Con questo racconto è risultato 12° classificato – Sezione narrativa alla XIX Edizione del Concorso Marguerite Yourcenar 2011,
Questa la motivazione della Giuria: «Il pericoloso viaggio di un biologo allo scopo di indagare sulla misteriosa morte del leggendario professor Linden, esperto di biologia rigenerativa, nonché di contattare il figlio di Linden, figura ancor più enigmatica. Il racconto, tra vicende inquietanti e possibili imminenti realtà, segue un ritmo incalzante con inevitabile colpo di scena che farà emergere l’esistenza dell’”operazione crisalide”, la ricerca dell’eterna giovinezza. Scrittura precisa che rende pienamente l’intenzione letteraria».
Massimo Barile
Linden
Pisa, 24 aprile 2011. Pasqua
Sono trascorsi più di venticinque giorni da quando ho visto per l’ultima volta il mio amico dottor Loris Rego, promettente giovane biologo del CNR di Pisa. Metto per iscritto ciò che mi ha raccontato in quell’incontro, e trascrivo la mail che mi ha inviato ieri. Ho l’inquietante sensazione che se ciò che accoratamente sostiene non è del tutto infondato, presto l’umanità potrebbe trovarsi ad affrontare il periodo più esaltante, ma anche il più pericoloso, della sua storia. Cercherò di riportare il più fedelmente possibile la nostra conversazione, premetto però che sono un umanista e non so nulla o quasi di scienze naturali. Chi leggerà questo scritto mi perdonerà per qualche inevitabile imprecisione o omissione.
Stefano Ricci
Calambrone (PI), 27 marzo 2011.
Mi trovavo all’ippodromo di San Rossore, e da poco, sotto una pioggia insistente, si era conclusa la prova clou dell’intera stagione di corse, il Premio Pisa, quando il mio amico Loris mi chiamò al cellulare. Insistette perché andassi subito da lui, che si trovava in località Calambrone, al riparo nella sua auto parcheggiata di fronte l’ex ospedale ortopedico. Dapprima fui un po’ contrariato per la sua richiesta, perché intendevo rifarmi con le ultime due corse in programma delle perdite al gioco che avevo accumulato nelle prime sei corse, però non potevo rifiutare l’invito di Loris, l’amico di tutta una vita. Evidentemente, pensai, se ha così fretta di parlarmi di persona deve avere i suoi buoni motivi. Così, come del resto fecero molti altri spettatori, complice il maltempo, dopo aver assistito alla corsa principale lasciai l’ippodromo. Avevo parcheggiato l’auto piuttosto distante dall’ingresso, e mi occorsero una decina di minuti per raggiungerla. Riposi l’ombrello bagnato nel bagagliaio, poi salii a bordo. La pioggia che insisteva sui pini del parco dove sorge l’ippodromo era suggestiva, e mi accompagnò per l’intero viaggio, lungo una quindicina di chilometri. Percorsi l’alberato viale Dannunzio, che collega Pisa a Marina di Pisa, e poi i vasti viali a mare, delimitati sui due lati da alti pini mediterranei e da eleganti villette. I viali a mare, di solito affollatissimi nella bella stagione, erano semideserti, ma dovevo comunque non superare i cinquanta l’ora per non infrangere il limite di velocità controllato elettronicamente, ed anche perché la visibilità era pessima. Oltrepassato il centro della località balneare di Tirrenia, proseguii ancora per qualche chilometro nell’ampio viale fino alla località successiva, detta il Calambrone, che sorge al confine tra le province di Pisa e Livorno. Quando giunsi all’altezza dell’ex ospedale, notai immediatamente la Golf grigia di Loris parcheggiata lì davanti. Parcheggiai a mia volta, ma lungo il margine destro del viale, poi presi l’ombrello nel bagagliaio e traversai la strada diretto verso l’auto del mio amico. Vedendomi attraversare il viale, Loris mi fece cenno di salire a bordo della Golf.
«Ciao,» dissi, appena ebbi aperto la portiera. Scossi un poco l’ombrello prima di sedermi per non bagnare l’abitacolo, poi richiusi lo sportello.
«Ciao. Grazie di essere venuto,» rispose Loris. Ci domandammo reciprocamente come stavano in salute i nostri familiari, poi Loris entrò subito nell’argomento che tanto gli premeva. «Scusa se ho insistito per vederti subito, ma devo partire domattina, e non so di preciso per quanto tempo sarò assente,» riprese. «Ho pensato di confidarmi con te perché sei l’unico amico di cui mi fidi ciecamente, e siccome il mio viaggio potrebbe essere pericoloso voglio che almeno una persona sappia esattamente lo scopo del mio soggiorno a Lucerna.»
«In Svizzera. Ma perché dovrebbe essere un viaggio così pericoloso? La Svizzera è uno dei paesi più sicuri e vivibili al mondo…» obiettai.
«Potrebbe essere un viaggio pericoloso,» ripeté Loris. Aveva il volto teso, le sopracciglia aggrottate. «Lo scopo del mio viaggio in Svizzera è talmente importante e segreto che non potrò quasi farne parola con nessuno neanche per telefono o per posta elettronica.»
A quel punto ero in massimo grado incuriosito ed eccitato dalle parole di Loris. Intuivo tuttavia qualcosa di oscuro in quei discorsi, e in cuor mio avrei preferito che non mi avesse coinvolto, pur con tutto l’affetto che gli portavo e tuttora gli porto.
«Francamente, non capisco a cosa alludi…» dissi. La pioggia che ancora cadeva copiosa faceva sembrare l’asfalto di un tetro colore nero lucido, particolare che, sommato allo scarso traffico e all’assenza di pedoni, rendeva il luogo dove Loris mi aveva dato appuntamento vagamente inquietante.
«Cercherò di spiegarti brevemente, e allora capirai i miei timori,» mi disse Loris. «Due anni fa, dopo aver lasciato il suo incarico all’università di Ingolstad per raggiunti limiti di età, il professor Konrad Linden si trasferì pressoché stabilmente a Pisa. Qualche volta ti ho parlato di lui…»
Annuii con un leggero cenno del capo.
«Secondo molti, Linden è di gran lunga il massimo esperto al mondo di biologia rigenerativa,» riprese Loris. «Delle sue ricerche, però, si hanno notizie solo per “sentito dire”, la sua attività di scienziato è sempre stata ammantata di un’aura di leggenda. Non ha mai pubblicato alcunché su nessuna rivista scientifica. È rimasto ai margini della comunità scientifica perché ha sempre insegnato ai suoi allievi ad operare senza alcun vincolo etico, e pare che anche nei suoi segretissimi studi non si sia mai fatto scrupolo di niente. È nato a Lucerna, città natale di Victor Frankenstein, ed ha studiato e insegnato all’università di Ingolstad, proprio come il famoso personaggio letterario. Questo mito lo ha certamente influenzato se, come è vero, lo scopo ultimo dei suoi esperimenti è la scoperta della “fonte della giovinezza” che permetta di evitare le conseguenze nefaste dell’invecchiamento e delle malattie…»
«So che siete vicini di casa…» dissi.
«Eravamo vicini di casa,» mi corresse Loris. «Il professor Linden è morto una settimana fa. Da un po’ mi diceva di non sentirsi bene. A Pisa frequentava l’ambiente universitario, della ricerca e della medicina avanzata, ma posso dire di essere stato l’unica sua vera amicizia, se così si può definire un rapporto rimasto comunque fino all’ultimo entro i limiti di una grande riservatezza. Sembra sia venuto a Pisa suo figlio per accompagnarlo nel viaggio in aereo. Il professore mi salutò dicendomi che suo figlio lo stava aspettando all’aeroporto, e che sperava di rimettersi presto in buona salute, allora sarebbe tornato a Pisa. Invece…»
A questo punto Loris interruppe il racconto. A me parve che fosse molto turbato per la morte del professore. Per quanto la comunità scientifica diffidasse di lui, Loris gli era sinceramente affezionato.
«Così, il professore aveva un figlio…» dissi, più per riprendere il discorso che per reale interesse. «Era sposato?»
«No, Linden non era sposato. E quel suo figlio è probabilmente la parte più misteriosa della sua vita…» rispose Loris.
«Dio mio, che razza di amico ti sei scelto! Troppi misteri…» esclamai, convinto com’ero, e come sono tuttora, che chi fa troppo il misterioso ha cose scomode da nascondere.
«E il bello deve ancora venire…» riprese Loris. «Nell’ambiente scientifico da parecchio si vocifera dell’esistenza di un figlio di Linden, che dovrebbe avere circa venticinque anni. Stando a certe voci, il giovane sarebbe nato da una clonazione…»
«Cosa?» esclamai indignato.
«Sì, potrebbe essere frutto di una clonazione avvenuta oltre dieci anni prima di quella della pecora Dolly del 1997. Io sono portato a crederlo…» rispose Loris con la massima serietà. «Due giorni fa il figlio di Linden è venuto a Pisa per prendere alcuni oggetti personali del professore nell’appartamento che aveva preso in affitto. Così ho avuto modo di incontrarlo. È un bel ragazzo, alto, biondo, assomiglia moltissimo al padre…»
«Vuoi dire…che il figlio di Linden non è che Linden stesso clonato?» domandai alzando la voce, travolto dal disgusto.
«Sì,» rispose semplicemente Loris. «È una pratica che ufficialmente non è mai stata eseguita, ma in questo caso, considerando le capacità e la totale assenza di vincoli etici del professore, potrebbe essere più che verosimile.»
«Ma tu…tu che c’entri con tutto questo? Perché devi andare in Svizzera? Sei forse coinvolto…» domandai concitatamente.
«Calma…calma…» rispose Loris. «Il professore ha parlato di me al figlio, e mi ha descritto come un giovane, brillante scienziato. Così, Karl mi ha invitato a casa di suo padre a Lucerna per farmi esaminare delle ricerche che Linden stava conducendo sulle cellule staminali pluripotenti indotte, note come iPSC. So per certo che Linden in questo campo ha raggiunto un livello di conoscenza straordinariamente avanzato, e do per scontato che conoscesse questa tecnica di riprogrammazione delle cellule ben prima dei suoi inventori ufficiali, una equipe di studiosi giapponesi dell’università di Kyoto…»
«Di cosa si tratta? Per te sono cose scontate, ma…» lo interruppi, volendo raccapezzarmi quel tanto da poter seguire il filo del discorso.
Loris sorrise. «Le iPSC sono cellule adulte riportate allo stato embrionale, stato in cui la cellula può trasformarsi in uno qualsiasi dei 220 tipi cellulari che compongono il corpo umano. Ciò si ottiene veicolando in una cellula adulta quattro geni selezionati: Oct4, Sox2, Klf4 e c-Myc. La loro applicazione più eccitante e futuribile è la rigenerazione di tessuti dell’organismo danneggiati da malattie. Ma questo, stando a quanto qualcuno in segreto vocifera del professor Linden, non è futuro ma realtà…Immagini perché ti ho dato appuntamento qui?»
Scossi la testa, confuso. Quel continuo sentore di mistero che permeava tutti i discorsi di Loris mi sembrava opprimente.
«Perché in questo ospedale dimesso,» riprese, «una notte, qualche mese fa, pare abbia trapiantato neuroni derivati da iPSC ad uno scienziato colpito da Parkinson in età relativamente giovane. Sembra che Linden fosse assistito nell’operazione da non più di tre persone, tutti ricercatori che lavorano a Pisa. Stando a quanto si mormora, lo scienziato sarebbe guarito. Molto probabilmente questo era il motivo per cui Linden si trasferì a Pisa. Forse lavorava in segreto con medici locali allo stupefacente obiettivo, che secondo attendibili specialisti in materia avrebbe dovuto essere raggiunto tra più di dieci anni. Tuttavia, come sua abitudine, ancora una volta Linden impose il silenzio. Qualcosa però si è saputo…»
Rivolsi lo sguardo verso l’ospedale dismesso. Sorge ai margini di una pineta che parzialmente lo nasconde alla vista dei passanti. La pioggia che ancora insisteva, ammantava di malinconia il luogo dove, pare, era stata scritta una pagina importante nella storia della medicina, seppure con modalità alquanto poco ortodosse.
«Finalmente il quadro mi è piuttosto chiaro,» dissi voltandomi verso il mio amico. «Parti per la Svizzera per saperne di più, e magari, se entri particolarmente nelle grazie del figlio del professore, per diventarne in un certo senso l’erede, sfruttando i suoi studi…»
«Hai capito perfettamente,» rispose, accennando un sorriso. «Questa può essere un’opportunità gigantesca per la mia carriera. Ma quando si cerca di mettere le mani su cose di questa importanza bisogna tenere conto che i rischi possono essere elevati. Anche dando per scontata la buona fede del figlio di Linden, immagini quali giganteschi interessi economici smuove una scoperta del genere? Ma ho deciso di correre il rischio. Sono single, non ho figli. I miei genitori sono d’accordo affinché sfrutti questa grande opportunità per la mia carriera, anche se non sanno come stanno le cose fino in fondo. Per non farli stare in pena, non gli ho raccontato tutto come ho fatto con te. Ho preso un mese di ferie, che penso sia il tempo necessario per studiare i lavori che il figlio di Linden mi farà visionare…»
Stemmo ancora una ventina di minuti in macchina a parlare, senza peraltro sollevare altre questioni degne di nota, tanto che a poco a poco i nostri argomenti di conversazione si fecero più leggeri. Quando salutai Loris facendogli gli auguri, non immaginavo quale incredibile piega avrebbero preso gli eventi.
mail del 23 aprile 2011
Riporto il testo della mail che mi ha inviato ieri Loris.
Caro Stefano
Ti avevo detto che per motivi di massima segretezza non ti avrei dato notizie né per scritto né per telefono sull’andamento dei miei studi, ma quanto è accaduto supera ogni logica e devo assolutamente fartelo sapere, anche perché ora temo davvero per la mia vita. Oggi è san Giorgio, e secondo certe leggende in questa notte tutti gli spiriti maligni sono liberi di vagare per il mondo. Credo sia vero. Ti scrivo col mio notebook mentre mi trovo nella camera degli ospiti della casa di Linden. Non riuscivo a prendere sonno, e poco fa ho sentito qualcuno che apriva la porta d’ingresso con le chiavi. Poiché Karl, il figlio di Linden, era in casa, ho temuto che si trattasse di ladri. Poi ho sentito che Karl parlava con qualcuno, che dalla voce mi sembrava una donna di età piuttosto avanzata. Sono sgattaiolato furtivo fuori dalla camera per cercare di carpire qualcosa dei loro discorsi. La conversazione era in tedesco, ma conosco abbastanza la lingua da poter seguire il senso di un discorso piuttosto agevolmente. Karl chiamava la donna “amore mio”, e le diceva che era giunto il tempo in cui anche lei avrebbe potuto sottoporsi “all’operazione crisalide” senza correre rischi, cioè le stava proponendo il trattamento che già aveva sperimentato su se stesso per ringiovanire. A questo punto ho capito l’incredibile realtà: Karl Linden non esiste. Altri non è che il professor Konrad Linden tornato giovane. Linden ha dunque davvero trovato “la fonte dell’eterna giovinezza”. Mi ero già reso conto che i suoi studi sono incredibilmente avanzati rispetto alle conoscenze scientifiche ufficiali della nostra epoca, ma non supponevo fosse arrivato a tanto. Purtroppo, mentre rientravo in camera ho fatto un piccolo rumore, poi ho sentito Linden che si avvicinava alla porta della mia stanza. Probabilmente ora sospetta che io abbia scoperto il suo segreto. Comprenderai facilmente che ho ragione di temere per la mia vita. Vada come vada, adesso almeno tu sai.
Spero di rivederti presto, amico mio
Loris
Pisa, 24 aprile 2011. Pasqua
P.S. Mentre attendo con ansia di avere notizie di Loris, rileggo la sua mail e penso con smarrimento e terrore che adesso il vecchio mito di Frankenstein cammina davvero nelle strade del mondo. Dubito che l’umanità saprà conviverci.
Stefano Ricci
Andrea Polini