Il vento sulla pelle

di

Lilia Derenzini


Lilia Derenzini - Il vento sulla pelle
Collana "Le Schegge d'Oro" - I libri dei Premi - Poesia
14x20,5 - pp. 48 - Euro 7,00
ISBN 88-8356-485-5

Libro esaurito

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Pubblicazione realizzata con il contributo de IL CLUB degli autori in quanto l’autrice è 1° classificata nel concorso letterario Sartirana Lomellina 2002


Prefazione

In questa raccolta di poesie Lilia Derenzini offre una miscellanea di emozioni sempre fedelmente rese con mano dolce e lieve e le sue parole si fanno petali vellutati di rosa; la sua visione poetica è incessantemente attratta dal silenzio che pervade i luoghi delle rimembranze siano essi le sponde del fiume Ticino, i dintorni della città di Pavia e i muri della Certosa o le cascine sparse di Travacò per finire alle pietre del Carso, alla gente dell’Istria o ai paesaggi d’Irlanda con i gabbiani in volo, l’intenso profumo dell’erba e le sonorità della musica folk.
Il suo sguardo è attento nel cogliere ogni minimo mutamento d’immagine nei paesaggi che si trova ad osservare o a descrivere, la sua mente è travolta da una miriade di pensieri che nascono da questo percorso interiore e sono le frequenti meditazioni che in alcuni momenti arrivano a lambire zone più profonde ed inesplorate del mondo personale dell’Autrice.
Ecco allora che si sente smarrita nel sapore della memoria e si addentra generosamente nei sospesi richiami di atmosfere suggestive senza pensare alle labili illusioni ormai sfumate che hanno costellato le esperienze vissute.
Al contempo questo mondo poetico è denso di stupori e d’incanti e Lilia Derenzini vi si muove con tono discreto quasi a voler sottolineare quanto sia indicativo il titolo “Il vento sulla pelle” dato a questa silloge: magari a significare lo spirare del vento in libertà o le carezze del soffio leggero del vento o l’imprevedibilità del suo vorticare.
Lilia Derenzini vive emozioni crescenti che nascono dal profondo del cuore, si ritrova immersa nei colori della natura e nei suoi profumi, ascolta l’armonia che può nascere dalle note di un violino tra i roseti, contempla il manto tremolante di stelle e il paesaggio rischiarato dalla luna.
Cammina nel suo mondo, sola con i suoi ricordi, come rosa che si fa spazio lungo un muro antico, come edera perennemente alla ricerca di qualcosa da avvolgere ed ogni evento dà un senso alla relazione tra scrittura ed esperienza ed aiuta a guardare il mondo con un nuovo sguardo cercando di fermare l’attenzione su ciò che veramente ha un valore nella nostra vita e merita il recupero estremo.
Le possibilità di sviluppo di una simile coscienza continuamente dialogante sono infinite ed il rapporto con il mondo è una rappresentazione del reale anche se svela possibilità nascoste ed impreviste.
Le comprensibili preoccupazioni sono avvolte da un sottile velo di malinconia che nasce dalla constatazione del trascorrere inesorabile del tempo: ogni verso scandisce il tempo, ogni emozione vive di un tempo interiore, ogni desiderio di felicità deve fare i conti con le scansioni e le traiettorie dell’umano esistere, della dolente confessione e della felicità sentimentale visibilmente sempre più palpitante e decisamente frutto maturo della propria testimonianza poetica.

Massimiliano Del Duca


Il vento sulla pelle


Da Pavia e dintorni


LA NOTTE DI SAN LORENZO

L’infinito
mi ruba
lo sguardo
su di un manto
tremolante
di stelle
frammenti
di sogni
nell’afa
di agosto
la luna
intesse ricami
sul Ticino
è la notte
di San Lorenzo
per il mio involto
di sogni innamorati
tra i tetti
di Travacò
l’universo
è immobile
in questo
piccolo mondo
tra due fiumi
mi attrae il silenzio
l’invito si apre
ne escono frasi
mai dette
cose non fatte
rubate alla
vita di sempre
dalla luna di agosto.

(1° classificata nell’edizione 2002 del premio nazionale di poesia “Francesco Moro” di Sartirana)


LA NUIT DE SAINT LAURENT

L’infini
me dérobe
le regard
sur une cappe
tremblante
d‘étoiles
fragments
de rêves
dans la chaleur accablante
du mois d’août
la lune
tisse des dentelles
sur le Ticino
c’est la nuit
de Saint Laurent
pour mon fagot
de rêves amoureux
entre les toits
de Travacò
l’univers
est immobile
dans ce
petit monde
entre deux fleuves
le silence m’attire
le fagot s’ouvre
il en sort des phrases
jamais dites
des choses à faire
volées à la
vie de toujours
par la lune du mois d’août.

(Traduzione di Jaclyne Augeyrolle “La Versiliana” Editrice)


L’ORTO BOTANICO

Passava
tra i fiori
una timida
bambina
dava la
mano
a suo padre
osservava
stupita
le cascate
di rose
dai nomi
difficili
e le piccole
foglie
verdi
erano le
tranquille
domeniche
anni ’50
presso
un’elegante
fontana
lei sorrideva
si nascondeva
per gioco
è rimasto
l’incanto
di quegli
attimi
lontani
nel tempo.

questa ed altre poesie sono state recitate all’Orto Botanico di Pavia il 19 maggio 2002, durante la “Mostra del Roseto”


NEL GIARDINO IN FIORE

Ascolto una musica folk
corrono i ricordi vorrei
sentire le note di un violino
tra roseti di tanti colori
come quando la vita mi
sorrideva con sue illusioni
accarezzo i petali di una
rosa sono teneri come
i ricordi il giardino mi
parla coi suoi silenzi


ROSAE-ROSARUM

Lungo il muro antico
qualche rosa si fa spazio
tra mattoni e muschio
petali di velluto nelle
tonalità del rosa scivolano
sui gradini lavati dalla
pioggia di maggio una cascata
di petali finisce a terra e
un gatto sornione gioca con
le ombre sui muri del cortile
antico – un raggio di sole
illumina i petali delle rose


LA LUNA E LE ROSE

Stanotte
la luna
rischiara
i giardini
di Travacò
addormentati
e allunga
la sua
ombra
su rose
gialle
le stelle
intessano
trame
nel
silenzio
della notte
il vento
di maggio
accarezza
i boccioli
che domani
si apriranno
in questo
mondo
piccolo
tra due
fiumi
qualche
petalo
a terra
parla
di memorie
svanite


PACE

Ecco i chiostri affollati di turisti
in fuga dal quotidiano.
Ecco le tombe dei grandi
circondate da frettolosa indifferenza.
Ecco gli spazi aperti dove cerco la quiete.
Io smarrita anonima visitatrice
di questo secolo intriso di ansie
spettatrice di un equilibrio
tra passato e momenti d’arte.
Disillusa protagonista di una vita
non semplice attendo al tramonto
un momento di pace.
Chiudo gli occhi e immagino
cortei e folle plaudenti.
Vado a cullarmi con il sapore
della memoria tra archi e bifore
che si ergono senza modestia
nel mare d’un verde silenzio.
Vedo il monumento: gemma
incastonata nella campagna lombarda
e mi sento… nella storia.

(Primo premio per i 600 anni dalla fondazione della Certosa di Pavia il 30 novembre 1996 nell’AULA DEI QUATTROCENTO e nella SALA CHARTUSIANA DELLA CERTOSA nell’estate 1996)


DONNE ANNI ’40 DEL SICCOMARIO

Anonime per me
coraggiose donne
e decise degli anni ’40
hanno atteso in silenzio
la fine della guerra
con angoscia per i figli
mariti e padri.
Qualcuna oggi sarà riuscita
ad avere un fiore
a ricordo di tragici anni
pieni di speranza e solidarietà.
Hanno nascosto nelle case
ebrei sbandati ed alleati
hanno diviso lo scarso pasto
con gli sfollati del Borgo
hanno raccolto coi loro
bambini dagli occhi pieni di fame
rami di robinia per scaldarsi
nelle cascine sparse di Travacò
hanno pianto i morti in silenzio
hanno esultato all’arrivo dei ragazzi dell’Oltrepo.
I fazzoletti neri si sono tolte
per imbandire una tavolata
giù alla buona sull’aia
per tutti polenta
era primavera inoltrata di libertà.

(Territorio un tempo Piemonte, posto a pochi chilometri da Pavia, tra il Ticino ed il Po)


IMPRESSIONI RINASCIMENTALI

Il volo del
falcone si alza alle
spalle di un servo
sorride il sole
al vento sulla
facciata della
Certosa _ galoppano
i cavalli – e la luna proietta i
suoi giochi
irreali sui
campi la gente
semplice nelle
capanne teme
l’invasore francese
dormono le
cento torri
illuminate
da fiaccole
fumanti.
Al di qua
della cinta
muraria
il Broletto
e lo “Studio”
proiettano
le loro ombre sulle vie.
Passano i
secoli ed
eccomi nel
XXI con le sue angosce
fermo lo
sguardo sul
castello

mi emoziona
pensare a
quel servo
e alla sua
gente antica
e senza difesa.


UNA DONNA

Da Pavia

cammina una donna
lungo la via
deserta sotto il sole
graffiano i ciottoli
i tacchi delle scarpe
tra mattoni ed edere
nell’afa silenziosa
respira la suggestione
di essere nel cuore
della sua città
in fondo un po’ in ombra
è un angolo
dal nome longobardo
il silenzio le
parla di una vita

Da Fiume

cammina una donna
sola coi suoi ricordi
per una salita
le pietre del Carso
le graffiano i piedi
le stesse di un’infanzia
rubata tra mare
e gabbiani lungo la scia di navi esotiche
nell’aria un profumo
di memorie mai
dette di una città tradita
Fiume è la nostalgia
di una vita non facile
e lei ride mentre
guarda un’altra città*
distesa lungo il mare.

*Un’altra città perché oggi Fiume si chiama Rijeka

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