Pubblicazione realizzata dal Club degli autori quale premio, in quanto autore 1° classificato al Concorso Città di Melegnano 2021 Sezione Narrativa
POSTFAZIONE
Raccontare è stato ed è il fil rouge della nostra lunghissima amicizia; il modo per tenere sempre vivi quegli stimoli, quelle comuni necessità che, altrimenti, avrebbero rischiato l’ossidazione del tempo. Tuttavia, malgrado l’incredibile quantità di storie vissute e raccontate in trentacinque anni di condivisione siamo riusciti solo raramente ad avvicinarci alla nebulosa luce in fondo al tunnel e, in questo estenuante tentativo, abbiamo percorso diversi generi: una ricca e proficua collaborazione teatrale, la scrittura a quattro mani di sceneggiature cinematografiche e la produzione di video clip di animazione.
Le Parole sono sempre state i fanti del nostro sgarrupato esercito con cui abbiamo affrontato l’Altro in tutte le sue accezioni, e con cui tentiamo, oggi, di rendere un degno omaggio al rocambolesco percorso della nostra esistenza. Ma come?
Leggo questi racconti e rabbrividisco all’idea di scrivere poche righe che siano una degna presentazione alla tua raccolta – mio unico e grande compagno di viaggio – ma non posso sottrarmi perché raccontarti è raccontarmi senza smettere mai di scavare nella realtà, sempre alla ricerca di un perché, fra trionfi e sonore sconfitte. E allora mi chiedo, cosa ha continuato a ispirarci nel percorso umano e letterario che abbiamo condiviso? Non ho dubbi, i sentimenti.
Potrà sembrare ripetitivo e generico, ma i modi differenti e allo stesso tempo complementari di raccontare sono il sentiero in quel tunnel che faticosamente tentiamo di percorrere, sempre spinti indietro dalle nostre paure, alla ricerca, in ogni fase della vita, di un modo d’amare che possa metterci, finalmente, al sicuro.
Come diceva Pier Paolo Pasolini: «Io so, ma non ho le prove». Ebbene, anch’io so che i nostri obbiettivi sono decisamente altri e ci pongono a volte su posizioni contrastanti, eppure, lo scopo ultimo della nostra scrittura è fortemente ancorato alla stima che nutriamo come intellettuali l’uno dell’altro. «Io so, ma non ho le prove» che affabulare sia il risultato non solo di personaggi più o meno riusciti che si raccontano, siano le parole non dette di una solitaria piega sul copriletto, di un insolito ritardo o l’assurdità di un rapporto a giovedì alterni nella giustificata ma non realmente voluta radicalizzazione della solitudine.
Quante emozioni nelle frasi sommesse dei grattacieli che riflettono i raggi del sole nelle ombrose strade di una metropoli che, subito dopo l’Undici settembre, ha iniziato ad alzare gli occhi e guardare il suo cielo minaccioso, o dei visi sfocati di comparse che si muovono nel caos sempre alla ricerca di un qualche tipo di ordine a loro sconosciuto.
Forse non ho le prove ma so che tutti questi particolari all’apparenza irrilevanti sintetizzano il Tutto, creano l’idea.
Questo è il mondo di Lino Belleggia, raccontato con uno stile amabile che ti accarezza l’anima e ti incoraggia anche quando la sua penna diventa il mezzo per raccontare la violenza, il distacco e la paura. Io so e finalmente ho le prove; questa è la luce in fondo al tunnel che nella sua semplicità percorre il senso oscuro del nostro tempo portando il lettore a chiedersi cosa ci sia dietro, davanti o sotto ogni timida e apparentemente banale azione della quotidianità.
Che sensazione meravigliosa immergersi in quel lampo di luce ma, purtroppo, come l’invadente vastità dell’oceano rimane indifferente di fronte al dolore così dopo una illuminante pagina non resta che, magicamente, scrivere la parola fine.
Una sera carica di tensione: cena tu e lui, da soli. Il silenzio. Il televisore spento… Oppure…
Giovanni Nardoni