L’Autore ringrazia l’illustre Clinico Prof. Vincenzo Colavolpe per l’opera professionale prestata e per la preziosa consulenza editoriale.
L’Autore ringrazia inoltre la moglie Laura, che gli è stata costantemente vicina nella creazione di quest’opera.
Una baracca piena di amore
Se penso alla nostra vita, piena
di lacrime e pianto, di sospiri amari,
capisco che anche per noi
c’è un poco di felicità.
Solo pane duro sulla tavola nostra,
ma a noi sembra anche troppo buono,
perché sempre non ne abbiamo.
Un giorno intero vagando per la città
e quando poi torniamo a “casa”
tutto è triste, più triste che mai.
Umide notti passate a ricordare
i nostri giorni senza sorriso
illuminati solo da vane speranze;
interminabili notti trascorse
a volte anche ad amare,
dimenticando per un’ora
le tante avversità della vita.
Fuori ancora piove,
dentro fa freddo,
ancora più freddo adesso che
si è spento anche il fuoco.
Ti stringo a me
e tremi di freddo;
ti bacio,
e stai piangendo.
Ma quando poi spunta il giorno
sento che tu mi ami di più.
Non c’è più pane, non c’è più fuoco,
ma l’amore è per noi pane,
l’amore è per noi fuoco.
Abbiamo il sole,
abbiamo l’amore,
abbiamo Chi pensa sempre a noi;
dimmi, che cosa altro possiamo volere?
Non piangere, questa è per ora
la nostra sorte.
Se pensi alla nostra vita, piena
di lacrime e pianto, di sospiri amari,
capisci che anche per noi
c’è un poco di felicità.
Estate 1966
Il canto della solitudine
Io sono solo sotto questo cielo,
sono solo sopra questa terra
che non mi sa mai amare,
solo a vivere la mia vita,
una vita sempre uguale,
m che pure finirà.
Il mondo non sa chi sono io
ed io non so che cosa è il mondo;
però quando viene la sera
io cerco il mondo,
ma il mondo non mi vuole.
E solo guardo queste stelle,
che sono mille soli
per mille e mille occhi
che non guardano mai me.
Stelle, per chi brillate?
Date anche a me un po’ di luce!
Io morirò solo come sono vissuto
e nessuno mai saprà
che anch’io ho amato questa vita
che mi sfugge inutilmente
fra le mani, giorno dopo giorno,
nell’attesa di un amore
che non verrà mai.
Estate 1966
I sogni dei bambini
Un tempo anche io sono stato bambino;
nelle buone giornate il sole mi accarezzava
e ridevo felice correndo nei prati;
allora credevo ancora nelle cose più belle
e vivevo in un mondo di dolci illusioni.
Poi sono cresciuto e ho abbandonato per sempre
i libri di favole, i giochi e le speranze.
Adesso penso ai miei sogni di allora,
ormai lontani e velati di oblio;
essi sono ancora nei miei ricordi
anche se li credevo perduti per sempre.
Oggi qui nel parco è un mattino di sole,
ma io piango amaramente.
Dei bimbi in silenzio
mi stanno a guardare,
degli altri giocano sereni,
gli uccelli volano felici nel cielo.
Non posso, non debbo distruggere
quello che un giorno fu il mio mondo,
perché mi ha dato tanta gioia
e lo ricordo sempre con nostalgia.
Ormai non mi appartiene più;
per questo debbo lasciarlo a chi
saprà amarlo anche per me,
così i miei sogni di allora
continueranno a vivere per sempre
in tutti i bambini del mondo
ed anche dentro il mio cuore.
Estate 1966
Per lei
Un cielo che ha l’immagine sua,
pietre che hanno nel seno
due piccoli cuori,
monti dietro i quali sorgeva
il nostro astro d’amore,
strade che mi portano indietro,
in un mondo lontano,
dove vivevo, per lei,
strade che sanno il mio tempo,
un tempo che fu solo per lei.
Occhi che vedono in me
quel ragazzo che un giorno partì,
gente che ormai mi ha scordato;
ma tutto ancora è rimasto com’era
e tutto ancora mi parla di lei
come a quei giorni,
anche se ormai lei non c’è più.
Nella piccola strada
cerco la fanciulla
che ogni notte sognavo;
torno sulla strada
che va alla campagna,
dove ci trovava per mano
l’aria fresca della sera.
E guardo questa gente
seduta sugli usci,
un mondo che l’ha conosciuta,
guardo queste stelle,
stelle, che sanno il mio tempo,
un tempo, che sarà solo per lei.
Ofena, settembre 1966
Pubertà
Il bisogno di avere
qualcuno da amare,
a cu riportare
infine ogni cosa.
Il desiderio di entrare nel mondo
per sentirti un essere vivo,
ma non avere il coraggio
di voltare per sempre le spalle
a qualcosa che è ancora troppo vicino.
Avere nel cuore una grande tempesta
e non sentirti lo stesso di prima,
senza sapere di essere cambiato.
Come statue di nebbia
al sorgere del sole
vedere distrutti gli idoli in cui
fino a ieri hai creduto.
Fuggire in un cielo di fragili sogni
cercando lontano
quel che il mondo non ha,
per poter dire poi
di averlo perduto.
E senza sapere
essere felice in quel piccolo nulla,
soltanto perché lei ti ha guardato.
Roma, febbraio 1967
Pianto sincero
Più della vita ha potuto la morte,
e stringe quelle mani rigide e tese,
come ad afferrare la sua anima persa,
quelle mani che hanno creato per lui
tutto un mondo di amore
che ha disprezzato.
E le bagna di pianto.
Mamma, perdona quel figlio
che tanto ti ha amato
e non seppe mai dirlo;
guarda: è tornato.
Roma, febbraio 1967
Il padre
Nei suoi occhi di bimba
legge l’amore
per le cose più belle,
che le sanno piacere,
e che sono quel mondo
dove mai entrerà.
Ed è felice di vederla felice,
e fissa quegli occhi,
che tutto possono volere,
anche se mai guarderanno
quelle povere mani
che lavorano per lei,
mani di padre.
Roma, febbraio 1967
Disillusione
L’ho rivista; è cambiata;
non più quella che amai.
E nel tempo che cammina veloce
ho perso così anche l’ultima cosa
nella quale credevo.
Ora lei è diventata una donna,
i suoi occhi non mi dicono nulla,
e la sua voce è come quella
di tutte le altre.
È uscita dal guscio di quella timidezza
nella quale la amavo
per voler essere una donna
e non essere più lei.
Insegue una strana se stessa
in un mondo cattivo
dove non c’è posto
per la fanciulla che amavo.
Ma io non la seguirò
perché voglio restare
tutta la vita bambino
per amare quell’immagine dolce,
svanita in un sogno lontano
che non doveva finire,
perché sento che se ne va con esso
l’ultima parte di un me stesso
che è morto per sempre.
Roma, maggio 1967
Tornerò da te
Quando sono solo
mi assalgono i ricordi.
Vorrei non pensarti,
ma credi, io non ti so scordare;
ti cerco attorno a me
e capisco: solo in te
io ho trovato la pace.
Anche nei ricordi
mi dai un po’ di serenità;
la mia anima torna leggera,
come quando eravamo insieme.
Credi, in questi attimi io sto
legando il mio destino a te,
perché da solo non vivo più.
Per questo tornerò
e so già dove trovarti,
perché tu sai dove aspettarmi,
davanti a un Crocifisso di legno,
fra candele sempre spente;
lì Lui ci aspettava a braccia aperte
per sentire quello che dicevano
due cuori che amavano
per la prima volta.
Tornerò lì nel tuo piccolo mondo,
fra quelle case di mattoni,
basse, circondate dal verde, vicine al mare;
verrò ai primi giorni dell’estate,
fra la gente che ci vide per mano,
per sedermi fra loro, a sera,
a parlare di piccole cose,
ed a guardare nel buio
gli occhi lucidi dei vecchi
che raccontano ai bambini
le storie felici della loro giovinezza.
Forse adesso anche tu mi stai pensando
e i nostri sguardi si incontrano lassù,
fra quelle stelle che guardammo insieme.
Credi, ti voglio ancora bene,
ricordo la tua mano
che era tanto calda,
quando correvamo
sulla strada dei sogni,
che sembrava non finire
e si perdeva lontano, verso il cielo.
Ricordo i tuoi occhi,
la loro luce viva,
quando sognavi una casa di mattoni
come quella di tua madre,
una casa di mattoni tutta per noi.
Credi, quella casa sorgerà.
Roma, settembre 1967
Un’anima gemella
Sento che lei già vive per me,
perché ad ogni passo che faccio
le sono più vicino.
È vero, lei vive con me,
perché a lei dedico
ogni cosa nella mia vita.
Sento che lei già vive per me,
perché le strade di due vite
si stanno incontrando.
Ormai vivo per lei,
perché il mio spirito cerca
un’anima gemella
in cui trovare la seconda metà.
E lei è come un altro me stesso
che io non conosco e vive
in un mondo forse simile al mio,
dove sogna in silenzio i miei sogni,
quando si scioglie felice
dalla vita di ogni giorno
e i nostri cuori si incontrano in cielo,
vicino alle stelle.
Roma, ottobre 1967