BRUNO AMORE
Con la Paura
Urlo lancinante un silenzio, da un
sentire sepolto,
profondo. M’impedisce perfino il
respiro,
mi stringe la gola senza voce. Così
dentro la notte, quando si spengono
i tardi bagliori della sera,
mi ritraggo ad ingoiare le ansie,
le paure.
E occhi gialli foschi spuntano
dai muri grigi
della città, spiano le vie. Sogno di buio
in buio
scansar l’ombra mia spossante, che
mi insegue.
Chiamo, più forte di mai, ne esce un
timbro ignoto,
come un soffio infrasuono che
scende nel gorgo
della coscienza. Lo strido straziante
del muto,
al vicino, distratto da un sogno, che
passa via.
LUCIA ANNA ARSENI
Ho aperto lo scrigno…
Ho aperto lo scrigno dei tuoi silenzi,
nella speranza di un pensiero perfetto,
ho
atteso sulla riva
sotto un platano d’argento,
soffocando nelle tasche il mio orgoglio.
Con gli occhi piagati
ho afferrato il tuo sguardo
oltre orizzonte
e un tonfo di pietra
tradiva la tua assenza.
Perduta, come una foglia nel suo vortice,
ti inseguo nelle notti
ancora gravide di silenzio
cercando uno spiraglio, una parola,
tra i tuoi gesti e le tue labbra.
E non più…
e non c’era la luna
oltre il vetro della mia stanza.
Notti
Notti confuse
in pensieri spettinati,
nebulosamente beccheggiano
nel giorno.
Svettano versi
sulle labbra del vento
mentre le nubi
allungano distanze.
I ricordi si scolorano
in cumuli di assenza.
BRUNO BRACCHI
Con ali nuove
(A Romano)
A Rodi in un campo polveroso,
con l’aria densa e ferma
nella grande distesa della pista
Tu senza ali
Sollevavi al cielo lo sguardo attento,
e con le orecchie tese spiavi il rombo
che saliva dal vuoto lentamente,
e l’apparire di quei grandi uccelli
vibranti e cupi come oscuri dei.
Tu, ad ogni ritorno, trepidante,
cercavi il comandante tuo in mezzo a loro,
il suo “Sparviero” ed il suo sguardo triste.
Poi ti placavi fino al nuovo volo
del bombardiere dal ventre pesante
e alla sua incerta sfida con la morte.
La fine della guerra ti ha portato
ad altri luoghi ed altra vita,
e poi, un giorno all’improvviso,
il comandante tuo è andato via,
senza “Sparviero”, senza bombe e nemici,
in un volo di pace di dicembre…
Dopo tanto tempo Tu mi hai cercato,
portandomi di Lui frammenti nuovi,
ricordi cari, presenze silenziose,
ricucendo con me
la vostra storia sospesa nel ricordo.
Ora Tu pure, con ali nuove,
hai decollato verso l’Infinito,
e raggiungendolo, compagni nel volo,
con destrezza sfidate vertigini assolute,
nel roteare dei cieli senza fine…
MICHELE CAPPETTA
Anima violata
Grattava la patina con la speranza,
svelando una frase incompleta
che la guidava passo dopo passo in un labirinto di dolore.
Pensava di essere sfuggita al buio,
vivendo,
ridendo,
ma la sua ombra la seguiva sempre.
Era ancora piccola e gli occhi negati ai colori pastello
fissavano il sudore di un adulto e di una bestia in un unico corpo.
Le violenze di un padre malato non le sfioravano più l’anima ormai
arida, perduta,
venduta per inibire l’agonia.
Odiava il passato, Cenerentola senza scarpette,
piangeva il presente, in una carrozza senza cavalli,
non voleva un futuro,
convinta che i cuori continuassero a sparare con i loro rimbombi
nel petto.
L’aria della scogliera non la fece sorridere;
sfiorò la libertà mentre volava per pochi attimi.
Il cuore non aveva più cartucce,
e il dolore svanì nel buio,
dov’era vissuta anche lei per poco e troppo tempo.
FANTOMAS
Ergastolano
Chiuso nel bocciolo
rinchiuso da ergastolano vitreo e immobile
La lanterna è spenta
il sole tace il vento dorme
la nebula sbadiglia
la boccia si schianta
Sì la boccia della mia testa cruda
questa mela non priva di crisalidi e di bruchi
di sogni e di fantasie incespicate
Mi trovo zittito come un fungo velenoso
un eczema pruriginoso e inutile
che non sa piangere
Gialle pesche sul cabaret che assaporano di niente
vellutate pelli di frutti acerbi sedimentati
Rinchiuso in un vomito profumato
aspetto di essere libero dalla vita
Fonte
Fonte di acqua secca e di legname
estate fumosa di acre letame
la trebbia che miete
la fonte che ha sete
bacille di gocce si snodan contorte
un rivol di fango che gioca di MORTE
TIZIANA CARLOTTI
Ricordo
Un grido, un pianto, una disperazione… inutile… il dopo…
Il presente e poi il dopo… Di un passato che resterà.
Immensa distesa di margherite senza petali…
Il ricordo assottiglia la strada.
Non più curve né vento, pioggia e sole.
Il tempo scorre,
il tempo veglia.
Nel soffio di un dolore intramontabile,
il delirio di ogni giorno
senza scusa né parte
di un pensiero oramai incessante.
L’inutilità utile a dimenticare,
per frammenti quotidiani.
Ma il ritornar tramonta
E non c’è via per me.
ISABELLA COLUZZI
Dolce malinconia
Dal profondo dell’anima
impalpabile come il sospiro
di questo vento di primavera
riaffiora una dolce malinconia
evocata dal ricordo di quel tempo
ormai perduto insieme a te.
E come ancora incredula
incede oggi l’anima mia
in questa nuova vita dove
il coraggio non le manca
e tanta forza ha conquistato
così senza più il suono della tua voce
insegue il grido del suo cuore.
E pian piano si placa il suo dolore
e s’abbandona languido il corpo
a quel sentire tenero e dolce
quasi a proteggersi dal mondo
che l’assale con il suo fragore
e del quale senza più scampo è prigioniera.
FABRIZIO CONSOLI
Solitudine
Vorrei che nevicasse
sulle sconfinate praterie
che invadono la mia mente
così che tu possa essere la prima
a percorrerle.
E le orme che lascerai
come calchi indelebili
ricorderanno a me stesso
che non sono solo
Terra mia
Terra mia perdonami
mi hai visto nascere
mi hai aiutato quando ero in difficoltà
hai raccolto le mie lacrime
hai fatto di me un uomo
ed ora io ti lascio
non so per quale destino
Rimpiangerò le lunghe passeggiate sotto il sole
le lunghe riflessioni
i lunghi silenzi
Terra mia perdonami
se un giorno le mie spoglie
torneranno a te
ma noi eravamo una cosa sola.
MARCO D’ALEO
Il canto del cigno
Più soave e sublime
ed ancor più esaltante,
di certo meno squallida
sarebbe la morte
s’ognun di noi
al di lei approssimarsi,
davanti al suo ghigno
potesse cantare melodicamente
allo stesso modo di come il cigno
fa in tal frangente.
L’uomo fiaccola
S’infiamma il cuore per amore.
Per l’ira funesta
il cervello s’infiamma nella testa.
Si infiammano i visceri per malattia
e il caratter s’infiamma
per ottener supremazia.
Sì che l’uomo – direi perennemente – somiglia del tutto a una teda vivente.
ALESSANDRA DE PASQUALE
Esemplare
Credevo di poter vivere
in una stirpe di sogni.
Mi ritrovo a convivere
con una promessa…
insita alla vita,
quella che mi hanno concesso
di vivere.
Alla sua forma
che hanno voluto inventare.
E la mia natura,
per respirare
si priva delle maschere pesanti
e si adorna la pelle
di fiori,
di colori inconsueti e rumorosi
che si scontrano…
inevitabilmente
con le fattezze ristrette
di un contenimento
di uno sfinimento…
che ne soffoca la crescita,
le impedisce di fiorire…
la svuota di essenza,
di una storia che le appartiene,
di un’energia fluente
corposa
brillante
contagiosa.
LUIGI DI LEGGE
Pineta
I pini perfetti
si allungano
generosi.
Aria fresca
liscia le braccia
inspiro
espiro.
Aspetto il momento terreno
in un inconfondibile silenzio
di minuscoli aghi.
Seduto
lo ascolto.
Il rientro
Le stelle sono finite
solo un puntino di luce.
I motori rincasano liquidi
suonano le campane
una donna si affaccia
tossisce
dietro le finestre
dietro le porte
si serve una cena invisibile.
RICCARDO FEDELI
Lady Rainbow
Lady Rainbow si mangia le unghie
ma graffia il cuore
e ti cosparge la ferita,
di sale di mare azzurro.
Ha occhi neri,
come la notte di San Lorenzo
e se ti fermi a guardarla,
non puoi che esprimere un desiderio.
Ha gambe lunghe
e un gran bel sedere
e tiene dentro di sé,
un’anima trasparente,
di vetro soffiato
e se fai silenzio,
puoi sentire sorridere il suo cuore.
Mostra il viso, come il sole
lo fa attraverso le nuvole,
smette di piovere
e ti asciughi di un calore
che fa l’amore,
quando brucia sotto le lenzuola.
Rosanna
Una signora di secoli fa
bellezza con un filo di trucco
e cervello in prim iano
come il suo sorriso
dolcezza e garbo,
modi di fare
e piccoli baci per grandi sogni.
Capelli bianchi
tinti di polvere di fata,
occhi chiari e fondali
di anima e un figlio
che cresce con il suo stesso
profumo di buono.
GIUSEPPE FIGLIOLIA FORZIATI
La Festa
Leggera spuntasti tra la folla,
come farfalla che si alza in cielo,
come stella guizzante nell’universo.
Tu, decisa, quasi agguerrita,
il tuo dialogare ardito,
parlavi e, sempre più, t’avvicinavi.
Dove volevi arrivare?
Nel mentre io ti ammiravo,
della gente, i volti, scrutavo
ed impacciato restavo.
Tu forse non vedevi…!
Cercavo di distoglier lo sguardo
e non volevo.
Sognavo?
No! Ero desto!
Proprio bella fu quella festa!
MATTEO GHIRARDI
11 marzo, serata da un vecchio amico
La piccola stufa
a metà corridoio, il divano
di fronte, solo lo spazio per le gambe
che si scaldino.
Luce soffusa di un tizzone,
fuori buio, brezza fredda,
silenzio.
Peccato l’inverno stia finendo!
Poi con la chitarra
ci lasciamo ai ricordi
strimpellando le canzoni
che avrebbero dovuto essere
secondo i sogni,
canticchiando qua e là
i testi, fischiando quando mancano.
Peccato un altro inverno stia finendo
già!
Sorseggiamo la vodka
rimasta quella sera,
sì, proprio l’ultima
a provare e riprovare.
Eppure ora che disegni ed ascolti vinili
mi sembra che anche se gli anni son volati
via dai venti, la ricerca creativa
sia rimasta, impregnando i muri
più dell’intonaco, più della neve
il terreno già bagnato.
Peccato l’inverno stia finendo!
MARIA GURRERI
Il treno
dei ricordi
mi porta
lontano
con te
in un paese
caldo
generoso
e
forte
Ti assomiglia
se chiudo
gli occhi
sento
il profumo dei fiori
in questi viali
della nostalgia
così
affollati
di ricordi
così vivi
da sentire
il rumore
dei nostri passi
su quelle strade
piene
di voci affettuose
e di cicale
che ci cantano
la melodia
Eterna
della vita.
MARIA MARTIGNETTI
I primi di Novembre
Il cielo piange,
puntualmente piange
i primi di Novembre.
Piange per quelli
che luce più non hanno
o forse si commuove
al nostro pianto.
Il cielo piange,
puntualmente piange
i primi di Novembre.
Piange e lava il male
che serpeggia sulla terra,
o forse a piangere son quelli
nel vederci andar confusi.
Come una rondine
Come una rondine
dopo un lungo volo
l’istinto la guida al nido,
così io vogliosa di spaziare
libera per mondi ignoti
mi perdo nell’immenso
spazio vuoto
torno al mio nido
dove piango la fragile,
illusoria sicurezza umana.
GABRIELLA MASONI
Beatitudine
Luogo Sacro ed Amico,
mi regali Infinito.
Nel Silenzio Tu c’eri,
ed annulli i Pensieri.
Ti respiro, Ti sento,
ed ho il Cuore contento.
Niente fretta o timore, solo Pace nel cuore.
Non mi sento più sola, la mia Anima vola.
Non si può immaginare, si può solo provare.
Con la Fede viaggiare, dentro il Cuore volare.
Solo dolci pensieri, come luce fra veli.
Non esiste più il Tempo,
Tutto è questo momento.
Sento il Mondo, il suo centro,
Lo respiro da dentro.
Temo quasi fiatare, la magia rovinare,
… e la fiamma del Cuore
scalda ancor più del Sole.
E mi abbraccia di Vita
la Presenza Infinita.
Preghiere, essenze, respiri,
profumi, sospiri…
e la Voce che sento
muove tutto il mio dentro.
Son parole preziose,
melodie armoniose,
sfumature graziose.
Lievi, dolcissime, tante…
magico istante… paiono Sante.
Non mi serve più nulla,
sono dentro la Culla.
In Presenza Divina
la mia Vita sconfina.
ROSARIA MELI
La ricchezza
Non avevi casa,
non avevi niente,
tu vagabondo in mezzo a tanta gente.
La tua ricchezza erano gli amici,
tu che vivevi solo di sorrisi.
Eri felice,
non ti mancava niente,
la tua ricchezza l’avevi dentro il cuore,
tutti cercavano la tua allegria,
e tu come un angelo sei volato via.
Noi granelli di sabbia in mezzo all’universo,
vaghiamo in questo mondo perso,
per soldi ci vendiamo il cuore,
lottando contro i nostri fratelli.
Lottiamo per avere tanto,
ma questo tanto ci ha lasciati soli,
da te ho capito cos’è la vita,
amico caro che mi sorridi.
MAURIZIO MINNITI
A mio padre
Vorrei addormentarmi così ricordando mio padre
viaggiava su treni che lo portavano tra le vene dell’Italia
su binari che passavano stazioni consapevoli e nutrite
dal ricordo della guerra
vorrei addormentarmi così ascoltando quel fischio del treno
il rumore delle rotaie che si dissolveva in lontananza
mentre io… abbracciavo la sua assenza
vorrei addormentarmi e sognarlo e magari al mio risveglio
essere lui… il Capotreno e girare per la mia Italia e il suo mistero.
ELEONORA PAOLETTI
Uomini
Uomini
Sorridete ancora alla vita
con occhi nascosti e impauriti
E portate nel cuore il segno di una ferita
carezza di donna che un tempo vi rese più miti
Per strade affollate tendete la mano
con occhi distanti e un pugno nel cuore
Ricordate nel tempo un profumo lontano
nascosto nel buio in un acerbo dolore
Stesi nel fango in corazze di acciaio
con occhi rapiti da orizzonti perduti
Aspettate la redenzione per ogni vostro sbaglio
Ma il sonno vi rese assenti e muti
Lasciate le vostre amanti nella follia
con occhi di ghiaccio e fermezza nel cuore
Trafiggete il vostro petto con una insensata malattia
negando loro passione, desiderio e amore
Amate distesi in campi di grano
con occhi colmi di emozioni silenti
Aspettate che una donna vi tenda la mano
perché una carezza primordiale vi rese pazienti
Uomini
Nel silenzio vagate senza meta
con occhi socchiusi e una piuma nel cuore
Nascondete una immensa anima segreta
sopita nel vostro inconfondibile odore.
LORENZO PERITORE
Un bambino nella pancia
Non ero ancora nato, ero troppo piccolino.
Mi trovavo in una pancia in quanto un cinesino
di cui la mia mammina si era tanto innamorata,
dopo averne approfittato è scappato e l’ha lasciata.
È stato per mia mamma un periodo molto brutto,
lei piangeva notte e giorno mentre io ascoltavo tutto.
Sconforto, rabbia, angoscia, rancore e delusione,
buttarono mia mamma nella gran disperazione.
Un bambino nella pancia soltanto al primo mese!!
Le riserve e i preconcetti per un papà cinese!!
Gli sguardi inopportuni, i commenti della gente,
l’illusione di un amore sfumato in un bel niente!!
Le angosce e le paure da cui mamma fu assalita,
furono un grande rischio per la mia fragile vita,
nonostante nella pancia io ero già un bambino,
vivevo come gli altri, mi batteva il cuoricino!!
Nella pancia mi nutrivo, nella pancia mi giravo,
nella pancia udivo tutto, nella pancia respiravo.
Quando mamma per l’aborto si è recata in ospedale,
i mi sono disperato, sono stato troppo male.
Dicevo tra me e me: sono stato concepito,
e condannato a morte prima d’essere partorito!!
Ma quando già pensavo che per me fosse finita,
mia mamma scappò via salvandomi la vita.
Una grande decisione suggeritale dal cuore,
presa nei miei confronti come prova del suo amore.
Per tutti quanti i bimbi che non lo potranno fare,
la mia storia a tutti quanto ho voluto raccontare
per gridare che l’aborto praticato sulla terra,
è una strage di innocenti, forse ancor più della guerra.
Il diritto per la vita non può essere negato
a un bambino nella pancia che non è nemmeno nato!!
PAOLA QUILICI
La bellezza
La bellezza del corpo
non è la stessa,
se sei vestito di stracci
o in abito da sera.
La bellezza del cuore
è sempre la stessa,
traspare dal tuo volto
anche se ricoperto di stracci.
L’umile matita
Quel tuo corpo piegato ma forte,
quel tuo sguardo rivolto verso il basso,
quel tuo passo veloce nella fretta di dare,
quel tuo volto segnato dai raggi del sole,
quelle tue mani laboriose avvolte dal rosario,
quel tuo pensiero sempre rivolto a Dio.
Questa è l’umile matita nelle mani di Dio
con la quale ha dipinto il suo riflesso
sul volto dei poveri.
MARILENA RIMPATRIATO
Crepuscolo
L’ora del silenzio finalmente
è giunta.
Le ombre si allungano sui muri.
Alla mia sedia riordino pensieri.
Tremuli bagliori accompagnano sospiri
e le parole ipogee, sedimentate nell’anima,
mi scorrono nel sangue,
divengono tumulto.
Allora nella mia penna qualcosa si muove dentro,
e le dita scorrono come giumente al galoppo
sulla candida distesa del foglio.
Non è mutato nulla nel tempo:
io bambina mescolavo lacrime e inchiostro per l’amore mai nato,
io donna intenta a domare i palpiti di un cuore bizzarro,
e il vento sferzante d’emozioni
come la bora a Trieste.
E le parole migrano come le rondini di marzo
su cieli candidi senza nemmeno una nube,
e il tempo scorre,
non sosta neppure nella rugiada che stilla
tra i petali dei rododendri,
o nell’incanto dorato di un bacio d’amore.
Presto calerà il sipario della notte
sui giacinti appena schiusi;
già una sottile pioggia d’indaco
si posa lieve nel roseto.
Mi sento serena senza le maschere
che la vita mi fa indossare,
sotto le stelle sarò soltanto me stessa.
ADELIA ROSSI
Anime galleggianti
Penetra il freddo
in viscere tormentate,
avvolte da spettri armati
di sentenza a morte.
Annegano le speranze
in un mare di corpi,
dove affiorano mani
come rami attorcigliati,
unite in un ultimo
disperato inno alla vita.
Aggrappate a quell’onda,
che dolcemente culla
i loro corpi, prima di spingerli
nel profondo degli abissi,
per poi impietosamente
riportarli a galla.
In un giorno qualunque
che l’alba ha reso destino.
Or solo anime galleggianti,
pronte a spiccar il volo
verso l’ultima spiaggia
in un sogno
che non era il loro.
GIORGIO SALSI
il mio sangue
(in memoria di Sergej Esenin)
Ti lascio il mio sangue, il mio ultimo pensiero
parto senza bagaglio, braccato dall’uomo nero
la notte sento l’eco dei suoi passi nella radura
segue nell’aria gelida l’odore della mia paura.
Ti lascio una corda, sincera come una carezza
ho sciolto l’ormeggio, parto alla prima brezza
nell’incanto che si svela al tramonto della luna
veleggerò per mari nuovi in cerca di fortuna.
STRILLANO I GIORNALI DELLA SERA:
OGGI UN BAMBINO E’ NATO!
UN VECCHIO E’ MORTO!
OGGI UN POETA, UN UOMO PERPLESSO
E’ CADUTO SCAPPANDO DA SE STESSO!
STRILLANO I GIORNALI DELLA SERA:
OGGI UN BAMBINO E’ NATO!
UN VECCHIO È MORTO!
OGGI UN POETA, UN UOMO PERPLESSO
È CADUTO SCAPPANDO DA SE STESSO!
STRILLANO I GIORNALI DELLA SERA!
STRILLANO I GIORNALI DELLA SERA!
GAETANO SCAVUZZO
Donna
Dio ti creò donna, servendo all’uomo l’omaggio più luminoso
e così cominciò il suo disegno armonioso.
Donna, sei purezza e leggiadria di una specie senza simili
rendi esistenti anche i sogni più impossibili,
Donna, la natura t’invidia e arrossisce
dinanzi a tanta bellezza è sbigottita, non capisce.
Ogni uomo godrà di vita più gioviale
e si chiede se tal stato sia usuale,
ma non scovando risposta a tal domanda
accetta con incanto il dono di chi comanda.
MASSIMILIANO SONSOGNO
Ho barattato il mio cuore
Ho preso il mio cuore
e l’ho barattato con i suoi occhi,
perché le donava – diceva – le si intonava alle scarpe
Ora pende giù dalla gruccia insanguinata
di un armadio che non aprirà mai più
perché la moda è passata…
E quando un medico mi dirà
che con due occhi di donna al posto del cuore
non si può sopravvivere
morirò sorridendo e sereno
perché, nemmeno in saldo,
due occhi tanto belli sarebbero costati di meno
Il paradiso all’inferno
E quando Dio
creò quel sorriso,
l’invidia salì fra le nubi
per quella creazione
senza dubbio migliore
del suo stesso creatore.
E il Diavolo, più in basso,
se la rideva di gusto,
pregando in cuore suo
che se ne stesse lontana
con quel suo sorriso,
per non permettere che l’inferno
diventasse un paradiso
ALICE TRABUCCO
L’uomo col cappello ovvero le
quattro mura di me
Questo luogo è disperato
e si sfalda
tra nitidi urli notturni
e incubi deliranti di bellezza.
Questo luogo è tutto fuori
e tutto dentro
le quattro mura di me. – Disperato – altrimenti non si sgretolerebbe
la foglia e non s’odrebbe
il suo svanire posticcio
tra ebbrezze d’incanto
e mosto di vendemmia.
Silenzio ghiacciato delle fiumare – disperate – altrimenti non avrebbe impasse
l’inverno
e non gravità la caduta
inerme del bocciolo.
Mutacico disperato
come l’uomo col cappello
su tutte le strade del mondo
tra file di grattacieli neri
col suo linguaggio
a semi di fumo
e crepitanti palpiti
d’immenso. – Disperato – altrimenti avrebbe mutevolezza
l’assenza
se pur non evapori
come l’uomo col cappello
che voltato l’angolo
e insufflato un attimo di freddo
divenuto cielo.
PETRA TRIVILINO
Luna
Ho visto la Luna
sorgere,
in un vecchio buco di cenere
fino a diventare una lingua
di vecchie mani callose
con la luce nel vino delle vene,
come se avessi sentito in me
e in quel momento
lo squallore di ogni cosa.
L’ho vista lontano
come un regalo di Dio,
mentre niente era mosso
e mentre tutto crepitava
al di sotto della normalità.
In un buco di realtà
in cui credi
di non poter avere un sovraumano,
ho visto la Luna dietro una lingua
di ferro ghiacciato lucente,
un filo di gomitolo appiccicato alla luce.
Ho dimenticato d’essere umana in quel momento.
E mentre saliva verso la nebbia,
prima che scendessi
pesante sui sassi,
l’ho veduta ancora, con gli occhi puntati su di me,
dietro al luccichio della palude del mondo.
Ho visto la Luna.
Sorgeva…
Sorgeva dall’altra parte del cielo,
ed io che guardavo e alla fine mi sono fermata.
Lo ricordo.
Mi sono fermata…
Nell’iride del cielo.