Con questo racconto è risultata 2^ classificata – Sezione narrativa alla IX Edizione del Premio di Scrittura Creativa dedicato a Lella Razza 2013
Questa la motivazione della Giuria: «Correre con in mano una “Girandola”… oppure metterle sul balcone e vederle ruotare con il vento: quale bambina o bambino non l’ha mai fatto?
Girandola di questo racconto è una bellissima donna color d’ebano che offre i suoi foulard multicolori sulla spiaggia, quindi l’autrice la presenta come colei che porta colore nella nostra vita.
Mi colpisce molto il significato che viene dato ai colori, non solo bianco e nero che di per sé sono colori assoluti e contrapposti, estremi che possono trasmettere incomunicabilità e orgoglio.
Nel racconto “Io e Girandola” viceversa, il bianco e il nero si mescolano ai colori accesi del giallo, del rosso e dell’arancione, perché la vita per essere gustata, deve essere vissuta con uno sguardo quasi fanciullesco capace di apprezzare le varietà dei colori e anche le loro sfumature».
Raffaella Sali
«Io e Girandola»
Ho incontrato “Girandola” in una di quelle spiagge affollate d’Agosto.
Camminava lenta, zigzagando a gimcana tra sdraio ed ombrelloni, ricoperta di foulard multicolore che si
rincorrevano nei soffi di vento.
Sulle spalle, avvinghiato come un piccolo orsetto, il suo cucciolo d’uomo. Una meraviglia d’ebano, dal viso d’angelo.
Lei altera ed elegante come una regina venuta da lontano, di quella classe che non necessita di trucco o abiti griffati.
La firma rara e preziosa che veste l’abito splendente e innato della semplicità.
“Girandola” racchiudeva in sé la forza dello sguardo e del silenzio.
Una venditrice discreta e tacita che con il suo arcobaleno di stoffe, roteava tra i giochi allegri dei bimbi, tra la civetteria delle adolescenti, nel chiasso cafone di telefonate gridate a cellulari di ultimissima generazione.
Musa delle impronte di sabbia, nel sentiero dei mondi più disparati.
E tutta la sua tempra la dimostrava ogni giorno ad ignorare sguardi infastiditi, sbuffi, imprecazioni. Ondate d’impazienza e intolleranza.
Un giorno il mio vicino si è scagliato contro di lei inveendo e insultandola perché passando aveva, inavvertitamente, urtato una pagina del suo adorato giornale.
«Allora!Non hai ancora finito di fare solchi su questa spiaggia?! Non se ne può più!!! Uno viene al mare per stare in pace ed è perseguitato da quelli come te, che vanno avanti e indietro dal mattino alla sera!!!...e ora mi hai pure rovinato il quotidiano!!!me lo ricompri!Hai capito??!!..me lo ricompri o io ti faccio arrestare!!!!…».
Mi sono alzata e sono andata all’edicola. Ho preso tutti i quotidiani del giorno (compresi i locali) per poi dirigermi, armata di carta stampata, alla sdraio di quell’individuo velenoso come il cianuro.
Ho sbattuto il pacco enorme sul suo lettino e ho preso Girandola per mano, trascinandola al bar della spiaggia.
Le ho chiesto cosa volesse da bere e ha risposto “acqua”.
Non cola, aranciata o altro… no. Acqua. Lei beve solo acqua, perché ha detto: «l’acqua è la cosa più preziosa che c’è».
E al suo piccolo un gelato.
Lui, ha sorriso e ha puntato il dito contro il vetro.
Poi, litigando con un’alfabeto ancora troppo complicato per la sua età, ha articolato: «ato anco». Gelato bianco.
Ho spiegato a Girandola che quell’uomo a fianco è così con tutti. Urla ai bambini quando scappa una pallonata, urla agli animatori che invitano la gente al microfono per i balli di gruppo o i tornei, urla contro il mondo perché semplicemente il mondo non si accorge di lui.
Le ho raccontato che, da quando l’ho vista, le ho dato il soprannome di “Girandola” e non perché fa folklore, ma perché c’è bisogno di colore e lei lo sa offrire, senza neppure accorgersene!
È scoppiata in una fragorosa risata e ha domandato: «Quale colore? Il mio o il tuo? Se dici nero al tuo bambino indica me. Se dici bianco al mio bambino, indica un gelato!».
Sono rimasta spiazzata. Dalla sua schiettezza, da quel pensiero acuto, da un’intelligenza emotiva che non si impara sui banchi di scuola, ma per le vie del mondo.
Ho alzato la testa e l’ho guardata dritto in quei due occhi caldi e buoni, come castagne d’ottobre e ho risposto: «Di tutti amica! La vita, l’universo, la terra, ha bisogno di differenze!!
Come il gelato… che può essere buono o cattivo, di tutte le tinte!!!».
Questa volta sono stata io a spiazzare lei. Ha preso due foulard, uno per me ed uno per la mia bimba. Ha scelto quelli più accesi, più decorati, più luminosi e li ha appoggiati alle mie spalle, come un manto principesco.
La mattina seguente sono rientrata in città e della regina della sabbia, mi sono rimaste due stoffe dal valore inestimabile e un ricordo indelebile.
Nelle giornate di nebbia di questa pianura umida, penso spesso a quell’episodio. Guardando dalla finestra il grigio che a volte ci circonda, estraggo dal cassetto quei teli variopinti che sono ormai i tappeti magici del mare lontano, del sole e della conoscenza.
Ecco, alla mia piccola Ely insegno ogni giorno che il nero può essere quello della pelle, ma anche il velo notturno trapuntato dagli astri, o il fantastico cioccolato fondente del quale entrambe siamo ghiotte!
Voglio che cresca capace di vedere a colori, perché la vita non è mai bianca o nera, ma un infinito di toni che si rincorrono svelti, nel soffio del tempo.
Un vortice incessante d’arcobaleno.
…Proprio come una Girandola!
Francesca Torresani