L'epistemica, il nulla e l'arte

di

Giacinto Plescia


Giacinto Plescia - L'epistemica, il nulla e l'arte
Collana "Koiné" - I libri di Religione, Filosofia, Sociologia, Psicologia, Esoterismo
14x20,5 - pp. 60 - Euro 7,00
ISBN 978-88-6037-8804

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“Aymard, successore di Braudel, propone di fare i conti con la scienza, di partire da matematica e teorie del caos; si orienta verso rappresentazioni non lineari del tempo e l’analisi delle società in termini di sistemi dinamici. Le analisi della disseminazione, della biforcazione, della complessità o dell’analisi stocastica invitano a rimettere in discussione certezze e teorie; avrebbero affascinato lo stesso Braudel che cercava di individuare i possibili contatti tra vari settori di ricerca.
Il presente saggio intende partire da questo suggerimento, anche sulla scia di un precedente testo “Ontologia della Physis” in cui “l’attrattore strano” ed i “numeri immaginari” erano apparsi utili strumenti interpretativi , pur nella consapevolezza che è solo un primo abbozzo e che necessita del vaglio dalla comunità scientifica. L’esistenza di alcuni paradigmi pare siano presenti, sottotraccia, in alcune pagine, lette e commentate dall’autore, di Parmenide, Pitagora, Eraclito, Platone, Aristotele, Plotino, Agostino, Leibniz e Newton.
Per Petitot il significato epistemologico della teoria di Thom è compatibile con il kantismo: la Critica della ragion pura insiste sul carattere costitutivo di conoscenza scientifica della geometria e della matematica, cioè, in linguaggio kantiano, sul fatto che la matematica è fatta di Giudizi sintetici a priori.
L’analisi procede coi rapporti tra il nulla e l’arte, per soffermarsi sui fondamenti della ragione ed i temi connessi a Verità e Teoria, affronta poi il significato della dynamis ed il problema del Tempo per chiudere con Gödel. Il nulla viene posto in relazione alla morfogenesi thomiana e non solo ai suoi rapporti con l’epistemica bensì all’arte con suggestivi intrecci, collegamenti e salti storico-temporali. Isteresi, pregnanza, salienza, singolarità, morfogenesi sono utensili validi per le scienze, la filosofia, e per l’estetica. Il testo è una rielaborazione di tesine per gli esami con i Proff. Givone, Lanfredini, Galluzzi e Dalla Chiara; l’autore integra i precedenti lavori con nuove riflessioni ed interpretazioni ed accenna ad una nuova terminologia. Il lettore individuerà altri topoi e potrà stabilire la fondatezza dell’argomentare.

G. Camilla Iannacci


INTRODUZIONE

Quando si guarda l’opera d’arte si è di fronte ad un Ab-grund, un Abisso quindi ad un non-Ente, al Niente, al Nulla.
Ciò comporta non solo paura, timore, piacere, dispiacere ma, come dice Heidegger, il senso dell’Angoscia.
Perché di fronte al Sublime è assentemente presente il Nulla, il non-Fondamento.
Il bello si svela solo nell’infinito o nell’abisso.
La lettura delle storie del nulla gettano, nel pensiero della mondità, l’eventuarsi dell’abissalità. Lo sfondo abissale, presente in Nietzsche, viene ripreso da Grassi e Pareyson.
L’interpretazione dell’estetica kantiana, presente nella narrativa e nei testi di alcuni autori, dispiega il tema dell’abissalità: si è in presenza di una singolarità interpretativa, si delinea una Gestell dell’Opera d’Arte sul sentiero di un’analitica dell’esserci, per un’analitica della bellezza e del sublime.
Il kantismo, per Petitot, è compatibile col significato epistemologico della teoria di Thom: la Critica della ragion pura insiste sul carattere costitutivo di conoscenza scientifica della geometria e della matematica; cioè, in linguaggio kantiano, la matematica è fatta di Giudizi sintetici a priori.
La dinamica non lineare, da Poincaré a Thom, ha stabilito che le traiettorie nello spazio geometrico sono strutturalmente stabili solo per un certo intervallo; fuori da quel intervallo si salta su traiettorie diverse con una transizione rapida (biforcazione) e, a volte, discontinua (catastrofe).
In Aristotele la metabolè (dal greco: cambiamento, rovesciamento, catastrofe inattesa) non è forse la transizione fra stati relativamente stabili?
È il momento culminante della struttura della tragedia ed è collegata alla catarsi, che è, a sua volta un cambiamento di stato dello spettatore.
I modelli scientifici della fisica, per Thom, non sono in grado di spiegare il comportamento dei fenomeni di morfogenesi, di produzione delle forme mentre i modelli catastrofici forniscono intelligibilità a fenomeni apparentemente molto diversi tra loro. La morfogenesi si occupa di studiare tali processi e i cambiamenti di forma vengono denominati catastrofi, punti critici o singolari, le singolarità: centri organizzatori della catastrofe.
In biologia si introducono sistemi di analisi e previsione morfofilogenetiche. Il Problema centrale della biologia è la problematica della forma, della morfogenesi da Goethe a Geoffroy-Saint-Hilaire a d’Arcy Thompson.
L’arte ha lavorato sull’idea di creazione prima della biologia. Una dimensione metamorfica, dinamica, plastica, è presente all’inizio del novecento nell’arte: si pensi ad espressionismo e futurismo.
La teoria delle catastrofi, i concetti thomiani: isteresi, pregnanza, salienza, singolarità, lo studio dei processi morfogenetici, della stabilità strutturale e del passaggio, catastrofe, ad altri stati strutturalmente stabili, si mostra ricca di interessanti conseguenze scientifiche e filosofiche segnatamente nel campo dell’estetica.
Il soggetto conoscente è in una relazione complessa con ciò che osserva: osservatore e oggetto osservato sono inscindibili. Si conoscono non elementi separati dal contesto, ma configurazioni e rapporti dinamici tra elementi.
L’immagine retinica dell’oggetto percepito varia in continuazione, tuttavia esso viene percepito come lo stesso oggetto finché le sue variazioni non lo perturbano troppo: si è di fronte al problema della stabilità strutturale e del cambiamento catastrofico.
Il dato di osservazione è dotato di una struttura e di un’organizzazione, le pregnanze che l’uomo, grazie alla sua capacità di modellizzare, giunge a rappresentarsi.
La realtà è un organismo, un nodo di relazioni dal comportamento disordinato, non prevedibile: l’indeterminazione è costitutiva del divenire.
Dopo la fisica dello spazio curvo (Einstein), il principio di indeterminazione (Heisenberg) e la morfologia del vivente (d’Arcy Thompson) la forma non appare come un dato ma come l’esito di metamorfosi regolate da leggi geometrico-topologiche.
Per Heisenberg, in fisica, per “vedere” un micro-oggetto dobbiamo agire su di esso con strumenti che modificano le condizioni del sistema.
Le forme hanno una loro dinamica ed accanto ai domini di stabilità si osservano situazioni nelle quali piccole modifiche provocano grandi cambiamenti; allora emerge una nuova forma, si produce una catastrofe, un nuovo livello di stabilità strutturale del fenomeno.
Le teorie della fisica, della geometria, della sociologia, dell’economia, della matematica e della biologia sono rette da epistemologie instabili e fluide.
Le geometrie non euclidee si interessano delle trasformazioni, la geometria assume il compito di trovare leggi metamorfiche.
Per la teoria delle stringhe, oltre agli elettroni e ai quark, c’è un altro livello di struttura, un piccolo filamento di energia vibrante; questi filamenti vengono “piegati”, arrotolati, in una configurazione descrivibile attraverso una geometria dei nodi o dei nastri.
I modelli complessi studiano il carattere dei sistemi autopoietici, dissipativi, instabili e in trasformazione. Il paradigma della complessità contrappone alle traiettorie lineari della fisica classica, forme inaspettate e fenomeni di cui non possiamo prevedere l’evoluzione a partire dalle condizioni iniziali: da qui è possibile tracciare percorsi nuovi per un viaggio nell’episte- mica, nel nulla e nell’arte.


L'epistemica, il nulla e l'arte

Cap. 1

L’ EPISTEMICA, L’OPERA D’ARTE
E L’INTERPRETANZA
ERMENEUTICA-INTENZIONALE

Il Sentiero Interrotto dell’Ontologia dell’Opera d’Arte ci conduce all’ascolto dell’Intermittenza Poetante dell’Opera d’Arte nel corso della Temporalità Immaginaria.
Il Sentiero, il Metodo, la Seynweg condurranno l’Ontologia dell’Opera d’Arte verso la Radura, sgombra, libera dalle scorie della Volontà di Potenza, della Techne, dell’Imperativo categorico, dell’Epistemica Tecnica vittima del Pensiero calcolante, imitante, mimetico.
L’Ontologia dell’essenza dell’Essere Poetante dà senso e dà alla luce la Physis, non la imita o la modella o la ricorda, ma la dis-vela.
La sua origine e singolarità, non dispiega la sua pregnanza oltre la soglia del Pensiero Poetante che contempla l’Opera d’Arte o la interpreta infinitamente nella Temporalità Kairoslogica piuttosto che Cronologica.
La Mimesis, quale apprensività attraverso lo sguardo, cattura con la vista l’Essere che si dis-vela nella sua Physis.
È la Mimesis del dis-velarsi dell’Essere Poetante o l’Ontologia dell’Icona della Physis, quale Ontologia dell’Icona dell’Essere nel mondo o l’Ontologia della Temporalità della Physis che si dis-vela quale spazialità immaginaria ove s’eventua quale Opera d’Arte Immaginaria.
L’Intermittenza dell’Inter-Agenza dell’Inter-Essere, assentemente presente o presentemente assente nell’Ontologia classica o Poetante, abitò già nell’origine la Techne quale Opera d’Arte prima dell’evento della Tecnica, quale Arte prima d’essere opera tecnologica dell’Arte sia nella progettualità che nella Poetica; sia nella Gestell che nella Morfogenesi della Configura-zione Iconica o Immaginante.
L’Ontologia dell’Opera d’Arte si dis-velò, assentemente presente, anche nella Mathesis trasfigurante l’Arte in Techne.

Le configurazioni del Sapere Epistemico e le Ontologie Ermeneutiche, si sono concentrate solo sull’Ontica, sulle entità narrate.
L’Interpretanza Ermeneutica ed Intenzionale non si cura di offrire una Fondatezza alla Nuova Epistemica, alla Physis Immaginaria, alla Temporalità Ontologica; men che mai dà fondamenta alla struttura ontologica dell’Opera d’Arte.
L’Ontologia classica ha eluso la Fondatezza non matematica della Mathesis, la Fondatezza non logica del Logos, quella non mitica del Mithos, la non epistemica della Episteme, la non tecnica della Techne, la Fondatezza non seriale dell’Opera d’Arte.

È utile intraprendere perciò il Sentiero Interrotto dell’Ontologia dell’Opera d’Arte e gli studi e le ricerche dell’Ontologia dell’Opera d’Arte.
Per raggiungere i Sentieri Interrotti quindi la Fondatezza non tecnica della Techne e il Fondamento non epistemico dell’Epistemica, la Physis dell’Opera d’Arte si dovrà eventuare nella struttura ontologica dell’Essere animato.
La ricerca filosofica della Nuova Ontologia dell’Opera d’Arte avrà, quale priorità, la libertà dell’Essere Poetante nella Mondità e nella Physis Poetante.
Meglio: nell’Ontologia della Techne ovvero nell’Ontologia dell’Opera d’Arte, quale Opera d’Arte prima dell’evento della Tecnica, quale Arte prima d’essere opera tecnologica dell’Arte.
Il luogo ove storicamente quegli eventi si evidenziano è la Gestell dell’Opera d’Arte quale Episteme dell’“Essere alla mano”, del saper fare poetico.
L’Ontologia dell’Opera d’Arte dis-velerà un Sentiero Ininterrotto attraversante sia la Mathesis Topologica, sia la Techne Epistemica, sia l’Episteme abbandonata dall’Ontologia classica al Nihilismo senza orizzonte, senso e salvezza.
Purtroppo per gli artefici dell’oblio dell’Ontologia dell’Opera d’Arte, quella presenza si dispiega anche nelle Fondamenta del Pensiero Calcolante, della Techne e nella Decostruzione Ermeneutica e, fin’anche, nell’Ontologia classica.

Nel suo discoprirsi, l’Ontologia dell’Arte lascia, invece, l’Essere libero in tutti i campi del sapere.
L’Ontologia dell’Opera d’Arte discopre la Fondatezza della Differenza Ontologica, presente sia nell’Essere che nell’Esserci delle Entità, prima che esse vengano comprese dalle Epistemiche della Mondità.
Le Epistemiche Mondane gettano l’oblio solo per comprendere la verità dell’Ente.

L’Opera d’Arte non sarà mai solo l’Entità Epistemica infinitamente interpretabile secondo l’Ermeneutica narrativa, ma discopre, sempre presente, la Differenza Ontologica dell’Essere.
La Verità dell’Essere soggiorna nel corso nell’Immagine dell’Opera d’Arte e si dis-vela solo nella Kairoslogia, quale Singolarità Ontologica che si di-
svela dal Nulla, dal suo essere sempre il non-Ente, senza essere mai il Niente.
L’Essere-Opera-d’Arte sarà così libera dalle Entità e dal Niente, per essere solo opera, senza Tecnica né Epistemica.
La Differenza Ontologica lascia all’Epistemica la Destinanza delle Entità Mondane e custodisce l’Aletheia della Physis dell’Essere quale Templarità Iconica della Topologia Ontologica dell’Essere.
È questa la Differenza Ontologica della Temporalità e Templaticità dell’Opera-d’Arte.
Qui si discopre la Differenza anche nell’opera fatta a mano, immagine o suono o voce che sia.
Il manufatto dell’Esserci si adegua alla Temporalità delle Entità Mondane senza discoprire l’Ontologia della Physis.
L’Arte per Esserci o l’Arte-per-la-Mondanità privilegia sempre e comunque l’Ontologia del presente e si adegua alla Verità Epistemica del Mondo.

Si comprende l’originalità dell’Opera d’Arte: la sua Destinanza Ontologica non subisce mai la “Dettattura” Epistemica dell’Essere dell’Ente.
Quella eventualità può essere tangente alla Techne ma mai decostruire l’Essere-Arte.
L’Ontologia dell’Opera-d’Arte non sarà mai una semplice estetica dell’Esserci giacché i sensi sono dispiegamenti dell’Esserci e possono solo percepire le Entità Ontiche.
L’Epistemica o l’Ermeneutica si adeguano alle Verità, la Verità dell’Opera-d’Arte dis-vela l’Essere delle entità e non solo.
C’è una Differenza Ontologica nell’Ontica della Verità: c’è una Verità Epistemica fondata sui modelli della Mathesis ed una Verità Ermeneutica narrativa.
L’Esser-Arte, invece, eventua l’Aletheia Ontologica quale messa in opera dell’Essere nell’Opera-d’Arte.
Solo la Verità messa in opera dall’Opera-d’Arte, discopre sia l’Ermeneutica sia l’Epistemica Ontologica dell’Essere-Arte dell’Essere.
Mai la Verità tramonta, è sempre presente nell’Opera-d’Arte, nella Werk-Setzen al di là della storia e delle Entità Clonate della Techne.
Come mai solo l’Opera-d’Arte riesce a trascendere il corso della storia o della Temporalità?
L’Essere-in-opera lascia libertà d’essere all’Arte ed al Mondo; lascia libero il Nichilismo della Tecnica di clonarsi: senza decostruirsi nella sua Gestell, nella sua struttura ontologica.
Anche quando il WerkSein si sottrae per lasciare libertà di dispiegamenti mondani alle Entità Epistemiche, abita dis-nascosto, assentemente presente, l’Esser-Arte.
Il suo essere dis-nascosto si eventua nel sottrarsi, nel Gettarsi oltre il Nichilismo della Techne Mondana, oltre il tramonto dei Paradigmi Epistemici ed Ermeneutici.
L’Esser-Arte dell’Abisso, dell’ab-Grund, eventua l’Icona della Radura Ontologica quale Ontopia dell’Essere indecidibile, mai completamente interpretabile, né epistemicamente fondabile nelle Categorie Imperative della Techne o della Ermeneutica.

Solo la messa in opera dell’Essere dell’Arte, consente al Musagete di accogliere l’ascolto dell’Opera d’Arte.
Solo il Musagete dis-vela il mistero o l’enigma dell’Opera-d’Arte.
Quando si legge o si ascolta una poesia, quando si contempla una immagine, quando l’inaudito aleggia dal talento del Musagete è all’opera la verità dis-nascosta della dis-in-veratezza dell’Esser-Arte.
In origine ci fu un’Ontotopia della Gestell ove si eventuò l’Epistemica e l’Ermeneutica Ontologica mai scomparsa nei dispiegamenti dell’“Essere-Creata” dall’Arte, anzi lì custodita dalle incursioni della Volontà di Potenza dell’Epistemica Ontologica.
Quella presenza impera e sottrae, nel corso del tempo, l’Ontopoietica Epistemica per attuare la Morfogenesi della Tecnica, dell’artigianato, del saper fare mondano e clonante.
Solo così l’Epistemica e l’Ermeneutica si dispiegano quali immagini della storia della Mondità.
Quel Evento inaugura l’Oblio dell’ “Essere-Creata” dall’Essere quale Opera-d’Arte dell’Essere, per essere solo Opera-d’Arte della Techne, prima, e della Tecnica artigiana poi.
È l’Oblio dell’“Essere-Creata” dall’Essere-Opera d’Arte che si dà quale Fondatezza della Techne Epistemica e tutt’ora impera.
Ma l’ “Essere-Creata” dall’Essere non scompare totalmente: si oblia nella Techne Epistemica per eventuarsi nell’Ontologia-Epistemica-Ermeneutica dell’Esser-Opera d’Arte.
Si eventua una nuova Differenza, all’interno della Ontologia dell’Essere, forse epigenica della messa in Opera dell’Essere-Arte e dispiegante la sua Gestell anche nella Techne Epistemica o Ermeneutica.
La messa in opera della Verità getta le Fondamenta della messa-in-opera della Destinanza dell’Essere, quale Sentiero Ininterrotto dell’Essere che crea la Gestell e la Gegenstand ma anche la Physis del Grund e dell’ab-Grund.
Per l’Epistemica classica e per l’Ermeneutica, quella Destinanza appare come se fosse un non-Evento.
L’Essere-Opera-d’Arte si dis-installa proprio quando si eventua giacché si sottrae all’Ontocronia del dicibile epistemico, ermeneutico, ontico, onto-poietico: si dà alla Physis quale opera non più della Physis.
La Differenza Ontologica nell’Episteme discoprì l’Eristica Epistemica o l’Isteresi epistemologica della loro Destinanza.
L’una si svelò quale erranza dell’altra, l’una gettò nell’oblio l’altra.
L’arte si eventuò quale essere erranza dell’Episteme-Techne e l’Epistemica si discoprì quale erranza dell’Esserci del musagete.
Si disvelò così l’erranza dell’Essere nell’Essere-Opera-d’Arte e l’oblio dell’Essere nella Techne-Epistemica.

Solo così l’Essere non è più una delle tante storie del Nulla o del Niente o del non-Ente, come ci hanno tramandato gli epistemici, ma si dis-vela quale storia in essere dell’Essere-Creata dall’Essere, o dell’immaginario dell’Essere quale Ontologia o Ontoepistemica Immaginaria.

Nel creare-opere-d’arte, l’Essere libera, dalle Entità-Techne, l’icona della disvelatezza dell’Aletheia della Physis-in-Essere prima d’essere criptata nell’Ente o nel non-Ente, o nel Niente o nel nulla o nell’epistemica mondana.
L’Essere-Arte è l’accadere dell’Essere-Aletheia, comprensibile solo con l’ontologia-epistemica giacché l’Episteme-Techne si è indirizzata verso l’adeguatezza dell’Ontica.
L’Opera-d’Arte si comprende e ci comprende: è l’Ontoepistemica dell’immagine che si discopre giacché l’Episteme-Techne ha gettato l’oblio sulla loro ontogenesi per lasciare affermare la comprensione della volontà di potenza imperativa, degli ideali epistemici, della morfologia delle entità mondane.
L’Ontoepistemica non si svelò mai nel pensiero e nell’ontologia classici, men che mai nell’Epistemologia ermeneutica, giacché si è sempre conservata criptata e custodita nell’essere dell’Opera-d’Arte.
Solo con l’eventuarsi del pensiero poetante si consentì all’Ontoepistemica d’essere compresa anche dall’Esserci-pensante oltre che dal musagete poetante.
Fin’ora il disoblio dell’Ontoepisteme non ha ancora consentito nessuna meta-Epistemologica-Ermeneutica giacché la comprensione dell’Essere-Opera-d’Arte non si lascia irretire nel fondamentalismo metafisico epistemologico-ermeneutico.
È possibile che la meta-Epistemica consenta la messa in opera di un nuovo meta-paradigma epistemico-ermeneutico.
Si pensa alla nuova forma ontodinamica dell’ontoimagine, anche nella sua essenza frattale o infinitesima-infinita-asintotica prossima alla quantica kronotopia plancklana.
Forse da lì potrà sorgere una nuova meta-Epistemica della Techne, tale da consentire l’emergere di un meta-paradigma aldilà della classica Metafisica-Ermeneutica-Epistemica.
Un evento, però, ancora ancorato al pensiero dell’Essere.

Il musagete comprende poeticamente, dis-epistemicamente: mai cerca di affermare o imporre un meta-paradigma per la comprensione della physis e della mathesis.
C’è un’ontosonanza e un ontovisione che si eventua alla presenza ontoepistemica del musagete.
L’ontovisione dell’essere è la visione ontologica dell’Esser-Arte, la risonanza ontologica dell’aletheia dell’essere compresa solo dall’ontorisonanza del musagete.
L’Epistemica o l’Ontica negano l’evidenza di quella comprensione, l’esistenza dell’ontovisione e ontosonanza, giacché, per loro, l’unica visione possibile è quella della mondità.
Né il pensiero classico, né l’ontologia classica heideggeriana hanno disvelato quell’oblio, né la Meta-epistemologia quantica o frattale, probabilmente egemone nel futuro, dispiegherà.
Si è già oltre l’Epistemologia classica grazie alla presenza del meta-paradigma della physis quantica del vuoto immaginario, morfogenesi della Mathesis negativa o immaginaria, quale possibile paradigma della Meta-Epistemica Futura.

Per raggiungere i Sentieri Interrotti della Physis Poetante dell’Opera-d’Arte, quindi la Fondatezza non tecnica della Techne e il Fondamento non epistemico dell’Epistemica è inevitabile procedere ad un rinvenimento di alcune tracce: il concetto di dynamis che attraversa il pensiero da Eraclito ad Agostino soffermandosi su Aristotele, su Leibniz e le geometrie non euclidee e i “numeri immaginari” di Hawking.
Non è più sufficiente solo una fondazione imperativa, categorica;è necessario partire da Gödel e Thom e intraprendere un nuovo cammino.

[continua]

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