Adriana Centi
Mio Padre
Mio Padre, lume della mia vita!
I tuoi miti occhi, messaggeri di bontà,
celavano un placido e tiepido sorriso,
luce del cuore, espressione del tuo Amore.
I dardi della vita ti hanno ferito,
il tuo sogno è rapito, svanito nell’etere;
senza posa e ristoro con alate speranze
il sogno rivive, remoto dal mondo passato.
Ero una bimba, mi tenevi per mano,
al riparo da ogni tempesta in agguato,
eri la mia quercia, io ero la tua ghianda,
come la quercia ombreggiante il tuo nido.
Ero una donna, la tua saggia parola placava
i travagli e le grevi ombre dell’anima mia,
lieve brezza nel fuoco dell’esistenza.
Ora adorato, fulgido Angelo etereo,
eccelso e amorevole custode,
della mia tempestosa e terrena vita.
Oswaldo Codiga
Noi…
Noi… che siamo nati in casa come si faceva una volta…
poco dopo che era finita la guerra
quando le strade attorno a noi erano ancora coperte di ghiaia e di terra…
Noi… che abbiamo trascorso la gioventù respirando aria buona…
poco lontano dal lago… in modo sano e in mezzo alle campagne…
Noi… che abbiam visto a passare i treni a vapore
che lasciavano indietro la scìa del fumo…
Noi… che siamo cresciuti con nel piatto
passeri, merli, tordi, stornelli,
anatre, folaghe, gazze, pernici, lepri e fagiani
tutti presi dal papà cacciatore giù al piano,
nelle bolle e sulle nostre montagne…
Noi … che siamo cresciuti con nel piatto
lucci, tinche, pesce persico e truttelle…
prese dal papà pescatore giù al lago,
o dentro la Rongia della Cartiera… o nei riali e nei fiumi…
Noi… che davanti a casa avevamo il pollaio
dove starnazzano galline, oche e tacchini…
Noi… che nella stalla avevamo la capra, i conigli e i maiali…
Noi… che ogni giorno facevamo il giro del paese in bicicletta
con il carretto a ritirare gli scarti alimentari in qualche alberghetto…
Noi… che abbiamo vissuto in campagna
o sui vigneti e anche in montagna… dove a mano si tagliava la legna…
Noi … con tante cose nella testa… ma quasi sempre nulla in tasca …
Noi… che siamo cresciuti
con la fortuna di poter un buon mestiere imparare per guadagnarsi la pagnotta
senza mai reclamare… e senza mai mancare …
Noi… che il nostro datore di lavoro
era come un padre o un fratello maggiore …
Noi… che abbiamo fatto fatica… senza reclamare…
senza mai andare in piazza a gridare… o a inutilmente manifestare…
Noi … che in fondo abbiamo fatto una bella vita
abbassando una spalla una volta ciascuno
cercando di volersi sempre bene… con tutto e tutti da rispettare…
e coloro che avevano bisogno noi abbiamo sempre cercato di aiutare…
Antonella Padalino
Opera 3^ classificata
Quel che resta dell’eternità
La mia mente è senza riposo,
cerca sogni dimenticati.
Si fanno pallidi
i ricordi di mari infiniti
sulla battigia stanca
dei miei patimenti.
La morsa della malinconia
si fa struggente
come le onde che,
infrangendosi sulla scogliera,
riducono in brandelli, la mia anima.
Si fa eremita il pensiero che
in questa lunga notte,
il vento disperde impietoso,
attraversando i sentieri del tempo.
Ed è così che
il tintinnio delle emozioni,
bussa alla porta del cuore,
materializzando
parole che prendono forma,
colmando il vuoto
degli stantii sentimenti e, bruciando
quel che resta dell’eternità.
In cielo
uno scarabocchio di luna
firma l’ennesimo
atto d’Amore,
in questa notte stanca.
Si piegano i rami al fluire del vento,
mentre tutto intorno
resta immobile e fermo
nel buio
dell’infinito blu.
Vanda Pirone
Vele
(Io… 2022)
Mi sento come le vele,
sbattute dal vento,
che soffrono
nel mantenere la rotta.
Cacciatrici di venti,
ascoltano il rumore dei nodi,
che stringono, bloccano
le corde ritorte,
lise dalla salsedine.
Fantasmi,
che fluttuano al largo,
tra gli alberi maestri,
dove la solitudine,
amica della notte,
del giorno,
e di ogni alba
che nasce
restano…
Smarrita,
abbraccio il sussurro delle vele,
e i pensieri nel vento,
sempre mutevoli,
e nodi in coperta snodo
per invertire la rotta…