Paola Confalonieri
A mio padre novantenne
Nell’ora che si scioglie al tramonto
il tuo cuore stanco si fa più dolce
e sussurra nostalgie dì stagioni remote
che accarezzano volti di affetti ormai persi,
ricordi di sentieri tra il verde, odoranti di orti,
di vigne e di glicini penzolanti.
Naufraga il tuo pensiero verso orizzonti di guerra
tra echi di spari, di bombe e morti abbandonati,
lacrime di antico continuano a sgorgare.
batte forte il tuo cuore e sospira
Si ritempra il tuo animo mirando oltre,
su sogni, speranze e traguardi raggiuntì,
che fan vibrare il tuo essere.
Erano gli anni fervidì e rigogliosi della ricostruzione,
aleggiava un vento propizio e fecondo,
in te germogliava l’amore per la famiglia
e le prime apprensioni da padre premuroso.
La tua vita palpitava laboriosa,
con i suoi travagli e le sue gioie,tra albe e tramonti,
il grido della sirena, le cadenze ed il tempo correva.
Ora vivi il presente senza più affanni,
tu carico d’anni col passo incerto con la mente viva
uomo, padre, nonno dall’animo mite,
ma ambizioso, con una sapienza celata
assaggia il sapore della vita ogni giorno,
ogni ora, ogni istante come fosse un dono.
Francesca Danese
Amici d’infanzia
Maculata e arruffata è l’aria,
come un coccodrillo pare
perdere le lucenti squame
ad ogni refolo di vento che
increspa acque e chiome
d’alberi e di ragazze allegre.
Un ragnolino cala sapiente
dalla dimora grigia e bianca
come quel castelletto cornice
delle tue storie di orchi, bimbo,
quando conoscevi ogni foglia
dei suoi ippocastani nel parco,
per te immenso, per te piccino.
Tornare a casa, le tre parole
più care; sudate come maratone
subentranti, quando i piedini e
i pensieri crescono, obbligati
o spontanei; attese come giochi
ad ogni ora, correndo a perdifiato.
Il mondo che ritorna, che ripiglia
il suo respiro tra le tegole rosate,
tra quei lampioni da cui innamorato
fuggivi con lei verso angoli bui
per gli altri, per voi luminosi;
come passeri a tremare e scaldarsi
quando non ci sei che un tu e una lei.
In qualche mattone storto,
tra pozzi che non dan più acqua,
con le catene rotte, ormai torni;
e nella tua mano, chioma schiarita,
vivaci sguardi; quel tu, quella lei.
Anna Di Lollo
Perla rara
(o della femminile natura)
Di fregi antichi ho la raffinatezza,
d’arcobaleni l’intima bellezza.
Se geroglifico son da decifrare,
il mistero m’aggiunge alle perle più rare.
Spezia indiana, seta orientale,
ambra, gemma, pietra d’opale;
persino l’eburneo alabastro
m’adorna la pelle come lezioso nastro.
Sciogliendo le mie lunghe chiome al vento,
di gelosia divengon ree le stelle del firmamento;
vedonsi sottrarre vezzo e turbamento arcano,
suggendo invidia da ogni gesto ormai vano.
Eppur resto femminile creatura,
dotata d’assai fragile natura;
se di porcellana son stata plasmata,
m’accade sovente d’esser frantumata.
Sembrerà triste ma, solo allora,
si vedrà l’interno che mi colora:
un volo limpido sottratto al cielo,
di casta nube dal bianco velo.
Anna Maria Ghiringhelli
Strada
Discendo una strada scoscesa,
non faccio fatica,
finalmente,
i passi si susseguono per inerzia.
Non devo decidere dove andare.
La strada sceglie per me,
l’impegno è minimo,
solo tenermi in equilibrio.
La vita mi conduce,
forse è giusto così.
Mirela Ianus
In fuga
Gli alberi guardano
dritto negli occhi le stelle, quasi minacciosi,
canoni ribaltati sul sentiero…
secondo gli orologi instancabili del mondo, e tardi;
andiamo a prendere questo galoppo di mezzanotte, l’ultimo.
spostiamo tutti i nostri ricordi,
granello dopo granello,
sugli zoccoli dei cavalli selvatici;
onda intrappolata nella rette delle ombre,
la paura ci abbraccia stretto,
il suo urlo partorisce eco ubriacante.
andiamo a cucire la bocca delle pietre,
nitida, dipinta dai lividi corti dei baci salati del mare…
le bandiere della nebbia
cadono asciutte nella polvere.
rimane solo un inno pazzo che buca il cielo
di tanto in tanto
e mette in camicia di forza la mia anima…
Marzia Lagomaggiore
La fine
Del mare
ho l’odore
nelle unghie.
Odo:
le grida dei gabbiani
il vociare dei bimbi
le vele bianche
nell’azzurro.
Ma tutto si è perso
dentro una conchiglia…
Ricordi salmastri
di un tempo lontano
scendono umidi
come scalini di pietra…
Samuele Larzeni
Se non ci fosse?
Oh, meraviglia!
Universo, in equilibri ignoti,
delicati e illuminanti vuoti.
Vita, fatica accettarla sì buona
e poi, accaniti, la si strattona.
Guai se non ci fosse!
Popoli! Attenti alle vostre mosse!
Oh, meraviglia!
Amore, sigillato con fortuna,
lo stupore di riscoprir la luna.
Affetti, reciproco ancoraggio,
per godere dell’attimo l’assaggio.
Guai se non li avessi!
Triste mera attenzione su sé stessi!
Oh, meraviglia!
Salute, or quando sfugge, si sente;
presente, fissa limiti la mente.
Pace, dolce elisir di giovinezza,
oltre il viver dell’attimo l’ebrezza.
Giustizia, platealizza il mendace
e, sospirando, ritrovar la pace.
Libertà, di coltivar un difetto,
consapevole della causa effetto.
Guai se non vedessi
sgorgar felicità in questi nessi!
E se non esistessero, mi chiedo,
Ombre di vita, specchiati riflessi
che svelano luci, duali connessi,
Ignoranza, dall’ampiezza crescente,
incolmabile persin al sapiente?
Sicuro non scriverei in congedo:
Denaro, di certo agevola sogni
quanto amplifica falsi bisogni,
Dio, infine, trasformata del vuoto,
oltre i salti intuitivi, astratto ignoto,
muto sostiene dell’umano il moto.
Marisa Malvasi
Ad Anna
Ci incontravamo spesso per le strade del quartiere,
a passeggio con i nostri cagnolini
ed ogni volta ci fermavamo a scambiare alcune chiacchiere,
mentre i nostri beniamini si divertivano a giocherellare tra di loro.
Da subito, avevamo simpatizzato,
ma mai e poi mai avrei immaginato che un giorno tu saresti diventata
la mia dog-sitter più fidata e che saresti entrata in questa casa
proprio come una persona di famiglia.
Nove anni sono trascorsi da allora.
Tu sembravi una dinamica ragazzina,
con i tuoi capelli lunghi,
raccolti in una sbarazzina coda di cavallo,
che ti raddolciva i lineamenti.
Ti adoravo, Anna!
A te avrei donato il mondo intero.
Le feste erano per me il periodo migliore,
quello in cui riuscivo a dimostrarti il mio affetto
con tutto quello che pensavo potesse farti piacere.
Volevo quasi consolarti della morte di tuo marito,
caduto in un crepaccio,
mentre stava compiendo l’ultima sciata
sul Monte Bianco.
A volte, però,
stentavi a trattenere la tua rabbia per le tragedia che ti ha colpita
Ed allora, esplodevi, senza motivo alcuno.
Come l’altro giorno,
quando il nostro stupendo rapporto è andato in frantumi,
come un bicchiere di cristallo, sulla tavola già imbandita per Natale.
Ora siamo due monadi solitarie, che non si incontreranno più!
Stefano Mauri
Dimmi
Dimmi, oh fanciùlla misteriósa e intrèpida.
Tu che, dal tuo irrompente ànimo,
ìnciti la schiettézza ed esalti la realtà.
Tu ragazza che, seppur ancor immatura,
vai mendicante in cerca di Verità.
Oh fanciulla, la tua “leggerezza” così incosciènte,
la tua superficialità così radicàta,
pare che ti elevi al di sopra di ogni angùstia
e ti preservi da ogni preoccupazióne.
Dimmi, oh fanciulla col “ghìgno” sì strano,
così stonàto e così smodàto.
Sembra quasi Tu voglia soffocare qualcosa
un fremito – che dentro Te prende vita.
Dimmi, oh fanciulla sì cara,
come posso fare per capire,
qualcosa in più di ciò che posso già sapere?
Dimmi ragazza, cosa tùrba il tuo ànimo?
Cosa distùrba la tua essènza di dònna
che, ancòr non tutta, è svelàta?
Dimmi. Dimmi!
Claudio Luigi Perego
Piccoccola
Quale forza stacca i raggi del sole,
quale mano strappa i petali della rosa.
Noi siamo l’insieme.
Piccoccola è il sogno.
Piccoccola è la luce.
La dolcezza di una carezza,
l’intensità di un bacio,
piccoccola è la gioia
che la mente consuma.
La nostra volontà a senso unico,
la nostra libertà accesa
da un solo ardore.
Piccoccola è la promessa
che il tempo traduce
giorno dopo giorno
in una costosa scommessa.
Simone Speciale
Limite del vuoto
Era tutto serio,
troppo serio, per
intendere di persone
nell’umanità del
singolo, non c’è il
soggetto, ma l’intenzione
che si perde nel
suo, in se stesso
c’è il perdono, o
forse l’intuizione
giustificata del sol
fatto che io lo pensi;
singole osservazioni
campate in aria
nell’oscena fama
della persona, chi
mi crede non
segue me, solo il
respiro, di chi non
coglie l’importanza
dell’odio, ma la rabbia
che rinchiusa nel
mio intorno, mi
fa esistere, in funzione
di me, guardando
il tutto nelle sue
adiacenze, guardando
forse il mio unico
vuoto.