Opere di

Benedetto Di Pietro

Da “Passatopresente” (1983)


Il Castello di Melegnano

Mura scalcinate
proiettano d’estate
ombra antica
sollievo e pena del ricordo
della sua giovinezza.

Alitare di giganti
guerrafondai
d’inverno traspira
dalle finestre senza imposte
mentre uccelli anonimi
padroneggiano le camere
abbandonate.

Bello nel tramonto
ammantato di edere
e sorretto da scheletri
di noci
il castello di Melegnano
si popola di giovani
che del delirio del giorno
attendono la fine.


La nuova Arcadia

Il monte
è piombato su animali
e muse
e il cemento ha cancellato
i segni.
Il flauto suona
associato a stridore
di macchina che
macinando parole
vomita inquietudine.
L’uomo sfugge il suo simile
e non diviso
il pane ammuffisce.


Eco silente” (Campus, Lodi, 1985)


Icaro

Volo al cielo
per colpire l’ultimo sole
e libero alla musa
cedo il fiato
a carenare nuove chiglie.

Alato per contrade
ritrovo il mito
e sostenuto al passo
mi sbotta l‘ànsimo
per l’assolo.

Il mare mi accoglie
obliterato.

Vivo per un senso
di riguardo.


Piovasco

Il vetro della finestra
appende la testa
alla ventosa del naso
con lo sguardo inviluppato
nel vapore
di rarefatte cose.

Il cielo sconquassa
e l’effluvio traccia
il bersaglio.

Palpiti d’acqua
in sospensione di sole
ed è iride che traguarda
il sentimento ripetuto
della lesena.


Bassorilievo

Occhi vaghi
lambiscono gli ancestri
per implicite referenze.

Mano alla mano
accomiato il segno
con voce ferma
clamando al siderale

l’ombra che lunga
si proietta
all’orizzonte
per rinascermi
a nuovi argomenti.


Da “Sembiante” (Prometheus, Milano, 1991)


Declina bootes

Declina Bootes
i miei ultimi giambi
frombolato turibolo
al nuovo giorno
che dritto m’invola.

Rogato il futuro
per antichi meandri
rivela il precipuo
bisogno svanito.

Di mia terra vate
i buoi riduci alla ninfea fonte
ora che bassi i musi
allumano e i pensieri
lieve
si spengono all’imbrunire.


Lo sciallo

Le rughe di ogni tempo
e le miserie
con le spalle e il capo
avvolte lo sciallo
eleva le mie donne
a rango di marie.

Di estremo razionale
fatto bandiera
il suo ostentare di lutti
antichi e nuove gelosie
esacerba gli animi
dei nuovi paladini
e riempie le bocche
di rigore opposto.


Da “Tra la sella e l’infinito” (Prometheus, Milano,1994)*


Venuto da lontano

La linea blu che anticipa
l’orizzonte lascia intendere
che al di là si ritrovano di sera
i più venuti dalle morte campagne.

La via segnata dai riverberi
mi dice venuto da lontano
nutrito fra sassi ellenici
con un piede sul faggio nebrode
e l’altro gladiatorio
sull’arena del Colosseo.

Qui ogni ramo di mirto
è sfagno che sfalda il presente
ogni bisbiglio è tuono
che mi rende lupo
fuggiasco davanti alla mia ombra.


Imponderabile

Imponderabile il fiocco
scende in volute nuove
quasi tocca il suolo
risale
si ferma a mezz’aria
sospeso
mi spia dalla finestra
poi lento ridiscende
sul manto
bianco s’annulla.


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