Giacomo Bersiga
Opera 10^ classificata
Brulichio di estenuazione
Cresciuta nella luce
di un’analgesica mediocrità,
generi distruzione
mentre
risplendi di duplice amenità.
Su il docile lume
il colore riecheggia esterno
al baratro. E denso
nella sua dissolvenza,
con torbido riflesso, affoga
abissalmente
l’etere coronato di berillica
inedia.
Ma con diafano incedere
il chimerico riecheggia
mostro,
tracotante nell’illusione
della perfezione: così teme
angosciosamente
lo stesso respiro
di un uomo che affoga.
Sto tre piedi sopra l’inondazione
e ritrovo sensibilmente l’ideale
mia aspirazione
nei plumbei vortici
d’un pericolo illustrato.
Io,
l’auto-inflitto, detonatore demiurgico:
l’unico inventato animatore dell’apocalisse.
Giustina Dalla Fina
Un canto per l’estate
Desiderio sento di te nell’aria,
Estate,
fiabesco girotondo di urtiche e spighe
lambite da rondini in volo.
Fragranza esala dolce la terra,
grembo a variegate corolle.
Nelle chiare notti
ogni creatura ha una voce
e i prati sono caldi capelli al vento.
Stagione intensa,
ogni erba mantiene le promesse.
La primavera invidia
le tue rose muschiate e
le ciglia ingenue dei fiordalisi.
Estate,
vaso traboccante,
lasciati amare!
Guido De Marco
Metamorfosi di un amore
L’avevo dipinta di sole, l’avevo vestita di luna,
e tutte le stelle raccolte nel cielo con queste mie mani,
e gli arcobaleni del mondo disciolti in velata cromia,
facevano sogni incantati… per lei.
Volevo che i passi del tempo segnassero
orme d’amore su questo mio cuore.
Non c’era un millimetro solo di terra del mondo
in cui ella non fosse; non c’era del tempo
neppure un minuto secondo in cui lei
non vibrasse nel petto, qui dentro, nel petto !
Avevo distrutto le spine e gli angoli reso rotondi
perché la libellula lieve potesse volare tranquilla
nei cieli dipinti di viola,
con queste mie mani tremanti,
con piedi di steli di rosa…
Avevo annullato il mio io in lei,
rinnegando il mio Dio!
Ma ecco, mi desto dal sogno
per l’urlo selvaggio del fato,
e vedo improvvisa… la Morte :
la cara, dolcissima amante
mostrarsi beffarda, cattiva,
artigli le mani, sfidante…
aveva sembianze di iena,
ed era una volta l’Amore…
Si pose sul cuore
per farmi morire di pena.
La sfuggo d’un balzo e mi chino;
lei cade a me presso,
informe e leggera…
la morte non era: era lei,
colei che sembrava una santa,
la piccola, grande illusione !
Mi resta la pena nel cuore…
son solo, ma amo per due:
chè voglio salvare… l’Amore.
Grazia Godio
In silenzio, nel bosco
(tramonto)
L’aria è quieta e sale
un attimo lieve ed ombroso
nel bosco infrangibile.
I rami degli alberi si curvano
sotto il peso leggero ed etereo
di un sogno vago ma reale:
ma se nell’infinito mi accorgo
di essere di fronte alla natura
dolcissima ma avvolgente,
con carezze screziate d’arancio,
mi siedo sulle molli erbe,
in mezzo a rigagnoli venosi
di un terreno vitale.
Tenera è l’atmosfera
pacata come il tardo meriggio
di una stagione primaverile
inconsueta, ma accesa di gioie.
Nello spazio attorno a me,
sento un pallido silenzio dominante
in mezzo a stormi infiniti
ed improvvisamente stanchi…
Si odono solamente le sfumature di colore,
come fossero una opalescente ruota
dell’incombente e delicata notte…
Sussurri poi piccolissimi battiti, del bosco
E poi ancora silenzio…
nasce l’incanto della luna…
Sergio Kraljic – Skal
La speranza di volare
Il martello in testa
a picchiare non s’arresta
Il cuore nel petto da una parte pende
la fine del sanguinar attende
L’anima aspetta in gabbia
come una rosa l’acqua nella sabbia
Il feto
Stanco, accartocciato sul letto
in posizione fetale
attendo di rinascere.
Nessuna spinta,
nessun forcipe che mi aiuti
ad uscire da questo coma,
da questo stato malandato.
La voglia di vivere,
aggredita e sedata
dal rancore, dai rimorsi,
da fatalità estreme.
Un raggio di luce,
uno soltanto,
la poesia
annaffiata dal mio pianto.
L’ape
Stanco di raccogliere spine
comincio a raccogliere nettare
Cambiando il mio cuore da rovo in miele
Il tuono
Il bene non fa mai rumore
Il rumore non fa mai bene.
Gerardo Passannante
Opera 8^ classificata
Approdo
Non è rassegnazione o assopimento
la calma che talvolta mi pervade,
ma quiete di saperci proiettati
in una dimensione favolosa
dove il reale compie l’ideale
e cova l’impossibile il possibile.
Siccome a mescolare gli ingredienti
non è una donna, ma la donna: tu:
la sola al cui cospetto l’audacia
si fa necessità, per contrastare
l’ombra tremenda della negazione
che risolve gli indugi e le contese,
e spazza con un greve colpo d’ali
le maschere impettite e derisorie.
Solo questo mio tragico assoluto
mi fa affrontare con disinvoltura
il rischio del ridicolo, e mi vela
il totale inesatto della vita:
dove dolore e gioia, bene e male,
di concerto persuadono le fibre
al percorso obbligato che non torna.
E se davvero il prezzo è già fissato,
e l’estasi e l’infamia danno succo
al filtro della nostra epifania,
vedi bene che tutto è consentito
adesso che ti so punto d’approdo,
mia musa, mia medusa, mia confusa
seduzione di morte, e paradiso.
Francesca Pierpaoli
Granelli di sabbia
A piedi nudi
sulla sabbia d’inverno
un’onda si culla
e nasconde
le orme lasciate
Pervade i sensi
l’odore del mare
e le tue ciglia spettina
la brezza
sipario di un pensiero
troppo audace
Migrano i pensieri
accompagnando
il volo di un gabbiano
che sulla scia
di un vecchio peschereccio
scompare all’orizzonte
Parole
Sudicie
e spesso inutili parole
stropicciate
tirate a bersaglio nella pattumiera
non convincono
e fanno solo male.
Disagio e confusione
collera e rancore.
Urla il silenzio
suono assordante
nella sola coscienza
dei soli onesti.
Emanuele Ratti
Ricordi e attese
Ti ricordi la grande aia,
quando tu eri un bambino?
Lanciavi la palla in aria
o giocavi a nascondino
tra i carri colmi di fieno.
Vivevi, ragazzo a Como,
dopo la morte di tuo padre;
volevi diventare uomo.
Eri lontano da tua madre,
in collegio a tempo pieno.
Da giovane stavi in Oratorio,
ad allenare e far divertire
chi chiedeva di giocare a calcio
e chi alla Fede dovevi istruire.
Eri il rombo dopo il baleno.
Da adulto, hai cercato l’amore
e l’hai donato poi alla tua donna.
È divenuto grande il tuo cuore
e, tu sai, quando una persona dona
dà molto senza chiedere nemmeno.
Da padre avrai tante cose da capire,
educherai i tuoi figli al meglio,
con tua moglie avrai molto cose da dire.
Ognuno dovrà vincere l’orgoglio
per crescere bene e vivere sereno.
Poi la morte verrà. Ci sarà una via?
Ti chiederai: ci sarà un’altra esistenza?
E, voglia Dio premiarti, con la gioia
di raggiungere e di vivere l’essenza
di un mondo che non sarà terreno.
“Poetessa Errante” Maria das Graças Rodrigues
Cavalcata poetica
Le campane del Duomo suonano
le 23, soffocata dal silenzio, il
capo appoggiato sul cuscino, tra
dubbi e certezze penso!
Mi rifugio nel sonno prima che il
campanile segni l’ultimo tocco,
entro nelle trame della quartina
per sollecitare il sonetto!
In penombra nella stanza leggo
e rileggo il poema, nell’epistola
ingrovigliata dei miei versi persi
tra dormienti pensieri!
Quesito
Mutevole come il vento nell’etere
dimoro, attraverso il fulmine
disperdo scintille.
Nel volto sognante di colei che
frivola appare, la metamorfosi è in
atto: l’universo si trasforma!
Soffia la brezza, l’aria si raffredda
poi riscalda nell’intuitiva danza,
nel mistico trapasso.
Scivola sui passi di danza lungo lo
spazio ove il tempo è quesito: sapete
la risposta a ciò che ho descritto?