All’ombra delle nuove lune

di

Dino F. Chiantella


Dino F. Chiantella - All’ombra delle nuove lune
Collana "I Gigli" - I libri di Poesia
14x20,5 - pp. 40 - Euro 8,50
ISBN 978-88-6587-7753

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Pubblicazione realizzata con il contributo de IL CLUB degli autori in quanto l’opera è finalista nel concorso letterario Jacques Prévert 2017


Dolcissima è la notte
per noi, che cerchiamo senza speranza
il volto oscuro della luna.


All’ombra delle nuove lune



La luna
ascolta lenisce media accoglie comprende
un non luogo per l’ultimo avamposto della mente
e del cuore

Le nuove lune
nuovi rifugi scoperti all’improvviso
quando l’animo cerca ristoro
dalle mille tempeste


LA STRADA

Calde promesse dell’aurora,
dolce malinconia dei tramonti:
questa è la strada.
Ciotoli di selce, verdi sentieri,
voci urla silenzi preghiere
sorrisi: un rosso caleidoscopio
di gesti, senza frontiere né confini,
una giostra di cavallucci e giraffe
nane, appese sulle bianche
vele della luna.
Nord e Sud hanno segni
Indecifrabili: devi scoprire da solo
Il tuo senso, sciogliere tra mille enigmi
le tue fortune.


TRAMONTO SULLO STRETTO

Ma chi dipinge le nuvole sul mare:
qua sbuffi di rosa tenue, là grandi losanghe
di grigio ardito, e su tutti, a cavalcare,
un nero basso e fitto, batuffoli che corrono
e sembrano scendere sull’acqua
a stringere i pensieri, quasi paura
che non sia più margine
tra cielo e mare.
E intanto il Mongibello, gigante buono, fuma;
operosa officina del Ciclope.
Poi qualcuno lassù soffia, con gran ventaglio
di piume: s’apre infine il tramonto,
rivincita del fuoco e della luce.
Qui ognuno inventa il suo palcoscenico,
mentre il manto della sera chiude
l’ultimo sipario: e la notte s’acquieta
ai provvisori silenzi.


COME UN GABBIANO

Come un gabbiano solitario,
fermo alla luna d’oriente,
invoco i venti complici alle mie
sconosciute avventure.
Invisibile attendo
le mie fortune.
Vorrei, come un saggio gabbiano;
vortici di spume d’acqua,
dove fondere i miei spiriti
di primo esule, solo
su ritrovate sponde.
Così, con guizzi d’acqua
più rapidi della memoria,
immergermi nelle profonde
solitudini, e risalirne
con giostre d’ippocampi e feluche
d’alghe e di coralli.

Al crepitio dell’acqua che s’infrange
sull’umida sabbia, marca il gabbiano,
fiero e crudele, le nuove rotte,
tra diamanti perle ricamate
e antiche danze
di tartarughe di mare.


PINETA

L’aloe di verde-giallo infiamma
la pineta, solenne, e ride
ai passi audaci della rondine,
all’antico e lento rollio
del mare, affranto sulla scogliera.
Scritto nel vento è il nostro corpo
evanescente; sulle spine d’acanto
pulsa, onda dopo onda, l’allegro
mormorio delle cicale.
So che questo lungo sospiro
è il mio tormento, come un dio
che aggredisce e perdona,
che tacita i sogni e la pietà:
il mio destino più vero.


TEMPESTE

Al solco che tradisce s’oppone
un ruvido vento;
così cavalca il mare
l’orizzonte, così veleggio inerme:
l’onda bianca mi seduce
e ordina.
Forse saprò cosa riluce
nelle calme tempeste;
forse saprò alfine sciogliere
le mie faticose vele ad un approdo
così a lungo conteso.


TI HO

Ti ho,
come rosa appassionata
che riempie di rugiada odorosa
il mio viale;
come perla che insegue e pretende
la sua purezza;
come diamante ferito dalla luce
che lo trafigge.
Ti so:
eri nei sonni di una dolce ninna,
nell’euforia di un fremito d’ali,
nelle voci che decadono alla sera,
oscuro malessere.
Eri nel quieto trionfo
dell’aurora, quando un coro
di lune m’ha cercato nei sogni
del padre bianco.
Ora non ho peccati né preghiere
da sfidare, e ho teso per te
dolci trappole.
Aspra è la parola e misera la mia
Immagine, a fronte di te
che voli alto.


AMORE CORSARO

Amore, sconosciuto
amore, che nascondi i tuoi segreti
tra le fronde di riccioli neri.

amore, delicato
amore, che arredi con fili
sottilissimi di seta
e d’ambra le stanze
del cuore e ne riempi
i sogni;

amore, amore mio corsaro,
che rubi diamanti alle stelle
per farne clessidre di smeraldi
dove filano, grano dopo grano,
le tue antiche impronte,
le lunghe chiome corvine,
l’esile corpo di gitana andalusa,
lo sguardo dolce e inquieto
di una gazzella sorpresa
alle nuove albe.


VIVERE

Vivere,
atomo uovo crisalide,
il ritmo segna il tempo,
il dolore genera mille tormenti
del sangue; anch’io
espongo il mio mosaico
multicolore; l’anima
insegue la mia carne,
la possiede.
Esplode la creta
con fragore, poi lentamente
si pone quieta.
La lucertola intanto s’accuccia
nel suo letargo d’autunno,
e sulla riva il pescatore arma
le reti alla crudele caccia
di mare.


FORTUNE

Non ho di che vivere,
se l’alba distrugge i sogni
e li scompone,
e mi sorride e minaccia
come fossi l’ultimo operaio
d’una miniera inaridita:
io col casco e una lanterna fioca
in cerca di balugini tra calcare
e pietre nere.

Dunque depongo la mia
cetra, ora che le corde sono
senza voce, e i miei vocaboli
troppo stretti e vani.

Non ho di che morire,
se l’ultima speranza inaridisce
i pensieri, e gioco così a dadi
le mie alterne fortune.


VORREI

Vorrei
che l’albero della notte
fiorisse minerali di luce,
che la nebbia squarciasse
i suoi veli con nuove epifanie
di colori.

Vorrei
in un mattino limpido
di cristalli d’acqua e di asfodeli
sfiorare con dita trepidanti
le tue calde labbra;
mentre intorno un serto di corolle
multicolori s’apre al vento
e lo inebria di dolci fragranze.

[continua]


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