Mia signora

di

Giovanni Dallàn


Giovanni Dallàn - Mia signora
Collana "I Salici" - I libri di Narrativa
14x20,5 - pp. 366 - Euro 16,00
ISBN 978-88-6587-8958

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In copertina «Red Beauty Knight» © lalilele13 – Fotolia.com


In un mondo e in un’epoca molto lontani dai nostri, una ragazza plebea prova a coronare il proprio sogno di diventare aristocratica attraverso una gloriosa affermazione nel mondo della cavalleria, ma il suo, anche in quanto donna, sarà un percorso assai difficile. Nel frattempo, un ministro e alcuni suoi illustrissimi amici tentano, mediante una serie di riforme che reputano innovative, di rendere più moderno e civile il regno in cui vivono, così come cercano di farlo diventare più ricco grazie all’allestimento di una spedizione che sembra avere i requisiti giusti per scoprire l’esistenza di quel possibile nuovo continente, il quale, in caso di conquista e di riuscito sfruttamento,varrebbe un’enorme fortuna, che potrebbe nascondersi al di là di un oceano mai oltrepassato da nessuno.


Mia signora


GIUSTO DUE PAROLE

In un imprecisato sistema solare di un’imprecisata galassia c’è un pianeta che si chiama Icarus. È un po’ più piccolo della Terra e ruota attorno ad una stella nana un po’ meno voluminosa del nostro sole, e ci sono solo altri sette pianeti a fargli compagnia. La sua storia è stata molto lunga e tormentata, come d’altronde quella della maggior parte dei corpi celesti, ma l’unica cosa che c’interessa veramente sapere è che in esso è presente la vita, che si basa, come sulla Terra, su tre elementi fondamentali: l’acqua, l’anidride carbonica e l’ossigeno libero. Fino a che punto siano stati casuali o voluti da un’entità superiore gli eventi che hanno portato alla sua generazione non è dato sapere. Ciò che conta è che il risultato è simile a quello che è stato ottenuto sul globo terrestre.
Orbene, in questo mondo l’evoluzione è stata complessivamente più rapida di quanto avvenuto nel nostro, grazie anche ad un minor numero di calamità naturali e di meteoriti caduti sulla sua superficie, e ha portato alla formazione di specie viventi meno numerose ma in compenso più resistenti, e quindi meno propense ad estinguersi. Inoltre, le risorse totali che esso offre sono distribuite in modo più equilibrato, in confronto a quanto è toccato in sorte a noi terrestri. Ad esempio, le aree desertiche, qui, sono meno diffuse e aride, così come ci sono picchi di calore meno frequenti e più contenuti, anche nelle zone equatoriali e tropicali. Ne consegue che le montagne sono più ricche di ghiacciai, e dunque, grazie anche ad una prevalenza di terreni argillosi, le sorgenti sono più generose. Rispetto alla Terra, però, la storia è giunta ad un livello complessivo più arretrato, perché Icarus si è formato circa mezzo miliardo di anni più tardi. Tuttavia, il prodotto finale, almeno fino a questo momento, di tutto il processo di proliferazione della vita in quest’angolo di universo è rappresentato da esseri umani molto simili a noi. Essi, però, presentano qualche piccola diversità.
Non nell’aspetto generale, perché in questo ne sono la riproduzione, dato che il loro DNA è quasi identico al nostro, bensì nella loro indole, che è tendenzialmente meno energica e capace di partorire idee geniali, ma in compenso è meno aggressiva e dotata sia di una maggiore capacità di autocontrollo sia di una più elevata percezione del senso della misura.
Le lotte e le guerre, sia per la sopravvivenza che per la supremazia, non sono certo mancate, nella storia della specie più evoluta di questo globo, anzi, sono state numerose e cruente. Ma di certo non così numerose e non agli stessi livelli di intollerabile ferocia che hanno caratterizzato le vicende della razza umana terrestre. Inoltre, grazie a quanto detto qualche riga più sopra, Icarus non è stato depredato in modo scellerato. Ecco perché la sua umanità, nonostante la storia che ci apprestiamo a raccontare inizi in un’epoca vagamente paragonabile a quella rinascimentale europea del nostro pianeta, appare, nell’insieme, più florida e serena della nostra, e quindi maggiormente speranzosa in un futuro non necessariamente ipertecnologico, ma probabilmente più ricco di pace, giustizia e prosperità. Riteniamo invece che, per favorire la comprensione di ciò che accadrà in questa storia, i lettori terrestri gradiranno da parte nostra l’uso di termini ad essi familiari che corrisponderanno a cose che loro ben conoscono ma che in questo mondo non sono esattamente uguali alle nostre.


CAPITOLO 1

Ebbene, la nostra storia inizia il 5 di settembre dell’anno 1304 dopo il cosiddetto “anno zero” poco fuori la città di Arianna, nel Regno di Mayèra, continente dell’Aurùnca, quando, di buon mattino, due persone giunsero a cavallo davanti ad un edificio di due piani compreso il pianterreno, vagamente simile ad una fortezza. Dopo essere scese si presentarono davanti ad un portone di legno massiccio, le cui due metà esibivano ognuna un vistoso stemma.
Non appena ebbero bussato, qualcuno guardò attraverso la feritoia e, senza fare domande, aprì e salutò cordialmente, assumendo però un’espressione perplessa. “Non preoccuparti, è tutto a posto. Ho appuntamento con Ettore.”, disse una delle due. La guardia non ebbe niente da ridire e le fece entrare. In breve, seguendo un vialetto di ghiaia contornato da due aiuole, arrivarono ad una piccola costruzione in pietra costituita dal solo piano terra, che fungeva sia da studio che da archivio, alla cui porta una delle due persone bussò, sentendosi rispondere: “Sì? Chi è?” “Sono Rolando Dei Fabbri.”. Pochi secondi dopo si presentò a riceverlo un uomo di circa cinquant’anni, con barba e capelli brizzolati e lunghissimi, vestito con una specie di tunica marrone, che, dopo averlo salutato con un sorriso, invitò lui e il suo accompagnatore ad entrare. “Grazie.”, disse l’uomo, poco più che quarantenne, robusto, con la barba e i capelli lunghi e scuri, ma dal viso gradevole. E così si sedettero al lungo e largo tavolo al quale colui che li aveva accolti era solito lavorare.
“Scusami, Rolando, se ho insistito per parlare di questa faccenda con voi personalmente, ma volevo essere sicuro che proprio di questo si trattasse.”
“Hai fatto bene. Dato che sei tu che, in concreto, ti occupi di questa cosa, è giusto che ne parli con noi che siamo i diretti interessati.”
“Infatti.”. E ora si fermò a studiare un momento l’altra persona, fissandola con aria alquanto perplessa, per poi tornare a guardare il suo interlocutore. “Dunque… Se ho capito bene quello che mi hanno detto, tu avresti intenzione di tentare questa particolare iscrizione, giusto?”
“Sì, Ettore. Vorrei far entrare mia figlia nell’Ordine…”, disse Rolando, indicando con la testa la persona appena citata, che sedeva alla sua destra.
Si trattava di una ragazza assai magra, dal viso splendido, dai capelli lunghi ma non troppo, di medio-alta statura e dai muscoli sodi, ma soprattutto dallo sguardo molto fiero.
“Benissimo… Sono molto contento che voglia diventare uno di noi… Come vi chiamate, signorina?”
“Melissa.”
“Che bel nome. Evoca vicende affascinanti.”
“Credo di sì, signore.”
“Posso chiedervi come mai avete scelto di dedicarvi ad un’attività così tipicamente maschile?”
“Beh, ecco… In realtà è stato mio padre a trasmettermi questa sua passione…”
“Lo immaginavo.”
“No, Ettore. È stata mia figlia, quando aveva solo dodici anni, a chiedermi di farle provare a battersi a duello e a tirare con l’arco, dopo avermi visto farlo con un mio commilitone, nel giardino di casa nostra…”
“Ah… Il vostro, dunque, è stato un vero colpo di fulmine, signorina.”
“Scusatemi, signore. Intendevo dire che me l’ha trasmessa senza volerlo.”
“Hmm… E, se posso chiedervelo, cos’è che vi ha attratto, di queste attività così poco femminili?”
“Beh, all’inizio mi hanno affascinato soprattutto il rumore che sentivo e i bagliori che vedevo quando le spade si incrociavano. Poi, quando ho fatto le prime prove, ho cominciato a sentire una certa… Come posso dire? Ebbrezza?”
“Ebbrezza?”
“Sì, perché mi sentivo più forte e sicura di me. Tenere in mano una spada o un arco non era certo come esserne senza…”
“Beh, lo credo bene…”
“Per il resto, non saprei cosa dire, signore.”
“Una storia veramente stupefacente, la vostra, mia cara… Sono pochissime le donne che si dedicano a questo tipo di attività, o perché non ne hanno la possibilità, o perché non ne sono interessate.”
“E queste pochissime chi sono, signore?”
“A quanto risulta, sempre e soltanto figlie di aristocratici, ragazza mia. E dato che i vostri genitori non lo sono, ecco che si può davvero affermare che il vostro è un caso più unico che raro…”.
La figlia di Rolando abbassò lo sguardo un momento, per poi rialzarlo e dire, con voce un po’ sommessa: “Dite la verità: vi sembra una follia, vero, signor Ettore?”.
Lo scrivano ebbe un attimo d’incertezza, prima di rispondere. “Non necessariamente, signorina… Però mi sento in dovere di avvisarvi che non so se le cose andranno come voi desiderate…”
“Lo so, signore… Mi sto già preparando al peggio…”
“Beh, ora potete anche chiamarmi Ettore, signorina.”
“E voi potete anche chiamarmi Melissa, signore.”.
E sorrisero tutti e tre, prendendosi una pausa di qualche secondo.
“Allora, Ettore. Tu che ne dici?”, riprese Rolando.
“Ebbene, io e il Presidente dell’Ordine abbiamo esaminato attentamente il vostro particolare caso, che è indubbiamente fuori dall’ordinario anche sotto l’aspetto procedurale. Non ci risulta, infatti, che ci siano donne o ragazze, fra gli iscritti degli ordini cavallereschi. Qualche cavallerizza c’è, in giro, ma di cavaliere nemmeno l’ombra.”
“È quello che pensavo anch’io, Ettore. Tuttavia, io e mio padre riteniamo che questa non sia una cosa impossibile.”
“Avete ragione, Melissa. All’inizio pensavamo che lo fosse, ma poi abbiamo svolto delle ricerche, scoprendo che, in effetti, non c’è nessuna norma, almeno nel nostro Regno, che vieti alle donne, o anche alle ragazze, purché maggiorenni, l’iscrizione ad un qualsiasi ordine cavalleresco.”
“Lo vedi? Si può fare!”, ribadì Rolando, che ora appariva raggiante.
“Sì, confermo. È tecnicamente possibile.”, disse lo scrivano, sorridendo.
A quel punto, padre e figlia si abbracciarono energicamente.
“Tuttavia, io e il Presidente riteniamo che sia meglio per tutti effettuare l’iscrizione e l’esame di ammissione in un momento diverso da quelli che rientrano nella prassi.”
“Davvero?”, chiese Rolando, subito preoccupato che potesse verificarsi qualche intoppo.
“Sì, perché se Melissa si mettesse in fila con gli altri, si ritroverebbe ad essere l’unica donna, anzi, addirittura una ragazza, in mezzo a molti uomini e ragazzi, fra i quali sicuramente ce ne sarebbero alcuni che non mancherebbero l’occasione per prenderla in giro, e magari offenderla…”
“Sì, hai ragione.”, dovette ammettere il padre della candidata.
“E allora io direi di fare così.”, disse lo scrivano, allungando un braccio verso un pacco di fogli di carta posato sul tavolo, alla sua destra, e prendendone uno. “Adesso facciamo la domanda d’iscrizione. Poi, al momento stabilito, Melissa si presenterà all’esame di ammissione, che svolgerà in una seduta a sé stante, da sola di fronte ai suoi esaminatori. Prova che, naturalmente, avrà lo stesso valore di una ordinaria, che, cioè, si svolge in una sessione collettiva. Che ve ne pare?”
“Mi sembra ottimo. Tu che ne dici, cara?”, le chiese suo padre.
“Per me va bene.”, rispose lei, annuendo convinta.
“Perfetto. Allora adesso, Melissa, dovreste cortesemente rispondere a qualche elementare domanda.”, disse lo scrivano, tornando ad usare un linguaggio più formale.
“Prego.”.
Allora Ettore prese la piuma, la intinse nell’inchiostro, vergò qualche riga sul foglio e poi chiese: “Quando siete nata, esattamente?”
“Il 7 maggio 1288.”.
E l’uomo scrisse la data sul foglio, subito sotto la domanda. “Dove?”
“Nel villaggio di Argù, in provincia di Arianna, nel feudo del conte Max di Torlonia.”.
E scrisse anche quello. “Attualmente risiedete ancora assieme alla vostra famiglia in via Prati del Sale numero 17, giusto?”
“Esatto.”.
Dopo aver scritto quest’ultima annotazione, lo scrivano aggiunse qualche altra riga, dopo di che disse: “Bene, Melissa. Sapete scrivere, vero?”
“Sì, signore. Anche se non benissimo…”
“Non importa. Basta che scriviate su questo foglio, con una grafia comprensibile, quello che io vi detterò. D’accordo?”
“Va bene, signore.”
“Eccovi la penna. Scrivete: Io sottoscritta Melissa Dei Fabbri dichiaro di volermi iscrivere all’Ordine cavalleresco dei Liberatori. Accetto pertanto di essere sottoposta al loro esame di ammissione seguendo le istruzioni che loro mi daranno, nonché il loro insindacabile giudizio finale, ed esonerando le loro signorìe da responsabilità derivanti da possibili incidenti che potrebbero riguardarmi. Firma.”.
Non appena Melissa ebbe finito, Ettore prese il foglio, lesse attentamente quanto era stato scritto e mise la sua firma; infine prese lo stampino raffigurante lo stemma della loro associazione, lo intinse nel calamaio e vi appose il timbro. “Benissimo. Questo, dunque, lo teniamo noi.”. Poi prese un’altra carta, vi scrisse qualche riga e disse: “Adesso, per piacere, riscrivetemi le stesse parole su quest’altro foglio, che conserverete in casa come ricevuta, e che per precauzione porterete con voi quando vi presenterete in questa sede per effettuare la prova di ammissione al nostro Ordine. D’accordo?”
“Sì, signore.”.
Una volta terminata anche la seconda stesura, firma e timbro di Ettore compresi, quest’ultimo proseguì dicendo: “Perfetto. Allora adesso vi fisso il giorno. Hmm… Vediamo… Potrebbe andarvi bene il ventidue di questo mese?”
“Certo.”
“Alle nove del mattino?”
“Non c’è problema.”
“Bene. Allora ci vediamo il giorno ventidue. Intesi?”
“D’accordo.”
“Grazie, Ettore. Siete stati davvero gentili e generosi, tu e il Presidente, ad interessarvi al caso particolare di mia figlia. Senza di voi non ce l’avremmo mai fatta.”, disse Rolando, mentre teneva posata la mano destra sul braccio sinistro del suo interlocutore.
“Non preoccuparti, amico mio. L’importante è che la ragazza ce la faccia. Questo è il vero problema, adesso…”, disse lo scrivano, con un sorriso leggermente sarcastico.
“Io penso che ce la farà. Non è vero, Melissa?”
“Credo e spero di sì, padre…”
“Tanti auguri, miei cari. E ci vediamo all’esame.”
“Presenzierai anche tu?”
“Certo. Non voglio mica perdermi uno spettacolo memorabile come questo!”
“Meglio così. Se Dio lo vorrà, sarai testimone anche tu di questo evento storico…”
“Male che vada, vedrete all’opera una ragazza molto volonterosa…”, disse più umilmente e saggiamente Melissa. Infine, i tre si strinsero la mano e si salutarono. All’uscita padre e figlia andarono al mercato a comprare qualche vivanda, e al ritorno a casa diedero la bella notizia alla signora Dei Fabbri, che tuttavia non esultò così tanto come sarebbe stato lecito aspettarsi…

[continua]


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