Opere di

Lucia Marucco


A DANIELA

Mi vieni incontro con festa di sorrisi,
come un quadro di primavera
mano nella mano…a due fiori
da poco sbocciati.
Ben tu hai fatto
aprire questi germogli
ai raggi del sole.
Ti ricordo intrepida ed ansiosa
inneggiante all’amore
confusa tra bagliori di speranza
ed incredulità
in cerca di radici profonde
in cui immergere ben saldo il cuore.
Ed ora in te l’eternità si specchia,
le finestre dell’anima si spalancano
su cieli luminosi
su estati di raccolti.
Perché tu già allora, così acerba
nei tuoi anni di semina
sapevi che donare la vita
è sconfiggere la morte.


BAMBOLE MORTE

I bambini che sanno leggere la vita
sul viso degli adulti.
I bambini che conoscono il cielo
da cui provengono.
Sbocciati da semi dell’infinito
sono la fiaba della vita.
E tu che fai vivere ituoi giochi
tu m’insegni la luce.
Le tue bambole pulsano, fragranti di risa
Tu ne cogli l’anima, tu sai, tu capisci.
Lo spazio in cui mi muovo
è un canto che s’agita in una gabbia
e le ombre che ricoprono il mio cuore
son bambole morte.


COGLI LA PAROLA AMORE

Fluttuano nell’aria le parole
come foglie d’autunno danzano.
Sono voci, suoni nel vento
Accenti che si espandono
e si posano su oggetti, su vicende.
Su persone.
Oggetti e vicende richiamati
da quel definito rintocco
emergono agli occhi della mente
come ninfèe dall’aqua dello stagno.
Ma la parola non è quell’oggetto o quel fatto.
La parola è una farfalla
capricciosa, voluttuosa. Può posarsi
su altri mille eventi, mille oggetti.
E noi, come genti divise da suoni
popoliamo le nostre torri di Babele
senza abitare l’ignoto che ci unisce.
Qualcuno decise per noi le attribuzioni
come fiori imposti, e noi seguiamo.
Cogli la parola amore (l’unica, l’essenziale).
L’uomo separa le lingue, come separa i popoli,
in seimila suoni.
Seimila diverse voci per affiorare
seimila diversi “amore”.
Ma lo legge il vento
ed ogni uomo
che l’amore è uno.


L’ALBERO MORTO

Stonato fra i suoi verdi fratelli,
isolato nel giovane prato in fiore,
leva le nude braccia contorte
imploranti in ultima preghiera,
l’albero morto.
Rami scolpiti dalla tirannia dei venti,
offesi dalle arsure del sole,
testimonian le tante stagioni.
Mille venti e mille soli
han ferito la sua pelle
ove la rugiada s’arrende
e la pioggia è solo un pianto.
Cominciò a perder l’anima
quando ospiti migratori,
non più protetti dal fogliame
rifiutaron il vecchio nido.
Forse la linfa l’abbandonò
e si lasciò spegnere il cuore ferito.
Ormai non cela più la sua tragedia.
Parcheggio di falchi e d’avvoltoi
offre la sua nudità a cielo aperto.
Così pietrificato e inaridito
come uno schizzo in bianco e nero
è spettacolo d’arte e di morte.


L’OROLOGIO DELLA NONNA

La catena d’argento antico – l’inciso
I fregi dolci – che accarezzano il tempo
danno il piacere povero del ricordare.
A cosa vale – quando son spezzate le ossa
e consumate le carni – il perdurare delle cose?
Tutto lambisce il trionfo della cenere.
Andò senza chiudere la porta
per tornare da quel nulla – da dove proveniva.
Un alito della sua anima
ancora non si è spento – riluce nei riflessi
degli argentei ricami – ignota cellula vagante
nel suo lungo percorso – verso la mia carne.


IL PESCATORE

C’è una grande rete sul globo
che intrappola anime.
Anime che ignorano la luce e non odono suoni
continuamente oltraggiate dalla vita.
Iene e sciacalli percorrono le vie più buie
alla ricerca delle maglie più deboli.
Facile l’impresa per le vie del mondo.
Il mondo ha fame, è debole, cede
il silenzio, la solitudine lo fanno nudo.
Là dove nascere è maledizione
è il terreno più fertile al pescatore.
I pescatori del mondo si adunano
In antri oscuri ove nessuno giunge
e, complici, allargano le loro reti
rendon più agile il loro mercato
e più dure le catene dei dannati.
Piccole voci tendono ad arginare la marea
ma debole è il vento dell’innocenza
E l’eco si perde nei cieli del globo.


COTONE 100%

Scosto l’etichetta
e scopro il marchio
altamente esibito.
Made in INDIA.
E negli occhi, occhi di bimbi
severi, adulti.
Giochi soffocati
dai nostri consumi.
E nelle orecchie click -clack
di vecchi telai di legno.
Dolci visi di giovani donne
avvolti in silenziosi sari
i colori del cielo e dei fiori d’India.
Visi di filiera tristi ed alteri
accettano, consapevoli
segreti di sogni rubati.
INDOSSARE UNA CAMICIA DI PURO COTONE E’PIACEVOLE
un annuncio al mondo
DORMIRE IN UN LENZUOLO DI PURO COTONE E’ CONFORTEVOLE
Ma chi potrà dormire il sonno
che non ha peccato?


IL FRINGUELLO

Se non è il tiepido desiderio
dell’aria a rammentarmelo
col bianco ciliegio – a illuminarmi il cielo
e il roseo pesco – a coglierne l’aurora

se non è il fruscìo – dell’ansiosa siepe
il bisbiglìo d’amore – d’impazienti insetti
a pormi messaggi – di piumate primavere

se non è il voluttuoso mare
a reggere il timone del tempo
o la canzone della giovane pioggia
ad aprirmi alla stagione ardente

lo è l’inno audace ed antico
dell’innamorato fringuello
che per l’etere dipana il suo canto
annunciando all’amata
risvegli di passione.


AL TICINO

Quanti anni consumò – la carezza dell’onda
per scavare, addolcire – i bianchi sassi di cristallo?
Il mio nudo pensiero – si specchia nel silenzio.
Nel dondolio dell’acque – sciacquo le mie vesti.
Aiutami o fiume a levigare – le pietre del mio tempo
svelami il tuo volto – la tua eterea preghiera.
Acqua che incontri l’anima – e i segreti del mondo
accogli il mio sonno – la nudità del mio pianto.
Trascina nei gorghi – le ferite del mio viaggio
e fanne cibo – per l’eterno mare.


IL FARO

Quando salii il pendio – di giorni acerbi e bui
lasciando brume e nebbie – per la valle dei ricordi
un’ombra vagheggiava – a fianco dei miei passi
quieta e rassegnata – spiando ogni mia sosta
per poi riprender piede – proseguendo io il viaggio
Come un faro guidò – la nave in balia dei venti.

Scendendo poi la china – del gravoso cammino
ove sentieri più dolci – si snodano nel verde,
quando il dolore allentò – il morso lancinante,
come nebbia diradata – si sciolse l’ombra amica.
Forse lontano evase – per strade impervie, buie
a illuminar altri passi – smarriti nella vita.


IL MANTELLO

Che fragile involucro – per avvolger l’anima
ci ha dato il Padre.
Già nudi nel primo mattino – mille batteri son pronti a ferire
e nella fame si scioglie il pianto.
Ma col fragile mantello – corriamo incontro al sole
sfidando le battaglie – il pericolo e la morte.
In pieno giorno – con l’amore nel cuore,
come torrente impetuoso – che deraglia il suo corso,
scaliamo le vette più ardite – dell’impossibile.
La lotta incede continua.
La sera troppo presto si leva.
E vorresti trattenere – l’amato,odiato mantello,
anche roso e consumato – disperatamente con tutto l’ardore
Ma l’anima non la puoi fermare,
come non puoi fermare il vento.

09/01/2008


LE CASE

Le case non son aridi sassi – ma
scrigni – di battaglie e amori.
Dischiudono gli occhi – al tocco del sole.
L’anima tenue delle viscere
esplode – nell’incanto del risveglio.
Una mano già tende le lenzuola
bianche di luce, e maglie e camicie.
Fra le tende si celan sospiri
che le mura trattengon gelose.
Mentre il mare – spumeggia eterno
volteggiando sassi – sulle dolci rene
le case rifugian– le fronti dei viventi.
E a sera rinserrano i segreti
fra le pudiche persiane,
indugiano – negli occhi dei bimbi
e con loro affrontano – il buio dell’anima.

Borghetto 21–07–09


ALBERO SOLITARIO

Sono un albero solitario
alla ricerca di una storia.
Come l’ape cerca nel vento
profumi di fiori
che consumino narici di gioia,
cerco una terra generosa,
che mi germogli l’anima.
Una pioggia per rinnovare semi d’amore,
un vento per gonfiare le flosce vele.
Un canto, un’ancora
un attracco
per dragare sogni naufraghi.
Dove sono?
Vivo?
Ho dimenticato il gioco.
Il canto del ruscello.
La dolcezza della sera.
Le mie ossa a cielo aperto?
Ciò che mi uccide è noia.
Ciò che mi manca
è,
una scusa per vivere.

12/1983


AMORE IN FESTA

Fu un giorno in cui fiorì una rosa
che il bruco divenne una farfalla.
E le corolle invitate dal sole
esibiron passi di danze e riverenze
Nel grande palcoscenico vitale
gli attori tutti conoscevan la parte.
Ognuno bevve il calice della vita
ed inneggiò canti e musiche divine.
Altri fiori altri applausi
e profumi e suoni a salutare il giorno.
La fragranza dell’amore si riversò sui prati
e nell’anima verde del tempo
a conquistare i mille passi del vento.
Il fiume dal suo sonno millenario
vide e non parlò . Indifferente.
Nemmeno quando,
farfalla animata dal vento,
amai…
ed ebbi in dono le celesti ali.


VENUTI DA LONTANO

Siamo solo un anello – della catena della vita
un frammento di luce – che percorre il cielo.
Lontano e nebuloso – è il germoglio primordiale.
E il soffio aleggiante – che destò il sonno dell’anima
nella creta del primo impasto – giace al nostro fianco.
Sebbene così remoti – i semi della memoria
abbracciano i nostri cuori. – Eterni, silenziosi ospiti.
Sorti nella rugiada del mattino – al primo gettito di luce
siamo figli della foresta – degli oceani, delle montagne
anche noi frutto di quel tempo – che seminò le stelle nel cielo.

10-01-09


NON RICORDAVO...

Non ricordavo che l’amore
affondasse le sue radici – così lentamente
così silenti – e pur così profonde
da capovolgere il cielo
e le tue più ferree certezze.
Eppure lo raccolsi molte volte
come un fiore velenoso – ebbro della sua bellezza.
Mi sollevò fra le nubi – mi abbracciò nell’etere
violentò la mia quiete – sferzò i miei giorni.
Un calice voglioso – che dissetando
spreme la sete. – E ancora non lo conosco.

09-07 09


CONDOMINIO

Il cielo è morto.
Aggrappati ai nostri nidi
stiamo, come volatili sugli alberi
in bilico nel sonno.
Terzo, quarto, quinto ramo
l’amaca dall’alto ondeggia
nel corpo dei sogni.
Arrampicati nei silenzi
dimentichi di vita
rasentiamo la morte.
Tutto è spento tranne l’amore.
La nudità della notte gioca
con la nudità dei corpi.
Lucciole di silenzi,
che svanirete come ombre cinesi
nel domani della grande luce
chiudete su di noi le magiche ali
inondateci con la dolce
vellutata morte.

06/01/2009


IL GABBIANO

Mentre noi bloccati a terra – con le ali infrante
la sabbia negli occhi – il mare fra i capelli
consumiamo acerbe parole – verso le intruse folate,
un gabbiano s’adagia – come piuma sul vento
si ferma leggiadro – come pensiero d’amore
si ciba nel vento – si serve del vento
ne piega la forza – a suo modo e arbitrio
…lui solo…
altero, sa rubare – l’anima al vento.

15-07-2008


I PENSIERI

Sono preda dei miei pensieri.
Ma voglio essere anche il cacciatore
dei miei pensieri.
Voglio fare un viaggio fra le mie foglie appassite.
Il pensiero è un lampo
che si staglia nel cielo
ma è anche un lungo viaggio
che giunge dalla porta del tempo.
La conquista dell’isola di luce
in un oceano di tumulti primordiali.
Su spiagge calde – su sabbie di silenzi
voglio adagiare i miei pensieri – grondanti
dolcemente – come piume al sole.

01 /11/09


L’INFINITO RITORNO

Quante volte tornò la primavera ?
Quante volte alberi vissuti
di canti d’uccelli
persero il sonno?
Quante volte s’involaron per l’etere
melodie pressanti di vita?
Quante volte il primo tenero verde
commosse il sole?
Quante volte volteggi frementi
di fruscii d’insetti
si levaron in gloria pei cieli?
Quante volte la terra abbracciò il sole
per festeggiarne il ritorno?
E a me…
una battuta d’ali di colibrì
per gioirne.

10-03-2003


IL SILENZIO DEL MARE

Ottobre. Mare senz’anima.
Un solo tono : grigio.
Ho udito un fremito di pianto
nel silenzio che ferisce il mare.
Consumato é l’inizio del cielo
e la fine delle acque.
Deserto l’orizzonte
mio unico punto fermo
disperso con le risate dei bimbi.
Antico mare misuriamoci
nell’autunno delle cose.
Nella prigione di un rimpianto, sono
come tradita da un amore.
Voglio spogliarmi della memoria
senza indugiare ancora.
Sottrarmi alle sbarre dell’immagine
Non c’è più tempo per il cielo.
Troppo silenzio uccide.

13/10/08


YESHUA

Chi sta ad ascoltare
Il defluire lento del fiume
seduto lungo il ciglio della vita.
Chi scrive sulla sabbia
e nel cuore umano.
Chi getta l’ira sui mercanti.
Chi dona la vita alla sua preghiera.
Chi uccide un uomo d’altra preghiera.
Chi non sa che uccidere un uomo
non serve ad uccidere il suo credo.

Spira a volte un cattivo vento,
a volte il buon vento
si spande a coprire il mondo.

Longarone 08-06-09


LO SPECCHIO

Devo ritrovare – quei brandelli di me
dimenticati. – Sparsi in angoli remoti
negli abissi – e nelle nebbie dell’anima.
Ricomporre – il puzzle che s’è spezzato.
Scendere – nei miei remoti silenzi
per discernere – e concertare le mie note
e ricomporre – il suono della mia canzone.
C’è uno specchio – che abita il mio essere
ove dimora – la nudità del cuore,
parametro – di sogni, passioni e desideri.
Con lui – voglio cantare in armonia,
riflettere – la mia immagine ricomposta,
oltrepassare – le notti e le tempeste
e ritrovare – la mia scusa per vivere.

13/09/08


IL GIRASOLE

Sono in simbiosi col sole – ai confini della vita.
Ma ciò che più amo in lui – lo scopro in sua assenza.
Nel suo lento passo – attorno al globo
come un girasole – ovunque lo seguo.
E come il girasole – lascio gli occhi ad ovest
quando andandosene – afferma il suo saluto
dipinto nel cielo. – M’inebrio di vermiglio.

Se mi desto nel fango della notte – spio il suo percorso
sotto ai miei piedi. – E piango con la terra e col cielo
nel buio e nel silenzio – la piccola morte.
Al primo getto d’aurora – una cattedrale di luce
imbianca l’anima.



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