Con questo racconto è risultato 4° classificato – Sezione narrativa alla XVI Edizione del Concorso Città di Melegnano 2011
«Questa la motivazione della Giuria: «Racconto splendido, con continue oscillazioni temporali, andate e ritorni dal passato al presente, in un ardito, scanzonato e brutale ritratto d’artista. Il tema conduttore è il suicidio di un famoso cantautore, visto nelle diverse interpretazioni illatorie del pubblico. L’autore passa con mano sciolta e felice dai dialoghi sull’evento di fan desolati, di donne ricche, annoiate, indifferenti, al soliloquio intimistico dell’artista alla vigilia dell’evento. Il protagonista, solo, ubriaco, disperato e abbandonato nel suo lussuoso appartamento deserto, ripercorre la sua desolante condizione d’incompreso, il suo stroncante e così comune desiderio di compiacere tutti, e la perdita della donna amata.
Cade incidentalmente dal balcone cercando di afferrare una stella e muore ebbro e stupito. L’unica cosa vera di tutto il suo vissuto, è il figlio nel grembo della sua donna, in prima fila al funerale. Parabola d’artista, questo racconto coglie la debolezza della fama e il crollo del mito, senza un solo applauso sincero. Ironico e beffardo, ha una catarsi nel finale, che riconduce al tema della sofferenza umana, che è di tutti noi, e non risparmia nessuno».
Alessandra Crabbia
…Come stella cadente
Giunta in fretta e furia al funerale finì per fondersi a quella folla che si affannava in punta di piedi per vedere il feretro o qualche personaggio famoso.
Qualche fanatico filmava.
Se Chiara fosse arrivata un altro giorno, sarebbe rimasta meravigliata nel vedere quella piazza nella sua straordinaria architettura.
Ma Chiara non può immaginarselo, è lì per un altro motivo.
Sgomitando, è riuscita a conquistare un lembo della base che sostiene la statua bronzea di un eroe che adesso non ha nessun interesse a identificare, da lì riesce a scorgere la folla e l’ingresso della chiesa. Nient’altro. È lì con un solo pensiero: Perché ti sei ucciso?
STOP
REWIND
Le otto e undici. Se faccio in fretta riesco. Sì, ma dove cazzo parcheggio?
Chissenefrega, la sbatto in seconda fila con le quattro frecce.
Otto e diciannove, possibile che bisogna rischiare tutti i giorni una multa per bersi un caffè? Di soldi allo stato ne do già abbastanza! Ho messo la freccia, dai fatemi rientrare! Dai che è ancora giallo, non frenare! Ma guarda ‘sto stronzo se può parcheggiare in mezzo ai coglioni così!
Otto e ventisei, mi tocca anche correre per arrivare a timbrare, come minimo bagno di sudore la camicia!
Dodici e trentadue, finalmente posso uscire. Cazzo che giornata anche oggi! È possibile dover fare tutto così in fretta senza un attimo di pausa? Sono distrutto. Oggi dove vado a mangiare? Non ho tanta fame, andrò nel baretto dove fanno i piatti freddi o l’insalata.
Dodici e quarantuno, ma guarda i soliti sempre soli, corrono tutta la mattina al lavoro poi si trovano nella pausa pranzo di due ore e non sanno che cazzo fare! Guarda quello lì, si ferma tutti i giorni davanti alla stessa vetrina di scarpe, ormai la conosce meglio del proprietario… E guarda quell’altro che rallenta per prendere il semaforo rosso, così si può fermare e gli passa un po’ il tempo. Non fa certo così la sera quando torna a casa!
È l’una, mi siedo fuori così mi prendo un po’ d’aria, vediamo il menù. È sempre il solito… mi mangio un panino con le verdure, così non mi addormento al lavoro.
Una e ventuno, il cellulare non dice niente. Ma cosa urlano quei ragazzetti là? Ah stanno parlando di quel cantante che è morto. Stava insieme a un cesso con tutte quelle che poteva avere… E adesso si è anche buttato di sotto! E questi continuano a difenderlo?? Ma pensa se un drogato deve avere tutto questo risalto, adesso ci manca solo che passi per santo…
Una e trentaquattro, è ancora presto. Va be’, intanto che riapre l’ufficio vado a fare un giro al centro commerciale, ma dove cazzo corre quella ragazzina?
Chiara salì le scale sentendosi vicina alla sinistra verità.
Ho addosso questo odore di sudore e… e di sporco! Dovrei farmi una doccia, ma devo assolutamente sapere se è un presentimento quello che provo o se è successo veramente. No, speriamo di no, non può essere! Ti prego! Ecco il mio computer, quanto tempo. Un messaggio sul cell, chi è? È Anna, che cara! Ha ragione, è stato davvero una bella esperienza, ha fatto bene ad insistere perché anch’io andassi con loro! Non credevo che una città potesse essere così interessante! Ricorderò per sempre il tragitto in metro per arrivare in centro: salire a South Kenton, attraversare Wembley, passare da Piccadilly Circus fino a Times Square. Sembrava di avere la città in pugno! Che città cosmopolita, altro che la vita assonnata che si vive qui! E poi la National Gallery: Piazza San Marco sembrava fotografata dal Canaletto, le rughe del viso nei quadri di Bellini, i vestiti sottili e leggiadri di Venere e Marte del Botticelli. E poi “I girasoli” di Van Gogh. E come siamo state bene tra di noi…
Ma perché il compu ci mette tanto ad accendersi? Dai clessidra!
Eccoci, è pronto. Ho il cuore che mi batte a mille. Non voglio pensare. Ecco la pagina ufficiale e…
non è possibile!
«Guardando il cielo mi sono accorto che le stelle sono una splendida realtà. Oggi se guarderemo in alto ne vedremo una in più: e sarà la più splendente. Grazie di tutto Luca.»Che tragedia… ma perché? Ma come è potuto succedere. Io….
Vediamo se i giornali dicono qualcosa di più.
No, non è possibile che si sia suicidato, non ci posso credere. Ma come possono essere così cattivi da scrivere cose come queste…. tossicodipendente… inneggiava alla droga…
Io… io devo andare a vedere.
Allora cosa scrivo… Ciao mà, sono tornata, sto bene ma devo andare via subito, quando torno vi spiego.
STOP
FORWARD
Oddio il telefono! E adesso chi è che rompe? Lo smalto è ancora umido, scommetto che mi si rovinano le unghie e mi tocca rifarle…
«Pronto? Ma ciaaooo! Ma niente affatto, non mi disturbi!
Sì, sono a casa sola, Carlo lavora e Pierluigi stamattina è andato all’università, ma a quest’ora sarà già al corso di tennis….
Certo, hai sentito? Dovresti essere stata qui in questi giorni!
L’altro ieri, quando è successo, un traffico di sirene! Prima è arrivata l’ambulanza, poi i carabinieri. Sono arrivati verso le sei e mezzo di mattina, praticamente non sono più riuscita a dormire, che seccatura! Ma sai, non so molto di lui, non mi sono mai interessata. Figurati!
Sì, era da solo. Sai, la sua morosa l’aveva appena lasciato, la sua macchina non c’era nel parcheggio, la lasciava sempre fuori, vicino al portico.
Ma a Carlo l’ho già detto: la prossima volta che compriamo una villa mai più vicino a un cantante o a uno di questi personaggi dello spettacolo!
Non dirlo a me! Non conosco neanche una canzone…
Ma sì, hai ragione, quella la conosco anch’io, però è l’unica. Sicuro!
Sì, era a casa da solo, non ho visto nessun’altra macchina, l’ho detto anche ai carabinieri che sono venuti a farmi delle domande. Sì, era solo e chissà che strane idee aveva per la testa. Suicidio sicuro!
Ha ragione il mio Pierluigi, dice sempre: se ce li avessi io tutti quei soldi e tutto quel successo a quest’ora avrei fatto passare tutte le modelle del mondo e mi sarei trasferito su un’isola dei Caraibi.
Ma sì, amen!
Ieri poi, dovevi vedere che processione di ragazzine a lasciare fiori e bigliettini, manco fosse il Papa.
Ne arriva una anche adesso.
Vado a controllarla, sono capaci anche di rubare quelli lì, capacissimi!
Sì, è sola, ormai saranno tutti in chiesa per il funerale, dovrebbe iniziare tra circa un’ora. C’è già la piazza strapiena. Così almeno dicevano prima alla televisione…
Va bene, baci baci!»
Lo sapevo, devo rifarmi lo smalto, doveva proprio chiamarmi adesso quella lì? Fanculo!
Finalmente si fermò. Fiori finti, fiori veri, fiori rossi, fiori gialli, gambi verdi.
Frasi fatte e scritte ovvie su fogli fitti.
Anche Chiara appoggiò i suoi fiori e il suo biglietto con la dolcezza di una carezza alla propria nonna.
Non vale la pena fermarsi ancora qui… sono rimasta solo io… devo andare in piazza a dargli l’ultimo saluto. Ma perché l’hai fatto?
STOP
REWIND
Come Zeno Cosini non volevo diventare!
Ritrovando un vecchio riassunto scolastico avevano iniziato a schiudersi le porte su un passato non troppo lontano, che le esigenze della vita avevano però reso remoto. Era fatto così. Quando non riusciva a dormire la notte, frugava tra vecchie scartoffie messe da parte da tempo immemorabile: “non si sa mai” pensava. Per una volta, la decisione di non buttarle era stata saggia.
Dormire da solo in una villa così grande, isolata dal mondo e soprattutto dai paparazzi da un’alta recinzione, un po’ d’ansia gliela metteva addosso.
Ma questo singolo fatto non era sufficiente per tenerlo sveglio nel cuore della notte.
Il problema non era di essere solo, ma del perché lo era. Lisa se n’era andata sbattendo la porta.
E non era importante perché se n’era andata, ma come: sbattendo la porta.
Adesso era solo e ubriaco. Elementare causa-effetto.
Scricciolo, dove te ne sei andata? Ho urgenza di te! E pensare che quando ci siamo conosciuti ero io quello forte…in quel locale pieno di colori, luci, rumori, gente. Pieno di odori acri, aria sporca, densa di fumo. Luci a intermittenza, sguardi veloci, rapaci, nessuno innocente.
Poi ho visto il tuo! Due occhi smarriti che si guardavano attorno senza curiosità, annoiati; una ragazza che dimostrava di provare distacco per quella situazione… mi ero sentito subito in empatia! Non eri certo bella, ne conoscevo a milioni di ragazze da copertina, però mi hai affascinato subito da pazzi!
Ed ora, come in una storia paradossale, le forze si erano invertite: lei, lo scricciolo da proteggere, era andata via sbattendo la porta e lui, grande e grosso, bello e famoso, si era ritrovato con un vuoto incolmabile da riempire. Solo e ubriaco.
Vicina sei il primo dei miei sogni, lontana il primo dei miei incubi… Ho urgenza di te!
Provò a scrollarsi di dosso quei mesti pensieri guardando la bacheca, carica di frasi che nel tempo gli erano sembrate capolavori, poche parole rappresentative di una particolare condizione:
«Io non provo più emozioni nell’ascoltare musica e nemmeno nel crearla. Meglio bruciarsi in fretta che spegnersi lentamente».
Kurt Cobain. Anch’io potrei fare così. Un colpo in bocca con il Remington semiautomatico calibro 20. Così faccio fuori le mie pene e magari divento immortale, come lui. Peccato che non ho il fucile. E forse neanche il coraggio. Ho solo urgenza di te.
Tornò alla bacheca:
«non ti rendesti conto che un artista quale io sono, uno, cioè, la cui qualità di lavoro dipende dall’intensificazione della personalità, richiede per lo sviluppo della sua arte intima associazione d’idee, atmosfera intellettuale, quiete pace e solitudine».
Chi l’ha scritta? Non lo so ma mi riguarda da vicino ora più che mai! Nella mia condizione potrei trovare nuove ispirazioni…
Si ricordò di avere anche tra le mani il vecchio riassunto scolastico. Lo rilesse.
Si immerse nei pensieri di Zeno Cosini, nelle ambiguità, nelle ossessioni, nelle abilità inaspettate, nei sensi di inferiorità, nelle debolezze, in una parola nella malattia di quel personaggio. In un lampo si ricordò di come aveva vissuto un senso di frustrazione profonda nel leggere le vicende di un uomo così. Ecco il punto in cui aveva deciso che mai avrebbe voluto vivere come il personaggio, desideroso di omologarsi a quella mentalità borghese di inizio novecento in cui occorreva saper far carriera seguendo tappe già prestabilite: il matrimonio di comodo, spregiudicatezza negli affari, ossequio alle convenzioni. Poco era cambiato nel volgere di un secolo. Quello era il modello di vita che aveva rifiutato per percorrere strade diverse.
Ribellarsi al conformismo…
di questo parlano le mie canzoni…
Perché non l’hanno capito… non mi sembra così difficile…
«o sei riuscito
o sei un fallito,
o sei un superuomo
o chiedi sempre perdono,
o sei un campione
o non hai cognome,
o sei una buona samaritana
o sei per forza puttana.
Io non credo che il mondo sia davvero così,
i buoni di qui e i cattivi di lì.
Eppure la gente sgomita, vive con foga
oppure si perde, meglio la droga…
Io non credo a questo mondo patetico
io voglio un futuro più eclettico!»
Tutti addosso ho avuto. Addirittura quello là aveva scritto (me lo ricordo ancora): «cosa vuol dire meglio la droga? Altri, prima di lui. hanno alzato questo vessillo di morte, potendosi permettere di strafarsi da signori. Bisognerebbe dare spazio ai genitori che hanno visto i propri figli morire per droga e sentire cosa pensano degli inni allo sballo di questi cosiddetti cantanti».
Perché, si chiedeva I critici non capiscono che io non sono qui per insegnare niente, ma solo per raccontare la realtà?
Non era stato capito e di questo ne aveva tremendamente sofferto.
Per uno che era abituato a guardarsi continuamente dentro, vivendo in un permanente stato di sensibilità estrema, questi attacchi l’avevano steso al suolo. Era stato costretto a usare costantemente psicofarmaci, ma anche altre sostanze che lo aiutavano ad alleviare le forti sofferenze del suo permanente disagio esistenziale. Era sottoposto a continui sbalzi d’umore.
Aveva ragione Schopenhauer, dare molta importanza all’opinione altrui è un errore che nuoce alla propria felicità. Bisognerebbe essere capaci di mettere in pratica questo consiglio…
Ecco ciò che un cantante deve fare: esprimere un concetto che le persone hanno già dentro di loro ma che da sole non sono in grado di riconoscere o esprimere.
Perché le mie canzoni non sono state capite?
«Oggi mi sento un dio, domani non sto in piedi». E oggi, Vasco, io non sto in piedi…
Anche l’altra non è stata capita; doveva essere una ballata malinconica e è venuta fuori una hit estiva…
«cosa vuoi che ti dica:
mi piace la vita…»
…naturalmente sempre sostituita con fica… sta di fatto che…
«godo dell’esistenza,
anche senza
la tua presenza!»
…quel godo pensato nell’accezione comune…
Cazzo, se fosse stata legata insieme… il finale non è stato considerato in funzione dell’inizio, quando canto in modo esplicito che «una vita dissoluta, non l’avrei mai voluta». Ecco cosa volevo dire: il senso finale di sconfitta di un uomo che dalla disperazione si omologa agli altri… Tutti l’hanno valutato come una rinascita dopo la tristezza. Ma forse non sono stato bravo io…
E poi…se non mi avessero costretto a usare quell’arrangiamento… «Vedrai che la canteranno tutti!» E chissenefrega! Quando avevo fatto sentire la mia versione al mio scricciolo si era subito commossa… chissà se la ricorda… ho bisogno di parlarti, di saper queste cose! Ho urgenza di te!!
Se me l’avessero fatta cantare solo con la chitarra, come faceva Nick Drake… «un cane dagli occhi neri bussa alla mia porta, un cane dagli occhi neri mi chiede di più, un cane dagli occhi neri che conosce il mio nome…» Me lo immagino, anche lui nel mio stato, con la sua voce delicata e le sue dita leggere e aggraziate a sfiorare la chitarra; la malinconica tristezza di una voce impaurita, sola, con la chitarra. E basta.
Forse… forse lei… forse la gente comincerebbe veramente a capirmi se facessi un gesto estremo come ha fatto anche lui…
…forse anch’io se…
Basta pensiero del cazzo!
È meglio se ci bevo su!!
Aprì la finestra per far entrare un po’ d’aria e magari per far uscire un po’ di scomposti pensieri. La brezza che entrò agitò un altro foglietto, un’altra frase di Oscar Wilde:
“Vi sono dei momenti in cui il dolore mi sembra la sola verità. Altre cose possono essere illusioni dell’occhio o del desiderio, fatte per accecare il primo e saziare il secondo, ma col dolore sono stati creati i mondi, e alla nascita di una creatura umana e di una stella è presente il dolore.”
Stupenda nella sua conclusione, appropriata alla serata nella sua tristezza. Ora il dolore era tornato a farsi sentire, lo avvolgeva, lo pervadeva, ma capiva che era una condizione necessaria, vitale. Il fatto di vivere portava necessariamente momenti estasianti ed altri inconsolabili.
…alla nascita di una stella è presente il dolore…
Andò a sedersi cavalcioni alla finestra. Assaporò l’aria fresca con un profondo respiro che gli fece bene al fisico, mentre la vista della stelle, in quella serata dolce e tersa, lo rinfrancò. Per un attimo. Poi la mente tornò altrove, in mezzo alle sue passioni e inevitabili guai.
…Perché non sei con me scricciolo…ho urgenza di te!
Perché nessuno mi capisce? Perché, perché non posso vivere solo, su una stella?
Perché non sei qui a confortarmi, a starmi vicino? Torna scricciolo…
Se solo arrivasse il giorno, un po’ di luce del sole, qualche rumore di fondo, il casino delle macchine, mi farebbero sentire meno solo…
Sapeva di essere così, malinconico di natura e in genere il pianto lo aiutava a liberarsi, a ritrovare un po’ di serenità, scioglieva quel peso che lo opprimeva.
Ma quella sera non usciva niente, neanche una lacrima. Nudo di fronte all’immenso buio che lo scrutava silenzioso da lontano attraverso i suoi piccoli e infiniti occhi luminosi.
Un pensiero salvifico gli svelò d’improvviso la strada.
Alla nascita di una creatura umana è presente il dolore…
ecco cosa farò! Ecco come recupererò il mio scricciolo, ecco come ricucirò il nostro rapporto! Le donerò ciò che una donna desidera più di ogni altra cosa: regalare la vita! Sì, le dirò che voglio un figlio da lei! Se solo il sole si sbriga ad alzarsi…
L’euforia del momento gli provocò quella reazione che stava cercando, gocce umide, lacrime che gli appannarono gli occhi; credette di trovarsi al cospetto di una quantità innumerevole di lucciole, di quelle che catturava da bambino per vedersele abbagliare tra le dita.
E allungò una mano verso il cielo, per provare ad afferrare la luce di una lucciola. Fu in un istante che si accorse di essersi sbilanciato in avanti e si sentì curiosamente dispiaciuto nel capire che non avrebbe goduto dell’antica gioia di ghermire la luce. Si sentì curiosamente dispiaciuto nell’accorgersi che non avrebbe fatto in tempo a chiamarla per chiederle se voleva un figlio da lui.
E com’era stato fulmineo il successo, allo stesso modo fu il suo eclissarsi dalla vita. Un volo folgorante, come una stella cadente, ma mentre la sua parabola finale è invisibile, il suo corpo a terra arrivò come un sasso. E mentre una stella cadente non fa rumore, il suo corpo atterrò come ramo spezzato, il cranio fracassato.
STOP
FORWARD
Giunta in fretta e furia al funerale finì per fondersi a quella folla che si affannava in punta di piedi
per vedere il feretro o qualche personaggio famoso.
Un susseguirsi di sensazioni sostanzialmente simili.
La cerimonia era ormai finita. Chiara appoggiata in bilico sulla base della statua sentiva prossimi i crampi alle gambe. Non se lo sarebbe voluta dire ma sperava che tutto ciò finisse il prima possibile. Si sarebbe aspettata come chiusura della cerimonia una canzone dell’artista che tante persone erano venute a salutare, partì invece una melodia crepuscolare, dolce, che avvolse tutta la piazza e infine la sua voce calda, roca, sussurrata.
«…cosa vuoi che ti dica:
mi piace la vita…
godo dell’esistenza,
anche senza
la tua presenza!»
Sul finale Chiara pianse, ma se fosse stata a casa, in tv avrebbe visto una ragazza nel primo banco, in chiesa, con gli occhi velati di lacrime tenere tra le mani il grembo, quasi a volerlo proteggere.
Emanuele Parmigiani