Carlo Agnetta, geologo

di

Calogero Galletta


Calogero Galletta - Carlo Agnetta, geologo
Collana "I Salici" - I libri di Narrativa
15x21 - pp. 196 - Euro 11,50
ISBN 88-8356-664–5

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Prefazione

Romanzo decisamente interessante che ha come scenario un campo della protezione civile internazionale situato in una zona dell’Africa Sahariana che ha lo scopo di ricercare una falda acquifera potabile con la conseguente apertura di nuovi pozzi per migliorare le condizioni di vita delle popolazioni locali.
L’arduo compito spetta al geologo Carlo Agnetta inviato in quella regione per conto di una ditta specializzata in geologia applicata. Tra sondaggi geofisici, mappature delle zone, trivellazioni varie e campionamenti da pozzi in un paesaggio desertico, tra sabbia e radure rocciose, alla ricerca della falda freatica che alimenta i vecchi pozzi ormai esauriti ecco svilupparsi una serie di vicende raccontate sempre con mano attenta e discreta dall’Autore. Indubbiamente svolge un ruolo fondamentale la geologia e non a caso Calogero Galletta è laureato in scienze geologiche ed ha sulle spalle numerose esperienze in giacimenti minerari e come geotecnico in varie infrastrutture pubbliche in diverse regioni del mondo. Da qui deriva la sua capacità di raccontare e descrivere una materia così specialistica con una semplicità che rende comprensibile ogni riferimento scientifico senza appesantire la scrittura con un linguaggio da iniziati.
Le vicende sono raccontate in modo appassionato e i vari personaggi sono resi nella loro personalità più vera, disvelandoli poco a poco, pagina dopo pagina, a seguire la volontà dell’autore che dipana man mano quel sottile filo narrativo che unisce gli avvenimenti uno all’altro alla stessa matassa.
Anche il giovane geologo Carlo Agnetta che è il protagonista del romanzo segue le sorti dei comprimari e l’interezza della sua figura si rivela solo nell’epilogo: è un uomo riservato e solitario, colto e attento osservatore della cultura dei popoli con i quali si trova a condividere parte della sua vita, conosce diverse lingue e per lui quel lavoro è come una missione senza concedersi distrazioni soprattutto a livello sentimentale.
Il destino vuole che nella spedizione sia presente anche una equipe di medici della protezione civile della quale fa parte anche la bella Loredana, una giovane laureata in medicina, altezzosa e viziata, decisamente incompetente e negligente ma figlia di un famoso primario sempre pronto ad aiutarla e a renderle la vita facile.
Capita così che la dottoressa punti la nuova preda per divertirsi alle sue spalle e come se non bastasse fa una scommessa con l’amica Luisa promettendo con tutta certezza di riuscire a far cadere ai suoi piedi anche il buon geologo proprio come ha fatto con tutti gli altri uomini della sua vita.
Con vari stratagemmi e modificando all’occorrenza la sua tattica d’avvicinamento per la vittoria definitiva cerca di conquistarlo in ogni modo possibile ed immaginabile. Ma il geologo è un uomo tutto d’un pezzo che si dedica completamente al lavoro senza farsi prendere per i fondelli da nessuno e non cederà alle lusinghe della bella Loredana che cadrà vittima inconsapevole del suo stesso stupido gioco.
Non mancheranno situazioni ed episodi più o meno pericolosi che metteranno in mostra, a volte, un mondo di povertà e sofferenze, altre volte, loschi traffici di mercanti senza scrupoli e infine le personali vicende di personaggi come Marc, un ex legionario che diventerà un fedele amico e l’assistente sul campo del geologo Carlo che avrà modo di incontrare casualmente e di aiutare non senza correre gravi pericoli, una giovane donna di nome Leila, un’amica d’università che tragiche vicissitudini hanno condotto in quelle terre desertiche.
Il giovane geologo non farà in tempo a portare a termine la difficile impresa alla ricerca della falda d’acqua che una nuova missione già lo aspetterà dietro l’angolo. Tutto il resto si disperderà nella sabbia del deserto.

Massimo Barile


Carlo Agnetta, geologo


Carlo Agnetta, geologo

I fatti ed i personaggi di questo racconto sono immaginari, ogni riscontro con la realtà è puramente casuale ed involontario.

Carlo Agnetta era seduto ad un tavolo e discuteva con il capo spedizioni addetto alle trivelle. Si trovava in Africa per la seconda volta da quando faceva il geologo, e questa volta era per conto della protezione civile internazionale, e lì il suo compito non era certo facile, doveva trovare acqua potabile per le popolazioni locali.
– Alors Charles, che cosa facciamo, sei tu il geologo, sei tu che devi dirmi dove piazzare le trivelle per scavare.
– Louis, sono arrivato solo due giorni fa, lasciami il tempo di fare qualche sondaggio geofisico, e poi ti dirò.
Questa era la conversazione un po’ animata fatta in perfetto francese tra Carlo e Louis sotto la tenda utilizzata come mensa.
I due stavano ancora parlando quando una donna si avvicinò al loro tavolo. Dal camice bianco e dallo stetoscopio attorno al collo si poteva dedurre che era un medico; senza chiedere se poteva sedersi si sedette ed iniziò ad imprecare.
– Stronzi, sono tutti degli stronzi. Ma che vadano al diavolo.
Carlo osservò quella donna senza dire nulla, il suo carattere schivo e riservato non gli permetteva di immischiarsi nei fatti che non lo riguardavano. Dopo avere finito il suo pranzo Louis si alzò congedandosi, lasciandolo solo con la donna che continuava ad imprecare.
– Sì, sono degli stronzi, ed anche tu sei uno stronzo, con quella faccia da stronzo francese che ti ritrovi.
Carlo osservò la donna per qualche secondo prima di rispondere, poi con quella calma che gli era innata rispose:
– Chi è più stronzo, uno che parla una lingua diversa dalla tua oppure chi si è fatta fregare?

Carlo si era alzato e stava per andarsene, quando la donna vide sulla manica della sua giacca sahariana il tricolore italiano con sopra la scritta Protezione Civile Internazionale.
– Ma, sei italiano? chiese la donna un po’ stupita.
– No, sono solo uno che ha la faccia da stronzo disse allontanandosi.
Carlo si avviò verso l’uscita, ma rimase nei pressi a discutere con altre persone.
Un’altra donna si era avvicinata al tavolo anche lei in camice bianco e stetoscopio in tasca.
– Ancora arrabbiata Lori?
– Luisa, lo conosci quello?
– Chi?
– Quello con la giacca sahariana che sta parlando vicino all’ingresso.
– No, non lo conosco, ma se vuoi posso informarmi.

Carlo era uscito dal locale mensa e si era diretto nel suo bungalow che gli serviva da ufficio e da stanza da letto.
Si sedette alla scrivania, accese il computer e prese una carta geologica della zona, stava iniziando a lavorare quando vide la donna di prima vicino alla porta che era rimasta aperta.
– Posso entrare?
– Dipende, se è venuta a darmi dello stronzo è meglio che se ne vada, sto cercando di lavorare e non ho tempo da perdere.
– No… è che… prima non volevo… ero adirata con un mio collega e me la sono presa con te che non c’entri.
– Con te? ci diamo del tu? eppure non mi ricordo essere stati presentati, dottore.
– Sì è vero hai… hoop… avete ragione non siamo stati presentati, mi chiamo Reda, Loredana Reda e sono medico per la protezione civile.
– Carlo Agnetta, geologo.
Quella frase buttata lì da Carlo con la sua freddezza ebbe l’effetto di troncare qualsiasi possibilità di dialogo, e cogliendo la palla al balzo continuò:
– Bene, adesso che ci siamo presentati possiamo darci del tu, puoi sederti se vuoi, ma penso che il tuo dovere ti stia chiamando verso i tuoi malati, ed è un bene per i malati vedere che il loro medico si preoccupa per loro, quindi non voglio trattenerti.
Loredana rimase ancora qualche secondo e se ne andò senza dire nulla, dall’espressione del suo viso si capiva che quell’incontro non aveva dato i frutti che sperava.
Carlo dal canto suo, si era rituffato nel lavoro, iniziò a formulare dei modelli geologici che potessero aiutarlo a capire la natura del sottosuolo. Il primo modello venne scartato, le basi scientifiche erano incoerenti, il secondo non dava nessun risultato attendibile, il terzo lo lasciò incompleto. Dopo qualche ora, si rese conto che né la carta geologica né i dati del suo computer riuscivano a dargli una risposta, allora spense il computer e decise di andare al pozzo. Salì sulla sua jeep Land Rover e partì.
Loredana stava nei pressi dell’ambulatorio quando lo vide passare sulla jeep, osservò la macchina allontanarsi dal campo e chiamò Luisa.
– Vieni con me, voglio controllare una cosa.
Le due donne entrarono nel bungalow ed iniziarono a guardarsi in giro. Il locale era unico ma diviso in due, una parte era zona notte, con un letto, un armadio, un mobile a cassetti, l’altra era adibita ad ufficio con una libreria, una scrivania e degli scaffali con vari oggetti. Accanto al letto una porta semi aperta faceva intravedere il bagno. Tutti i mobili erano fissati alle pareti in modo da potere spostare il bungalow senza rompere nulla. L’ambiente sembrava arredato con gusto ed era funzionale. La libreria aveva dei rialzi in modo da trattenere i libri, e fu proprio sui libri che Loredana soffermò il suo sguardo. Ve ne erano di letteratura, di geologia, diversi saggi tecnici ed articoli scientifici in diverse lingue, libri scritti in italiano, in francese, in inglese e spagnolo. Accanto alla libreria vi era uno scaffale con un impianto Hi-Fi e vari cd di musica tutti ordinati, c’era una fila di musica classica, alcuni con le più famose arie della lirica, alcuni di musica etnica, tutti i CD di Franco Battiato dal primo fino all’ultimo disposti in ordine cronologico ed alcuni di musica rock.

Sopra l’impianto Hi-Fi si trovava una bacheca con vari oggetti da collezione, dei piccoli vasi cinesi di porcellana, dei minerali dai colori scintillanti e dalle forme più strane (tutti campioni raccolti da Carlo durante le sue missioni di lavoro) ed una collezione di elefanti in diversi materiali, alcuni erano in legno, altri di pietra e di vetro.
– Non trovi che sia strano? disse Loredana.
– Sì è strano, rispose Luisa, e poi è tutto così ordinato, pulito, neanche a casa mia riesco ad avere tutto quest’ordine. Comunque, adesso che ti sei fatta un’idea andiamo via, non vorrei che ci trovasse qui quando ritorna.
Le due donne stavano per uscire quando un oggetto posto sul mobile che fungeva da comodino attirò la loro attenzione, lo presero, era la foto di una donna bionda con gli occhi verdi. Riposero la foto ed uscirono.

Carlo era giunto nei pressi del pozzo ed iniziò a campionare. Raccolse un po’ d’acqua che conservò in una bottiglia, cercò di grattare le pareti del pozzo con il secchio e risalì un campione di terra che mise in un sacchetto di plastica ed infine prelevò qualche roccia che si trovava nei pressi del pozzo; caricò il tutto sulla jeep e ripartì verso il campo.
Prese i campioni raccolti ed entrò nel suo bungalow, era stanco e tutto sudato, decise di fare una doccia in modo da rinfrescarsi le idee.
Uscito dalla doccia accese l’impianto Hi-Fi e si distese sul letto, il concerto per oboe di Benedetto Marcello iniziava a diffondere nell’aria una musica rilassante e intanto pensava ai motivi che lo avevano riportato in Africa.

Jean Claude Bonval era nel suo ufficio quando chiamò Carlo.
Uomo pragmatico, direttore del dipartimento di geologia applicata di una delle più prestigiose università francesi e titolare della Geoconcept, ditta specializzata nel risolvere i problemi di geologia industriale, conobbe Carlo Agnetta quando costui, appena laureato in geologia all’università di Palermo, aveva bussato alla sua porta in cerca di un corso di specializzazione.
Bonval vide in Carlo un giovane dalla mente fresca e priva di pregiudizi, ottimo conoscitore della mineralogia e della petrografia tanto che lo assunse subito dopo il corso che il giovane aveva seguito e superato a pieni voti.
– La riuscita della vostra ultima missione è stata un’ottima pubblicità per la Geoconcept ed ho pensato a voi per un problema che mi è stato posto dal governo francese.
– Qual è il problema?
– Il problema è l’acqua, manca l’acqua, o almeno esiste un pozzo in una zona del Sahel sahariano che si sta esaurendo e ci sono stati degli scontri tra le popolazioni locali ed i nomadi del deserto. Le autorità hanno cercato di tenere a freno le popolazioni ma senza esito, ed hanno chiesto aiuto al governo francese viste le collaborazioni passate tra i nostri paesi.
– Non sapevo che colonialismo fosse sinonimo di collaborazione, Monsieur.
– Ho sempre apprezzato il vostro senso dell’humor, rispose ridendo Bonval. Lavorerete con la protezione civile internazionale, sul posto troverete i militari francesi che assicurano l’ordine e la logistica, gli italiani partecipano con un ospedale da campo ed il personale medico e paramedico; altri paesi, volevano aggregarsi alla missione ma per adesso solo questi due sono stati autorizzati. Dovrete ricercare la falda freatica che alimenta il pozzo in modo di aprirne altri. Vi dò carta bianca per la buona riuscita della missione, anche perché questa volta c‘è di mezzo l’interesse politico del nostro paese.
Cercare l’acqua in un posto dove si stava esaurendo, questa era l’ultima sfida raccolta da Carlo.
Si alzò dal letto ed uscì dal bungalow, camminava con passo lento e si diresse in una parte del campo da dove provenivano musica e voci concise.
Accanto alla tenda che serviva da mensa se ne trovava un’altra un po’ più piccola, il bar, Carlo entrò e si sedette al bancone.
– Salve, cosa posso servirti, chiese l’uomo che fungeva da barman.
– Qualcosa di fresco e soprattutto senza alcool.
– Abbiamo varie bibite, a meno che non vuoi qualche cosa di specifico.
– Un’acqua tonica con fetta di limone.
Carlo prese il suo bicchiere e andò a sedersi ad un tavolo da solo, non voleva essere disturbato e non voleva disturbare gli altri. Appena seduto, tirò fuori un taccuino ed una matita e prese appunti.
Loredana e Luisa lo videro entrare, prendere il suo bicchiere ed andare a sedersi in disparte.
– Poteva venire a sedersi con noi, non ti pare? Disse Loredana.
– È un tipo strano, lascialo perdere, rispose Luisa.
– E invece no, non voglio lasciarlo perdere, questo posto è un tale mortorio che dà noia, ed io mi voglio divertire un po’.
– Divertirti un po’, e con chi? Con quello là? E che cosa avresti in mente per divertirti?
– Scommetto sei mesi di stipendio più gli incentivi della trasferta che riuscirò a metterlo ai miei piedi, sarà talmente cotto di me che mi divertirò a snobbarlo ed a buttarlo via, esattamente come ho fatto con il mio ultimo spasimante, poverino voleva sposarmi!!!
– Sì, ne ho sentito parlare al policlinico, c’erano delle voci di corridoio sul fatto. Ma torniamo sulla scommessa, disse Luisa con un tono più serio, ti rendi conto di quanti soldi rappresentano sei mesi di stipendio più gli incentivi, non è che ti tirerai indietro se perdi.
– No, non mi tirerò indietro, e poi i soldi non sono un problema, non sono una morta di fame, io!
Luisa abbassò gli occhi incassando il colpo, sapeva di non potere competere con Loredana in questo campo, lei non era figlia di un ricco primario. Ma si ricompose e disse:
– Ok ci sto, voglio proprio vedere se riuscirai a bidonarlo.
– Allora guarda e impara.
Loredana prese la sua bottiglia di birra, si alzò e si diresse verso il tavolo di Carlo.
– Posso sedermi?
Carlo alzò gli occhi e se la vide davanti con un sorriso. Accennò di sì con un segno della testa e Loredana si sedette.
– Come è andata la giornata?, ti ho visto partire con la tua jeep dopo che mi hai invitata a raggiungere i miei pazienti.
Carlo osservava la donna, cercava di capire se la sua domanda fosse solo un sarcasmo oppure un tentativo di legare con lui, scelse la seconda ipotesi anche perché non poteva e non voleva tenere sempre alta la guardia e rispose:
– È andata bene, sto cercando di capire qual è la geologia della zona e poi da domani inizierò i sondaggi geoelettrici per cercare l’acqua.
– Oggi, quando ti ho incontrato stavi parlando in francese senza accento, dove hai imparato a parlare così bene?
– Sono nato in Francia e lì ho vissuto per tanti anni.
– Sai parlare altre lingue?
– Parlo anche inglese e spagnolo e sto imparando il tedesco.
– Parli quattro lingue e stai imparando la quinta, ma perché, è per il tuo lavoro?
– Anche, ma lo faccio soprattutto per capire…
Carlo non finì la frase, in cuor suo aveva l’impressione di avere parlato troppo con una persona del tutto sconosciuta, finì il suo bicchiere, si alzò dal tavolo e stava per andarsene quando Loredana trattenendolo dal braccio gli disse:
– Aspetta, guarda che non mordo.
– Sono stanco, e domani devo alzarmi presto, vado a fare sondaggi.

Tolse la mano dal suo braccio e si allontanò. Ritornato nel bungalow, si spogliò, prese un libro dalla biblioteca e si coricò.
Iniziò a leggere, ma tre pagine dopo già dormiva e così come ogni sera si addormentò con il libro sul naso e con la luce accesa.

Erano le sei di mattina quando, dopo avere caricato il materiale di geoelettrica, partì verso il deserto; con la carta geologica in mano posta sul volante della jeep, seguiva sul terreno una formazione calcarea, simile a quella che si trovava nelle vicinanze del pozzo.
Dopo essersi allontanato abbastanza dal pozzo, in modo che quest’ultimo non disturbasse i suoi sondaggi, si fermò, scaricò dalla jeep tutta l’attrezzatura e iniziò a lavorare.
Piantò dei paletti metallici nel terreno ed iniziò ad inviare degli impulsi elettrici nel sottosuolo; gli impulsi davano indicazioni sulla natura elettrica del suolo ed i risultati venivano raccolti in un computer in modo da poter interpretare la natura geologica e la presenza o meno di strati impermeabili.
Il lavoro si svolse durante tutta la mattinata, e Carlo decise di smettere quando il caldo cominciò a farsi sentire. Raccolse tutti gli attrezzi e ripartì verso il campo. Durante il viaggio di ritorno, si accorse che i paesaggi del deserto cambiavano, si passava dalle dune di sabbia alle radure rocciose, finché non arrivò in una radura che delimitava un promontorio. Carlo si fermò e lo osservò; i suoi occhi da geologo videro qualche cosa che attirò la sua attenzione. Scese dall’auto e si diresse verso il promontorio che era caratterizzato da una serie di strati paralleli che terminavano sul lato destro in modo contorto. Prese il suo martello e diede qualche martellata alle rocce in modo da scalfirle; raccolse uno dei pezzetti che caddero dalla parete.
“Ma che diavolo ci fa un inizio di metamorfosi in un ambiente sedimentario?” pensò. Prese il suo taccuino e fece degli schizzi, poi iniziò a camminare lungo la parete finché si fermò davanti ad una faglia, una frattura che tagliava dall’alto verso il basso il promontorio e metteva a contatto rocce di diversa natura. Continuò a seguire con lo sguardo il piano di faglia e si accorse che spariva in basso in una zona ricoperta da una polvere bianca finissima, al tatto sembrava del borotalco. Prese il suo martello, e con la punta (il martello da geologo ha una parte appuntita) cominciò a scavare nella polvere per ritrovare il piano di faglia. Aiutandosi anche con un sasso scoprì che la polvere riempiva una piccola cavità posta in basso. Una volta svuotata, mise la mano all’interno ed iniziò a toccare; le pareti laterali erano lisce e levigate, spinse la mano più in fondo ed i polpastrelli sentirono la presenza di un oggetto spigoloso che aveva angoli e facce. Ritornò alla jeep, prese una torcia, un martello più grosso e scalpelli di diversa misura.
Con l’ausilio della torcia vide che in fondo alla cavità si trovava un minerale nella roccia.
Iniziò ad attaccare la parete in modo da allargare la cavità; quest’operazione durò per un’ora circa, Carlo si fermò diverse volte, il caldo si stava facendo insopportabile, ma preso da un senso d’euforia non sentiva il sudore colare dalla sua fronte. Una volta allargata l’apertura, iniziò a scavare la parete che conteneva quella meraviglia della natura. Carlo era preoccupato, bastava un errore e il minerale sarebbe finito in frantumi. Continuò ancora un’ora, dava piccoli colpi di martello, finché non vide il minerale muoversi. Si fermò per bere, era oramai allo stremo delle forze, il caldo era così insopportabile che il cappello che usava per ripararsi dal sole scottava in testa.
“Coraggio, si disse, ancora un po’ e sarà mio”. Infilò la mano nella cavità prese il minerale ed iniziò a muoverlo, dopo qualche movimento del polso, il minerale si sfilò dalla parete e rimase nella sua mano. Carlo era in estasi, ma stremato dalla fatica e disidratato per il caldo. Prese i suoi attrezzi, li caricò sulla jeep e ripartì in direzione del campo.
Arrivato, entrò nel bungalow e nascose il cristallo in un cassetto della scrivania; si tolse tutti i vestiti, e si fece una doccia. Ripulito e rinfrescato di tutto punto, si accorse che non aveva ancora mangiato e si diresse alla mensa. Scelse una portata ed andò a sedersi ad un tavolo.
Una volta rifocillato, e riacquistate le forze, ritornò nel bungalow e si chiuse dentro. Prese il minerale. Era ricoperto da una crosta di ossidi che nascondevano il suo colore naturale. Con l’aiuto di un pezzo di carta vetrata iniziò a ripulire le facce, e dopo una decina di minuti era un cristallo rosso opaco che si trovava nelle sue mani. Carlo iniziò a contare le facce ed a misurarne gli angoli, consultò alcuni libri e infine disse “un granato, ecco cos‘è, un granato di svariate centinaia di carati”. Il minerale superava in forma ed in bellezza tutti quelli che aveva raccolto durante i suoi viaggi, “lo darò al museo della facoltà di geologia” pensò, quindi lo mise in un cassetto che chiuse a chiave.
Accese il computer e iniziò a lavorare con i dati che aveva raccolto durante il giorno.
Dallo schermo del computer comparivano linee e numeri, ogni linea corrispondeva ad uno strato, ogni numero alla profondità. Dopo avere scartato vari modelli fisici, Carlo arrivò ad un’unica conclusione, a venti metri circa di profondità si trovava uno strato d’argilla e su di essa una falda acquifera di un metro circa. Prendendo questo dato come esatto, distese la carta geologica ed iniziò a cercare i limiti dello strato d’argilla in modo da limitare la zona degli scavi. Superare la zona delimitata dall’argilla era inutile, ogni buon geologo sa che per cercare acqua bisogna prima cercare quella cosa che può contenerla ed in natura l’unica cosa è appunto l’argilla.
Spense il computer e ripiegò la carta geologica, era stremato dalla fatica per gli avvenimenti della giornata, e quella sera decise di non uscire dal suo bungalow per andare a letto presto. Come ogni sera, il rituale non cambiava, scelse un libro dalla libreria prima di distendersi sul letto, accese l’impianto Hi-Fi inserendo un CD di musica andina, e come ogni sera Carlo si addormentò con il libro sul naso e la luce accesa.


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