Opere di

Carla Girelli Atzori


Valzer per un amor perduto

Coi nostri genitori viviamo sempre un rapporto conflittuale.
Ci rendiamo conto solo col senno di poi
del vero sentimento che anima i nostri scontri.

L’abito bianco, lungo ed abbondante. I capelli castani, lunghi, raccolti in una splendida acconciatura.
Il massiccio portone della Cattedrale si aprì davanti a loro con gran fragore. Tutti gli invitati si voltarono per guardare proprio lei. Lì, bellissima ed emozionata.
Paola diede uno sguardo d’insieme a tutti quegli occhi che la scrutavano. Un flash del fotografo.
Ebbe un attimo d’esitazione. Strinse la mano del padre.
Lui rafforzò la stretta, osservò il pancione evidente della figlia e con un sorriso dolcissimo:
– Vai tranquilla… è quello giusto!
Paola si stupì e pensò: ”Però non hai mica reagito così quando ti ho annunciato che mi ero fidanzata con Roberto… per non parlare del puttana che mi hai attribuito quando ti ho confidato che ero incinta”.
Guardò l’altare. C’era il suo amore ad aspettarla. Colui per cui tutto il resto del mondo non esisteva più: solo quel “noi” e l’esserino che le stava crescendo dentro. E al diavolo tutti!
Si accarezzò il pancione e con un cenno al musicista, fece partire la marcia nuziale…

Quando conobbe Roberto, Paola sentì altro che le campane! Però… a nessuno della famiglia era molto simpatico; dicevano tutti che erano incompatibili. Lei, giovanissima, così posata e sognatrice, che doveva ancora terminare i suoi studi; lui, molto più grande, così pragmatico e schietto da rasentare l’impertinenza. Il padre aveva provato ad impedirgli d’incontrarsi in tutte le maniere: segregandola in casa, inventando pettegolezzi sconvenienti su di lui; dandole anche un paio di schiaffi! Per il suo papà Paola doveva concentrarsi solo sull’università, che a farsi la famiglia c’era sempre tempo. Ma lei aveva lottato con le unghie e con i denti per averlo, sicura di quell’incontro magico tra opposti… Poi lei, quasi per partito preso, aveva sempre fatto il contrario dei suggerimenti paterni. Peccato che, su molte cose, il tempo aveva sempre dato ragione a lui.

Ma no, questa volta non sarà proprio così…

Nel giorno magico delle nozze, come se tutto il passato non esistesse e i loro rapporti iniziassero da lì, riscoprì il vero piacere della famiglia e del tepore di quei sani sentimenti. Paola stava capendo solo allora che stava per diventare anche lei madre che per un genitore, i figli rimangono sempre dei cuccioli da coccolare e proteggere. Dal mondo intero. Che i litigi col padre erano qualcosa di ordinario e naturale. Il famoso “scontro generazionale” che le sembrava solo una cosa sulla carta con cui si riempivano la bocca i pedagoghi. Il problema era solo il padre e le sue proibizioni.
Adesso quelle battaglie rasentavano la bellezza e la profondità d’intenzioni. E lei, che avrebbe sempre voluto studiare in giro per il mondo e lo gridava in faccia al padre, iniziava a pensare:
“Con quello che c’è al di là della porta, col cavolo che la manderò fuori a studiare…

Paola rimase a dir poco stupita quando il suo papà, così geloso e austero nei suoi riguardi, al momento delle congratulazioni alla fine dell’emozionante cerimonia, praticamente con le lacrime agli occhi, sussurrò a quello che era diventato da pochi minuti suo genero:
-Te la sto affidando. Tienila come se fosse il miglior fiore della tua serra!
E per un floricoltore era il concetto più comprensibile…
“Quanto voglio bene a questo “vecchietto”- pensò lei quasi commossa.
Un bene che dura per sempre, più grande della vita, perché i genitori sono parte di noi. Rimangono dentro di noi per sempre. In eterno.

Il lancio del riso, la corsa al ristorante, il banchetto abbondante. E poi, i balli sfrenati. Il primo, di rito, degli sposi… Poi tutti in pista, nonostante i tacchi vertiginosi di cui tutte le invitate si lamentavano fino a un istante prima. Dopo alcune musiche, un valzer. Il padre aveva tentato innumerevoli volte d’insegnarglielo, ma Paola si era sempre rifiutata. Stava per allontanarsi per evitare la figuraccia, quando le si avvicinò proprio il suo papà. Con un sorriso tra l’orgoglio e qualche effetto del vino, le prese la mano e, avvicinandosi:
– Mi concedi questo ballo?
Lei rise: – Vuoi umiliarmi?
– Ma no… è facilissimo: tu segui il tuo cavaliere…
Si abbracciarono, felici. Paola sentiva quella stretta, quel profumo di buono che aveva sempre conosciuto, da quando l’aveva coccolata, piccola piccola da riuscirla a tenere tra le sue due mani, dopo il primo vagito. Se lo guardò meglio: non aveva mai notato quelle rughe in più sulla fronte. Lui se ne accorse e sogghignò:
– Aspetta che nasca la peste, e vedrai quante rughe spunteranno anche a te!
Continuarono a ballare, quasi cullati dalle note. Non immaginava fosse così facile ballare con il papà. Ed era bello. Lo sentiva stranamente vicino. S’intendevano al volo. Avevano persino le stesse opinioni sulle vivande servite al banchetto: un caso veramente anomalo!
Il valzer finì. Paola strinse forte a sé il padre e chiuse gli occhi.
– Grazie di tutto papà…

Paola riaprì gli occhi. Era nel suo letto. Accanto, il marito da solo un mese.

Era tutto un sogno. Suo padre non era stato con lei lì, sul portale della Cattedrale. All’altare c’era andata da sola. Non aveva ballato con lui quel valzer, il giorno delle nozze. Non è stato proprio suonato. E, soprattutto, non c’è stato quel calore tra loro.
Era impossibile. Perché il padre se n’era andato in cielo pochi giorni prima delle nozze.
Cosa le aveva lasciato? Il rimpianto di non avergli mai sussurrato un grazie… un “ti voglio bene”… il non aver ballato mai con lui… quel bellissimo valzer per un amore perduto… ma eterno.



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