Francesco Boso
L’attesa
È quando l’attesa mi tiene in morsa stretta
che medito la mia vendetta.
Quando il giorno si fa più buio
e la gente muore.
Quando giunge un lampo
e nulla accade.
L’attesa è come la lenta via verso l’oltretomba.
Più tempo aspetti,
e più ti si corrode l’anima.
Non c’è fine alla sofferenza,
con un’attesa che soffoca l’esistenza.
Spero solo che finisca per poter voltare pagina.
Quest’oggi il cielo tuona,
rimbombano le cattiverie della gente.
Un po’ nell’aria, un po’ nella mia mente.
Le nubi scure cariche di paure,
lo sguardo torvo di chi tradisce un amico,
il destino di un uomo con infinite smagliature.
Se faccio un tuffo nel passato,
partono schizzi d’odio, di ombre, di rabbia e di dubbi.
Ma si intravedono anche luci sul fondo,
di gioia, di amicizia, d’amore e di sana follia.
E mentre sono immerso con la mente in quell’acqua stagnante
capisco che il solo modo per pulirla è fuggire via.
La vita è un cammino tortuoso,
dalle prime luci del giorno fino alla notte.
Ho capito che se una chance non arriva,
non serve a niente agitar gli animi e scatenare lotte.
Anche se l’attesa è la mia nemesi non mi avvelenerò l’esistenza.
Farò uso della sola arma vincente: la pazienza.
Mario Corbetta
Una notte lontana
Una notte lontana
Molto lontana da noi
Lascia cadere le sue stelle
Nel mare
Il mare
Il mare così lontano da noi
Il mare che è sulla terra
La terra che è nella notte
Pietro Rava
2 Poesie in metrica tanka
Micio
Micio sornione
Poche dolci carezze
Fusa perfette
Con sommesso miagolio
Ancor cerchi affetto
Amore
Amor tradito
Squaglia come gelato
Al sol lasciato
Come fiore estivo
Muore se trascurato
Giovanna Salucci
Semplicemente Anita…
Profumano d’oceano i tuoi capelli neri,
sulla tua pelle d’ambra si rispecchia
l’argento della luna.
Due corpi, un’anima sola
e lunghe notti insonni
di un’irrefrenabile gioventù.
Scalpitano i cavalli sulle rive selvagge,
palpitano i cuori di ardente amore.
Spirito guerriero che delle Amazzoni
porti il temperamento e il tratto,
hai cavalcato il tempo e le stagioni,
di due Mondi la terra hai fatto tua.
Legami e catene hai frantumato
e rovesciato ruoli e conformismi
forte della tua tempra,
specchio di un’altra anima
che in sé ti ha catturato.
Grandi sono le donne,
e gli uomini al loro fianco,
di straordinarie gesta son capaci
amanti, amiche o madri,
tutto nel ventre incarnano
e donano la vita, per la vita,
per l’amore e per la libertà.
Ombra silenziosa di un invincibile Eroe
semplicemente Anita per lui sei stata,
l’unico immenso suo amore.
Sul Gianicolo riposano le tue spoglie,
l’Italia onore ti fa e china il capo,
innalzando con orgoglio
sulle coscienze di ognuno
il Tricolore,
simbolo della Nazione e della sua Unità.
Paola Cenedese
Opera 1^ classificata
Lettera a Dio
Perdonami se oso attribuirti
sentimenti simili ai miei,
ma dentro mi nasce una domanda: «Come hai scelto Maria?»
Cosa ti avrà colpito di questa ragazza ebrea…
Forse a volte si appartava assorta,
dal gioioso chiacchierio delle compagne?
Avrai notato i suoi capelli lunghi,
trattenuti dal velo sulle spalle,
che scendevano a coprirle il viso
quando al pozzo
attingeva l’acqua.
Forse avrai notato i suoi silenzi,
quel suo vedere “oltre”,
la consapevolezza del mistero
che avrebbe avvolto la sua vita.
Ma certamente,
mentre pregava in solitudine,
tu già vedevi fiorire
quel sì sulle sue labbra.
Credo di aver capito
cosa ti ha spinto a scegliere lei
giovane donna tra tante:
anche tu,
l’Onnipotente
desideravi le braccia di una madre.
Stefania Pellegrini
Opera 2^ classificata
Tra le ali dei sogni
Ho posato i miei occhi
sul velo che offusca il cuore
come foglie
sul passo del vento,
cercando tracce
che brezze hanno dissipato.
Odore
d’ambrosia e miele
inutile richiamo
per questa notte
solitaria e buia.
Allora vestirò di stelle
tra le ali dei sogni
per illudermi
ancora
di vederti tornare.
Sabbia nella mano
Se potessi….
se potessi trattenere
di questa sabbia
il tempo nella mano,
granello dopo granello
e rubare un raggio
di sole all’estate
per impedire all’autunno
d’avanzare,
fermerei il giorno scritto
sulla riva immobile
e miei giorni coi tuoi
nel sogno dell’eterno.
Anna Perucca
Opera 3^ classificata
In giardino
L’acero del mio giardino
tende le grandi mani
ruba carezze al vento,
memorie d’altro tempo,
mi parla, sottovoce, di pace primordiale,
della terra giovane, al suo albore,
foresta silenziosa,
figlia d’antiche ere
del mondo senza ore.
Reca l’erba nuova del prato
un messaggio remoto di ostinata speranza
e la tartarughina che avanza,
frammento d’immense creature antenate,
tenero sasso vivente di poco, di niente,
separa la mente dal presente smanioso,
mai sazio e dallo strazio
della nostra storia feroce.
Nello spazio di uri giardino fiorito,
si può sognare, per un minuto,
un pianeta placato, abitato
da gentile specie vegetale
e da qualche mite animale … ..
un’illusione di armonia universale
reca l’oblio del fiore del loto. . . .
tace il tarlo che rode nel cuore,
in ascolto di un coro di rane,
del loro ipnotico inno d’amore.
Il sole osserva l’inganno
e, complice, frena il fulgore. . . .
conosce il mondo, ne vede il dolore
e si tuffa nel verde, a sparire … ..
manda l’ombra tra i rami, a lenire
ferite ben note di eterno travaglio,
nel beato esilio di un fresco giardino,
in abbracci di foglie.
Leila Gambaruto
Opera 4^ classificata
La mensa di Giuda
Venite, amici, alla mensa di Giuda,
mangiamo pane di marmo gelato,
beviamo assenzio ed ognuno s’illuda
che regni amore in un mondo dannato.
Venite, amici, alla fiera dei folli,
dove ogni cosa si può dare in pegno,
e nuovi cuori, se i vecchi son frolli,
noi troveremo, di pietra e di legno.
Venite, amici, alla scuola degli anni,
per calcolare chi fu più ingannato,
con nuovi cuori ed i vecchi malanni,
noi brinderemo al bel tempo truccato.
Venite, amici, alla chiesa dei santi,
per ritrovare perdono e innocenza,
e i vecchi cuori, d’amore sognanti,
saranno un pegno per far penitenza.
Stefano Tonelli
Opera 5^ classificata
Il Male
Mi fa male
il Male
e il dolore che costa.
Strazia il mio cuore
quella goccia dell’Universo
di lacrime e sangue
che deve fecondare
il fertile terreno della Vita.
Leggo Male e Dolore
in ogni forma vivente
e dolente
ottenebrata da caligini
di angosce e d’ignoranza.
Eppure insiste nella mia mente
un barlume di speranza:
non può essere solo
una cieca mattanza,
un orrore furente,
una divina latitanza.
Elio Lunghi
Opera 6^ classificata
Immagine sognata
Seguendo il volo di una rondine
mutata dal rombo in primavera,
sulla soglia fulgente dell’attesa
mi appari immagine sognata.
I tuoi occhi hanno ornato il cielo,
poi ti sei dissolta nelle nubi,
appese all’estremo dei tuoi fili
splendono ricche vasche di diamanti.
Vieni dal mare e con ciglia finte celi
l’emozione sotto le onde; un raggio
ardente illumina il tuo viso e l’ombra
che ti circonda si consuma.
Sei nascosta in un bozzolo dorato,
invano io nel mare ti cercavo,
nei sogni ti rifletti e poi scompari.
Alba Silva
Opera 7^ classificata
Quindici anni
Saltella il pensiero nel silenzio della notte
si aggroviglia con dolcezza
al ricordo di un tempo lontano; 1959,
quando, appena quindicenne, poco più di una bambina,
lasciai la mia casa parmense per la Lomellina,
a fare la mondina in una cascina del
“parsano” nel comune di Sartirana.
Il lavoro era faticoso, sempre curvi su se stessi,
i singhiozzi soffocati nel cuore, per la nostalgia della famiglia.
Si cantavano canzoni allegre, per lenire il dolore;
le bisce nere strisciavano fra le mie gambe bianche,
mentre le zanzare, felici, danzavano sul mio corpo
provocando dolore.
Poi, una mattina ci fu una gara di trapianto;
abbassai il capo, e, mani veloci,
piantine ben diritte, il lavoro ben fatto;
una preghiera nella mia mente camminava;
arrivai sull’argine, vincitrice.
Non seppi trattenere lacrime di gioia,
mentre udivo voci in coro: “Piccola ce l’hai fatta!”
Ero la più giovane di cento ottanta mondine;
centotrenta bresciane, e cinquanta parmigiane.
Poi, alla sera, la stanchezza si metteva in disparte,
e, ben vestiti, chi la gonna a fiori, o i calzoni attillati,
a piedi o in bicicletta, si andava nel comune di Sartirana,
a bere un caffé, o una cioccolata calda,
a scambiare qualche parola con i giovani del paese.
Ora, solo nostalgia,
nostalgia dei miei quindici anni.
Massimo De Mellis
Opera 8^ classificata
Codici
L’attimo t’incanta, mentre dissolve
e s’incontrano gli astri viso a viso,
a ponente, il fuoco arancio del disco
che cade, a levante granelli bianchi
sparsi nel tondo di giovane luna.
Tu rimani perplesso, con lo sguardo
sospeso: è un cielo pavone che gioca
o gli occhi – analfabeti – non leggono?
Lampi di sorpresa, ma non è raro
alzare il viso a inattesi ricami
come quei raggi d’oro che stillano,
talvolta, dalle nubi compiacenti
e sei dentro a un castello di fiaba,
o come l’attillato arcobaleno
vestito chic di sete variopinte
che sempre rapisce e strabilia.
Che dirà, quieto, quel prato di brezza
con velati discorsi di marzapane?
di certo parole sorelle, ambrosia
di una lingua non ancora compresa.
Salvatore Italia
Opera 9^ classificata
Inchiostro sull’anima
Romanzo che non ho mai scritto,
romanzo della mia vita;
romanzo della gente incontrata.
Parole dette e rimpiante;
parole mai scomparse dalla mia mente;
parole mai incise su un libro.
Romanza delle anime oscure;
romanza che risuona nel mio cuore;
romanza che deteriora la mia carne.
Parola mai compresa;
parola detta con rabbia a denti stretti;
parola detta nel tempo del dolore.
Questa stilografica d’argento,
acquaviva che brucia il mio cuore di lupo.
Questo inchiostro di fuliggine,
arianera che intasa i miei polmoni.
L’ironia di un dio burattinaio,
che muove i fili delle nostre vite.
Il flusso del sogno di Brahma,
che avvolge la materia inerte.
Ora siamo qui come una mandria di buoi.
Quel bimbo non c’è più nella sua cameretta.
Alberto Arecchi
Opera 10^ classificata
Oceano sconvolto
Andava la nave
sull’onda leggera
del mare di Giava
e l’uomo guardava
il vulcano fumante
nel cielo di giada.
Ma un’onda gigante
emerse improvvisa
dal mare profondo,
travolse la nave,
sommerse le terre,
sconvolse il mondo.
Ahi quale disastro
colpì l’arcipelago,
sommerse gli atolli
le isole dolci
un tempo
coperte
di palme fruscianti!
Il fondo marino
sconvolto dall’onda
ha reso i rifiuti
deposti dall’uomo:
orrendi siluri
riempiti di scorie.
Uomini muoiono
nel Corno d’Africa
sconvolto da guerre,
uomini muoiono
lungo le spiagge
trasformate in discariche.
Maurizio Cerri
Opera 1^ classificata Sezione vernacolo
Da chi vèdi la luna
(un mondo al buio)
Da chi vèdi ‘l màar cun la s-ciüma biänca
da chi vèdi ‘l su, negà in dl’àqua bujenta
da chi vèdi i föi balà al sunà dal vént
da chi vèdi i stèll impresiuši la not
da chi vèdi la lüna inargentà i campàgn
da chi vèdi tut queèl ca tam cuntat ti
Am piasaris, però, pudé vès da lì
par pruà una volta mì, a fa sugnà ti.
Traduzione
Da qui vedo la luna
(un mondo al buio)
Da qui vedo il mare con la sua schiuma bianca
da qui vedo il sole, annegare nell’acqua bollente
da qui vedo le foglie ballare al suono del vento
da qui vedo le stelle impreziosire la notte
da qui vedo la luna colorare d’argento le campagne
da qui vedo tutto quello che tu mi racconti
Mi piacerebbe però poter essere di lì
per provare una volta io a far sognare te.
Adriana Montemartini
Opera 2^ classificata vernacolo
Par Tè
Mé al gò bsogn ad tè
Vès in tè tot i mument
Strensàt sensa perdat
Par man su la stesa strà
Caminà, cur, burlà su e tiram su.
Cunà i bei ricord
Sta a rènta ai to pinser
Sensa pagura ad gnènt,
Sintì al to respir su la me spàla
Contenta, cun na buna cèera
Mé ag avrò bsogn par semper.
Traduzione
Per Te
Io ho bisogno di te
Essere in te tutti i momenti
Stringerti senza perderti
Per mano sulla stessa strada
Camminare, correre, cadere giù e tirarmi su.
Cullare i bei ricordi
Stare vicino ai tuoi pensieri
Senza paura di niente,
Sentire il tuo respiro sulla mia spalla
Contenta, col viso sereno
Io avrò bisogno per sempre.
Anna Perucca
Opera 3^ classificata vernacolo
Ëndromëntèssi
Standa ën sità, as podrà mai savéj
ë silenzio dla neucc ënt ij pais,
quand ën feura tut al tas
e la pas an cuna, ‘n sij so brass.
Ël lusor dël steli al bat ai vèdër, s’a l’è sren:
al bala ‘nsima ‘l certi, al riva al cheur,
a lo s-ciariss, lo slingëriss
e, pi sincer, al tròva arpòs.
Se ‘l cel l’è grev e al pieuv,
ël stissi j ‘han na vos ch’a la pasìa,
dasi, dasi, an fan su ‘nt la so magìa,
ëd sagrin, a n’i è pì mìa,
në sghijo via da dòss, as buta bass ël cros.
Ën col silenzio doss, ëncor da svëgg,
as fa virè la ment
ën sël prim scalin dla neucc:
a-i nass ël pentiment ‘d quaicòs,
as serca ardriss, da dent, ënt ël profond,
as veu salutè ‘l mond, cmà ‘l fuss n’amis.
Intant che la pieuva a la barbòta,
ël nòss pënsè as confond e al svapora:
a-i ven col’ora… d’ëntrè ‘nt ij sògn,
un pass për vòta.
Ma, prima ‘d sarè j’eucc,
insema a la campagna straca,
per volè ‘nt col bòsch, scondù e misterios,
màgich, incantà e falosch,
as capiss, ënt un moment… sospes e tant pressios…
ëd jessi ‘n sël mes, tra vita e mort:
as podrìa svigessi pu, cmà nent…
parëcc… la ment, sgagià cmà ‘l vent,
a la brassa e la ten strëcc
tut col ch’a-i è stacc,
tut col ch’i j’oma avù.