Racconti di Giovanna Sartori


VERONICA E LA NUVOLA

Mi chiamo Veronica e sono vestita di verde ed azzurro. Vivo con la mia famiglia nella terra dove sono nata e mi piace parlare con le nuvole.
“Nuvola nuvoletta, lasciami salire e portami lontano.”
“Dove vuoi andare?”
“In Africa, da mio fratello, il bambino che si siede accanto a me a scuola, che gioca con me; dall’uomo che lavora sull’asfalto delle nostre strade ed ha abbandonato i colori caldi della sua terra.”
“E poi, dove vuoi andare?”
“Da quei ragazzi che scoprono il sapore di una vita meno faticosa, si sentono accolti e si mescolano e vivono nell’amicizia degli altri”
“Sei stanca Veronica? Vuoi riposarti?”
“Sì, nuvola cara… Amo la mia terra… ecco il mio albero, è stato piantato quando sono nata, ho percorso tutti i suoi rami, ho amato tutte le sue foglie, ho abbracciato il suo tronco e mi sono imbevuta della rugiada, della pioggia che lo ha bagnato, della tempesta che lo ha aggredito, del calore che lo ha avvolto. Sono io, Veronica… albero, lascia che prenda la tua linfa e mi nutra delle tue radici.”
E, protetta dal suo albero, Veronica cominciò a sognare…


VERONICA E IL CASTELLO

Un castello incantato tutto pinnacolato, è il luogo dove vivo. Per raggiungerlo seguo un sentiero di carta tutta colorata: scintillii di pietre preziose, quasi mani amorose di madri sapienti. Attorcigliate da serpenti e boe galleggianti su mari di diamanti. Boe indescrivibili per desideri impossibili. Mi chiamo Veronica e suono l’armonica. Sono vestita di verde e di azzurro e mi piace perdermi in un sussurro.
Castello incantato, cosa mi hai portato?
Uno zoo zebrato che pascola in un grande prato.
E nessun amato?
Un giovane biondo dal volto rotondo.
Fammelo incontrare, mi lascerò amare.
Entra negli arabeschi delle mie porte, cammina lungo i corridoi, ti annoi? Fai un balzo un due tre, ecco il re.
Lasciati cullare da chi ti vuole amare.
Gira la nuvola: cogli una giuggiola e torna a sognare…


VERONICA E L’ISOLA

Isola chiara, luminosa ed impaziente per un fuoco divertente, Veronica è arrivata e con lei il re: un due tre. Un cavaliere vivido che non è più timido e arriva su un cavallo dai piedi di metallo. Pronta è la tenzone solleviamo il tendone: un nano ci rincorre fin sopra alla torre. Spade meditanti, figlie di giganti entranti.
Che cosa volete? Perché non rispondete? Forse non vi accorgete che è arrivato Talete?
Veronica è ammagliata da tutta questa armata ed è anche preoccupata per il suo re giovane e biondo dal volto rotondo. Ma ecco che di slancio si afferra ad un lampione, Dio ne è testimone, buttando a gambe all’aria tutta la marmaglia. Fischia roboante la folla incespicante, circonda Veronica che suona l’armonica, si veste di verde e di azzurro e va dove sai tu…
L’albero l’accoglie sotto le sue foglie.


VERONICA E FICO

Vento di frontiera periplami dolcemente, portami lontano nel paese che amo. Africa si chiama. Qui c’è un mio amico dolcemente fico. È abituato al deserto, al suo sole accattivante, all’oasi vivificante, al beduino errante;niente è più appagante di un amico divagante in un pensiero importante. Fico disegna cerchi di fuoco avvolgenti palme grondanti di rami fluttuanti. Si incontra con gli altri ragazzi e, insieme, percorrono strade fruscianti di sudore e fatica. Finalmente un piccolo lago salato, forse da qualcuno abbandonato,che si lascia conficcare dai loro sogni verniciati di luce. Affondano i loro corpi nel deserto mentre sguardi sorridenti di adolescenti li addentano .Incupisce la notte,ormai tutti dormono.
Veronica, ci sei? Dove ti sei nascosta?
Nuvola annuvolata, non ti ho abbandonata! In te mi sono nidiata.
Ora dove vuoi andare?
Nei campi a spigolare con tutti i miei nonni.
Corri, Veronica, corri, non lasciarti fermare: ecco il tuo albero, continua a sognare…


VERONICA E L’HIDALGO

Ed ecco, da distante, vedo un hidalgo entrante…
Nobili e dame io son Hidalgo, canuto argento, occhi avventurosi come due alligatori curiosi. A me i cavalieri migranti e i destrieri scalpitanti son pronto a lottare contro chiunque mi voglia fermare. Nuvola maledetta, grido vendetta! I tuoi cirri infingardi mi vorticano intorno, mi soffocano. Bastardi, è il momento di affrontarli …
Ed ecco, immantinente il vento di ponente. Avvitati sono i cirri in un gorgo imbarazzante…
Adelante, adelante tuona Hidalgo: deglutisce uno sbadiglio e scompare in un miglio!
Capretta, capretta, dolce nuvoletta beh, beeeeee…


VERONICA E LE MANI

Mani stregate di donne intrecciate in chiome fluenti dalle forme iridescenti. Verdi brillanti come sagome d’amanti, viola damascati in un velluto di prati, rosa birichini di visi di bambini, gialli immensi di girasoli dormienti, blu svergognati da neri ingiacchettati…Mari roteanti in spazi silenti, urlanti e sgomenti a nascondere passioni travolgenti di umani ardenti. Ed ecco silurante un petardo festante….son arrivati i maghi da lontani siti, acquietano le mani in una valle fatata, lì trovano Veronica addormentata. Sorgente ricorrente, nuvola luminescente culla Veronica e ammaglia la sua armonica…
VERONICA ADOLESCENTE
Frutti aulenti in sé convergenti, girovaghi mendaci di autunni che lasci. Eppure io ci sono a darti il mio dono. Un pozzo profondo intorno ad un girotondo, fasci di luce stanchi rincorrono le ninfe invisibili. Ed ecco tra le fronde un mulinio di onde trasformate in Veroniche arricciate. Caverne imbronciate da mille stilettate di argenti evanescenti, memorie ricorrenti di mille adolescenti. Le bocche increspate si distendono in sorrisi schivi. Niente è più evidente di un segnale impertinente.
Veronica arricciata, sei ancora corrucciata?
Nuvola amata mi sono appassionata a leggere le carte taroccate. Qui c’è il mio destino, voglio il mio albero vicino!!


VERONICA E IL DRAGO

Ricordo vagamente di un drago corpulento, tronfio e scattante su are cobalto. Viveva in un dirupo a contatto con un lupo. Mostri vaganti in mezzo a mendicanti mai conosciuti, iniziano un viaggio in archivi segreti di ricchi analfabeti. Il percorso è la biblioteca alquanto obsoleta: mondi, supermondi, ma sempre rotondi. Si avvicinano quieti a cuochi provetti pronti ad atterrare in nuvole di bambagia. Il drago dice olè,
il lupo alter ego è pieno di fuego. Tra i due spunta il giovane biondo dal volto rotondo che rapisce Veronica e in men che non si dica si improvvisa moto fischiante su muschio vellutante.


VERONICA E TODI

Cerchi mutanti in spiagge pregnanti di paesaggi umbri, dove tutto si confonde in magie profonde. Forze oscure in pietre dure ascoltano i lamenti di anime prudenti: strade di porfido romano parlano di un castellano dal cuore di menestrello. Un viluppo di sentieri si inarca in mille colline succulenti di frutti aulenti. Sentinelle verdiscenti amoreggiano tra roveri di papavero. Presto, scostati, stanno arrivando antichi armigeri torreggianti su vertigini emergenti.
Veronica, ci sei?
Nuvola sto girando con i cavalieri su pavimenti quadrettati di azzurro arabescati.
Smetti di sognare è ora di andare!
Eccomi arrivo, dico addio al mio destriero e agguanto l’ultimo cirro.


VERONICA E UNA CREATURA

Ho aperto una fessura caracreatura. Sei pioggia danzante girovagante sotto un tetto incarcerato in un dolore rifiutato. Occhieggio dietro un vetro nascosto, aspiro odore di mosto, di gelsomino scattante in una meraviglia incandescente che mi lascia perdente. Soffio di gigante, spazio armonico, un rincorrersi di suoni da cui esce Veronica e il suo giovane biondo dal volto rotondo. Visi rosati da baci strappati che gridano
Ancora! Voglio attraversare l’aurora, assaporare la tua voce, toglierti il gusto di corbezzolo per poi ritornare nel mio incavo di luna.
Veronica innamorata, Veronica avida di baci e di carezze che percorrono le sue trecce dorate, Veronica che va, ormai ognuno lo sa, a rinascere sotto le foglie di chi sempre l’accoglie.


SECONDA PARTE


VERONICA E IL LIBERTY

Viluppi di foglie nascenti su gigli dormienti. Uva, pavoni, fior di loto, essenze d’Oriente
da sempre amiche di giovani donne curiose, bramose di uscire da mondi fatati e castelli incantati.
Giardini lunari, evanescenti, stagni bagnati da girini giocosi, paladini di amori migranti, striscianti in percorsi di rose odorose. Vetri lavorati, colorati, spezzati e rinati. Veronica indossa i suoi colori verde e azzurro, diventa pittrice di terre plasmate da Tiffany, forme opalescenti che mai si ripetono che sfumano fluttuando in mondi sotterranei ancora inesplorati, fucine di abili artigiani.


VERONICA E LA SOFFERENZA DELLE BAMBINE CINESI

Fior di loto, piccoli passi aggrappati a gemiti soffocati, ti nascondi alla luce del giorno.Un principe ti svela i prodigi di migliaia di lupi cervieri, istriati di grigio e di nero. Un velo trasparente si alza a svelare i volti sorridenti di bimbe costrette a muti silenzi. Amazzoni circensi, voli di colombe intrecciati in volte a capriate, mai sarete dimenticate.


VERONICA E IL MARE

Mare roteante in spazi silenti urlanti e sgomenti, quasi frammenti di vetri scheggiati, quasi arrabbiati.
Blu asfissiante convergente in onde trasparenti, guizzanti di pesci meticci. Sapore di terra, di alghe salmastre migranti in rive bluastre di un mare in tempesta. Veronica alla finestra si lascia trasportare da nostalgie ricorrenti: la nuvola sorella, l’albero lontano la saluta con la mano.
Dove sei nuvola cara? Mi manchi.


VERONICA E IL MYAMAR

Echi di monaci buddisti fini intagliatori di mandra, oasi di scimmie sacre dall’odore acre, piedi di turisti stanchi straziati da pietre rovinate da anni di abbandono, umile suono di respiri affaticati di vecchi abbandonati. Templi indifferenti, maschere crudeli.
Eccomi, son tornata sulla nuvola alata, lancio il mio albero, attaccatevi alle foglie, sono porte verso mondi lontani. Echi birmani attraverseranno il mondo e si rispecchieranno nel giovane biondo dal volto rotondo.


VERONICA E IL NATALE

Pepole gigantesche come enormi fantesche urlanti tra fili colorati. Circuiti di cornioli rosso scenografico, agrifoglio, agro stemmi di argento e oro, urogalli flessuosi in boschi odorosi. E poi… abeti macchiati di neve, circospetti sul far della sera. Cala la notte, sembra un fiore brillante in un gioco che crea un vortice immenso in cui si perde Veronica suonando la sua armonica. Piedini di fata pronti a raggiungere quella piccola grotta di cielo azzurrato… solo un fiato di respiri animali. Veronica li circonda, si lascia avvolgere da una musica discreta… poi non ce la fa più e si lancia beata in grembo a Maria… e così sia.


VERONICA E IL FIOR DI LOTO

Loto bianco d’Egitto, papiro evanescente, avvolgente, silente in un sentiero ramato disegnato Dal fato. Cammino speziato in infradito sorridenti di tepori mischiati, gustosi di abbracci voluttuosi. Scendo il percorso antico profumato di nettare, di grano mielato, di coralli alberati su cui si arrampicano tartarughe lievi, inconsistenti.
Giochiamo a nascondino?
Facciamo la fuitina barbina?
Giochi bastardi di tanto tempo fa ormai perduti e dimenticati da chi non li ha vissuti, nuvola sorella
continuiamo il viaggio, coraggio.
Un due, tre, voglio giocare col re.

È un mondo di cavalieri erranti, mendicanti storie incantate, arabescate.
Mi avvolge, seguo mille sentieri percorsi da marionette piroettanti in battaglie inutili schiacciate da nodi inscindibili di territori contestati.
Ora lo so, niente è pregnante come l’odio dormiente.
Malinconicamente suono la mia armonica e solo ora ritorno ad essere la Veronica sognatrice.



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