L'agave non sa

di

Gianni Fassina


Gianni Fassina - L'agave non sa
Collana "I Gigli" - I libri di Poesia
12x17 - pp. 32 - Euro 4,20
ISBN 88-8356-759-5

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Prefazione

L’agave non sa di Gianni Fassina è una breve raccolta di poesie che fanno della loro sinteticità, pochi versi per ogni componimento, la loro forza d’impatto. La volontà è quella di fissare, in modo immediato e fedele, le immagini che vengono alla mente, di creare cadenze che esprimano in poche parole un travaglio, un amore, una inutile attesa.
Ecco allora il tono perentorio di alcuni versi pescatori alzano reti/sembrano apostoli o ancora voglia d’autunno/in questo meriggio/di fine estate fino alla poesia che offre il titolo all’intera raccolta l’agave non sa/che fiorire/vuol dire morire.
Le vuote conchiglie nascondono chissà cosa e tutto si sviluppa in una sorta di arabeschi magici assiduamente ricercati in questa nostra vita sempre sospesa in una bolla incantata: gli sguardi sono quelli di donne e uomini estranei, dispersi in giornate impastate di nebbia, i profumi dell’esistenza son quelli di fiori sconosciuti, le emozioni quasi impalpabili, i pensieri dispersi in atmosfere rarefatte, in mattinate fatte di niente, assediati dalla noia.
Amara illusione è allora pensare di rivivere le dolci giornate primaverili dovendo fare i conti con l’eterno gioco del tempo che rende polverose le strade, sgretolando ogni sicurezza, spegnendo i ricordi in tramonti grigi di pioggia fino a dire il mio destino è il buio della notte.
Dolente e disincantato, il poeta percorre le vie deserte, e nella sua condizione c‘è tutta l’intensità del suo sentire: l’attesa d’un cambiamento, l’aspettativa di rinnovati infuocati pensieri, di nuove forme di un’esistenza.
La vita è come un campo arato di fresco dal quale affiorano i reperti preziosi da custodire per il domani perchè ora egli vive come una lepre inseguita/ che non ha tempo/di godere le bellezze ed è un solitario naufrago rannicchiato sotto una coperta di sabbia.
Siamo al cospetto di un mondo dove regnano l’inutile attesa, l’incanto nella propria immaginazione, l’attuale triste e malinconica realtà: tutto fa smarrire in una immobilità che diventa visione dilatata, fredda constatazione dell’umano vivere in un miscuglio di visionarietà, di suggestioni poetiche e di inquietanti paesaggi dell’anima. I versi di Gianni Fassina seguono queste urgenze di chiarificazione interiore e, come uomo silente e naufrago moderno, sente il bisogno di rivedere orizzonti infuocati, di ritrovare un nuovo spazio poetico per riversarvi ritrovate emozioni e farvi confluire ciò che merita di continuare ad esistere.

Massimo Barile


L'agave non sa


Alba

Orizzonte infuocato
ti bruci a toccarlo
mezzo sole rosso
come Lazzaro resuscita dalle tenebre
nuvola nera a destra
mare piatto
senza respiro
gabbiani di pietra sugli scogli
pescatori alzano reti
sembrano apostoli
ecco la bellezza… ho pensato
per godermela
stamattina
come un naufrago
mi sono rannicchiato
sotto una coperta di sabbia


Febbraio

Mese nanerottolo
ritorni con la tua aria
da bambino mai cresciuto
vestito da carnevale

nel tuo cappello porti
brinate d’argento
pettirossi infreddoliti
all’alba

il mare di carta stagnola
rimpiange
gli schiamazzi dei bambini
d’estate


Nell’aria

Nell’aria
di questa domenica di marzo
ti sento in cammino
dolce ragazza

sbrigati!

le profumate viole di campo
i bianchi giacinti
sono già fioriti
senza aspettarti

sbrigati dolce primavera


Primo maggio

Niente vento?
Nessuna pecorella in cielo?
Il mare riccio?

Furtivo come un ladro
sei già qui!
Vecchio ragazzo
con i coriandoli
fra i capelli

sei cambiato
non ti riconosco!

Forse solo
ortolani cinciallegre cardellini
ricordano com’eri un tempo

ventoso
capriccioso


L’agave non sa

Nella sabbia
vuota conchiglia
forse vi abita
un piccolo genio

gabbiani indifferenti
attendono l’alba
sugli scogli
(minuscole isole)

arabeschi magici
sull’acqua color cobalto
appaiono
per il riflettersi della pineta

ma il mare
non fa eco
al canto degli uccelli
che abitano i pini

l’agave
non sa
che fiorire
vuol dir morire


Stagioni

Bava di vento

giocano gattini di strada
con le foglie del platano
ingiallite

è inquieto
il mare crespo
lontano

voglia d’autunno
in questo meriggio
di fine estate


Mattinata

Mattinata fatta di vento

nuvole alte bellissime
giocano a rincorrersi

miagolii
di gatti di strada
in amore

sigarette riempiono
la stanza
di fumo
che tiene
compagnia
alla noia

mattinata
fatta
di niente


Cimitero di montagna

Caldo
meriggio
d’estate

quiete
fra i rami dei castagni

profumi di fiori sconosciuti

amoreggiare di farfalle
che si inseguono
come pesci in un acquario

la vita sospesa
in una bolla incantata…

sguardi di uomini e donne ignoti
forse antichi amanti
ci fissano dal passato

indichi una lapide
“mio padre” sussurri

in questo sguardo austero
invano cerco
una somiglianza
nel tuo viso accaldato


Passeggiata nel bosco

Riccio di castagna
ti sfioro appena
al bosco
una goccia di sangue
dono

ritorno bambino…

fruscii veloci
di folletti
nei cespugli di timo

parlottare di gnomi dispettosi
sotto i sassi
del ruscelletto

tronchi di alberi
scavati dal fulmine
misteriosi anfratti
abitati da streghe

emozioni impalpabili…

indifferenti ridete


Lontananze

Immobile
nel tepore della cucina
seduto al tavolo.
Quotidiano spiegazzato
volto di attrice sulla tua rivista
riflette la luce della lampada
creando garbugli dorati.
Distogli dalla tv il volto
mi guardi e sorridi
concluso è il rito serale
ti alzi e vai via
con i tuoi pensieri.
Ancora mezzo bicchiere di vino
avanzo della cena
che abbiamo consumato
poche ore fa in silenzio.
Sembrano anni.
Tutto quello che viviamo insieme
passa in un attimo
un breve ricordo
che il vento impetuoso
di questa notte d’autunno
disperde fra le case
bianche di luna.


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