Opere di

Antonella Scicolone


L’io lo troverò!

Per accorgersi di quello che le stesse succedendo, prima, Sara, doveva capire.
In quel momento avrebbe tanto voluto sapere perché si era ridotta in quel modo, anche se la sua situazione, prima o poi capita a tutti!
Sapeva che non sarebbe durata tanto al punto da sposarsi, ma da come stavano andando le cose non le sembrava più tanto assurda l’idea.
Quel sentiero, lungo forse chilometri e chilometri, le dava la forza, anzi, la capacità, di pensare a tutto quello che le aveva detto, lui. Convincersi che fosse giusto, che fosse la cosa migliore. Meglio ora che dopo, le aveva detto, meglio rendersene conto adesso. Ma perché troncare e pensare al dopo? Avrebbero forse fatto qualcosa di male se avessero continuato la loro relazione?
Intanto il suo cammino per quel sentiero continuava, ma la sua mente era sempre immersa nel solito pensiero e nelle domande che continuava a porgersi senza ottenere alcuna risposta.
In realtà però, lui, aveva parlato talmente tanto, da non consentirle di chiedere niente perché già era tutto chiaro, anche se chiarezza alquanto amara.
Continuava a camminare chiedendosi se fosse stato davvero sincero e se non fosse stata invece solo una scusa per liberarsi di lei. Dentro di se, Sara, sapeva che non poteva essere vero, ma il dubbio purtroppo è una sensazione che uccide la mente, la rende confusa, impaziente, niente può distrarla dal tormento che impedisce i suoi sonni. Soltanto un chiarimento dato da una fonte più che attendibile può neutralizzare questa tremenda malattia, la verità certa è l’infallibile antidoto al veleno del dubbio.
Nel suo caso l’antidoto esisteva già, soltanto riflettendo a lungo si sarebbe resa conto della sincerità delle sue parole. Solo dopo però avere smesso di amarlo, sempre se ci fosse riuscita, sempre se avesse trovato qualcuno che le potesse far provare le stesse sensazioni, che potesse farla sentire talmente innamorata al punto da dire finalmente “ti amo” e che potesse amarla a sua volta.
A un tratto però, si accorse che il sentiero non sembrava più tanto lungo, i pensieri non erano più tanto confusi come all’inizio del cammino. Le sembrava tutto più giusto, tutto quello che aveva detto lui, in quel momento, era davvero giusto per lei.
In un attimo, una grande luce piombò su Sara, impedendole di vedere il resto del sentiero, ma quale decisione doveva prendere? Cosa doveva fare per impedire di rimanere sola come lo era in quel momento?
La luce si spense e, dopo un attimo di buio, riuscì di nuovo a vedere il resto del sentiero.
Doveva prendere una decisione, doveva decidere se arrendersi al suo destino e aspettare che qualcun’altro entrasse nella sua vita per poi farla soffrire ancora, o rimboccarsi le maniche per trovare l’uomo della sua vita, l’uomo che non l’ avrebbe dato più delusioni e ne dubbi e che avrebbe messo fine alle sue sofferenze amorose.
Del resto, la prima soluzione non era di sicuro la migliore, considerando che le sue vicende sentimentali non erano mai state fino a quel momento molto fortunate e che sicuramente avrebbe sofferto ancora aspettando che il destino fosse benevolo con lei. Poteva fare affidamento solo sulle sue forze, senza l’aiuto di nessuno, determinata allo scopo.
Poteva vedere finalmente bene, ma sapeva che la chiarezza delle sue idee doveva ancora attraversare parecchie strade tortuose.
Sara era una ragazza di circa 23 anni, altezza media, capelli biondo cenere, ondulati e lunghi. Gli occhi erano verdi e la carnagione chiara. Era quello che si poteva definire “un tipo”, era magra ma non troppo e per alcuni era bella, per altri molto carina, per altri ancora solo carina, solo per alcuni, niente di che.
Finito il sentiero, finalmente arrivò, e come al solito il parcheggio dell’impianto della piscina comunale era già pieno. Stranamente però tutto le sembrò diverso, e dire che erano anni che frequentava quel posto eppure quel parcheggio le sembrava troppo pieno di alberi, le macchine erano quasi travolte dai rami e dalle foglie secche, anche la strada che portava all’interno le sembrava troppo imboscata. Si, assomigliava proprio ad un bosco.
Giunta comunque all’interno, si accorse che la vasca era illuminata a metà.
“Evidentemente c’era stato un piccolo blackout ed avevano acceso le luci di emergenza” – pensò lei.
In realtà solo due corsie erano illuminate proprio perché erano le uniche occupate. Nuotavano solo cinque ragazzi, ma lui non c’era.
La meraviglia fu nel vedere che questi venivano allenati da Stefano Cocci, il suo primo allenatore, nonché anche tecnico di una squadra importante. Infatti egli si era ammalato gravemente e non aveva avuto più notizie di lui.
– Ci sono gare nell’altra vasca, andiamole a vedere!
Esclamò una ragazza accanto a me rivolgendosi ad un’altra.
L’idea sembrava buona anche a Sara e così si spostò all’altra tribuna.
Quell’altra vasca era illuminata integralmente e tutto sembrava normale. Ad un tratto lo vide.
Fece una cosa assurda, forse per attirare la sua attenzione. Si gettò vestita in acqua e poi continuò ad assistere alle gare seduta sul bordo della vasca, come se niente fosse. Lui, Andrea, la guardava con curiosità, ma non più di tanto, anzi le sorrise e la salutò con la mano, da lontano, senza badare al suo gesto che, benché assurdo, non sembrò meravigliare nessuno.
Provò una sensazione anomala in quel momento. Dopo quello che aveva fatto sarebbe dovuta fuggire dalla vergogna, invece non ne provava affatto.
Si asciugò e se ne andò, come se non fosse successo niente, ma mentre attraversava il boschetto cominciò a rendersi conto che c’era qualcosa che non andava, ne in se stessa e ne in quello che aveva trovato, molto diverso da come era sempre stato:
non c’era un’altra vasca al chiuso ne un’altra tribuna altrettanto grande quanto la prima. Il boschetto, ormai, non esisteva più da anni, ed il parcheggio non era mai stato così alberato.
Ricordò i tempi della sua carriera natatoria. Si divertiva, vinceva, partiva, ma ha anche sofferto, per l’unica cosa al mondo che faccia soffrire inutilmente. Era un ragazzo che si allenava nella sua stessa squadra. Si era innamorata di lui improvvisamente, senza neanche capire il perché. Quando lo conobbe non le piaceva neanche, anzi, a nessuna ragazza della squadra piaceva: era piccolo e scuro, insomma non saltava particolarmente all’occhio. Poi, dopo circa due anni, accadde qualcosa di strano in lui, subì una sorta di metamorfosi, cosa che non subì Sara, nonostante le ragazze sviluppassero prima dei ragazzi alla stessa età.
Tutte quelle della squadra così, una alla volta, si presero una bella cotta per lui, ma Sara era sicura che come lei, nessuna.
La sua opinione nei suoi confronti era: – si, è carina, ma dovrebbe ingrassare un po’!
Era praticamente senza forme all’età di quindici anni, lui ne aveva sedici. Erano tutti molto affiatati in quella squadra e lei e Alessio, come con gli altri ragazzi, erano molto amici.
Non aveva ancora assaporato la vera essenza dell’innamoramento e delle sue conseguenze, ma presto fu accontentata, infatti egli si innamorò dell’unica ragazza che forse non si era presa alcuna cotta per lui: Fortunata.
Fortunata di nome e di fatto pensava Sara, ma purtroppo non poteva volerle male, ne darle colpa, in fondo era la sua migliore amica ed in più era davvero una ragazza stupenda, fisicamente e interiormente.
Lei non corrispondeva l’amore che lui provava, sapeva quello che provava Sara e forse questo le impediva di capire realmente cosa provasse per Alessio.
Il suo dispiacere fu grande, soffrì molto per questa storia, e nonostante dopo un anno lui l’ebbe dimenticata, grazie al passaggio in un’altra squadra, le sue sofferenze non finirono. Ma un giorno:
– Vuoi ballare? – Le chiese.
Sara accettò, e ballarono. Era quasi incantato da lei, non l’ aveva mai vista in circostanze fuori acqua. Era la festa di un’amica comune e in quell’occasione, forse per la prima volta, si accorse di lei.
Niente di preoccupante comunque, perché non ci fu alcun seguito a quell’episodio. Il seguito del resto non ci fu neanche per lei. Aveva smesso di sperare, dopo due anni di illusioni, si sentiva fiera di averlo dimenticato.
Ma alle gare estive di fine anno, si rese conto che quel sentimento che si era assopito da un anno, si era risvegliato, ma quella volta anche lui perse la testa. Erano passati tre anni dall’inizio di tutto, Sara era cresciuta, quella è un età che si cresce in fretta, e lui se ne accorse. Non smetteva di controllare dove fosse. Quando si sedettero su quel divano nessuno dei due osava alzarsi per non staccarsi dall’altro. Furono giorni stupendi, non dichiarati, ma passati con il cuore palpitante e con la speranza di un domani.
Ma il domani non ci fu, tornati a casa la ragazza non ebbe alcuna sua notizia, anzi seppe che si era fidanzato. Anche questa volta, andò male e fu davvero l’ultima. Forse quei giorni erano serviti come dolce fine definitiva di un amore impossibile a senso unico.
Ritornando al presente, dopo aver ricordato quel frammento della sua vita, si accorse che il boschetto ormai buio cominciò a farle paura, così iniziò a correre. A peggiorare le cose fu il sentirsi seguita, si voltava in continuazione ma non vedeva mai nessuno.
“Ma perché Dio non c’è quando ti serve! – Esclamò Sara.
Stranamente però si rese conto che quella sensazione le dava sicurezza e non ulteriore timore.
“Vuoi vedere invece che Dio mi ha ascoltata?” – Si domandò con stupore.
Ma chi era questo Dio? Lo invocava ogni volta che soffriva. Si chiedeva se spesso non fosse un Suo pretesto per farla avvicinare a Lui.
“L’importante è che ce ne accorgiamo!” – Si rispose.
Corse molto, senza neanche guardare dove stesse andando. Infatti senza volerlo si ritrovò alla stazione ferroviaria.
– Finalmente ti sei fatta viva! – disse Fletcher, un amico, lì, sotto un portico.
– Dobbiamo andare a fare subito delle foto per un servizio importante.
– Cosa? – Chiese Sara.
– Presto! Prendi la macchina e andiamo immediatamente – Rispose lui.
– Aspetta un momento, io non posso! – Ribatté la ragazza che si ritrovo senza accorgersene al posto di guida.


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