Con questo racconto è risultato 4° classificato – Sezione narrativa nella XVI Edizione del Premio letterario Il Club dei Poeti 2012
Questa la motivazione della Giuria: «Il racconto di Edoardo Zarcone scava nell’angoscia sepolta nel buio della mente. In una notte di tempesta, un uomo è sdraiato sul divano e legge un vecchio libro dal titolo “De follia”. All’improvviso, una figura oscura, un’improbabile apparizione, pare entrare in casa e fa cadere il libro dalle mani del protagonista. Da quel momento si assiste ad un lento inabissamento nella follia e su ogni percezione aleggia un alone sinistro. La mente viene suggestionata dalle illusioni della paura, tutto soccombe alla follia.
Il racconto vive in equilibrio tra visione onirica e realtà soffocata dall’attesa che si fa incubo. Edoardo Zarcone propone un racconto dal ritmo incalzante ed è attento nel rendere l’atmosfera “oscura ed angosciante”» Massimo Barile
Sogno ad occhi aperti
Me ne stavo sdraiato sul mio divano al tepore d’uno scoppiettante camino, in quello stato di quiete che precede il sonno. Tra le mani stringevo ancora il vetusto volumetto che avevo ritrovato la sera precedente in un angolo della mia libreria. La copertina, pesantemente nera e rilegata con squallida pelle, recava marchiato a fuoco il titolo “De Follia”.
Le ultime parole lette continuavano a vorticarmi in testa senza mostrare segni di cedimento.
…Lui era lì, davanti a me: si ergeva in tutta la sua immane misteriosità, la sua oscura figura si stagliava nell’aria come un tetro pilastro di morte, ricoperto da quel deforme mantello nero…
E come spesso accade, le immagini impresse nella mente prima di addormentarsi prendono inspiegabilmente forma e si palesano nel sogno; tutto assume contorni sfocati, colori sfasati, ma nulla sembra esser più reale.
All’improvviso fui destato da un sommesso bussare. Percepii il suono attraversare il legno spesso della porta e sussurrarmi alle orecchie. Un tuono rimbombò nella notte e scagliò uno sfolgorante bagliore di lampo sulle finestre. Le tende proiettarono ombre così vivide e spaventose che sussultai, e il libro mi scivolò di mano e cadde a terra. Ma il bussare non s’era interrotto nel frattempo, e proseguiva monotono e inesorabile, confuso tra il fragore della tempesta e lo scroscio della pioggia. Con gli occhi velati di sonno mi avviai alla porta, barcamenandomi nell’oscurità sprazzata di lampi. Non avevo pensieri in testa.
Aprii con tranquillità, senza domandarmi chi potesse essere a una così tarda ora, senza remore alcuna, ma con una tale leggerezza che mi pareva quasi di sognare. Ebbi solo un tiepido brivido quando mi trovai di fronte una figura incappucciata di nero, flagellata dalla pioggia, sferzata dal vento, scacciata dalle grida dei tuoni. Un esiliato sarebbe stato respinto con più clemenza dalla sua patria.
…Lui era lì, davanti a me: si ergeva in tutta la sua immane misteriosità, la sua oscura figura si stagliava nell’aria come un tetro pilastro di morte, ricoperto da quel deforme mantello nero…
Tremava e ansimava. Provai una gran pena e lo feci entrare. Non gli posi domande: ci sarebbe stato un momento più adatto, una volta che si fosse ripreso. Ma un vago presentimento si stava insinuando nel mio animo. Forse era solo effetto delle parole del De Follia. Sperai che fosse così.
Lui entrò senza una parola e, come fosse in casa sua, si accasciò sul mio divano.
Domandai se volesse qualcosa di caldo, ma solo per cortesia, senza avere davvero intenzione di prepararglielo. Non ci fu risposta. Poi lo vidi chinarsi e raccogliere il libro caduto. Guardò la copertina, quindi lo aprì e stette per un po’ a leggere. Sembrava quasi che io non fossi presente. Infine si addormentò, reclinandosi sul fianco sinistro, col libro aperto tra le mani.
Decisi di andare a letto, dopo aver cercato di convincermi che non c’era nulla di cui preoccuparsi: un uomo in quelle condizioni non poteva esser pericoloso. Ma era davvero un uomo? In fondo, non l’avevo nemmeno visto in faccia. Forse, sollevando il cappuccio, avrei scoperto un abominio mostruoso: chi altri poteva aggirarsi da quelle parti in una notte di tempesta?
Il presentimento si stava scavando una grotta nel mio cuore, scolpendo alle pareti macabre scene di terrore.
Gradino dopo gradino, ogni passo mi rimbombava con violenza nelle orecchie come un colpo di mazza in testa. La porta della stanza da letto si aprì con un ghigno malefico, il materasso s’inabissò sotto il mio peso come se avesse voluto inghiottirmi.
Tentai di tranquillizzarmi: lui era lì sotto che dormiva, io chiuso in camera mia. Ma lui era davvero ancora sul divano, stava davvero dormendo? Magari adesso si aggirava per casa, magari adesso stava venendo da me…magari con un coltello trovato in cucina…o con l’accetta che usavo per la legna! Le ossa si sarebbero frantumate facilmente… E la porta! L’avevo chiusa la porta?
Mi alzai. Dovevo controllare!
…Lui era lì, davanti a me: si ergeva in tutta la sua immane misteriosità, la sua oscura figura si stagliava nell’aria come un tetro pilastro di morte, ricoperto da quel deforme mantello nero…
Cacciai un grido orrendo, poi tutto nero.
Quando mi risvegliai, il sole era affacciato alla finestra e mi accarezzava il viso coi suoi raggi.
Non ricordavo nulla di quanto accaduto la notte prima. Era successo qualcosa? Non era stato tutto un lungo sogno?
In sala non vi era nessuno. Perlustrai tutta la casa, ma niente. Mi sentii sollevato: era stato solo un brutto sogno.
Dopo un’abbondante colazione pensai di fare una passeggiata, visto che il tempo era bello. Passando accanto al divano il mio sguardo cadde sul De Follia. Era aperto. Lo presi per chiuderlo e rimetterlo a posto, ma quasi stregati i miei occhi si fissarono su alcune parole di quelle pagine:
…la mente elabora febbrilmente ogni sorta d’informazione e, tanto più se è orrendamente spaventosa, si lascia manovrare e suggestionare dalle illusioni della paura finché, ormai corrotta e putrefatta dalle amorfe spirali di un male ignoto, soccombe all’insensata degradazione della follia…
Ebbi un fremito, un sussulto, un brivido, come quando si legge una poesia che scuote le corde dell’anima. E quel presentimento orribile della notte prima del sogno o della realtà, non lo so tornò a opprimermi e mi conficcò un pugnale al cuore.
Poi tutto nero.
Edoardo Zarcone