L’unico rumore: il mormorio del mare…

di

Concetta Aiello


Concetta Aiello - L’unico rumore: il mormorio del mare…
Collana "Le Schegge d'Oro" - I libri dei Premi - Poesia
14x20,5 - pp. 42 - Euro 5,50
ISBN 978-88-6037-8316

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Pubblicazione realizzata con il contributo de IL CLUB degli autori in quanto l’autrice è finalista
nel Concorso letterario «J. Prévert» 2009


Prefazione

Concetta Aiello, nella silloge di poesie “L’unico rumore: il mormorio del mare…”, recupera le proprie origini attraverso un susseguirsi di memorie e momenti nostalgici, di immagini della terra natia, di visioni ed atmosfere sognanti.
In una costante ricerca della propria sostanza, nella continua visione che alimenta il proprio “essere”, i ricordi che nascono dal cuore diventano l’essenza stessa della sua lirica: la magia della vita si nutre dei profumi della sua terra, si abbandona ai silenzi, si lascia cullare dall’onda dei ricordi e delle emozioni.
Ecco allora che, nel silenzio antico della Sila, terra inaridita, “terra arsa dal sole”, nelle “strette mulattiere” che scendono rapide, nelle strade che si snodano intorno ai monti e nelle solitarie contrade, tornano alla luce le immagini recuperate dallo scrigno della memoria come le “voci del passato”, l’acqua cristallina della vecchia fonte che fluisce come l’onda di ricordi che riconduce alle radici, alla ricerca della personale “idea di vita”: la semplicità d’una terra dolce-amara, in un sospiro vitale nel silenzio che ingloba le emozioni.
Lo sguardo recupera le passate immagini: il vecchio albero di noce, le lenzuola stese, le luci nella vallata, l’odore della terra, i fuochi dei pastori, i colori della natura come in un fermo immagine nel quale gli occhi si sovrappongono ai confini del cuore: frammenti nel silenzio della natura d’una “terra desolata e malinconica”, dolente e solitaria, “amara terra” che è specchio del dolore del Sud in un alternarsi di sensazioni che riconducono ai racconti della madre, al risuonare delle campane, ad uno sguardo che “scava nei ricordi”, al sorriso che riempie il cuore di un “sottile dolore”, al sonno che avvolge.
La precarietà delle cose, il pensiero che è ammantato dalla sofferenza e dalla rinuncia, la sensazione di abbandono, l’ineluttabilità del destino che provoca l’inquietudine dell’anima non sono altro che le evidenze d’una comunione con l’intimità della vita, con l’essenza stessa del vivere che, nella poesia di Concetta Aiello, vengono salvate dalle profondità della dispersione.
Il tempo che scorre lento “cesella” i ricordi, le “onde sulle gambe” fanno tornare indietro la mente che inizia a vagare nei ricordi e nei sogni del passato come ad alimentare le meravigliose emozioni che Concetta Aiello scopre e riscopre nella visione poetica. Il flusso emozionale oltrepassa l’orizzonte del visibile per penetrare nel mondo dell’anima, nella lenta immersione nel passato fra sé e l’infinito.
Lo sguardo lirico vola ad “antiche mete”, nei riverberi di luce tra le strade solitarie, tra i pensieri che vagano nei confini della mente quando l’unico rumore è il “mormorio del mare”, l’infrangersi dell’acqua sulla riva, il simbolo di un percorso esistenziale d’una donna che scrive “sono avvolta dentro me/ spettatrice unica/ nel tornare indietro la marea trascina/ ogni dolore verso il mare aperto/ e sostiene le mie mani/ che ritrovano la pace”.

Massimo Barile


Introduzione

L’unico rumore: il mormorio del mare…

è una silloge che nasce tra
malinconie passate, sogni,
nostalgie: è il richiamo delle mie
origini! Ma amo in eguale misura la
terra dove vivo, dove sono nata,
è una continua ricerca di me stessa,
in continua evoluzione,
culminante in pensieri nostalgici,
è l’affermazione di me persona.
Torno ogni anno per le vacanze e
mi riapproprio delle mie radici,
respiro la storia di questa terra
arida, carico il cuore di ricordi e la
mente di profumi e voci che
ascolterò nei miei silenzi.

Concetta Aiello


L’unico rumore: il mormorio del mare…

Verso il mare

Desolati poggi asciutti d’acqua
frustati dal maestrale
che da ponente soffia verso il mare.

Vorticando scuote con ira

ogni chioma

in giorni lievi esitando accarezza
le zazzere rigogliose

di mandarini e limoni.

Scivolosa la carreggiata

scende verso il mare

nel mattino che nasce

fra umidore e salsedine.

Il mare: una tavola blu
un movimento di schiuma bianca
che s’infrange ora con rabbia
ora con dolce tenerezza
sul bagnasciuga di conchiglie e sassi.

Affondano i piedi tra sabbia e rifiuti

(avanzi di fuochi e bottiglie),

di sogni e desideri sotto

cascate di stelle,

rami di pino ormai radi di aghi

mi sfiorano il viso,

raccolgo pigne vuote
la resina mi incolla alla mia terra

Verso il mare…
il messaggio della risacca
risuona nell’aria
tra le grida di gabbianelle in volo.

(Roccelletta, agosto 2008)


Intermezzo (5)

Battiti di ali,

voli di aquile,

in cielo

si accende

una fiamma d’oro.


Le mie radici

Affondo le mie radici
in una terra arsa dal sole e dalla solitudine.
Attraversano colline d’argilla e sabbia,
antichi boschi di lecci e abeti.
Rincorrono antichi greti di fiumare in secca
e piene di una secolare miseria.
Scendono le mie radici nel tufo e nelle cave

di carbone,

fonte di vita dei miei antenati.
Si allargano le mie radici alla ricerca
della mia idea di vita.
Entrano nella leggenda dei briganti,
cantati da poeti solitari.
Arrivano le mie radici fra le rovine
del Convento di Corazzo
nella mia fantasia dimora

di misteriose comparse.

Tornano le mie radici alla terra dolce
di semplicità amara,
di giovani donne chine a cogliere olive,
o sedute davanti ad un telaio a tessere sogni.
Scendono le mie radici dalla Sila al mare,
attraversano solitarie contrade fantasma.
Eccolo il mare…
le mie radici lambiscono il mare,
nel quale mi immergo, con cui sono tutt’uno.
Respiro ossigeno puro, linfa ed energia,
risalgo la corrente e ritrovo la via.

(Tiriolo, agosto 2004)


Binari

Binari che corrono,
rotte d’acciaio verso l’infinito,
scambi
che deviano il corso dalla vita,
e si fermano davanti ad un muro.
Binari incandescenti d’agosto,
verso mete inviolate
e sogni proibiti.
Sferraglia un vecchio treno merci,
e il suo fischio rompe

il silenzio della mente.

Sempre in corsa
ad ogni stazione qualcuno scende,
per salire sul treno successivo.
Sui binari coperti di neve
scivolano
la vita e le frustrazioni,
rincorrono ogni battito.
Sui binari si rincorrono
realtà e fantasie,
evocano passato
già percorso da spiriti di ieri,
attendono il futuro.
Binari centenari e solitari,
attraversano pianure e
valicano montagne.
Binari che narrano guerre e onori,
che sfrecciano attraverso
nuovi confini,
continuano a correre
impassibili all’infinito.

(Oglianico, settembre 1997)


Il fiume

Il fiume da lassù
dove il suo guizzo di vita ha inizio
saluta il silenzio
e dalle nevi eterne e apre la via.
Scende, e la sua corsa tumultuosa
si snoda tra valli e pianure
nella sua corsa frenetica
si trascina dietro dolore e lacrime.
Taglia in due colline e boschi,
e nel suo letto cittadino
regale continua il suo cammino.
Le sue sponde hanno vissuto guerre,
passate glorie,
i battelli percorrono ormai stanchi
navigli in secca.
Spacca in due Torino,
e sotto i ponti antichi riversa il suo incedere,
carico di memorie lente e rabbiose.
La sua corsa continua in una pianura verde,
fertile,
il grano e le viti
traggono da lui tutta la forza
che al suo passaggio lascia.
Arriva alla sua foce
e si allarga come un fiore, splendido e terribile,
si getta in mare e finalmente ritrova la sua casa.

(Oglianico, gennaio 2005)


Tornare un giorno…

La strada si snoda intorno al monte,
e dall’ultimo tornante m’appare il tetto grigio

al fondo della valle.

La stretta mulattiera scende ripida

sotto il sole di mezzogiorno.

Avvicinandomi, l’onda dei ricordi m’assale,
mi vengono incontro e con tristezza mi lascio

prendere per mano.

Il vento porta risate e voci dal passato,
apre la porta ad una vacanza piena di malinconia.
Cerco i luoghi dei suoi racconti,
la freschezza e l’allegria della sua gioventù.
Lo scroscio dell’acqua fresca e cristallina
della vecchia fonte mi fa sentire

il battere dei panni sulla pietra,

le ceste piene sopra il capo di giovani spose

già invecchiate dal lavoro e i figli,

le vedo risalire il sentiero e stendere lenzuola

bianche e fresche di telaio.

Mi ritrovo tra le fronde del vecchio noce,
e giù nell’orto carico dei frutti di stagione
ti vedo china ad incalzare i solchi pieni d’acqua,

per un attimo sollevi il viso… e il tuo sorriso
mi riempie il cuore di un sottile dolore…

Le prime ombre si allungano e nella valle
come stelle si accendono le luci,
il silenzio scende sulle mie emozioni
che mi avvolge come una coperta.

(Vaccariti, agosto 2005)


Il cielo di notte (Vaccariti, 2007)

La casa è in silenzio
il sonno è compagno di ogni battito
e io bevo la quiete notturna,
abbaia con insistenza un vecchio cane
inseguendo una volpe.
Seduta sul marciapiede dissestato
assorbo ogni suono,
mi incantano le luci nella vallata
e respiro l’odore della mia terra.
Alzo lo sguardo…
si ferma a metà il respiro
stelle…
infinite…
la via Lattea è come una magia…
mi lascio guidare dall’invisibile
mi ritrovo tra nebulose e buchi neri
senza materia, spirito puro e
parte dell’universo
agli albori della vita.
Torno su di una stella
che regala sogni e desideri
nella notte di San Lorenzo.

(Tiriolo, agosto 2007)


Porto (Santuario di)

Sassi,
la via attraversa
boschi muti.
Maggio esplode,
il sole africano
avvampa la schiena.
Occhi lucidi
il cuore gonfio
di dolore e fede.
In silenzio
Si muove la fiumara

umana

verso Porto.
La luce filtra
tra annosi rami,
s’insinua tra pini
e castagni,
l’aria e diversa,
soave è l’aura che avvolge

il luogo.

Sassi,
rendono il cammino duro;
si apre la valle…
eccola !
Pellegrini a capo chino
preparano lo spirito
ad accogliere la fede,
nutrirsi della parola professata.
Intorno a me
l’aria è rosa in volo solo
la mia anima.

(Tiriolo, agosto 2006)


Sila

Tra silenti aghi di pino
m’inoltro nell’antica “Silva”.

Attraverso il silenzio della natura
dove altissimi abeti svettano

cercando luce e sole.

Finalmente l’aria è solo mia,
mi appartiene, come questa terra
inaridita da siccità e degrado.
Silenzio…
Voglio solo sentire la vita

che è già passata,
voglio sentire

lo schioppo dei briganti che spara,
e l’eco generoso ne svela i segreti.
I lupi, liberi e fieri,
i fuochi dei pastori,
inverni e poi ancora primavere
Si apre una radura magnifica,
felci, pigne e funghi si mescono
in un tappeto di colori,

e sempre sovrano
il silenzio,

rotto solo da mio respiro,
dall’ansia
che ho di carpire ogni sfumatura,

celarla dentro me.

Chiare le acque del lago Ampollino
argenteo miraggio sognante,

e atavica fonte di vita.

Il fermo immagine nei miei occhi

si sovrappone

altri monti innevati e alteri,

confine del cuore
del mio nord e il mio sud.


Intermezzo (4)

Frammento…

Un attimo di stelle,

tracce di rugiada

splendente d’infinito.


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