Genoveffa Pomina, Scrittrice, con il racconto «Sogni e parole… voli nell’azzurro» si è classificata quarta all’edizione 2008 del Premio Il Club dei Poeti. «Sogni e parole… voli nell’azzurro» Racconto di una vita… che importanza può avere una voce soffocata per anni nel nostro intimo piuttosto che dei foglietti scritti a volte pieni di correzioni, cancellature e quindi difficili da decifrare? Una vita vissuta o immaginata? Un canovaccio da cui dipanare un filo conduttore per fissare punti di riferimento o pensieri in cui ci si rende conto di quanto sia difficile raggiungere la vera profondità di un altro essere… Tutto resta dove esattamente? Nella realtà oppure sospesi in un’atmosfera irreale come deve provare un bimbo abbandonato che piange sulla riva di un oceano? Certo si troverebbe la pace se si riuscisse ad ascoltare la musica che lì risuona… una musica che pervade l’infinito… ma è anche un canto troppo nostalgico e struggente per essere accessibile, per acuirne le sensazioni e captarne le impalpabili sfumature. Questi toni esitanti, indecisi, ma anche mutevoli ci fanno passare da uno stato all’altro senza rendercene conto… un po’ come quel bimbo che ascoltando una fiaba si avvia dolcemente verso il sonno. Essere liberi dai ricordi non potrebbe essere l’inizio di una nuova vita, o la fine di un’altra? Troppo spesso fluttuiamo ancora nelle zone di rimpianto o nostalgia, ma se appena ci insinuiamo dentro queste notiamo che nulla è mai concluso perché la vita continua a circolare nello spazio per superare i gradini del tempo così ciò che si è sempre desiderato è ricomposto in noi stessi… quindi ogni attesa può sembrare inutile… perché altrimenti si è stati quaggiù con i dolori e le pene? Può darsi che il miracolo accada, restituendoci un pezzo alla volta gli avvenimenti di un’esistenza e consentendo infine alla corrente di riunire le due parti separate. A volte capita di chiederci se ci siamo mai separati dalla persona che abbiamo amato di più... se ci siamo mai persi in quel lembo di terra… o se senza il nostro incontro non ci sarebbe stato destino. Ci sono anche moltissime cose che nessuno ci ha mai raccontato sulla morte e una delle più importanti è... quanto ci vuole perché le persone che hai amato muoiano nel tuo cuore? È un segreto ed è giusto che sia così, perché altrimenti chi è che vorrebbe legarsi a qualcuno sapendo quanto è difficile separarsene quando non c‘è più? Nel nostro cuore muore a poco a poco come una pianta che hai smesso di annaffiare… Quello che accadrà non potrà essere altrettanto reale di quanto effettivamente è successo? Forse sarebbe soltanto sufficiente mettersi sulla strada del ritorno quando si vorrà e dove si vorrà... Gli avvenimenti di una vita non sono soltanto rose e poesia ma il carattere delle persone che la vivono… conviene mantenere integra la memoria soprattutto man mano che le fila dei protagonisti per forza di cose, vanno assottigliandosi e la distanza del tempo tende ad offuscarne i ricordi. È uno stimolo a contribuire a formare un archivio, perché tutto il materiale quello che può apparire da solo insignificante o anche di minor rilievo, connesso ad un corpus acquista un valore rilevante… momenti che accompagnano sempre la nostra storia, quando le vicende nel concludersi assumono le caratteristiche di grandi svolte… Partiamo ma non sappiamo nemmeno bene dove possiamo arrivare… è un leit-motiv che lascia tanto spazio alle emozioni, alla narrazione dei sentimenti perché l’essere rimasti soli dipende soltanto da se stessi, fa sì che tutto un mondo di affetti e di lutti resti nel non detto e ci fa conoscere la misura dei silenzi per capire che il domani può essere ancora vissuto. Ciò che spinge le persone a fare o non fare è incomprensibile, ma l’esistenza stessa è sentimento, ragione, coscienza… (o irragionevolezza e incoscienza), è pura immaginazione o una realtà che patisce la sofferenza e il dolore… ma da sempre è un sentimento esaltante l’amore e la felicità. È impossibile nascondere il modo in cui compiamo le nostre azioni… possiamo cambiarne l’aspetto ma il nostro comportamento segue comunque la logica interiore e ciò che di conseguenza facciamo dipende da pulsioni psicologiche. Mi seggo accanto alla finestra… piove ancora e guardo la città... dal traffico si leva un rumore attutito dai vetri chiusi… è simile ad un gemito… sto diventando nostalgica pensando a quanto tempo della mia vita è passato e così ogni anno che passa relego in un passato confuso e poco comprensibile anche quest’anno con le sue burrasche o il cielo sereno, l’avvenire irraggiungibile e le rassegnazioni inaccettabili. Quando rivado con la memoria ad alcune immagini dalle tinte scolorite, penso che forse è uno sfondo creato soltanto dai sogni che fanno apparire blu il verde delle foglie e dà altre sfumature in risalto ad un sentimento riaffiorato… immagini di un volo fantasioso come soltanto in sogno si vola, o immagini di cadute libere come si cade tuffandosi in mare… ed è una strana sensazione come se un velo si levasse per scoprire le trame nascoste della mia vita… come se il mio carapace che funzionava a meraviglia come armatura stagna contro le vecchie angosce, finalmente fosse andato in mille pezzettini! Questa pace notturna mi fa pensare alla transizione fra la mia vita di prima… ai dolci posti di tutte le estati, ai climi in cui turbinavano tempeste di colori, profumi, luci, che dai loro luoghi nascosti ora scaturiscono dall’ombra attraverso le bufere in cui sono passati con una arrendevolezza nuova come un nuotatore stanco che tocca terra! Racconto di un secondo della mia giornata, di giorni che spariscono veloci dal calendario… dei momenti di terrore in cui mi trovo di fronte alle lancette dell’orologio del tempo che inspiegabilmente continuano a funzionare. Qualsiasi cosa ci faccia commuovere e a volte ridurci in lacrime, non è quello che fanno cinquant’anni di perdite o di rimpianti… per spremere lacrime dagli occhi serve qualcosa che è appena accaduto o è stato appena ricordato o visto. Così oggi conosco appieno il significato della parola “sola”... perfino la parola “sola” è troppo debole perché non è certamente la banale solitudine di un giorno in casa mia… un pasto decente, un buon libro, un po’ di tv… a questa solitudine pongo rimedio con una telefonata, due passi, la semplice attesa del giorno seguente. Sento la mancanza dei soliti rumori di una casa… mi mancano le persone che ne facevano parte e che mi fanno ricordare chi ero e chi sono… mi manchi forse in tutto e per tutto tu! E poi i figli non dovrebbero essere una gratificazione… vite che riempiono i vuoti della tua vita? Persone un poco più presenti? Le mie figlie per quanto persone affettuose e (forse) amorevoli, spesso dimenticano questo… arriva una telefonata a volte ogni cinque o sei giorni e la loro presenza si limita a pochissime volte… Da un cassetto di un vecchio mobile in soffitta trovo un fotografia di mio padre e mia madre… guardo mia mamma alla quale ho voluto un mondo di bene… la guardo e la ricordo piangente quando dopo un’ennesima mattana di mio padre (ad una sciocchezza qualsiasi dava “di matto” e spaccava tutto quanto) diceva a me e mia sorella… fate le brave altrimenti papà si arrabbia di più... erano periodi in cui avevo un grandissimo terrore di quelle scene ma ubbidivo alla mamma… fai la brava per quelli a cui vuoi bene. Volevo bene anche a papà, ma forse era “il dovere dell’amore”. Non gli volevo bene in quei momenti e il mio desiderio più grande era… (ecco ora finalmente lo dico… ma questo vorrei che non si leggesse… anzi non vorrei proprio leggerlo io)... ti prego Gesù fa che papà non torni più a casa… So che bisognerebbe separarsi al più presto da questi ricordi… poi col tempo ho dimenticato soprattutto quando papà invecchiando si è un poco ammorbidito. Contatore visite dal 23-02-2009: 10786. |
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