La bellezza tragica del mondo - Elegie per quattro stagioni

di

Franca Canapini


Franca Canapini - La bellezza tragica del mondo - Elegie per quattro stagioni
Collana "I Gigli" - I libri di Poesia
14x20,5 - pp. 84 - Euro 9,00
ISBN 978-88-6587-7029

eBook: pp. 80 - 4.99 -  ISBN 978-88-6587-743-2

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In copertina: fotografia dell’autrice


«L’alternarsi delle stagioni e ciò che muta e trascolora, non è solo un’esaltazione naturalistica della bellezza multiforme e opulenta di ciò che ci circonda, ma è anche traccia dello spirito, fonte di corrispondenza d’affetti, ricordi, sapori e profumi che diventano inquieti e divoranti.
La poetica di Franca Canapini trae ispirazione dai miti classici, rivisitati con gioiosa rivelazione, e al tempo stesso il suo rapporto con l’avvicendarsi ciclico delle stagioni ricorda la poesia colta giapponese, nella quale ogni più piccolo essere, ogni fenomeno naturale, divengono unione spirituale con il tutto, in una delizia animistica.
Franca Canapini rivela un’attenta elaborazione artistica e una geniale trasposizione del mito, in grado di toccare le arcane profondità del cuore».

Alessandra Crabbia


Ai lettori

Poco importa che siano piante, animali, umani (o figure mitologiche in cui gli esseri umani si specchiano) coloro che appaiono e si muovono in questi testi. Siamo tutti interconnessi e in movimento dentro un Universo misterioso; tutti aggregati di particelle in ebollizione, tesi a mangiare e a evitare di essere mangiati, spinti alla vita e spaventati dalla morte, che inesorabilmente colpirà ognuno di noi.
È un macero di viventi questo mondo. E solo l’uomo sembra averne coscienza.
…Dopo l’Epica nasce la Lirica, che è essenzialmente Elegia, pianto, e che corrisponde all’esistenza individuale, dell’uomo che vive come individuo una vita ermetica e precaria, sentendosi perituro e sentendo perituro tutto ciò che tocca…
afferma la filosofa Maria Zambrano in “Verso un sapere dell’anima”; ma, nonostante la precarietà e finitezza della vita, non si può negare la Bellezza travolgente di questa Casa-Universo in cui “miracolosamente” ci troviamo, muniti di una coscienza, che, se da una parte provoca dolore, dall’altra induce allo stupore, rinnovando ogni giorno la nostra voglia di conoscere e di elevarci, nel tentativo di svelare il mistero in cui siamo immersi.

L’autrice


La bellezza tragica del mondo - Elegie per quattro stagioni


SISIFO

(ovvero della fatica dei poeti)

In quel fondale di interminabile tramonto
in quell’orizzonte liquefatto
nella metafisica del crepuscolo
come ombre cinesi
infaticabili da mesi da anni da secoli
gli attori si spogliano dei punti cardinali
(una famiglia l’albero che protegge la casa
un lavoro il fiume corrente della gente)
nudi
e ancora e di nuovo e sempre e mai
servi e semidei
guardiani inermi della notte
si dispongono all’assurdo lavoro

Ti potrebbero sembrare fantasmi di cicale
impigliati nella scorsa resinosa del gran pino
morti
allo stordente frinire nell’estate del mondo;
il vento li muove in danza armonica
ora di spalle ora di fronte
ora lontani ora vicini
a volte l’uno all’altro stretti
sembra non provino fatica i ballerini
nel piegarsi al carico, raddrizzare la schiena
nel salto del fosso, nella piroetta
e il muro delle pietre squadrate pare non avere fine
e il numero dei parallelepipedi divelti
spostati in avanti si perde

Non c’è logica, manca il significato:
quel muro costato fatica sudore
umiliazione pianto esilio dalla luce caduta
quel tempio bello d’illusione
quella multiforme chimera
dopo il tramonto e la notte
chiederà d’essere abbattuto
e riedificato, in avanti__ ancora


PRIMAVERA


NUOVO, IL SOLE

Sembrava spento il Mondo
Il Sole malato
oppresso dalla nebbia
battuto dalla Notte

strani incubi invadevano il buio

Controvento le oche selvatiche
s’innalzarono in volo – sulle cime e oltre

La luna galleggiava nelle valli piccole
Le stelle erano diamanti sparsi
sui ghiacciai incastrati tra le rocce

In formazione volavano
Instancabili volavano – ancora e oltre

e il vecchio anno fu scavalcato
e il vecchio tempo si frantumò
precipitando nel passato

Nuovo, il sole forò le nubi
si allungò nelle nostre menti

Noi, in fila, sparpagliati tra i monti
sentimmo la pelle della terra
solleticata dai germogli nuovi

Ci parve nell’aria il profumo delle viole


NEL MACERO DELL’ERBA

È in questo morirci dentro di languore e nostalgia
nella stanchezza della montagna sostenere
quel gelido candore anche quest’anno
nella spossatezza del nido spagliato
impiccato all’albero vuoto

questa fitta di malinconia

Nelle nostre rughe scavate dall’inverno
scorre invisibile un brivido di morte

Un volo tondo di sfiniti uccelli, qui
dove tutto si mischia
e nel macero dell’erba di ieri

succhia vita e sorride la viola appena nata


ESTATE


BRODO PRIMORDIALE

Tutto un fermento
un pullulare
variegato di larve
minuscoli fantasmi
festuche armate
lanciate nel futuro
spaventose chele orridi artigli
filamenti esangui
vividi colori
Schizzano divorano
s’ingrossano si scindono
palpitano affondano

Frenetica
caotica
ribolle la Vita
in una goccia di mare


MERCURIO

Fulmineo, guizzante
tanto da rendersi invisibile
capace di assumere ogni forma
oggi, come non mai
è in terra, è in cielo, nello spazio profondo
Lo trovi nei Parlamenti, nelle onde radio, nelle televisioni
ai mercati, alle fiere, negli studi dei notai
nei porti, per le strade
negli oscuri conciliaboli delle genti del mondo
Fluente, persuasivo
mette alla prova
ammalia
mentre tende tranelli
invero ruba
fingendosi tenero neonato nella culla

Apollo, sciabola di luce tuo fratello
rendicene intelligibili le squame
facci discernere fra la virtù e il danno!
E tu, Menrva, armaci all’occorrenza
donaci una corazza di saggezza
dacci la forza della Lucidità Mentale!


QUARANTA GIORNI NEL DESERTO

Prima decade:

Al principio fu una casa
tre pennellate di colori allegri
lanciava onde di richiamo
Cupo ma Baldanzoso da dentro
Don Giovanni aprì la porta
smosse sinistro
un fiotto di vociar melmoso
un ramo di fiori del male
Bagliori viscidi
Matrioske da smontare

(Come Indiana Jones, dei serpi dentro la fossa)

Seconda decade:

La luce accecò la vista
nell’aria miraggi di candele e carovane
Gente in fila a testa china:
La sete
Colonne semoventi sulle dune lontane:
La fame
Pugnali a tradimento su spalle innocenti
le stelle cominciarono a spegnersi e cadere
la superficie di cartavetrata
esalava fantasmi di chimere

(come un guerriero, disarmato dal Sole)

Terza decade:

Si aprì il cielo d’intensi violetti
rossi sanguinei schizzarono dagli occhi
Era silenzio cavo di elementi
le macchie di colore parevano danzanti
ovunque similangeli vocianti
Ri-animata l’enorme Sfinge millenaria
ogni accento d’amore divorava
Sprigionavano nuove stelle dal vuoto
anche la luna tonda rotolò nel gorgo
si fece occhio bianco dell’incendio

(come sabbia, dispersa nella sabbia)

Quarta decade:

Non porto la Verità
non mi ha parlato Dio
Nel galoppo del vento
il deserto è il nulla o un punto
infinite strade senza
Niente da ricordare
nessuna voce importante
nessuna con accento di calore
solo rumore_____ a perdita di testa
Diffidate di chi torna con parole incendiarie

(Come una Medusa, paralizzata dall’orrore)


AUTUNNO


ADAGIO DI SETTEMBRE

Vieni, prima dell’alba, quando invisibili
sul mare cadono le rose bianche
e nelle vigne l’uva si gonfia di umori
Vieni lento, leggero come un’ombra di sole
col tuo violino – io porterò la viola
C’è fresco tra gli olivi
viottoli di sassi e terra chiara
Suona quest’aria pulita di settembre
quest’aria fina – io sarò una vela
Più facile sarà gonfiarsi d’aria
più dolce mantenere il volo
Suoniamo adagio
d’azzurro e d’amaranto
questa pace:
i viali d’oro e la gente serena
che parla piano e non si fa paura
Suoniamo adagio
questo tempo buono – questa fortuna
dopo l’ardore estivo e prima del gelo

La sera accenderemo fuochi di parole
le guarderemo, in fumi lenti
svanire nell’azzurrità dell’aria


UN PETALO DI CANDORE

C’è una farfalla bianca
che sul respiro del mare
si libra solitaria
una farfalla dalle grandi ali
abbandonata alle correnti d’aria
Un petalo di candore
volteggiando nell’azzurro profondo
come la mia anima
capriola serena

Oggi non si teme, oggi non si muore!
Abbiamo solo questi corpi imperfetti
per far scorrere
la nostra essenza di miele
e sembra fango e fa paura
ma oggi la mia anima crede
e come la farfalla si libra leggera
e come la farfalla freme
nel respiro trasparente dell’aria


ALLA LUNA

…non sono né giovane né vecchio
ma è come se dormissi
sognando di entrambe le età…

(T.S. Eliot)

Piena, di certezze splendente
fredda invisibile desolata
deliziosamente infantile
rigonfia sorgente
allegra sorridente
divorata dal tempo
vecchia giovane matura morta rinata
ad ogni istante mutata
:Incantevole Regina della Notte


INVERNO


IL PIANTO DI ADRIANO

La tua fronte, i tuoi capelli, le tue labbra
[imbronciate
il tuo sguardo malinconico e distante
soprattutto l’armonia del tuo corpo
Ti ho voluto ovunque
ovunque
concentrato di bellezza che non sfiora
Ti ho voluto
perché mi azzannino i ricordi
perché il tuo corpo mi sorprenda all’improvviso
Ti ho voluto
per sentire vagare la tua ombra
e della tue forme s’invaghiscano per secoli
perché la meraviglia dell’amore sconfigga i pregiudizi

E recido fiori freschi a ingentilirti il marmo

Per il vastissimo mio regno io ti ho sparso
[e vivi
di pietra bianca come il dio più bello
[e vivi
come un sublime tenero portento

ma io, che stringo tra le mani ogni potere
io non ti ho e sono morto


UNA DONNA

Ed è sera ed è mattina
una donna dei Nostri se ne è andata
era una madre ed era un’esteta

soprattutto Ci sapeva
[ascoltare
Una donna del mondo se è andata
una mattina che avrebbe voluto restare
Non chiedeva più di tanto: un vestito nuovo
una passeggiata lungomare
una raccolta di prugne selvatiche

soprattutto chiedeva di Non
[dover soffrire
Ed è sera ed è mattina
una donna se ne è andata
[senza rumore


SQUARCI DORATI

Buio profondo dietro il fantasma della nebbia.
Case chiuse. Lumi gialli in colonna.
Umido. Neanche un cane. Scompaiono
frettolose le poche anime.

Nel mentre, appartata la betulla
di foglioline gialle tutta agghindata
nella sua danza immobile
come una Salomè radiosa
foglia
dopo
foglia
si spoglia


[continua]


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