Opere di

Dario Falcinelli

Con questo racconto è risultato 5° classificato – Sezione narrativa alla X edizione del “Premio di Poesia e Narrativa La Montagna Valle Spluga 2009


Il Natale della signora Gina

Verso la fine del 1949 la signora Gina, che allora aveva 65 anni, decise di trascorrere le Feste di Natale a Madesimo. Ritornava da sola in quel piccolo paese della Valle Spluga dove era stata diverse volte in vacanza con il suo defunto marito, il Carlo, che le era mancato l’anno prima. A Madesimo poteva contare sulla buona amicizia con mia nonna ma, lo aveva detto subito e sinceramente, non avrebbe alloggiato nella modestissima pensione gestita dalla nonna, avendo preferito prenotare una camera all’Albergo Pizzo Stella, ben più confortevole, uno dei primi ad avere installato l’acqua calda in tutte le camere. La Gina aveva un figlio, il Francesco, abbastanza noto negli ambienti del mondo, allora piccolo, del pallone, perché allenava una squadretta di serie B.
«L’è dificil… che il Francesco venga a trovarmi a Natale… navigano in cattive acque, fondo classifica… il 26 partono per il ritiro a San Remo. Lo fanno diventar matto il Francesco, non si allenano… solo tusan nella testa».
Ogni pomeriggio la signora faceva visita a mia nonna. Una tazza di tè; biscotti; pettegolezzi. Al Pizzo Stella si ritrovavano clienti abituali, vecchie conoscenze.«E… è arrivata la Mariuccia?……si, la Mariuccia, la pettinatrice, quella de Saron».
«Ah…» sospirava la Gina,«sì… sì… l’è rivada… l’è rivada… con il marito o… facente-funzioni…».
Il trattamento in albergo era davvero eccellente:
«Le ragazze sono svelte… la camera è sempre perfetta».
«E come si mangia?» chiedeva la nonna.
«Ahh… hanno un cuoco quest’anno… un artista… i padroni sono proprio gentili… ma… ma il Galliano no… non lo batte nessuno!»
Il Galliano era il figlio dei proprietari, il loro successore designato alla guida dell’albergo, anzi si poteva dire che ormai avesse preso in mano lui la situazione.«Ma… i m’ha dii… », insinuava la nonna, che con il dialetto si sentiva più a suo agio nelle conversazioni riservate,«i diis… . che non va d’accordo con la miée…che… i stà per spartis…».
Sì, erano pettegolezzi che correvano in paese e soprattutto in albergo, la Gina lo confermava. Il Galliano poi piaceva davvero a tutte.
«L’è svelt… pronto…fa cinque mestieri in una volta… gentilissimo…».
Il Galliano divenne in breve l’argomento quasi esclusivo nella conversazione della signora Gina. Aveva occhi azzurri, bei denti, figura snella. Una bellezza un po’ superata se lo guardiamo con gli occhi di oggi nelle vecchie fotografie. Qualcuno lo chiamava… Galliano l’aeroplano… per via dei capelli riccioli che sporgevano un po’ buffamente ai lati della testa, ma forse anche per la leggerezza e la velocità con cui si destreggiava tra i tavoli della sala da pranzo. La chiacchierata separazione dalla moglie alla Gina creava un certo turbamento, come se nascondesse retroscena erotici, promessa di libertà. La signora Gina, non sono possibili dubbi, non aveva letto Thomas Mann, e non conosceva il Professor von Aschenbach, suo illustre predecessore in amori grotteschi ed impossibili mai la parola… ti amo… aveva trovato spazio nel suo cervello, e comunque il Pizzo Stella non era certo l’Hotel Des Bains al Lido di Venezia.
La sera della vigilia di Natale la nonna e la signora presero posto in chiesa per la messa di mezzanotte. Il freddo nella chiesetta di montagna era atroce. Dopo un quarto d’ora la Gina stramazzò a terra sotto il banco. Per alcuni minuti la si credette morta. Poi venne trasportata in albergo. Non era infrequente che durante le Feste qualche anziano villeggiante ritornasse in città in pietose condizioni – o peggio – nottetempo, per non turbare le vacanze agli allegri ospiti del paese.
Accorse il medico condotto. Dopo un paio d’ore l’ammalata riprese conoscenza; – non era una situazione lieve – disse il medico, ma un trasporto in ospedale con quelle strade, nevicava quasi ininterrottamente da due giorni, sarebbe stato rischioso. La paziente era cosciente ma muoveva a fatica il braccio sinistro e sulla bocca le si era disegnata una smorfia, come capita in quelle malattie.
Venne chiamato, il mattino successivo, anche se la paziente sembrava ormai fuori pericolo, il parroco. La signora Gina si confessò. Raccontò tutto, non senza vergogna, anche che talora … nella figura snella e nel bel volto del Cristo di legno… quello in fondo alla chiesa… le sembrava… pazzesco!
«È Natale signora… dobbiamo saper perdonare».
La Gina era meravigliata: «Forse non ha capito… non ho nulla da perdonare… sono io che… ».
«Deve essere più tollerante… con se stessa…» le disse il parroco congedandosi. Non era un brutto uomo, sulla cinquantina, e andandosene le diede un abbraccio davvero affettuoso.

Dario Falcinelli



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