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Antologia del Premio letterario Il Club dei Poeti 2015


In copertina: Immagine di © kissound Fotolia.com


Sommario

Prefazione di Alessandra Crabbia – Albo d’oro del Premio Il Club dei Poeti – Maria Immacolata Adamo – Claudio Alciator – Sergio Baldeschi – Matilde Bufano – Ottavio Buratti – Stefano Capodagli – Maria Cecchinato – Giovanni CherubiniBenvenuto Chiesa – Alice Cislaghi – Paola Ciurcina – Davide Cosi – Ornella Crocco – Giovanni De Gattis – Massimo Fabris – Salvatore Famiglietti – Marise Gallo – Maurizio Garattoni – Brunello Gentile – Elisabetta Ghiselli – Nicola Giordano – Andrea Improta – Filippo Inferrera – Vincenzo La Bella – Silvana LìcariConcetta Seila Mammoccio – Gianfranco Masala – Zelindo Merighi – Katia Moi – Marella Nappi – Andrea Nata – Liliana Paisa – Carmine Perlingieri – Matteo Persico – Maria Teresa Piccardo – Matilde Piran – Lucio Postacchini – Rita Salamon – Francesco Salvini – Regina ScialpiFederica TombariEnrico Trivoli – Chiara Trombetta – Maria Libera Vessecchia – Gino Zanette – Giancarla Zoppetti Giaccaglini


Prefazione

La cruda e difficile bellezza della vita, si condensa sempre in attimi metafisici, talmente folgoranti ed estatici da rappresentare l’indicibile e l’incomunicabile: chi osa gloriosamente e affannosamente raffigurarli, ritrarli con l’incisiva veridicità del verbo, assurge a demiurgo di mondi impenetrabili e insondabili.
I poeti sono visionari claudicanti.
Il loro sguardo abbraccia l’inconoscibile, nell’azzardo di voli stupefacenti, destinati inesorabilmente alla caduta: come Icaro sanno che, deposta la penna, qualcosa di essi morirà, cadrà dall’iperuranio platonico sulla terra, matrigna di sventure e compromessi, ma anche mater dulcissima e consolatoria di amori sfolgoranti e bellezze attonite.
Ai poeti non sfugge la prosaicità e la volgarità dei tempi, conoscono scientemente il meschino contrasto tra le loro visioni eteree e la crudeltà del quotidiano, ma come i grandi mistici coltivano la fede assoluta e travagliata nello spirito.
I loro versi si colorano di ciò che storicamente sfuma il loro eloquio, di ciò che cambia nel tempo loro coevo, ma essi risiedono nelle eterne dimore dell’assoluto: Catullo urla ancora nelle loro vene, Esiodo li lusinga, Saffo geme le assenze e gli inganni.
In questo trascolorare di sentimenti immortali, i poeti cantano sempre l’amore, la morte, la carne, la bellezza e il dolore.
In quest’antologia, regina di questi versi è l’ostinata memoria, quasi una proustiana necessità di fermare attimi antichi, perché non siano smarriti, perché siano raccolti dal lettore, e non vada perduta la magia rarefatta di slanci, grida, brividi: ci si dispera per una trascendenza poetica che si affida alla capacità di colpire l’immaginario dell’altro, e si legge in essi quel che Pasolini definiva “una disperata vitalità”.
Alcuni versi sono emblematici, e si reggono acrobaticamente in equilibrio tra rimpianto accorato e delizia del ricordo: «…eri quel fiorire di patria carnale, che addomestica la coda aspra del vento, che fa giustizia del male, e fa incetta di fiaccole, di voci e di parole».
O ripercorrono le gioie dell’eros: «…amami, amami, sirena senza mare, e nell’erratico tessuto della terra, avvolgici il sogno che avvampa».
O ancora piangono la morte feroce: «…un giorno di neve fingesti di andare al lavoro. Serena, partisti appesa a una trave nascosta».
Perché è quando si allontana il furor immediato del cuore, che l’elaborazione poetica si libera e genera con fertilità prodigiosa.
La lontananza è forse l’eden frenetico e disperante della poesia, là dove tutto può diventare sublime, là dove ogni desiderio si placa e diventa bellezza, là dove il dolore depone la croce e si trasforma in consapevolezza.
Accogliamo dunque questa catarsi artistica, impariamo l’universalità dell’umanità, e ascoltiamo la voce dell’eterno che risuona in noi, sempre uguali e sempre diversi attraverso i secoli.
Si aprirà una scia azzurra nella nostra stessa esistenza, e saremo testimoni di tutta l’intelligenza d’amore di cui sono capaci i poeti.
Parleremo con le loro bocche, sentiremo con il loro cuore ed entreremo nella nostra stessa esistenza con grazia e melodia, consci che nella natura della vita, che graffia e scuote, che strappa e fugge, che è leopardianamente matrigna, abbiamo un’oasi inattaccabile e soave: la Poesia, spiraglio d’eterno, che tutto vuole, tutto nega, tutto soffre, ma tutto disperatamente, ama.

Alessandra Crabbia
Presidente della Giuria del Premio Sezione Poesia


Albo d’oro della diciannovesima edizione del Premio Il Club dei Poeti 2015

La Giuria della XIX Edizione del Premio di Poesia Il Club dei Poeti 2015, presieduta da Alessandra Crabbia per la poesia e da Massimo Barile per la narrativa, rende noti i risultati:


Sezione Poesia

Opera 1^ classificata: «Eri quel fiorire» di Filippo Inferrera, Ravenna.
Questa la motivazione della Giuria: «È la bellezza crudele di ciò che fatalmente scompare nel tempo, la sua splendente labilità, la sua memoria struggente ad avvolgere il poeta.
Con appassionata nostalgia ripercorre un intero macrocosmo di sensazioni, di energie sottili, d’incomunicabili dettagli dello spirito, ormai scomparsi, che lacerano un universo affettivo denudato della sua trascendente maternità, della sua origine ancestrale, che pervade con tenacia l’infanzia dell’anima.
In un percorso lirico a ritroso, l’autore è ancora figlio ostinato di tutto ciò che l’ha forgiato, l’ha illuminato, ammaliato e abbandonato: come un esule, si perde nella lontananza da un eden dissolto e divenuto “…frastuono d’ossa…”, un eden che in sé tutto racchiude ma che ormai tutto nega.
No, non è il sentimento proustiano della “Rechèrche”, che si chiude nel suo stesso rimpianto, è invece la consapevolezza che la matrice mistica originaria di ogni slancio, di ogni lacrima e di ogni conforto, è svanita sotto l’immane peso della disgregazione degli elementi, del passaggio dolente di un’età d’oro che si trasforma in asperità esistenzialistica: “…eri quel fiorire di patria carnale, che addomestica la coda aspra del vento, che fa giustizia del male…”.
Il talento del poeta è la potenza immaginifica, la capacità magica di creare una compiuta sinfonia di parole e sentimenti che entrano come folgori nella condivisione del cuore, e la sua traccia stilistica si libra senza difetti, in divina armonia col cielo stesso, perché anche la tristezza della perdita ci insegna che ogni caduta può trasfigurarsi nella purezza dell’arte e nella sua imperitura appartenenza al mondo degli dèi: la poesia, seppur per brevi attimi, ci rende immortali.
Non c’è nulla di più felice che sorprendersi e gioire della bellezza: un elogio speciale all’autore». Alessandra Crabbia

Opera 2^ classificata: «Un sfarinata di luna» di Sergio Baldeschi, Montecerboli (PI).
Questa la motivazione della Giuria: «Passione ed èros s’intrecciano impetuosi e ardenti come fiumi in piena, e in questo fiammeggiare regna lo sfondo nettuniano e opalescente della notte, che abbraccia quieta gli amanti, vegliati, come direbbe Paolo Conte, da una luna strepitosa.
E il cromatismo notturno è pittorico, ”.stasera veleggeremo sulle rotte di Gauguin…”, e le parole sono sospiri danzanti, “…amami, amami, sirena senza mare e nell’erratico tessuto della terra, avvolgici il sogno che avvampa…”, e tutti i versi si susseguono vorticosi in un crescendo simile a un notturno di Chopin, o a una canzone d’amore di Leonard Cohen.
Quanti hanno cantato l’amore, pur nell’identico slancio, non hanno mai ripetuto la trama sottile dell’incendio dei corpi e delle anime, che è sempre diversa ed egualmente universale.
Gli amanti s’incontrano là, più in alto del bene e del male, e non temono la sofferenza, “…gettami sul tuo rogo di spine, perché tanto è l’amore che mi punge…”.
Eppure, “…non esiste compimento d’amore…”, perché l’attimo dell’unione è atemporale, infrange le clessidre, e come Salvador Dalì, scioglie gli orologi.
L’unica certezza è amarsi, dissolversi nell’amore in quella “… meravigliosa sfarinata di luna…”». Alessandra Crabbia

Opera 3^ classificata: «Un papavero al polo» di Matilde Piran, Limena (Pd).
Questa la motivazione della Giuria: «Persino la morte, nella sua lugubre e onnipossente sovranità, nella sua terrificante maschera suicidaria, diventa una poesia lucida, potente e sommessa.
Rapide pennellate descrivono la protagonista, spogliandola dalla drammaticità del gesto ultimo, “…bella, minuta, stavi in questo mondo come un papavero al polo.”, quasi a toglierle dalle spalle il fardello di una scelta irrevocabile e dolorosa.
Ciò che nel lutto del Carducci è oscuro e tangibilmente ferale, “ …stai nella terra nera…”, qui si riempie di soave memoria, “ … coperta di terra in un giorno di sole…sorridi e profumi di torta al limone…” quasi a proteggere teneramente la morta, e a collocarla nella pace domestica usuale.
I ricordi sono semplici, fatti di piccole cose, di aneddoti e di accettazione dell’inevitabile. Pare quasi che la morte feroce non possa vincere, perché il profumo soave della donna si acquieta nella tenerezza della rimembranza». Alessandra Crabbia

Opera 4^ classificata: «Il nodo» di Chiara Trombetta, Sora (FR).
Questa la motivazione della Giuria: «Il poeta vive platonicamente l’oscura e solida pesantezza del corpo come un retaggio che impedisce quasi lo splendore dello spirito. Gabbia o zavorra, il corpo ha il suo trionfo su ogni volo, imponendo limiti, desideri e necessità.
Anche nell’amore, il corpo, che detiene uno spazio fisico, vorrebbe liberarsi dalle pastoie della carne per farsi anima nel mondo autentico delle idee.
Così il poeta esprime la sua angoscia: “… è materia che un dio mi ha inflitto, per l’impudenza che spiro, bestia a viso aperto…”.
Il nodo è l’impossibilità di comunicare il vero sentire oltre il corpo, il nodo è “… il mio cappio devoto, compagno eterno d’insonnie…”.
Soffrire di essere materia e di esser considerati un corpo va oltre il pensiero comune, oltre la banalità dell’esistere, e come conclude il poeta, “ …tu non lo senti, non vivi altro che carne e uno sgomento antico…». Alessandra Crabbia

Opera 5^ classificata: «Assenza» di Rita Salamon, Zevio (VR).
Questa la motivazione della Giuria: «L’assenza di un essere fondamentale crea una sofferenza cocente, un grido dell’anima, una temibile consacrazione di ciò che non si ha, di ciò che ancora disperatamente non ci appartiene. E poiché l’appartenenza anela alla condivisione con l’altro, e tutto desidera, tutto patisce, tutto brama, necessariamente fa dell’assenza il suo inferno privato, “…ti ho chiamato di voce in voce ora che il tuo nome graffia la gola…”.
Nemmeno la speranza illumina queste rime, che presagiscono una “guerra imminente”.
Non c’è che una disperata visione di un maldestro tentativo di armonia ed equilibrio, perché, come afferma il poeta, “… ti ho inseguito di scala in scala. Mi manchi, manco l’ultimo gradino. E cado”». Alessandra Crabbia

Opera 6^ classificata: «Il gusto di un momento» di Francesco Salvini, La Spezia.
Questa la motivazione della Giuria: «Più che in occidente, in Oriente la filosofia del “ qui e ora”, è praticata da millenni.
Per molti orientali ogni attimo è archetipo d’infinito, nel quale passato e futuro perdono la loro consistenza.
La vita abbraccia così un eterno presente, magnificato da una consapevolezza mistica.
Il poeta traccia la storia di un unico momento, che diventa un mondo e un universo intero, “…insegui le voglie del vento, non sai di essere attimo truce.”
La vera bellezza risiede nel sentirsi unicamente esistere in un secondo di perfezione assoluta, destinato a finire.
E come Lorenzo il Magnifico, il poeta esalta il miracolo transitorio della gioia, “ …ma questo è il momento propizio per sentirsi talmente esistere, poco prima della tempesta…”». Alessandra Crabbia

Opera 7^ classificata: «Il tedio del giorno» di Ottavio Buratti, Milano.
Questa la motivazione della Giuria: «Il vecchio e il mare, tema tanto caro a Hemingway, è in questa poesia fonte di amarezza e ricordi ormai sbiaditi dal tempo.
La malinconia senile nasce immersa nell’alba di un paesaggio marino: “…fluttuano nella sua mente ricordi di vita pregnante al ritmo delle monotone onde…”.
La desolazione del vecchio non ha una catarsi, perché presto arriverà il frastuono dei bagnanti, a spezzare l’incantesimo dei suoi pensieri antichi, delle sue memorie di cose perdute.
La vita è trascorsa, poco tempo rimane, l’alba è già il presagio della sera, “…per il vecchio il giorno non è più giovane e già attende la sera, quando nel pelago del silenzio marino rimembrerà la sua vita passata…”.
Il tedio è dunque simile alla noia di Sartre, perché persino il ricordo perde la sua consistenza e annega nel passato». Alessandra Crabbia

Opera 8^ classificata: «Divorzio» di Concetta Seila Mammoccio, Giulianova (TE).
Questa la motivazione della Giuria: «Poesia di nove righe memorabili: le parole sono sferzate, i concetti sono simboli di un naufragio già scritto.
Non ci deve ingannare la brevità dei versi, perché il talento di concentrare la potenza di un’immagine in poche parole è straordinario.
L’amore è “…una mongolfiera bucata…”, gli altri sono “…grandine d’invidia…”, la rovina della separazione è “…affondata all’eclissi, nel mare del nostro orgoglio…”. Il buio ha vinto, nessuna luce potrà più rischiarare quest’amore spezzato». Alessandra Crabbia

Opera 9^ classificata: «Mio padre» di Silvana Licari, Arezzo.
Questa la motivazione della Giuria: «Bellissima poesia, quasi filmica, nella quale l’autore ritrova l’essenza del padre nella sua Sicilia, tra i suoi profumi inebrianti, “…e i fiori profumano di bergamotto e gelsomino…”.
E’ una ricerca fisica del padre scomparso da tempo, quasi a inseguirne le orme smarrite, ma “…risponde solo il vento che soffiando cancella ogni presenza…”.
D’improvviso pare di riconoscere in uno sconosciuto l’amata figura paterna, ma non è lui, è stato un miraggio, e “…cadono sui fianchi le braccia svuotate di tensione e le mani che vedo scendere sono le tue, padre mio!”». Alessandra Crabbia

Opera 10^ classificata: «Milonga argentina» di Benvenuto Chiesa, Torino.
Questa la motivazione della Giuria: «Un affresco solare di un quartiere dell’amata e lontana Buenos Aires, con le sue milonghe, i suoi inesausti e flessuosi ballerini, il suo vento che ancora aleggia nella lontananza: la nostalgia è solare, musicale, ironica, affranta, ma il poeta la rivive in tutta la sua gloria, “…come in anni verdi già ti vidi ballare, indenne al tempo, la magia dei passi in sintonia della milonga, flessuosa e stretta al cavaliere…”.
Il poeta, nella sua trasfigurazione lirica, in un quartiere di Torino, sente ugualmente il colore e la passione di una danza stretta al suo cuore per sempre». Alessandra Crabbia


Antologia del Premio letterario Il Club dei Poeti 2015


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