Antologia delle più belle poesie del Premio Antologia del Premio Città di Melegnano 2008
Giuseppe Bellisario
Esistere
Sopportar
di esser se stessi
il peso.
Deluso affranto offeso
da tutto tanto troppo
e camminar
da corridore zoppo.
Mai rinuncia
a ciò che si è
potrebbe esser più grande:
rammarico
da morente
di non esser vissuto.
Bruno Bracchi
A Giancarlo
Tu mio maestro…
Eri parente tu al padre mio
Per via dell’ali e per la triste gioia,
per la forte risata e il rapido scurirsi dello sguardo,
fuggito via verso lontani mondi.
Tu mio maestro sui bianchi alianti dalle grandi ali,
mi conducevi a Lui, spiralando nel cielo,
e superando i monti nell’azzurro.
Sospeso a volte nello spazio, quasi fermo,
fermavo il tempo, cancellando passato e futuro,
e poi, in picchiata, risvegliato dall’aria e dal suo sibilo tagliente,
inclinavo il cuore, scivolando d’ala all’improvviso.
Tu dietro me, a proteggere il mio volo,
a correggere errori, a contenermi…
A terra, poi, ricordo il tuo sorriso,
un po’ celato, per le mie emozioni,
e per il dono di avvicinarmi a Lui
nel Grande Cielo.
Michele Cappetta
Occhi d’inganno
Era solo un inganno,
una beffa crudele.
La mia dea dagli occhi d’orizzonte,
quella dama del cielo e del mare.
Pensavo fosse un miraggio,
poi oasi nel deserto,
ed ecco,
si dissolve,
sfuma,
perde colore.
Cristallo lucente
tutto in frantumi.
Marianna.
Rimane donna,
non è più dea.
Antonino Causi
È tardi
È tardi ma non per te
giglio gentile del mio cuore.
Trattengo la tua figura angelica e celeste
per non farla sfuggire
in un fosco dirupo d’incertezze amletiche.
Assaporo il tuo piacere e lo trattengo
perché non si perda fra le pungenti ortiche
di gelose rivalità.
È tardi, ma voglio stare ancora
con te e pregustare
ogni tuo momento, calore, respiro e insieme
cullarci in un eterno abbandono
fra mistiche ebbrezze
come due magneti che si attraggono
in un lontano empireo bramato.
Gianna D’Andrea
Tra il sogno e l’attesa
Mi sovvieni in grembo
vestito d’astri già pronti al tramonto,
tra torpore d’ape operosa e il cipiglio delle guardiane.
Sbuffa un cane affannato alla vita
tra la bava e le zanne reduci.
S’arrampicano gatti stridenti
agli arbusti piangenti linfe campagnole e arse,
come lacrime alla preghiera delle vergini.
Nel letto dei vecchi l’Ave Maria,
quello dei giovani fiorisce e rinfranca Venere.
E tu vieni dal sangue,
e ora ti stillano gli occhi,
e dall’amore, l’amore alle labbra.
D’un solo battito al cuore mi sovvieni,
narciso di campo alla vita.
T’offrirò a culla le braccia,
il canto a nenia
e il petto sempre, alla gioia e al dolore.
Non ti conosco ancora figlio
e già t’amo,
nel cielo ove sei in braccio alla Madonna.
Il mio petto ti chiama
E tu già rispondi Madre!
Dal cielo, pei monti ed i campi,
le forre, i valloni e le gole
della terra mia, che già è la tua
e ti da vita.
Sergio Da Palma
Controluce
Ho lasciato
che una vanessa
dipingesse di rosso sfumato
il cielo del mio azzurro vivere,
donandomi scie di sogni corallini,
respiri ansimanti per giovani avventure,
lacrime di romantica sofferenza
che tramontavano
sempre più
tra le note di un cullante pianoforte…
Davanti a questi ricordi,
polline elegante
di primavera,
volto pagina e
sorrido,
riscoprendo di nuovo me
in un lirico controluce.
Luigi Di Legge
Dammi la vita
Cambio un mattino
con la tua notte
cambio fatica
con il tuo miraggio.
Cedo misericordia
e cinismo
per la tua unica canzone.
Il negozio è aperto
gli scaffali sono vuoti
l’uomo al banco
aspetta clienti.
Mercato
Mi sono venduto l’anima
Mi sono venduto il corpo.
Ma Nuovi Mercati dicono
che posso ricomprarmeli.
Giuseppe Falzone
Sola
Dalla nuova stanza,
senza ricordi,
ti trovi smarrita,
senti la voce del treno,
ti sfugge di mano,
per andare lontano.
La tua esile figura,
indifesa, stanca,
si poggia adesso,
su un legno
preso per caso.
Con lui cerchi la forza
di un tempo,
ti segue ovunque e,
con dolcezza,
ti prende per mano.
Tu, per un attimo,
rivivi il passato.
Dai tuoi occhi velati dal tempo,
una lacrima scende pian piano
nel silenzio della notte.
Fiorenza Fanicchi
Colletto azzurro
Tu solo ora riempi i miei occhi
Si placa l’affanno un istante.
La mano, già scarna, trattengo.
Timore leggero, pacato respiro.
La morsa che tutto ti tiene
Un attimo sembra placarsi,
il demone dorme
o riposa.
Chiusi sono i tuoi occhi
ma senti,
rispondi con lento abbandono,
la mano, leggero, mi premi.
Negli occhi, pur chiusi, mi tieni,
mi senti.
Ignoto fratello
un attimo breve il fardello
portiamolo insieme.
segno distintivo dei volontari ospedalieri
Daniela Frignani
Opera 10^ classificata
Attraverso te
Attraverso quale segreto, quale via,
con che guida e per quale porta
io sia giunta qui, nell’intimo giardino,
nel chiostro silenzioso della tua anima
luminosa, colorata da una natura vigorosa,
la mia pelle accarezzata di brezza primaverile,
qui, fra la fragranza dell’incenso dei tuoi sacrifici
e la maestosità solenne della tua solitudine…
non so dire, mio signore, per quale strada
in virtù di quale desiderio o furore
io veda, ora, qualcosa di te in ogni luogo
e le tue sembianze nei passanti.
Oltre i pregiudizi, controversa, scopro la tua grandezza –
perché parli di luce ai ciechi? –
sublimi accordi hai attivato in me
e semi rari sono le tue parole
che cresceranno, con cura, nel mio cuore.
Non potrò che darti il mio animo puro
e la mia spada non ti verrà mai meno,
ti renderò lo spirito che ha dissetato il mio spirito
guardando oltre il futuro dove mi hai condotta.
Amo lo spasmo ed il tempo di cui mi hai riempita
e non avrò bisogno di profezie
solo del mio centro, vaso di cristallo,
rimasto nelle tue mani, fragile,
colmo di visioni e poesia
della mia storia e del nostro essere uomini.
Troppa distinzione tra noi ed i nostri respiri
e il tormento di te nell’anima
è la mia anima stessa.
Gabriele Gabbia
Vedo spalle nei tuoi passi
e la morte della mente
avvicinarsi.
Questa cesura da Te
non consola, semmai ricama,
dispiega occulta
l’ordire dei giorni.
Patrizia Gori
Prossima fermata, Genova
Sul fotogramma di una pellicola impazzita
vetro dopo vetro
scorre il richiamo del mare.
Scusi è libero?
Valigie, sorrisi, cappotti ripiegati.
Di quanto il ritardo? Perderò la coincidenza.
Corrono le case a schiaffeggiare vite immobili
sedute
nell’abitacolo dai vetri appannati.
Al controllore che pretende biglietti
vorrei chiedere del mare
dei suoi irraggiungibili abissi.
Ma entra qualcuno, si fa spazio.
Una valigia ancora
ancora un cappotto.
È lunga la corsa.
C’è tempo di abituarsi a volerci vivere per sempre
sulla carrozza 16, posto 51.
Desiderio insolito
sbilanciato da una parte sola.
Prossima fermata Genova!
Scendere ha il sapore dell’esilio.
Damiano Gregnanin
I sogni
Speranze, illusioni,
strapiombi infiniti,
bui da non sentire la fine.
Solitudini, amori,
spiagge desolate, notturne… lunatiche…
mancanti riflessi sulla battigia.
Umori, ricordi,
sempre più affollati, ondeggiano…
con il passare del tempo.
Eccitano, sfiniscono,
fino al fatidico rintocco…
la sveglia.
Christian Manzini
La voce del Dio
Quando il sole ormai chino all’orizzonte
inonda di dorati riflessi la terra,
quando la stanchezza del giorno che finisce
rapisce le tue stanche membra
e nell’aria un’armonia si insinua
dolce, tenue e pulita voce
come una carezza in una notte piovosa
come un velo di serenità sul quale adagiarsi
non è un suono che si riconosce
nemmeno parole che tu rimembri
è un canto fatato nel mezzo di luce ed ombra
è un’onda lenitiva che attenua il dolore
è un mondo nuovo in un pensiero
tremendamente rapido ma dolce,
è un pianto di gioia vera
che nessuno può vedere…
triste, cala l’intensità
per scomparire nella notte
mentre una lacrima cade fuggente
in cerca della voce morente…
Papa Amadou Ndao
Negro Spiritual
Ah lor avevano temuto
Una vendetta feroce
Quando vi fu la ribellione
E i politici dicevano
«Meglio farli tornare in Africa,
Questo ci potrebbe costare caro»
Zona tampone
La terra degli schiavi ritornati
Oggi Sierra Leone
E invece la musica
Fu di jazz, blues e soul
Ah che dolce vendetta
Che violenza melodiosa
Ku klux klang
Questa gente non è così malvagia
Ad ogni modo
Chi non ha sofferto come loro
Mai potrà creare
Il vero blues il vero joazz e soul
Heart stirring lusic
Musica che tocca l’anima
Ciò che l’uomo nero fa
è magico
Lasciatemi cantare forte la mia musica
Per favore
Eleonora Paoletti
Ad occhi chiusi
Sospiri
sotto il manto argentato della terra
Sospiri
Insieme all’ondeggiare dell’erba primaverile.
Contemplo ciò che fu
nel mistero del presente,
tempio sacro del divenire.
Verdi distese di sogni
cavalcano la mente
nel chiarore dell’aurora.
Aridi deserti di speranza
dissetano la mia dedizione.
Contemplo ciò che fu
nella misericordia della tua mente,
tempio sacro del mio divenire.
Verdi foglie muoiono
in questo nostro inverno.
Aride danze
nelle stanze mie segrete
smarrita rendono la dedizione.
Ella fanciulla fu
tra le mura del tempio
profanato dal tuo cadere
sotto il manto argentato della terra
insieme all’ondeggiare dell’erba primaverile.
Alberto Rovelli
Il mio desiderio… sei tu
… nel buio della notte,
con il riflesso della luna,
sullo specchio dorato del mare,
due complici ombre,
ritrovano l’amore…
Ho ammirato il tuo sguardo,
ho contemplato il tuo corpo,
mi sono rivolto al tuo cuore,
ed ora,
la splendente luna,
ci riconosce,
nel magico mondo dell’amore.
Dolce l’incanto degli occhi tuoi,
maestoso il tuo corpo,
puro l’amore,
che dal profondo tuo cuore,
si impadronisce del mio respiro.
Il desiderio più sognato?
Che,
questo idillio,
non abbia mai fine.
Solo così,
la lucente luna,
ci ritroverà,
avvolti,
nel tenero gioco dell’amore.
Ogni notte.
Per l’eternità.
Camilla Stalfieri
Amarezza e amore
Impervio percorso di spazi e orizzonti,
vociano al cuore sconforto e sorriso.
A pugni chiusi cogli i cocci di un amore
fantasticato nel buio,
il labirinto dei ricordi non cancella.
Occhi incantati da folate di sguardi,
intrappolati da una luce dove riflette
la soavità di un amore.
Ora squarcia quei pugni e lancia
i cocci del passato,
un sentimento nuovo prende posto
in quell’anima elevata dove i pensieri
illuminano il mistero nella quiete del tempo.
Alice Trabucco
Dio non sa di questa spianata
dove latrano i leoni marini
di un cappello di signora
che impigliò il vento
a un ramo di mirto.
Tu dalla Luna
osservi una distesa
compatta e piatta
e io mi chiedo
di che luce brilli la notte.
Un soffio non calibrato
c’è il latrato ferino
che io non capisco
e ogni discontinuità di scoglio
è la caduta leggiadra
d’un cappello col fiocco.
Dio non sa
di addensamenti nebbiosi
che fanno croceo l’oceano
e antracite la sabbia
e di eco che son gabbiani
a picco verso l’abisso
ma vede una distesa
compatta e piatta
e si chiede
di che luce brilli la notte.
Una radiazione cosmica
che si porta in tasca
la voce dei pianeti,
falla ascoltare all’uomo…
all’uomo sulla Luna
che non sa che vita
abbia vissuto.
Petra Trivilino
Ruggine
Stridere in un marmo
di gelso.
Crescere con la crepa nel cuore
di tuo padre che minaccia
e tua madre tagliata in due.
Credere di essere nessuno
e involvere verso il niente.
Guardare nel vuoto, nel cerchio
del Sole alla finestra…
Correre in alto
per respirare quello che hai sempre
desiderato da anni:
una famiglia
e una vita sola per se stessa.
Credere che in mezzo all’acqua
di una vasca ci sia una visione differente
della giornata,
e in quella di un bicchiere
una sfumatura migliore.
Se non cambierai mai,
non vedrai mai
se in quell’acqua,
in fondo al quel pensiero,
in fondo a quel desiderio
e a quell’apatia…
tu stai diventando un ferro arrugginito,
nei tuoi pochi anni.
Giovanni Vanni
Ho perso un sogno
Petali di fiore azzurro
come polvere d’aria
sfumano tra le dita
lasciano
mani aride aperte
a accogliere niente.
Nell’atmosfera insipida
frantume di sogni
cementa transenne
come sabbia spegne
lampi di cuore.
Un’alba strana spolvera
il mio crepuscolo.
Con voce di pietra
l’usignolo canta
malinconia che uccide
la pioggia abbandona il cielo
sotto gelo di stelle.
Anche il mare
è triste.