Con questo racconto è risultato 10^ classificato – Sezione narrativa alla XIV edizione Premio Letterario Il Club dei Poeti 2010 Questa la motivazione della Giuria: «Una missione che ha come scopo di stanare alcuni guerriglieri che erano stati avvistati in un villaggio. Tutto programmato e nessun imprevisto per una consueta azione militare. Eppure il destino sa essere crudele perché il protagonista conosceva gli abitanti del villaggio e non sarebbe stato facile aprire il fuoco. Il racconto mette in evidenza la capacità di narrazione: efficace, fluida e precisa». Massimo Barile «Il villaggio» Il testo del cablogramma lo colpì allo stomaco con la forza di un pugno. Mentre annaspava cercando di riprendere fiato, si appoggiò all’affusto di uno dei cannoni che la sua compagnia di artiglieria da montagna trascinava faticosamente attraverso quelle foreste. Erano più di quattro mesi che setacciavano quelle zone montuose, umide, coperte da una fitta vegetazione, solcate da brevi dirupi scavati dai torrenti e costellate di laghetti dall’acqua torbida. Ogni tanto un villaggio appariva tra gli alberi, povere case tirate su in fretta con i mattoni di argilla fatti seccare al sole, spesso un solo stanzone in cui gli animali contendevano agli umani un po’ di spazio e di calore. L’incarico era di stanare i guerriglieri dai loro rifugi, costringerli ad uno scontro frontale, in cui la superiorità di mezzi dell’esercito regolare avrebbe potuto avere ragione del fanatismo di pochi straccioni. Raramente, però, succedeva che i ribelli si lasciassero attirare in uno spazio aperto. Talvolta capitava, invece, che qualche gruppo sparuto venisse scoperto mentre si nascondeva in uno dei villaggi. Ed allora i cannoni della sua compagnia tuonavano ininterrottamente per ore, spazzando via le case e amalgamando in un’unica poltiglia indistinta ruderi, suppellettili, membra animali e umane, dei nemici e degli inermi pastori. Rilesse il messaggio con le tempie che gli pulsavano, la vista un po’ annebbiata, colpa forse della foschia che si levava dal fondovalle. Non c’erano dubbi, gli ordini erano chiari, il villaggio dove erano stati avvistati i ribelli era proprio quello. Diede un ordine secco ed i suoi soldati si misero in marcia, in testa al gruppo il giovane tenente biondo che si era aggregato alla compagnia pochi giorni prima. Gli passarono davanti tutti, i suoi soldati: indios dai volti impenetrabili, uomini di evidente discendenza europea, alcuni addirittura nordica, meticci. Li conosceva tutti, ad uno ad uno, di tutti sapeva le storie personali, tutte molto simili, e simili alla sua: gli anziani genitori lasciati nel loro lontano villaggio, la sorella minore da far sposare, i pochi spiccioli del soldo spediti a casa per aiutare i propri cari a tirare avanti. Lui si accodò al drappello, preceduto anche dai ragazzi delle trasmissioni, che di solito chiudevano il convoglio. Conosceva bene quelle zone. La cosa migliore era arrivare al villaggio dal versante opposto. Superata una prima forcella, avrebbero seguito la tortuosa strada che portava al valico principale; poco prima di raggiungere la sommità, avrebbero girato a destra e preso un tratturo che avrebbero seguito per una quarantina di minuti. La missione era stata programmata bene, come sempre. Non c’erano stati imprevisti, gli esploratori erano ritornati indietro dando il via libera. I cannoni avanzavano lungo il tratturo abbastanza speditamente, considerata la tipologia del terreno. La foschia del mattino si era trasformata in una vera e propria nebbia e li nascondeva alla vista, oltre ad attutire il rumore che il gruppo inevitabilmente faceva. Ma presto si distrasse. Aveva visto il parroco del paese. Portava ancora bene i suoi anni, da quando l’aveva incontrato l’ultima volta, una dozzina di anni addietro: era solo un po’ più stempiato e ingrigito. Quella donna in nero con i lunghi capelli raccolti in un fazzoletto colorato era senz’altro la padrona della locanda. E quell’uomo ancora abbastanza giovane, con la camicia blu scuro a quadri, era il suo amico Pedro… stava parlando con uomo in mimetica, alto, aria marziale, mitra a tracolla. Il suo amico Pedro…quante ne avevano combinate insieme, da ragazzi: i pesci nel ruscello pescati con le mani, le mele rubate dagli alberi del signor Vasquez, le corse lungo i sentieri per arrivare prima al punto da cui si vedeva l’altro lato della valle, le sgridate dei loro genitori… La casa di Pedro era quella alle sue spalle: sui mattoni cotti dal sole qualcuno aveva passato una mano di calce. Una ventina di metri più indietro c’era una casa un po’ più alta, con una porta di legno scuro. Era quella in cui era cresciuto, quella dove cercava, e trovava, tepore nelle fredde giornate d’inverno dopo una corsa nel bosco, rifugio quando un coetaneo voleva picchiarlo, conforto quando si era sbucciato un ginocchio… «Siamo pronti, capitano» disse una voce. Staccò gli occhi dal binocolo e si passò la mano sulla fronte sudata. Si volse alla sua sinistra, i cannoni erano carichi e puntati sul villaggio. Al suo fianco il giovane tenente biondo. «Tenente,» disse «è ora che gli uomini si abituino ad obbedire anche a lei. Ordini lei di aprire il fuoco». Fabio Pasian Contatore visite dal 22-03-2011: 11366. |
||||||