smettere di sorridere, come un ebete, come un bambino. Guardo fuori, di nuovo.
Dormi, merdosa città. Dormi, notte… Dormi, dannata pioggia insistente. Dormi anche tu e magari sogna un po’di me… Dormi, piccola, mio tesoro, mia disperazione, mia gioia, unica amica sincera… Mia puttana, mio angelo dolcissimo, dannazione a te.
Dormi e sogna che, all’improvviso, dal cielo livido e indifferente può sempre cadere una rosa, anche nel tuo giardino segreto.


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