MALE D’AMORE

A cosa ci giovò, padre,
il nostro amore apparente
involto in parole gravide di mistero
se solo di luce aveva bisogno?

A cosa ti giovò, padre
guardare un punto oltre
mentre vicini palpitavano i nostri cuori?

Per noi solo passaggi angusti
sguardi sottesi di paura
le nostre anime ferite
avvolte in silenzi cosmici

Caparbia custode di timide braci
prima che la mente nell’oblio si perda
balbetto ancora parole incomplete
a ricordo di emozioni perdute

E mentre il tuo viso per sempre si allontana
nell’azzurro senza fine,
stringo fra le mani una rosa rossa
segno del bene ogni istante agognato

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TUTTO È GRAZIA, MIO SIGNORE.

Più che i digiuni e le veglie
e il corpo penitente
poté la certezza che il mio Signore
mi ha prestato un’anima
desiderio senza fine di amore e libertà.

Lode a te, mio Signore!

Non odo la tua voce
ma in silenzio mi ascolti
cammini davanti a me
i miei piedi di argilla conduci
nel faticoso andare
il tragitto di un solo giorno il mio vero trionfo.

Alla fine del mio viaggio
la veste impolverata
nelle tue mani tutto renderò:
favi di miele dorato – frutti spinosi
candele accese – lumi consunti
musica di flauti – rullo di tamburi
la mia anima grata di albe chiare
di cieli velati d’autunno.

Tutto è grazia, mio Signore.

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SENZA PACE

Senza pace
la tua anima spaurita
sempre va cercando… qualcos’altro

Affamata ti butti sulla tavola imbandita
niente è così dolce, niente sazia
tu cerchi… qualcos’altro

Saccheggi i mercati
frughi tra sete e damaschi
nulla risarcisce la tua vanità.

Nessun abito mai ti fa bella
il morbo dell’invidia ancora resiste
tu vuoi sempre… qualcos’altro

Assetata bevi acqua pura
dal mio boccale sbreccato
un sorso, non basta… qualcos’altro

La memoria del furto d’amore
ti lega per l’eternità
più forte della musica dello spirito
tutto travolgi sempre cercando… qualcos’altro

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DONNE IN CERCA D’AMORE

Raccontami ancora, nonna
della tua bambina
la donna ancor chiusa in un grigio silenzio
gli occhi velati senza stupore.

quale morbo l’avvinse
‘sì che il suo cuore
divenne sordo alla gioia?

Ogni dì intreccio i suoi capelli con fili di seta
la notte sussurro parole d’amore
al mattino le porgo timide viole.

Per lei sono mago incantatore
faccio un falò delle sue paure
e dal cielo le rimando una pioggia di stelle.

Io l’ho curata, nonna, la tua bambina
ho confuso le attese, capovolto speranze
tradito il sogno di fiorire tulipano a primavera.

Ma se tu la rivesti di nastri colorati
non sarà più barca in balia del vento
ma signora al comando del suo veliero.

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LA TELA D’ORO

ricordo il gusto di fragola del lecca-lecca rosa
e la farina di castagne inghiottita d’un colpo
la trombetta del gelataio da lontano
e i richiami di mia madre che innaffia le dalie nell’orto
rivedo le mani bianche di farina
che impastano – spianano – riprendono
e l’odore buono del pane caldo
nella cucina di mattoni rossi
fresca di ombra nella calura d’estate

era il tempo di ginocchia ferite
di calzettoni abbassati
di capelli ispidi come scopa
del corpo accaldato da corse sfrenate
scomposto – arrossato
e di giochi inventati in cerchio
all’ombra del grande gelso
di filastrocche a coccinelle sulle braccia
e di rane prigioniere in scatole di latta
e, soave incanto,
filavo la paglia e intessevo una tela d’oro

cosa avvenne poi? chi arrestò la corsa?
quale malìa spense la luce?

è ruvida la tela della mia vita fatta da tante mani
sfioro la trama, tocco i fili lisi, quelli che resistono
curo i più intricati
vedo gli strappi sfilacciati dalle svolte della vita
e rattoppi maldestri testimoni di un bene più grande
il disegno è sbiadito, stinti i colori
ma l’intreccio tenace ancora resiste

e penso a una tela d’oro, un paese e una bimba
in un posto così lontano nel tempo
che forse non è mai esistito.

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