Con questo racconto è risultata 4^ classificata ex aequo – Sezione narrativa VII Edizione del Premio di Scrittura Creativa dedicato a Lella Razza 2011
LA “BRUTTA” GIORNATA
Quando la signora Bardi attraversò la strada, non vide la macchina che si dirigeva nella sua direzione a velocità sostenuta e un attimo dopo si trovò distesa terra. L’ultima cosa che pensò, prima di perdere i sensi, fu “Ecco, lo sapevo che sarebbe finita così!”.
Sarebbe forse più facile per un narratore esterno raccontare i fatti, ma ironia della sorte vuole che la signora Bardi sia anche mia zia e che fin dalle prime ore di questa mattina lei avesse decretato che questa sarebbe stata una brutta giornata. Ma andiamo per ordine.
La signora Bardi è la sorella di mio papà e vive con noi da quando ero ancora molto piccola. Avrebbe dovuto trattenersi da noi solo poche settimane, poi solo qualche mese e alla fine di anni ne erano passati quasi quindici.
I miei genitori, che sono anime buone e generose, erano convinti che prima o poi avrebbe trovato un marito con il quale convolare a giuste nozze o avrebbe deciso di vivere per conto proprio. Invece no.
Ogni pretendente, perché incredibile a dirsi ne aveva sempre uno a portata di mano, non le andava mai bene, tant’è che tutti pensavamo che fosse segretamente, ma neanche troppo, innamorata del suo affascinante e scapolo datore di lavoro, tale Matteo Loggi, sempre circondato però da donne bellissime e per niente intenzionato e metter su famiglia.
Io e mia sorella Martina la potevamo chiamare solo “zia Bardi” perché il suo nome, Tiziana, non le era mai piaciuto, e per tutto il resto del mondo lei era “la signora Bardi” perché – diceva sempre “io non sono una che dà troppa confidenza alla gente e siamo nel ventunesimo secolo e quindi anche se ho superato i trent’anni e non sono sposata non vedo perché mi dovrebbero chiamare per nome o signorina…” il tutto con una voce stridula e stizzosa.
Quindi riepilogando, ci troviamo di fronte a una donna di 43 anni, di aspetto gradevole ma con un carattere instabile e incontentabile, assistente di direzione in un prestigioso studio notarile, e soprattutto, con la predominate caratteristica di essere un’inguaribile superstiziosa.
Mia madre ha impiegato gran parte delle sue energie affinché le sue insane credenze non ci fossero trasmesse e devo dire che né io né mia sorella abbiamo mai dato molto peso alle sue parole.
La signora/zia Bardi ha una sua metodologia nel vivere quotidiano e ogni cosa che tenta di frapporsi fra lei e la sua visione ordinata del mondo le crea disagio, insofferenza, ed è questa insicurezza che la porta a inciampare, a dire la cosa sbagliata e a far cadere proprio quegli oggetti che, rotti, portano sfortuna per anni interi. Non ci vuole una laurea in psicologia per capirlo, ma questo a lei non bisogna dirlo, tanto non lo ammetterebbe mai.
“Presto su, correte, correte! C’è un topo là vicino all’armadio, correte!!”
L’urlo che questa mattina venerdì 17 giugno, alle ore sei e trenta, ci ha buttato letteralmente giù dal letto è risuonato in tutta la casa.
“Carlo, Roberta, Martina, Giorgia, correte correte” continuava l’urlo di zia Bardi “ma dove siete, insomma quando ho bisogno di voi!!!”
Le nostre quattro teste si sono affacciate cinque minuti dopo alla porta della sua stanza.
La signora/zia Bardi stava in piedi sul letto, avvolta nel lenzuolo con gli occhi vitrei e impauriti.
“Là, vicino all’armadio, c’era un topo!” ribadì seccata
Papà, che faranno santo, osò ribattere “Calmati Tiziana, ma sei sicura? Non ho mai visto un topo in questa casa…..e poi come te ne sei accorta se stavi dormendo?”
Dall’alto del letto zia Bardi ha tuonato “Ma Carlo, se ti dico che ho visto un topo ho visto un topo. E sai cosa succede quando si vede un topo di venerdì 17? Che entro sera succede qualcosa di molto molto brutto!!! Sono spacciata! E poi non chiamarmi Tiziana! Sai che da quando nessuno mi chiama più così le cose vanno bene? E adesso ci mancava pure questa…”
Mamma, che faranno santa, si avvicinò al letto cercando di tranquillizzarla in altro modo.
“Dai, scendi dal letto e vieni di là che ti preparo la colazione. Vedrai che poi tutto ti sembrerà migliore.. Intanto Carlo controllerà la tua stanza…”
“E’ inutile che cerchi di rabbonirmi Roberta, so che tu non credi a queste cose, ma purtroppo sono vere e provate. Sono senza speranza. La mia vita è finita”
Però intanto era scesa dal letto e venti minuti dopo era a tavola con noi, pronta per andare al lavoro. Ma l’umore era sempre nerissimo.
“Dovrebbero abolirli dal calendario i venerdì 17 oppure ci dovrebbe essere una legge che permetta a tutti di starsene a casa in quei giorni per tamponare gli effetti nefasti.” Sentenziò zia Bardi, mentre inzuppava i biscotti nel caffelatte e controllava che Martina non le si avvicinasse troppo perché indossava una favolosa, e mai prestata, maglietta viola. Adesso che era diventato di moda questo colore ci evitava come appestate. Noi, un po’ bastarde e che mai faranno sante, facevamo trovare “casualmente” una scala appoggiata accanto alla porta di camera sua costringendola ad aggirarla per non passarci sotto e il salino durante le cene ci cadeva inavvertitamente spesso e volentieri dalle mani. Mamma e papà fingevamo di sgridarci ma dai loro occhi si vedeva quanto se la spassavano.
La sera, a cena, la signora/zia Bardi ci raccontò di quanto le sue profezie si fossero avverate. Quella mattina era arrivata al lavoro in ritardo perché, sfortunata com’era, l’autobus non arrivava mai e quando poi era arrivato era così pieno che si riusciva a stento a salire. Ma in un venerdì 17 questo era il minimo che poteva accadere…
“Già – pensai io – peccato che stanno rifacendo la rotonda in piazza Roma e da due settimane il traffico è rallentato” ma lei ovviamente notò che proprio quella mattina tutto andava storto.
Poi, appena arrivata, continuava il racconto, l’affascinante principale, le aveva chiesto di preparare una tabella molto elaborata per la riunione del pomeriggio e quindi aveva dovuto rinunciare alla pausa pranzo con l’amica Rossella, anche lei fanatica scaramantica.
Il fumo le era uscito dal cervello ma alle 16 aveva finito tutto il lavoro e già pregustava una seduta dalla massaggiatrice Enza che con suoi oli profumati ed esotici avrebbe allontanato il malocchio.
Alle 17 aveva già la borsetta in mano, quando l’adorato, immagino, e affascinante Matteo Loggi le aveva chiesto di fermarsi fino alle 19 per discutere con lei della tabella.
La signora/zia Bardi finalmente alle 20 era tornata a casa, con la testa ancora più fumante perché aveva dovuto stravolgere la tabella e spiegarla al signor Conti, antipatico collega del secondo piano, eliminando così la possibilità di stare sola con il Loggi.
Quella sera a cena, mentre ci raccontava queste cose, la signora/zia Bardi era proprio giù. Aveva indossato tutti i suoi più potenti amuleti, due bracciali in oro bianco e la collana con il pendaglio “Magic Krel” capace, a suo dire, di allontanare gli spiriti maligni.
Papà aveva tentato di intavolare un discorso per distrarla ma quella sera non era sera.
Ed è stato allora, dopo il budino al cioccolato, che il suo cellulare aveva cominciato a suonare.
La zia Bardi, presagendo l’ennesimo disastro, aveva stretto con la mano sinistra il “Magic Krel” e con l’altra aveva premuto il tasto di risposta.
La sua espressione è cambiata di colpo, un forte rossore le ha dipinto il volto e un sorriso compiaciuto glielo ha illuminato.
“Vado a casa del dottor Loggi – ha annunciato al termine della conversazione fingendo un tono disinteressato – vuole parlarmi….…….”
“Speriamo ti dia una promozione! Dopo tanti anni di duro lavoro sarebbe giusto tu avessi finalmente un riconoscimento!” disse il mio, quasi santo, padre.
“Ma oggi non è venerdì 17, aggravato dalla vista di un topo?!” L’ho punzecchiata io, che santa non sarò mai.
La signora/zia Bardi ha alzato le spalle ed è corsa in camera sua. Dieci minuti dopo si era già cambiata d’abito e truccata. Era proprio carina.
“Ah, se non ci fossero i miei amuleti – sospirò – come farei a sopravvivere” e così dicendo è uscita.
Un minuto dopo abbiamo sentito il botto proprio davanti a casa nostra.
La prima cosa che abbiamo visto per terra è stata la borsetta, poi più in là c’era la zia Bardi distesa a terra.
“Tiziana! – ha urlato mio padre correndo verso di lei.
Un’auto era ferma contro il palo della fermata dell’autobus ma, per fortuna, il guidatore non sembrava ferito e la vettura era solo lievemente ammaccata.
La signora/zia Bardi come niente fosse si è alzata da terra, un po’ stordita ma illesa.
“Tiziana! Che spavento! Ma allora stai bene, non ti sei fatta niente!- le disse papà.
Intanto il proprietario dell’auto si è avvicinato.
“Signora come sta, tutto bene?” L’uomo doveva avere sui cinquant’anni e assomigliava moltissimo a Richard Gere.
“Lei mi deve perdonare – continuò l’uomo – ma ho visto spuntare sul marciapiede sinistro un gatto nero e temendo che mi attraversasse la strada ho sterzato…Penserà che sono pazzo, me lo dicono tutti, ma oggi poi è anche venerdì 17….”
“Beh, se non avesse sterzato mi avrebbe investito. Oggi ho proprio la testa fra le nuvole…ma come dice lei oggi è il 17”
“Oh, ma lei ha il talismano Magic Krel! Dove l’ha trovato?” chiese il sosia di Richard.
“Dai andiamo dentro a prendere qualcosa da bere, venga anche lei, vi sarete presi un bello spavento!” Propose ad entrambi mio padre, ormai con l’aureola in testa, tenendo abbracciata la zia Bardi.
“Stai lontano da me con questa cravatta viola” rispose la zia Bardi allontanandolo da sè, ma stavolta, per la prima volta, stava solo scherzando.
“E il dott. Loggi?” chiesi io, spuntando da dietro il divano.
“Ho aspettato mille anni che mi parlasse, ora aspetterà lui. Oh, il pendaglio me l’ha portato dall’India la mia amica l’anno scorso, funziona sa…” proseguì la zia Bardi rivolgendosi al nuovo amico “Ah, a proposito, io mi chiamo Tiziana, e lei?”
Cinzia Bordon