Opere di

Louis Aragon


Isabelle

Amo un’erba bianca o piuttosto
Un ermellino dai piedi di silenzio
È il solo che si dondola
Ed è Isabella dal mantello
Color di latte e d’insolenza.

(Le Mouvement Perpétuel, p. 13)


Serratura di sicurezza

La mia parola
La mano presa nella porta
Troppo impegnato amico mio troppo impegnato
Per così dire
O
Passatemi la parola
grazie
Ho la chiave
Il chiavistello si rimette a ruotare come una lingua
Dunque.

(Le Mouvement Perpétuel, p. 21. Marzo 1920)


Il mio amore

Diranno ad un uomo non si conviene di parlare del suo amore in pubblico. Risponderò che un uomo non ha niente di superiore, di più puro e di più degno di essere perpetuato del suo amore, che è quella musica stessa di cui parla Porzia1, e che è vigliaccheria e debolezza aver timore di mostrarlo a tutti. Vorrei venisse il giorno in cui, guardando nelle tenebre della nostra vita, gli uomini possano vedervi risplendere una fiamma, e quale fiamma potrei alimentare se non quella che è in me? Mio amore, sei tu la mia sola famiglia dichiarata ed io vedo il mondo attraverso i tuoi occhi, sei tu che mi restituisci questo universo sensibile e che mi riconduci ai sentimenti umani. Coloro che, con una stessa bestemmia, negano l’amore e ciò che io amo, fossero ure capaci di schiacciare l’ultima scintilla di questo fuoco di Francia, io elevo di fronte ad essi questo piccolo libro di carta, questa miseria di parole, questa raccolta di magie perdute; e che importa ciò che ne sarà, se, nel momento dell’odio più profondo, ho mostrato per un istante a questo paese straziato il volto risplendente dell’amore?

1 Personaggio di Shakespeare.

(Les Yeux d’Elsa, prefazione. Nizza, febbraio 1942)


O mio Amore, mio Amore

O mio amore, mio amore tu sola esisti per me
in quest’ora triste del crepuscolo
allorché smarrito il filo del mio poema
e quello della mia vita e la gioia e la voce.
Ho voluto sussurrare: – Ti amo.
Ma queste parole fanno male quando tu non ci sei.

(Le Crève-Coeur, p. 11)


I lillà e le rose

O mese di fioriture, mese di metamorfosi
maggio senza nubi e giugno trafitto
io non dimenticherò i lillà e le orse
e tutto ciò che la primavera ha custodito tra le sue foglie.

Io non dimenticherò mai la tragica illusione
il corteo, le grida, la folla e il sole
i carri carichi d’amore, i doni del Belgio
l’aria trepida e la strada ronzante d’api

il trionfo audace che fa avanzare la lotta,
il sangue che nel rotto annuncia il bacio
e chi volle morire in piedi sulle torrette
sommerso dai lillà di un popolo impazzito.

Io non dimenticherò i giardini della Francia
aperti come messali di secoli scomparsi
né lo smarrimento delle sere, l’enigma del silenzio
le rose lungo il cammino percorso
la smentita dei fiori al vento del terrore
ai soldati che passavano sull’ala della paura
al delirio delle biciclette, all’ironia dei cannoni
al pietoso vestiario dei falsi campeggiatori.
Ma io non so perché il turbine d’immagini
sempre mi riconduce alla stessa fermata
a Saint-Marthe. Un generale in nere frasche
una villa normanna al limite del bosco
tutto tace, il nemico riposa nell’ombra
ci hanno detto stasera che Parigi si è arresa.
Non dimenticherò i lillà e le rose
e i due amori che abbiamo perduto.

Bouquet del primo giorno, lillà, lillà delle Fiandre,
dolcezza dell’ombra dove la morte si fa belle le gote
e voi bouquets della ritirata, tenere rose
colore dell’incendio lampeggiante lontano, rose d’Anjou.

(Le Crève-coeur, pp 46-47)


Re dei miei dolori

Che il sole muoia o rinasca
il cielo ha perduto i suoi colori
mite Parigi della mia giovinezza
addio primavera del Quai-aux-Fleurs
io resto re dei miei dolori.

Fuggite i boschi e le fontane
tacete uccelli ciarlieri
i vostri cani sono in quarantena
è il regno degli uccellatori
io resto re dei miei dolori.

Fu un attimo di sospeso silenzio
quando Giovanna venne a Vaucouleurs.
Ah, tagliate a pezzi la Francia
il giorno aveva questo pallore
io resto re dei miei dolori

(Le Musée Grévin, p. 18)


Un giorno i miei versi

Un giorno Elsa i miei versi che saranno la tua corona
E che mi sopravvivranno perché sarai tu a portarla
Li si comprenderanno meglio nella loro diversità
Per quel riflesso su di loro che nascerà dai tuoi capelli
Un giorno Elsa i miei versi a causa dei tuoi occhi
Dei tuoi occhi penetranti e dolci che sapranno vedere
Domani come nessuno negli ultimi fuochi della sera
Un giorno Elsa i miei versi li si comprenderanno meglio
Allora si sentirà sotto l’accento del delirio
Sotto le mute parole i gridi dell’irragionevolezza
Da questo amore per te scaturirà la fioritura
Dei grandi roseti umani promessi al futuro
Allora si intenderanno i battiti del cuore
Allora si intenderà il singhiozzo sotto la pietra

Si saprà che la mia notte preparava il mattino.

(Elsa, pp 124-125)


Mi si prenda per un criminale

Mi si prenda per un criminale
Ma io amo d’un amore illimitato
Una creatura carnale
E questo amore si faccia eterno
Oh Salomone mia Sulamita

Ti adoro da quando amo
Mia tentazione di sempre
Mia donna per me sempre uguale
A cui brucio le mie poesie
Elsa i miei unici amori.

(Le Fou d’Elsa, pp. 224-225)


Il futuro dell’uomo

Il futuro dell’uomo è la donna
È il colore della sua anima
Il suo respiro il suo sussurro
Senza di lei non è che un bruto
Non è che un nocciolo senza il frutto
Dalla sua bocca esce un vento selvaggio
La sua vita è quella dei distruttori
Con le sue stesse mani la distrugge
Dichiaro che l’uomo è nato puro
La donna per l’amore
Del vecchio mondo sta cambiando tutto
In primo luogo la vita e poi la morte
E tutte le cose condivise
Il pane bianco i baci appassionati.

(Le Fou d’Elsa, pp. 166-167)


Che sia domenica…

Che sia domenica o lunedì
Sera o mattino mezzanotte o mezzogiorno
Nell’inferno o in paradiso
Gli amori agli amori rassomigliano
Sembra ieri che t’ho detto
Noi dormiremo insieme.

(Le Fou d’Elsa, p. 78)


Un giorno tuttavia verrà…

Un giorno tuttavia verrà un giorno color d’arancio
Un giorno di palme un giorno di foglie al vento
Un giorno felice in cui gli uomini s’ameranno
Un giorno come un uccello sul più alto ramo

E con la più grande naturalezza vi esisterà
La gioventù dell’amore e gli occhi di pervinca
Profumi più profondi e aurore più chiare
e il tenero infinito di cui mi circondano le tue braccia.

(Le Fou d’Elsa, p. 377)


Le rose di Natale

Quando eravamo il bicchiere rovesciato
Un ciliegio sfiorito nei turbini bigi
La terra sotto l’erpice il pane spezzato
O gli annegati che traversano Parigi
Quando eravamo fieno giallo pestato
Il grano saccheggiato e l’imposta battente
Il canto che smuore la folla piangente
Quando eravamo il cavallo stramazzato
Quando privi in Patria di cittadinanza
Andavamo raminghi senza domani
Quando tendevamo a spettri di speranza
La vergognosa nudità delle mani
Allora quelli che scesero in strada
Foss’anche un momento per subito cadere
Furono in pieno inverno le nostre primavere
Il loro sguardo fu il lampo di una spada
Natale Natale quelle aurore furtive
Restituirono a voi uomini di poca fede
Il grande amore per cui si muore e si vive
Il domani che di ieri si fa erede
Oserete ciò che il loro dicembre osa
Mie belle primavere di scampato pericolo
Ricordate l’intenso profumo di rosa
Quando la stella ai pastori fu veicolo
In pieno sole scorderete la stella
Scorderete come finì quella notte
Quando il vento tenderà le scotte
Scorderete la morte d’Ifigenia bella
Piange la porpora sulle ciglia delle prataiole
O se s’imperlano d’un sudor di sangue
Scorderete la scure sempre in cerca di gole
Le vedrete con occhio che assente langue
Non può a lungo tacere il sangue versato
Scorderete donde venne il raccolto
E l’uva delle labbra sul terreno sconvolto
E il gusto amaro che il vino ne ha serbato


Le mani d’Elsa

Dammi le tue mani per l’inquietudine
Dammi le tue mani di cui tanto ho sognato
Di cui tanto ho sognato nella mia solitudine
Dammi le tue mani perch’io venga salvato.
Quando le prendo nella mia povera stretta
Di palmo e di paura di turbamento e fretta
Quando le prendo come neve disfatta
Che mi sfugge dappertutto attraverso le dita.
Potrai mai sapere ciò che mi trapassa
Ciò che mi sconvolge e che m’invade
Potrai mai sapere ciò che mi trafigge
E che ho tradito col mio trasalire.
Ciò che in tal modo dice il linguaggio profondo
Questo muto parlare dei sensi animali
Senza bocca e senz’occhi specchio senza immagine
Questo fremito d’amore che non dice parole
Potrai mai sapere ciò che le dita pensano
D’una preda tra esse per un istante tenuta
Potrai mai sapere ciò che il loro silenzio
Un lampo avrà d’insaputo saputo.
Dammi le tue mani ché il mio cuore vi si conformi
Taccia il mondo per un attimo almeno
Dammi le tue mani ché la mia anima vi s’addormenti
Ché la mia anima vi s’addormenti per l’eternità.


Opera da grande spettacolo

L’amico senza cuore o il teatro
Addio
Chi è troppo allegro
cioè troppo rosso
per vivere lontano dalla luce delle ribalte
Della sala
funicelle pendenti
Delle quinte
non si vede che una nuvola dorata
macchina-volante
Il Regista credeva all’amore d’André
i tre colpi
L’uccello prende il volo
Avevano dimenticato di allestire la scena
Baccano
Il burattino versa lacrime di legno
Per Prendere Congedo

Louis Aragon

Ritorna a salutare

(Feu de joie, p. 32)


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