Liriche e filastrocche

di

Grazia Fassio Surace


Grazia Fassio Surace - Liriche e filastrocche
Collana "I Gigli" - I libri di Poesia
14x20,5 - pp. 176 - Euro 12,00
ISBN 978-88-6587-3427

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In copertina “Andare…” dipinto dell’Autrice


Questa raccolta segue e completa “Bianco e Nero”. Ancora mi porgo indifesa, senza veli.
Altro non mi è congeniale. E perdonatemi se vi annoierò con dediche e riferimenti personali. Ma c’è un po’ della mia storia.


Ritratto d’artista

Imprenditrice, poetessa e pittrice, in una dimensione triplice di attività operativa, ma in una unicità organica della personalità, ispirata alla prassi armonica di azione e pensiero: Grazia Fassio Surace è la stessa identica persona dietro la sua scrivania di dirigente aziendale come lo è al suo scrittoio di poetessa ovvero al cavalletto di pittrice. Come in Voltaire, anche in lei l’abilità nei negozi economici è lo specchio della sua facondia letteraria. La facoltà descrittiva e sognante della sua pittura, paesaggistica e di tradizione formale, è l’equivalente del suo dettato poetico, limpido e piano, ma anche degradante verso una sponda simbolista di sogno ovvero di dilatazione eversiva della realtà. Nel salotto di casa c’è un tappeto volante, tra le lampade dello studio c’è quella di Aladino, una pianta di fagioli può crescere fino a bucare le nuvole e raggiungere il paese degli orchi: fra queste pagine, dunque, si fa esercizio di ordinaria stravaganza espressiva.
Grazia Fassio compone un grande affresco, fatto di tante tessere frammentarie diverse. Vi sono momenti di estasi lirica e magico panismo, ma può anche succedere che il verso sgorghi libero dallo scandalo della sofferenza che opprime la vita. I temi che più spesso ricorrono sono l’amore e la natura. Il primo è raccontato come storia infinita che sempre si rinnova nell’accumulo delle esperienze di gioia e d’incanto tra gli amati, i quali per parole e sensazioni ascendono insieme una scala di valori che principia dai piaceri dei sensi e si eleva fino ai più eterei contenuti dello spirito; il secondo tema, quello della natura, è sostanzialmente proposto in chiave di viaggi e di stupore dell’uomo davanti alla forma pura della bellezza, come se la natura fosse considerata categoria primordiale ed inimitabile del bello, cioè l’opus perfectum.
Ciò non impedisce, tuttavia, a Grazia Fassio, di rendere la sua poesia anche parola di testimonianza dei fatti del tempo e di denuncia delle soverchierie, fino a sviluppare un impegno di vigilanza e di difesa del poeta a favore dei più umili…

Sandro Gros-Pietro su “Vernice” n. 28 e 42


Liriche e filastrocche


Non viaggio mai senza i miei sogni


Qualcuno sulla pagina del mare
traccia un segno di vita, figge un punto.
Raramente qualche gabbiano appare.

Mario Luzi


IL RUMORE DEL MARE

Il rumore del mare è immenso.

Il rumore del mare è bianco.


MI CONCILIA

La luna piena mi concilia,
calda, come l’abbraccio di una figlia,
mi mette in pace con il mondo
in un girotondo di blu oro
e stelle in sottofondo.


ESTATE NUDA

L’estate nuda
ha tette grandi
da mostrare
di perle di sudore intrise
occhi d’amore
e in essi un ritmico lucore.


MATTA

Giorni ci sono che veste di sole
e folle balla al ritmo dell’amore

giorni ci sono che veste di buio
e baco sbava una miseria eterna

giorni ci sono che non si veste affatto
e accusa e s’accusa del misfatto.

Folle verme? Fantasma?
Morta

Chi nel marasma ha ucciso?


RITORNO A CASA

Ritorno a casa
sono passati mesi
eppure
c’è il tuo odore
sembri appena uscita
per la spesa.


TESTAMENTO

Vedi quel glicine che all’albero s’attorciglia
potrebbe essere il mio riposo culla tra il viola
quasi una diafana chiglia tra il verde e il nulla.

Non lasciarmi in pasto ai vermi nella terra scura.


L’INCIDENTE

Cosa rammento di quel pomeriggio
dodici settembre duemilaotto
su cui stempera morbido il meriggio:
c’è un sole chiaro e voglia di mare
roso l’asfalto di periferia
ove mi attende camuffato il fato.

In borsa l’abbronzante per la gita
fendo col riso il vuoto della via
che d’improvviso non è più vuoto
cavalca un bolide chi giunge
tra buffi grigi ancora vago
quasi tremolante lo immortalo.

Lo scorgo e il sorriso muore
mi muovo non mi muovo
no resto impalata a vedere
il centauro cadere
e la moto ribaltata
come ariete falciarmi

così senza coscienza
senza rimpianti senza dolore
è come sprofondare nel sole
sarebbe un bel momento per morire
se non fosse che ho ancora da fare
da dire…

Arriva il mio uomo spaventato
mi coglie dal selciato mi tocca,
no è vietato, il dottore frena,
lo sento appena tra sguardi in pena
e la nebbia spessa del torpore
di chi forse d’emorragia muore,

la corsa all’ospedale ma non vedo
non sento non intendo
è un momento tremendo
per chi è cosciente
per me è un rimando
ai mesi che verranno.

Ora che va e son quasi guarita
– la carrozzella bandita fa posto alle stampelle –
la mente però è come stranita
svanita l’ispirazione
giace la mia matita preferita
tra fogli scribacchiati di panzane
e allora all’antefatto penso
a un mese ante l’avvenimento.

La stessa ora all’incirca in auto
mi addormento sbando urto il guard rail
mi sveglio raddrizzo:
non va ultimamente
in questo incosciente scontrarmi
vedo l’intento d’annientarmi,
in tilt la mia operosa mente
finto il sorriso appeso al viso
ma l’anima a pezzi senza motivo.

Intanto il tempo inutilmente
nel dolore si sperde
chiudo ai pensieri il cervello
getto la matita preferita
una qualche vita m’attende.


PRIMAVERA

Su un cielo teso come vele
lembi di nubi chiare
bianco rosa lilla rampano
su frutici un po’ sghembi
bucano l’erba fiori
fibrillano città d’insetti
sugli alberi stridori trilli
cori d’uccelli allegri.

Etere di luce.
Sono tentata a vivere.


NOI CANTORI DI SERA…

Mi scrive l’amica poetessa
la tua storia ad altri non interessa
per dirla con Montale il personale
è solo spunto per poetare

l’occasione per diventare universale
e catturare il lettore
è non parlare dei perché e percome
tu non hai più il sole nel cuore

non narrare il tuo personale, insiste,
tanto più se grigio e dimesso, ma scusa
allora perché vuoi sapere i motivi
della mia tristezza e mi scrivi

anche il lettore rimane curioso
e allora cara ti contraddici
perché noi cantori di sera
spiamo oltre le finestre accese

o spulciamo storie tra le righe,
e amiamo il racconto del passante
in cui scopriamo sentimento,
o forse il mio interessamento

il guardarmi intorno curiosa
è un patologia rara, da curare,
ma senza essere morbosa
sposo le storie degli altri


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