Barbara Piazza con questo racconto ha vinto l’ottavo premio all’edizione «Il silenzio e la rosa favola moderna» Il Silenzio si era addormentato all’angolo della via, seduto su un gradino, guardando il cielo. Era troppo stanco per continuare. Aveva camminato a lungo, nel suono assordante di un’indifferenza che lo aveva spossato. Deluso, si era poi accasciato sull’uscio di una porta, come un sacco vuoto di tesori, eppure non gli sembrava di essere noioso e di non saper comunicare. Aveva cercato l’attenzione in tutti i modi, sopportando gli insuccessi, ma i discorsi volevano parole e in quei suoni si era sentito allontanare. Nella notte, infine, alzando gli occhi al cielo, si era arreso ai raggi misteriosi e intensi della luna. Sognò un giardino fiorito. Una rosa rossa s’imponeva al centro di un’aiuola illuminata dalla luna. I suoi petali attendevano. Sulla panchina, accanto al fiore, c’era una donna. I suoi capelli brillavano ai raggi argentei riflessi dalla rosa. Stringeva un libro: lo teneva a sé, cercando altrove, come qualcosa ancora da scoprire. Il Silenzio si destò dal sonno. Un soffio di vento agitò le sue vesti. In quel fremito di richiamo si alzò, lasciandosi guidare dal profumo di una rosa. Arrivò al cancello di un giardino. Trovò l’uscio socchiuso e senza esitare entrò. Una silenziosa musica alleggerì il suo peso di tristezza e la bellezza incendiò l’attesa: una donna stringeva un libro al petto, come un figlio ritrovato dopo una lunga assenza, guardando i petali di una meravigliosa rosa. Il Silenzio osservò la rosa e poi la donna. Era rossa e delicata, avvolta dal bagliore della luna, gli occhi della donna assorti, riflesso di una luce in segreto trattenuta. Il suo profumo avvolse lo spazio silenzioso, unendosi a quello della notte. Il Silenzio si sedette accanto alla donna immobile e sognante e poi guardò la rosa aprire tutti i suoi petali. La luna rischiarò più luminosa il giardino. Il Silenzio cominciò a parlare, la donna a guardare, ancor più immersa, la rosa. Sorrideva nel buio che avvolgeva le sue strette spalle, abbandonate allo schienale. Le parole assordarono la notte e dalla rosa uscirono voci melodiose, come violini accesi per incanto. In quella pace d’inconsueti accordi, il Silenzio appoggiò il capo sul ventre della donna e sentì un fremito inondarlo di speranze. Come un bambino, si rannicchiò in quel nido e, chiudendo gli occhi, sospirò felice. Il canto degli uccelli lo destò dal sonno all’alba. La donna si era allontanata, come un sogno svanito del risveglio. Quella notte lunare e piena aveva acceso le speranze e il Silenzio rimase ancora sulla panchina, percependo la vita da lontano. Una palla toccò il suo manto. Un bimbo si avvicinò correndo e si fermò accanto alla rosa. Due occhi luminosi fissarono l’attesa: il bambino guardò la rosa, poi si sedette sulla panchina, ignaro di una presenza sconosciuta e forte. E fu sorpreso, quanto il Silenzio avvinto. Gli occhi di Silenzio brillavano, quelli del bimbo guardavano il vuoto esaltante di un’attesa. Il Silenzio pensò a quanto intensa fosse in quel momento la sua gioia. Restò immobile, come se quell’attimo potesse evaporare dalla realtà di un sogno, ma il sole brillava alto nel cielo. Intorno, voci di gioco rimbombavano nel viale. Il bimbo si lasciò rapire dalla rosa dolcemente, poi, solo più tardi, tornò ai suoi giochi di bambino, quando il Silenzio lanciò la palla alle sue mani. Il suono della vita si riempì di grida. Prima di andare però, il bimbo fissò ancora la panchina e poi la rosa. Non rinnegò l’accordo. Un sorriso si accese in quel momento sulle loro labbra e insieme guardarono la rosa, mentre la vita li allontanava, a poco a poco. Le gambe del Silenzio si fecero più forti e riprese la sua strada. Uscì dal giardino, rinnovato dall’incanto. Voleva scoprire nuovamente com’era il mondo, oltre la rosa. Incontrò l’asfalto, gli sguardi assillati delle corse. Guardò la fretta in occhi assenti e spenti e si sentì improvvisamente triste. Un’immensa solitudine si apriva nel rumore inconsapevole dei giorni. Si accostò ai passanti, sussurrò piano un «Buongiorno», ma nulla ebbe in risposta. In quell’angolo rinato di speranza, si sentì a casa. Guardò la rosa e respirò profondamente il suo profumo, impregnato ancora di calda nostalgia. Si rilassò sulla panchina assente e vide la rosa ancor più bella. Da lontano, giunse un vecchio. Faticava a camminare, appoggiando il peso sul bastone. Tanta stanchezza era impressa su quelle spalle fragili e temprate. Non disse nulla il vecchio. Guardò la rosa respirandola, i sensi accesi di bellezza. «Che profumo quella rosa» disse al Silenzio, fissandolo con gli occhi stanchi di troppa vita conosciuta e persa. E si accostarono, avvicinando le loro vecchie mani, poi, insieme, contemplarono il giardino. Da fuori provenivano i rumori dell’asfalto, ma la rosa risplendeva. «Andiamo» disse il vecchio, «Bella è questa rosa» aggiunse il Silenzio. Allontanandosi, nel respiro della vita, guardarono l’intensità della bellezza accompagnarli. Un velo di nostalgia li colse. «Piano», disse il vecchio «Lentamente», rispose il Silenzio. Si strinsero l’uno all’altro, come due vecchi amici. Quando il vecchio e il Silenzio erano ormai due punti persi all’orizzonte, sulla panchina, qualcuno si fermò ad ammirare un’insolita rosa, colma di profumo. Una folla di persone entrò nel tempio di un giardino. Accanto a un fiore, sulla panchina, rimase una silente attesa. Un suono vibrò nel mondo. Ci fu una pausa: per un attimo la vita si fermò. Fu allora che il Silenzio diventò musica. Contatore visite dal 23-02-2009: 11397. |
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