Il mio sentire - Emozioni di quotidianità

di

Luciana Poser Germani


Luciana Poser Germani - Il mio sentire - Emozioni di quotidianità
Collana "I Gigli" - I libri di Poesia
14x20,5 - pp. 88 - Euro 9,50
ISBN 978-8831336482

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In copertina: «Alpine River in the Italy» © Tomasz Zajda – stock.adobe.com


Prefazione

Luciana Poser offre la sua silloge di poesie con estrema sincerità e limpida visione, che diventano espressione fedele delle sue intenzioni liriche, sempre ammantate di un’atmosfera poetica che nasce e si alimenta del continuo scandaglio interiore, tra sommesso recupero memoriale e rivisitazione del travaglio esistenziale, tra malinconia e sentimento, che hanno segnato l’animo della poetessa.
Durante il processo lirico si avverte la tensione ad una dimensione più elevata che possa illuminare le percezioni poetiche, irradiare di nuova luce l’universo emozionale e le molteplici manifestazioni del vivere.
Nella trama della vita si miscelano periodi di gioia e dolore, di angoscia per la perdita delle persone amate e dolce memoria che riconducono alle loro figure, innalzate ad una visione lirica struggente e pervasa di un amore immenso, unico e assoluto, capace di sfidare il tempo: ma lei è consapevole che, dopo il momento del “dolce ricordo” non restano che la nostalgia e il rimpianto, la tristezza e la “paura” del futuro.
Luciana Poser sa molto bene che l’“alchimia” del vivere ci cambia, modifica le nostre intenzioni, infrange i nostri desideri/sogni, che nulla è immutabile, e si deve gioire d’ogni istante che il tempo ci regala anche se il dolore per la perdita delle persone amate strazia il cuore, anche se si deve continuamente lottare per sconfiggere le ferite dell’anima ed il senso di vuoto che attanaglia il cuore.
Luciana Poser è una donna che possiede un grande tesoro, l’Amore, che è sostegno per sopportare il travaglio della vita, per dare forza quando si devono affrontare “nuove sfide”, e solo l’Amore può dissolvere il “dolore profondo del cuore”, può cicatrizzare le ferite e il “rimpianto per le cose perdute”, rendere sopportabile l’abissale amarezza e la costante nostalgia.
Lei custodisce nel cuore le gemme della memoria e il recupero memoriale si unisce alla consapevolezza del tempo che scorre inesorabile, segnando numerosi passaggi lirici: ecco allora che la linfa dei ricordi viene tramutata in visione poetica, e riconduce alla “bellezza della vita”.
La visione lirica diventa rapimento estatico davanti alle meraviglie del Creato e, nel susseguirsi delle poesie si ritrovano tali evidenze: il sole “avvolge” con il suo abbraccio; “le gocce” di pioggia “cadono sul cuore / dissetano l’anima”; lo “sciabordio dell’acqua” del mare diventa “musica dolce”, e lei vive un “senso di appartenenza” al mondo naturale, come ad abbandonarsi ad una dimensione senza spazio né tempo, come a fondersi con l’armonia universale.
Sul palcoscenico della vita la magia della poesia cancella il dolore, le angosce e il travaglio, e restituisce la poetessa alla sua profonda “essenza” di donna capace d’amare.
Il “suo sentire” diventa “testimone silenzioso” del perduto amore e dei sentimenti vissuti, che l’hanno lasciata naufraga nella tempesta della vita, ma che non abbandoneranno mai il cuore della poetessa.

Massimo Barile


Il mio sentire - Emozioni di quotidianità


Il mare accarezza
con dita liquide
l’oscurità immobile
degli scogli.
Lo sciabordio dell’acqua
è musica dolce
che infonde un senso
di appartenenza al tutto.
Lontano,
luci sfavillanti
feriscono il buio,
chiassose e innaturali
come una volgare esibizione
che rompe l’armonia della natura.
Solo il volo di gabbiani
disegna luminose scie
nel nero del cielo
mentre sfrecciano liberi e garruli,
padroni del mare e dell’aria.


Stille di pioggia ristoratrice

Cadono sul cuore
dissetano l’anima
dopo la traversata
del deserto degli affetti perduti.

Le note dell’antica ballata
mi portano in un luogo
fuori dallo spazio e dal tempo
in un mondo irreale
ma più mio di quello presente
dopo il naufragio
su questa isola deserta
in cui non ritrovo nulla
della mia vita passata.

Non un sorriso, una carezza
tenerezze così vive e presenti
nella mia mente, ma così lontane.
Appartengono ormai
a una dimensione altra,
vissuta da qualcuno che dovrebbe
essere me, ma che fatico a riconoscere.

Solo un grande amore
anche lui naufrago
mi lega a questa isola sperduta
e solitaria.


Alla Finestra della nave

Alla mia destra
una lama di luce radente
colma di riflessi di diamante
il respiro del mare.

Alla sinistra
immagini di un’umanità
variegata, ma sempre uguale
nell’apparente diversità.
Di là
la vastità del mare
dà la misura della bellezza
incommensurabile dell’universo.

Qui, invece,
la vacuità e l’illusione
di poter sconfiggere
con la falsa allegria
le ferite e il vuoto della vita.

Sento,
nel profondo, di appartenere,
piccola goccia, all’immensità dell’acqua.

Ma vivo, e questo mi fa partecipe,
mio malgrado, di quest’altro mondo.


Mi guardo intorno e vedo solo vuoto.
Fotografie che parlano di una vita finita.
Tu bambino dolcissimo o giovane vichingo biondo
mi osservi dal fondo di una cornice d’argento.
Sei qui, dentro di me, non ho dimenticato nulla
della nostra vita, piena, felice, drammatica,
ma sempre nel segno di un amore immenso.
A volte, scambiandoci i ruoli, per diventare
amici complici o compagni di una vita difficile,
sempre oscillante fra gioie e dolori insopportabili.
Ma era la nostra vita.
Non l’avrei mai voluta diversa.
Quando mi hai lasciato una parte di me
si è spenta perché non avrei più vissuto
le emozioni e il senso di compiutezza
che solo tu mi davi.
Ora che anche l’altra áncora della mia esistenza
è stata levata per il lungo viaggio senza ritorno,
mi restano solo nostalgia, rimpianto e tristezza.
Forse anche per me è tempo di ripensare alla mia vita.
Fortunata forse no, ma ricca di tanto amore.
E questo mi aiuterà a sopportare le nuove sfide che
ancora verranno, sicuramente difficili. A volte
l’incognita del futuro mi angoscia, ma cerco di vincerla,
vivendo dell’oggi, fiduciosa che forse il destino
ha ancora in serbo qualche dono inatteso
che illumini di nuovo i giorni che mi restano.


Sulla caducità delle nostre vite
l’acqua scorre
ora pioggia sottile, benefica
portatrice di nuova linfa.
Copre la natura di doni splendenti
e le nostre anime
di gioie ineffabili e profonde.
Ora l’acqua diventa uragano
gonfio di forza bruta.
Travolge ogni ostacolo,
lascia macerie, distruzione
morte e angoscia infinita
nei nostri cuori.
Ma alla fine
il sole sorge ancora,
trionfa nuovamente
superbo e vitale
a ricordarci la bellezza della vita.


Canto per Venezia

Un cielo grigio perla, opalescente
si confonde con l’acqua
che lo replica uguale.

Gabbiani in volo radente
mescolano il loro colore
in toni uniformi e diversi.

La terra emersa
reclama la sua esistenza
innalzando una sparuta linea di verde.

Alberi solitari
tentano di rompere la piatta laguna
ergendosi al di sopra della linea dell’orizzonte.

Paesaggio surreale.
nuvole e acqua infondono
un senso di leggera malinconia.

È come se la grandezza passata
la sua altera e inimitabile bellezza
avessero lasciato il posto
a un sentimento di nostalgia
e tristezza pudicamente contenuta.

Ora, sublime e unica città,
sei preda di occhi frettolosi, distratti
che si avventano su di te come avvoltoi.
Pochi sanno dei tuoi fasti,
della tua orgogliosa libertà
del tuo spirito fuori dalle bigotte
convenzioni del tempo.
faro di luce che si irraggiava
Nel buio come la stella più luminosa.

Come una antica aristocratica signora
lasci ancora intravedere quello che fosti.
Gli anni passati hanno tolto splendore,
ma non hanno mutato il tuo fascino,
la tua luminosa perfezione
i colori che si sono fusi in gradazioni
perfette e armoniose.

Gli anni passati hanno aggiunto
il rimpianto per le cose perdute,
l’amarezza per tanta bellezza violentata,
la nostalgia silenziosa per un mondo
passato e definitivamente perduto.


Appartengono al mio passato
i volti che, all’improvviso,
si affacciano alla mia mente.
La casa di ringhiera,
le figure delle vecchie
che vivevano accanto, che,
io bambina, notavo per la devastazione
che il tempo inclemente
aveva operato sulle loro figure.
Allora non mi ponevo domande
sul loro vissuto, sulle sofferenze
passate, sulla vita che conducevano.
Ora, che quelle immagini
sono diventate disegni senza spessore,
mi soffermo a chiedermi quante ferite,
quante delusioni o quanto amore
abbiano dato e avuto.
Vorrei dare un’anima a quei volti,
ma posso solo immaginare
e provare per loro la tenerezza
delle cose perdute, dei momenti fugaci
in cui le nostre strade, per un tempo breve
si sono intersecate e divise.
È riandare a quella stagione
in cui tutto era ancora da scrivere.
Tentare di capire come il vivere
ci cambia e ci modella
secondo alchimie che nessuno
può prevedere o mutare.
Ora che sono passati così tanti anni
la distanza che mi separa da quel mondo
non l’ha allontanato, al contrario
me lo rende più vicino e vivo
perché lì sono le mie radici,
che non posso e non voglio dimenticare
perché senza di esse sarei come
un albero, disseccato e morto.
La linfa dei ricordi alimenta
e completa la nostra vita,
ricordandoci la sua caducità.


Storni al tramonto

Nuvole di uccelli neri
forme mutanti, imprevedibili
sfrecciano nel cielo
mettendo in scena uno spettacolo
fantasmagorico e misterioso.
Liberi uguali volano velocissimi
in sintonia perfetta
nel continuo mutare repentino
di forme, disegni, evoluzioni
mai derogando dal loro orizzonte.
Come non sentirsi piccoli, inadeguati,
davanti alla rappresentazione
immutabile perfetta
della grandiosità della natura.

[continua]


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