L’uomo che parlava ai gatti

di

Gualtiero Mario Francesco Schirinzi


Gualtiero Mario Francesco Schirinzi - L’uomo che parlava ai gatti
Collana "I Salici" - I libri di Narrativa
14x20,5 - pp. 152 - Euro 12,50
ISBN 978-88-6587-9153

Clicca qui per acquistare questo libro

Vai alla pagina degli eventi relativi a questo Autore


In copertina: «Fat cat» © Y.Mina – Fotolia.com


Un uomo, avanti con gli anni, affascinato da una zona turistica piena di bellezze naturali, compra una casa dove pensa di trascorrere parte della sua vita da pensionato.
Dei gatti randagi si radunano davanti casa aspettando che un uomo, trasandato, malvestito, misterioso, dia loro da mangiare. Un emarginato dalla società, rifiutato da tutti come i gatti che accudisce, venuto da chissà dove, totalmente immerso in una realtà senza futuro.
Dall’incontro tra i due uomini, avvenuto per una serie di coincidenze, si sviluppa una storia scandita nei tempi dalla presenza di una famiglia di gatti.
Ne scaturisce una favola o forse una verità. La storia si dipana tra realtà e fantasia oscillando ora verso l’una ora verso l’altra fino alla definitiva supremazia della vita.
Dalla narrazione emerge, tra l’altro, che il dolore è un sentiero stretto, pieno di rovi dal quale si esce con molte ferite e che, per contrastare l’emarginazione, basta una buona dose di affetto e di comprensione per gli altri. Alle volte può capitare di portare alla luce un capolavoro nascosto in un quadro che credevamo fosse semplicemente una crosta.


Prefazione

Il libro di Gualtiero M. F. Schirinzi offre una testimonianza, forte ed intensa, del grande affetto che può essere riservato nei confronti degli animali, in questo caso, dei gatti, sempre osservati, vissuti e raccontati con parole impregnate d’amore sincero e di una sorta di meritato rispetto.
In primo luogo v’è la profonda umanità dell’autore che si unisce alla capacità di regalare un racconto genuino, sentito nel cuore e avvertito nell’animo come a rappresentare un’importante vicenda che ha lasciato un segno indelebile nella sua vita e in quella di sua moglie Elisa.
In un secondo tempo emerge prepotente il desiderio di narrare la storia di una “famiglia di gatti”, casualmente entrata a far parte della sua esistenza e che, giorno dopo giorno, è riuscita a farsi voler bene, a dimostrare una sorta di sesto senso nel percepire la loro presenza e, soprattutto, a donare affetto sincero che si evince dal ricordo di numerosi comportamenti dei gatti: come, ad esempio, quando lui era ammalato ed il tenero gattino Puffy gli offriva la sua compagnia.
Quando era ragazzo, l’autore preferiva il cane come compagno di giochi e reputava il gatto un animale individualista, quasi asociale, ma, nel momento in cui è diventato un pensionato, il desiderio di cercare un “rifugio” lontano dalla città, una casa con un bel giardino, in un paese vicino al mare, magicamente, lo ha riavvicinato agli animali, e in particolare, ad una “famiglia di gatti”.
Sarà proprio l’acquisto di questa casa, luogo di relax dove passare i fine settimana, a diventare il teatro del primo incontro con Macchiolina, il suo compagno Felix e un gatto dal pelo rossiccio, Il Rosso, che stanno già aspettando nel giardino della nuova casa: la famosa famiglia di gatti che entra nella sua vita con discrezione.
Le prime pagine del libro sono dedicate all’amorevole ricordo di Puffy, uno dei tre gattini nati da Macchiolina e Felix, oltre a Minou ed Ares, e sarà proprio lui che porteranno con loro e diventerà “il gatto di famiglia”.
Il ricordo si fa struggente quando ripensa ai momenti in cui, seduto sul divano, lo accarezzava e lo coccolava, accovacciato vicino alle sue gambe; sentiva il battito del suo cuore e il calore del suo corpo: ed ora che Puffy non c’è più, la mente riporta alla luce episodi della vita che sono custoditi nel suo cuore.
Il processo narrativo si alimenta anche di un evento fondamentale che segnerà il prosieguo della storia ed è relativo all’amicizia che nascerà con un uomo dal passato sconosciuto, che vive come un barbone, si chiama Alberto e, ogni giorno, porta da mangiare ai gatti, anzi, è conosciuto come “l’uomo che parla ai gatti”: ma la sua figura misteriosa riserverà una piacevole sorpresa e un finale che lascio svelare al lettore.
La scrittura di Gualtiero M. F. Schirinzi risulta accattivante e regala pagine dense di affettuosi ricordi, di episodi più o meno sorprendenti, sicuramente pervasa di forti emozioni che, fin dalle prime pagine, alimentano la storia di un sapore narrativo magico.
La sua parola è sempre illuminata dalla propensione a mettere in evidenza lo stretto rapporto che si instaura con questi gatti e, creando un secondo piano narrativo, a raccontare la rinascita di Alberto, un uomo ormai reputato un relitto della società, che riuscirà a ritrovare la speranza per vivere una nuova vita.
Credo sia importante evidenziare che certamente il gatto incarna universalmente un simbolismo ambivalente: da un lato è stato venerato come accaduto nella mitologia egizia; dall’altro lato ha sofferto di un significato negativo per il suo carattere indipendente, per la sua resistenza all’addestramento, per il portamento fiero e altezzoso che, forse, spiegano tale influenza esercitata sugli esseri umani, inducendo a considerarlo un animale sornione e perfido.
Il libro di Gualtiero M.F. Schirinzi intende sfatare tale credenza e riconduce ad una concezione positiva della posizione del gatto, prendendo a pretesto la storia di una “famiglia di gatti” che, attraverso le molteplici manifestazioni del vivere, fa riemergere momenti ed episodi felici che ne esaltano la capacità di entrare a far parte della sua vita, sempre con discrezione, come a rendere onore al loro comportamento e al loro modo di essere.

Massimo Barile


L’uomo che parlava ai gatti


A mio cognato Pino


1 – Il ricordo

La mano scorre con delicatezza alla ricerca di un corpo che ormai non c’è più. Tendere la mano per accarezzarlo, coccolarlo, sentirlo vicino era un gesto che facevo tutte le volte che mi sedevo sul divano. Sentire il battito del suo cuore, il calore del suo corpo, il suo rumoroso ronfare mi rassicuravano sulla presenza di un essere col quale convivevo da diversi anni e dal quale pensavo di non potermi più separare.
Ormai quel piccolo essere mi aveva abbandonato e niente e nessuno avrebbe potuto restituirmelo. Tuttavia, pur ritraendo subito la mano, si era messo in moto un meccanismo che aveva fatto riaffiorare episodi della sua vita nascosti nelle parti più recondite del mio cuore. A volte la realtà è meno cruda del ricordo perché ad esso si associa l’angoscia e il dubbio di non aver fatto tutto il possibile per averlo mantenuto in vita.
Il momento del suo trapasso è stato uno dei momenti che annovero tra i più sofferti della mia vita. Una fine tragica che probabilmente era già scritta nel suo destino ma forse analoga a tante altre vite delle quali non si ha conoscenza o che sono capitate nell’alveo della nostra indifferenza.
Riemergono dalla memoria episodi della sua vita che si accavallano impetuosamente l’uno con l’altro, alla rinfusa, senza un ordine cronologico, per cui lo rivedo da piccolo poi da grande poi di nuovo piccolo, nei giorni di massimo splendore fisico e nei giorni di malattia, mentre scorrazzava per il prato del giardino e mentre stava sdraiato nella sua cuccia aspettando una guarigione che non sarebbe mai arrivata.
Rievocare qualche episodio della sua vita mi porta pure a sorridere mentre, con il dorso della mano, cerco di asciugare qualche lacrima.
Il piacere di quando, la sera, stava accovacciato sul divano, vicino alle mie gambe, si accosta alla dolcezza di quando, afflitto da qualche malanno, stavo a letto con lui pronto a offrirmi la sua compagnia, della quale mi privava solo per rifocillarsi. La preoccupazione di quando si arrampicava su un albero del giardino dal quale, poi, trovava difficoltà a scendere lascia il posto alla comicità di quando, avendo portato a casa una preda, scatenava una caccia da parte di tutti i presenti per la cattura e la restituzione della vittima al suo ambiente naturale.
Gli episodi incominciano ad assumere una concatenazione cronologica, una sequenza temporale che mi riporta all’indietro fino al momento in cui ho fatto la sua conoscenza, quando, piccolo e sporco, si tuffava sulla ciotola per saziare fino all’inverosimile la sua fame.
Ormai i ricordi riaffiorano inarrestabili, come la lava di un vulcano, e vanno ancora più indietro fino a farmi ricordare che questa non è la storia di un gatto ma di una famiglia di gatti, con tanto di madre, padre e figli che ad un certo momento, per opera del caso, questa misteriosa entità che si diverte a intrecciare i destini degli uomini, è entrata nella mia vita.
Il mio atteggiamento verso i gatti è stato sempre improntato ad un cauto interesse. Ci siamo sempre ignorati a vicenda, anche se con rispetto reciproco. Non che non mi piacessero gli animali, ma puntavo tutte le mie preferenze sul cane. Lo reputavo ideale come compagno di giochi per un ragazzo e come amico per un adulto. Ritenevo, invece, il gatto un animale asociale, uno che non disturbava gli altri ma che non voleva essere disturbato. Pensavo: “Anche se vive in una colonia, rimane sempre un individualista, privo di sentimenti, se si può azzardare questo termine per un animale, mentre il cane è compagnone, pronto a sacrificarsi e a dare la sua vita per il padrone.” Tuttavia, ai gatti concedevo qualche sguardo per la bellezza del corpo, il modo di camminare, simile a quello elegante delle indossatrici, il colore del manto. Se ne trovano di tutti i tipi: bianchi, neri, rossi, maculati, tigrati con macchie piccole e grandi di vari colori sparsi per il corpo. Una tavolozza vivente di colori. Naturalmente sono stato sempre attratto dai loro occhi, quanto di meglio madre natura potesse creare per bellezza di forma e di colori. Occhi azzurri, verdi, acqua di mare non fanno che esaltare il loro splendido musetto. Al di là di queste considerazioni non andavo.
Da ragazzo avevo avuto un cane, un bassotto, ma solo per un breve periodo, e una gatta nera, con una macchia bianca proprio al centro della testa, come un terzo occhio che le fosse spuntato chissà come. Non posso dire che fosse la gatta di famiglia perché passava tutto il tempo a girovagare tra le macerie dei palazzi di fronte a casa mia, centrati da una bomba durante l’ultima guerra. Dopo qualche mese pensò bene di togliere il disturbo e sparì dalla circolazione.
Dopo quelle brevi esperienze, non ho mai più avuto incontri con altri animali di alcun genere, né cani, né gatti, né uccelli o altre specie.
Dopo molti anni, uscito dall’ambito lavorativo per andare ad ingrossare la folta schiera dei pensionati, ho cercato di trovarmi un rifugio dove passare, lontano dalla città, una parte della mia vecchiaia.
Dopo lunga ricerca, la scelta è caduta su un piccolo paese lungo la costa, sviluppatosi ai lati di una strada provinciale che univa i vari agglomerati urbani come un filo lega l’una all’altra le perle di una collana. Una strada si snodava attorno al suo perimetro, facilitando lo spostamento da una estremità all’altra del paese e l’addentrarsi in una delle tante stradette che lo avviluppavano come le reti dei pescatori che, molto tempo prima, lo avevano abitato. Ha influito molto, in tale decisione, la presenza di un mare azzurro, una spiaggia fatta di finissima sabbia, scogli e casette aggrappate a mezza costa sulle colline circostanti, come nel luogo dove avevo trascorso la mia giovinezza.
L’acquisto di una casa in quella località è stato l’evento con cui il caso, mi ha fatto riaccostare agli animali divertendosi a giocare con la vita di una famiglia di gatti e con la mia mettendole in contatto.
Questi personaggi si sono insinuati nella mia esistenza con discrezione, quasi in punta di piedi, uno alla volta. Prima la madre, poi il padre e poi il resto è venuto da sé. Giorno dopo giorno la loro presenza è divenuta più frequente fino al loro definitivo stabilirsi nel giardino della mia casa.
In realtà i gatti non si sono presentati da soli ma sotto l’ala protettiva di uno strano personaggio, randagio anch’esso, una persona trasandata, misteriosa, venuta da chissà dove, di poche parole, che viveva nell’ombra.
Un uomo dalla vita riservata che, a detta degli abitanti del luogo, viveva con e per i gatti con i quali sembrava avere un rapporto privilegiato. Si diceva che dei gatti gli avessero salvato la vita, ma nessuno sapeva esattamente dire se la notizia rispondesse a verità, se fosse una semplice diceria di paese o, se pur essendoci un fondamento di verità, questa fosse stata ingigantita e amplificata da un incontrollato passaparola.
Attenuato il dolore iniziale, cerco di mettere ordine, con lucidità, ai pensieri risalendo agli avvenimenti di quando io e mia moglie Elisa ci mettemmo alla ricerca di una casa vicino al mare. Da qui ebbe inizio tutto.

[continua]


Se sei interessato a leggere l'intera Opera e desideri acquistarla clicca qui

Torna alla homepage dell'Autore

Il Club degli Autori - Concorsi Letterari - Montedit - Consigli Editoriali - Il Club dei Poeti
Chi siamo
La Rivista
La voce degli Autori
Tutti i nostri Autori
Per iscriversi
ClubNews
Il notiziario gratuito
Ultimi inserimenti
Homepage
Avvenimenti
Novità & Dintorni
i Concorsi
Letterari
Le Antologie
dei Concorsi
Tutti i nostri
Autori
La tua
Homepage
su Club.it