Opere di

Lysia Neri Dal Moro


Brani tratti da «I miei pensieri»


Giugno, 2012

I DORMITORI di Milano Le periferie, viste dagli chic ipo…)

Ieri sera, tornando da una visita ad amici a Como, demmo un passaggio ad una signora, che chiamerei “la contessa Max”. 
Arrivati alla periferia di Milano, questa disse: «Ma lo sai che ai Circoli (dei Club) come chiamano la periferia? I DORMITORI». «Che vuoi dire, non capisco» ribattei io. «Dove abitano quelli che, lavorano, mangiano e dormono». Mi sono proprio risentita e le ho detto secca, secca (visto che Precotto è in periferia, ma anche i Navigli): «Io sono orgogliosa di vivere dove sprezzantemente chiami DORMITORI, e di far parte di quella massa che lavora, mangia e dorme, piuttosto che di quei bellimbusti che vivono alle spalle di questa massa e che tu frequenti e che addirittura magari anche rubano, come il prato fiorito».


28 Aprile, 2013

IL PRIMO BOMBARDAMENTO A POGGIBONSI (Siena)

Mio padre aveva un’industria di mobili e tanti operai, ma aveva dovuto chiudere dopo l’inizio dei bombardamenti. E’ quell’inizio, che tu mi hai fatto ricordare, Luigi, amico mio. 
Era forse (?) primavera, ma ancora freddo ed una notte suonò l’allarme. 
Mio padre prese in braccio la mia sorellina, piccolissima, avvolta in una coperta; mia madre si occupò di me; mi mise un cappottino e seguì babbo in un fossato profondo, tirandomi dietro per una manina, perché io camminavo e lei invece, a 25 anni, era stata colpita della sclerosi multipla e faceva fatica a camminare.
Gli Americani avevano buttato i bengala e la notte era più chiara del giorno.
Ci rifugiammo, tutti abbracciati, nella parte coperta dai rovi per non farci vedere.
Cessato l’allarme, mia madre mi strinse fra le braccia e toccò i miei piedini: erano pieni di sangue ed anzi …sanguinavano ancora…
Lei, per la paura e per la fretta , si era dimenticata di mettermi le scarpette ed io, per le stesse ragioni, non avevo neppure percepito il dolore. 
Dopo poche ore, le fortezze volanti, di cui sento ancora il cupo rumore, come un rimbombo, bombardarono la stazione ferroviaria di Poggibonsi ed un quartiere popolare adiacente, facendo centinaia di vittime, colte nel sonno.


6 Gennaio 2014

ANNO NUOVO, RICORDI VECCHI

A cosa sto pensando oggi?
Non lo so… il 2013…è ormai passato ed il tempo non torna mai indietro.
Non c‘è una macchina magica, che ci riporti a quegli anni, pieni di speranze, che ci illuda di poter cambiare il destino avverso di tante persone a noi care.!
Ci rimangono però i ricordi più belli e la gioia, anche se effimera, di riviverli con chi ci ama…

Ecco…oggi penso a quel 28 dicembre 1963, oltre 50 anni fa, in cui una ragazza, per amore, lasciò per sempre quella bella cittadina tedesca, in cui si trovava benvoluta e apprezzata, per sposare quel bel giovane dagli occhi verdi e carezzevoli.
D’altra parte il telegramma era esplicito: “O torni o ti pianto”.
Non aveva potuto resistere ai suoi sguardi, che, quando si posavano su di lei, erano dolci, caldi e timidi; perché aspettare a “coronare il loro sogno d’amore”?
Frasi fatte, mi direte,… ma non è così……Allora era veramente qualcosa di grande; una sposa indossava la candida veste, segno della purezza del suo sentimento. In quel giorno si sentiva una “regina”, non solo la regina del suo cuore, del cuore del suo “principe azzurro”, ma al centro del suo piccolo “universo”, i parenti e gli amici più cari. Così mi sentivo io quel giorno di 50 anni fa.
Eravamo partiti da Milano in auto con un nebbione, che si tagliava con il coltello; gli invitati, provenienti dalla Toscana e dal Veneto, in un pulmann privato.
L’alto Piemonte ci accolse con i suoi paesaggi mozzafiato e, spazzata via la nebbia della pianura, col sole splendente e tanta neve. Ed ecco la nostra mèta, la piccola Chiesetta di Valduggia, ora monumento nazionale, e poi …
Quando entrai al braccio di mio padre, un uomo bellissimo, l’organo cominciò a suonare la marcia nuziale ed il fratello maggiore del mio futuro sposo, un tenore del Teatro Lirico di Genova e più tardi de La Fenice di Venezia, cantò l’Ave Maria di Schubert, forse più emozionato della prima volta, che aveva cantato al Bolshoi di Mosca…Era comprensibile …si sposava il suo “fratellino”.
E poi… continuano quei ricordi e scorrono le immagini come in un film…
Finita la cerimonia, una lunga fila di auto…in testa la FIAT 1400 di mio “marito” con noi due, guidata da mio cognato con accanto mia sorella, ed in coda un autobus; non il solito, pieno di sciatori, ma di gente vestita elegante, che ammirava quel paesaggio o sonnecchiava.
Ed ecco Scopello Valsesia, vicino al Monte Rosa, le vette innevate che rifulgevano al sole in tutto il loro splendore. C’era tanta allegria quel giorno!
L’albergo ristorante “Rosetta”, che sembrava incastonato in una corona di boschi e picchi coperti di neve, ed i raggi del sole, ci avevano fatto dimenticare la nebbia di Milano. Fummo accolti con calore proprio dalla signora Rosetta con tutto il personale, che faceva ala al nostro passaggio.
Che gioia! Con l’incoscienza dei verdi anni, avevo perfino dimenticato che la mia mammma adorata non c’era più da oltre dieci anni… e pensare che l’avevo sempre sentita così presente!
C’erano però a me vicine le persone a noi più care, fra cui i miei nonnini Anna e Vittorio, mio padre, quelli che erano da poche ore diventati, “mamma Carolina” e “ papà Umberto”; mia sorella Ivetta e mio cognato Fausto, sposatisi a maggio 1963, i fratelli e le sorelle di mio “marito”, gli zii ed i cugini, e gli amici; e poi …c’erano i nostri sogni…
Gli anni passano veloci, cinquanta! Due anni fa pensavo felice di fare una grande festa; ora NO, non lo avrei voluto festeggiare, perché il 28 di ogni mese è diventato un giorno doloroso per me,.ma…
il 28 di Dicembre 2013, questa sorpresa stupenda, che hanno organizzato “coloro, che 50 anni fa erano sì e no nei nostri sogni”: i miei figli edi miei nipoti e tutti coloro che erano lì, a Scopello proprio nel …2013!
Di tutti gli invitati del 1963, c’era solo Fausto, mio cognato e testimone; alcuni del Veneto e della Toscana erano troppo lontani, e la maggior parte ormai c’erano solo nello scrigno più prezioso dei nostri cuori, compreso mia sorella. Il mio Roberto, il “popino”, dal cielo, ci guardava ed era come se mi avesse mandato un SMS, simile a quella volta di Giulia: “Scusami, mamma,.volevo venire con Anthea, ma non posso; però è come se ci fossi; vi sono vicino e vi voglio tanto bene!”
In fondo ,… è stata una bella giornata; ci siamo sentiti amati e festeggiati da tutti coloro che nel 1963, erano veramente NEI NOSTRI sogni e desideri! Grazie, grazie a tutti…


DOMENICA DELLE PALME, 2014

A cosa sto pensando oggi, Ho letto un bel post, un po’ triste e un po’ gioioso del mio caro amico Luis e allora… mi sono chiesta quali erano i ricordi delle mie tante “Pasque“…
Ho scoperto che ho strani ricordi, vaghi sprazzi, come video irreali…
“Rimembro ancor”, fino al 1995, ch’io vissi a Poggibonsi, la gioia, assai effimera a ripensarci oggi, di sfoggiare il tailleurino nuovo.
Doveva essere il Sabato Santo, dopo che a mezzogiorno erano state sciolte le campane, che allora suonavano festose…e penso e ho strani flash: mi rivedo bambinella con la mia Ivetta; dopo cena col mio babbo, (la mia mamma non poteva camminare e rimaneva a casa), in via Maestra e in Borgo Marturi a fare il giro per Poggibonsi delle vetrine delle macellerie, addobbate a festa. 
Era così??
Poi Milano… e… al Lunedì la gita ai laghi…e dal 1957 fino al 1962…il vuoto, cioè no; mi ricordo la mia prima Pasqua a Londra. col parroco della Chiesa Cattolica; fra noi parlavamo in LATINO e ci capivamo benissimo! 
Poi il buio…
Sia in Inghilterra, che in Germania, che nella cattolicissima Spagna, la Santa Pasqua non era sentita come da noi in Toscana!
A forza di pensare che non avevo ricordi, mi è però venuta alla memoria una gioiosa settimana di Pasqua in Veneto nel 1967 con i miei nonni, Vittorio e Anna, ospiti dei miei suoceri.
Loro non erano mai stati in quei luoghi e li portammo anche a Trieste.
E poi nel 1980 a Portogruaro in taverna, una lunga tavolata di circa 25 persone, quelle a me più care, ancora nel mio cuore: il mio babbo adorato, mamma Carolina e papà Umberto, Ivetta e Fausto con Roberta e Patrizia, Bepy giovanissimo ed i nostri due bambini, Stefano e Roberto, mio zio Primo, Betty ed i fratelli di mio marito, Maria, Gino, Nini e Paola con Chiara e Laura, Rita e Patrizio. Ricordo la gioia di quella giornata, bella… anzi bellissima.
Grazie, Luis di avermi riportato ad una Pasqua straodinaria, proprio oggi, che sento maggiormente la mancanza di tutti loro!
AUGURO… a voi giovani, un futuro migliore, ed a noi “maturi” un sereno “autunno della vita”!


Agosto 2014

IL CONTADINO ED IL GIOVANE PRETE DI CAMPAGNA

Un giorno d’estate un contadino stava tornando a casa dal mercato col suo calessino.
Faceva un gran caldo; il cavallo arrancava, perchè la strada era erta e polverosa.
Ad una svolta, vide sul ciglio un povero prete, con la tonaca tutta inzaccherata, molto giovane, e decise di chiedergli dove andava e se voleva un passaggio.
Non lo conosceva però, e non l’aveva mai visto; era imbarazzato e non sapeva come rivolgergli la parola, come doveva chiamarlo?
Poi prese il coraggio a quattro mani, scese e gli chiese: «O che volete salire?», dandogli del Voi, poi constatando la sua giovane età, s’impappinò e subito aggiunse «Oh, scusatemi, io dò del VOI a LEI, perchè TU sei un prete!»
Era il nuovo parroco della Chiesetta del piccolo borgo! Tutta questione di rispetto!


15 Ottobre 2014

GIUNSE, FINALMENTE, LA DESIATA PIOGGIA…

E giunse alfin la desiata pioggia, ma, come in ogni cosa, c‘è il “PRO” ed il “CONTRO” ……
Un soffuso senso di malinconia, copre ed avvolge tutto intorno a me e…
mi pervade…
Ieri… col sole… non avevo notato … il maestoso fico, che protende le sue adunche rame
verso il cielo plumbeo, spogliato ormai anche degli ultimi fichi,
preziosa linfa per il freddo inverno di merli e di stornelli…;
quelli che ora si gettano a stormi sui polposi e colorati cachi.

Scomparso ormai il favoloso manto dell’autunno; restano gli abeti e la magnolia,
l’alloro ed i cipressi, che van dal verde al giallo, e poi l’ulivo;
ecco unica nota gioiosa, con il rosa e il rosso dei suoi fiori, è l’erica.
Tutto il resto dorme e le grandi foglie delle piante dei banani
stanno afflosciandosi e seccandosi, ma …,
mentre rifletto e osservo e, ancor più triste divento
per i ricordi ed i pensier, che mi affollan la mente,……

ecco ch’io vedo… e quel che vedo mi rallegra il cuore…
una piccola ed “insignificante scenetta” ed io?
Una sciocca ed “insignificante nonnetta”, che si intenerisce …… 
alla vista di un passerotto e di un fringuello, che si litigano un pezzettino di panettone,
un po’ più grosso, mentre un bel merlo becca tranquillo le briciole di quello, che io ho messo per loro in una vaschetta; e la sua compagna beve incurante
alla vicina ciotola dell’acqua… E quei due sciocchi, di diversa razza,
saltano e a turno perdono e ricuperano quel boccone, mentre ce ne son tanti uguali … in quella tazza…
E penso…… e mi convinco …… che similmente succede …
fra gli UMANI, che di umano hanno, è ver, sì poco!
Domani è un altro giorno e… si vedrà!


22 Ottobre 2014

Un luogo del cuore:

IL VALLONE DI POGGIBONSI (Siena)

Erano gli ultimi giorni di un freddo mese di ottobre, quando alle 14, con mia incredula sorpresa, un caro amico dei verdi anni, dall’altro capo del mondo, mi vide su Skype e mi contattò; da lui era già quasi mezzanotte, mi disse…
Grande fu la gioia di ritrovarsi e di parlare dei tempi che furono, ambedue lontani dalla nostra bella ed amata Toscana, pieni di nostalgia per quei luoghi. 
E parlammo e piangemmo anche, ricordando qualcuna/o della nostra compagnia, che ci aveva lasciati prematuramente. E ricordammo i nostri cari, le piccole monellerie di una volta, i nostri giochi ed…il VALLONE! e il BOVE… e, a proposito di questi, mi inviò una bellissima poesia:, che iniziava con un’invocazione, quasi un gemito:
«La mia piccola valle, Il mio vallone!
Dove scalzo correvo nei meriggi
mentre s’illanguidiva il mondo alla calura»
…etc… etc…
e terminava così:
«giace la sotto il mio cuore di ragazzo!»
Lui l’aveva scritta in un momento di grande dolore, rivedendo, dopo tanti anni, quel luogo per noi incantato, allora deturpato della sua bellezza… il vallone…ormai solo nei nostri ricordi!
Io l’avevo postata su Face Book e glielo avevo scritto, pensando di fargli piacere, ma mi richiamò immediatamente ed io dovetti scusarmi per aver violato la sua intimità!
La tolsi subito dai miei post. 
A me era sembrata tanto bella! E non avevo mia sorella con cui condividere i miei pensieri e la gioia che qualcuno ricordasse ancora vivide le immagini di quei luoghi tanto cari e ormai perduti, come la Fonte delle Fate; il Bove, la parete scoscesa da cui ci lasciavamo scivolare; il Tennis e la salita che ci portava là, dietro le mura del castello, fiancheggiata da cipressi e pini, e la mia Fortezza, quella dei miei nonni, quella della Cappellina, con la pala d’altare scomparsa, dove con mia zia Irma facevamo il Presepe; quella del forno a legna del 1700, dove si facevano i dolci per le feste con i nonni e gli zii; quella dove mia madre ci portava da piccole, passando per il Poggettino e poi si finiva la passeggiata andando alla Villa di San Lucchese, la cui signora (non l’ultima, la signora, ma quella precedente), era la madrina di mia madre……
 Amico mio carissimo, lontano, eppur vicino col cuore, siamo degli inguaribili romantici o nostalgici di un mondo perduto! Un abbraccio a te, se mi leggi da quella terra lontana e …… non volermene, …ho riportato solo tre righe della tua poesia!
Buona serata a tutti, soprattutto a coloro che ricordano il VALLONE, la notra piccola valle!


6 Aprile 2015

IERI, SABATO

“Questo di sette è il più.gradito giorno”, diceva il nostro grande Leopardi del SABATO!
Ed aveva ragione, perchè ieri per me è stato un bel giorno; mia cognata Maria è venuta a trovarci ed alla sera abbiamo avuto ospiti i nostri carissimi amici, Cristina ed Ermanno.
E poi inaspettati, e proprio per questo ancor più graditi, due episodi, che mi hanno addolcito il cuore, dandomi un senso di tenerezza, di soddisfazione, che descriver non so! La gioia di essere riuscita a carpire, o meglio guadagnarmi, la fiducia di due creaturine tanto diverse.
“Non essere prolissa, bambina mia!” – sento la voce dolce di mia nonna Anna – “ tanto lo so che vuoi raccontarmi il film, che sei andata a vedere…!”
Dunque,…ieri… erano forse le cinque, cinque e mezzo di un pomeriggio pieno di sole e decisamente primaverile… Stavo mettendo acqua fresca nella grande vasca delle ninfee e dei pesci rossi; ero appoggiata ai fili di ferro che circondano “il laghetto“…( la pozza), quando,………
ad un metro da me o poco più, è arrivato il mio amico “Mago Merlino”, un bel merlo , che vive con la sua compagna e 3 piccoli nella nostra siepe.
Se toso l’erba, mi segue a ruota; viene con tutta la famiglia a mangiare la “zabobba”,
che preparo per loro con latte e farina di mais,…
ma non pensavo che sarebbe arrivato a tanto ……
Di fiore in fiore, di vaso in vaso, è sceso sul bordo del vaso di coccio del papiro, immerso nell’acqua. Era a 50 cm. da me e beveva tranquillamente… poi è saltato sulla rosetta della pompa di ossigenazione e depurazione, ed infine…è entrato nell’acqua, proprio dentro, sulle radici delle ninfee e si è messo a lavarsi e pulirsi, sbattendo le ali ed aiutandosi anche col becco.
Avrei voluto fotografarlo, ma non avevo niente e così sono rimasta lì, immobile, a guardarlo affascinata. Poi è volato via zurlando…Ma non è finita… verso le 9 stavamo quasi per andare a cena, quando …è arrivato “Mister X”; ve lo ricordate? Sally e Mister X? Il riccio dell’anno scorso, che vi racconterò più dettagliatamente…
Ha mangiato ed è venuto nel covo di polistirolo compresso, che gli feci, nell’angolo, vicino all’entrata. . Ero felice!Quando siamo usciti a mezzanotte, abbiamo guardato con la torcia ed era a dormire tranquillo ed io …… anche più tardi!
Oggi… invece “tristezza e noia “ recheran le ore …ed io me ne sono andata a fotografare i banani (dopo la cura) ed altri fiori, che mi ricompensano del tempo che io dedico a loro!


Maggio 2016

QUANDO IL “DESTINO” CI METTE LO ZAMPINO

Sally era nata, come si dice, “con la camicia”, unica femmina di una cucciolata di maschi.
Regina, la sua mamma, era una “cocker spaniel marrone” con tanto di “pedigree” ed aveva vinto diversi concorsi. Inutile dire che tutta la famiglia degli UMANI aveva accolto con gioia l’arrivo dei cuccioli, che sarebbero stati venduti appena possibile, eccetto la femmina.

I suoi guai però erano iniziati presto… quando il Dr. Angelo, il veterinario, era venuto a visitare i neonati ed aveva sentenziato tristemente, che lei, proprio lei, la piccola Sally non era di razza pura, era cioè una “bastardina”, e non sarebbe servita per la riproduzione con pedigree.
La famiglia degli Umani aveva preso male questa notizia ed aveva cominciato a trascurarla e farle mancare le coccole e le tenerezze, che donavano agli altri, dando ai suoi fratellini anche la precedenza alla poppata.
Dicevano che non obbediva ed era ingestibile, per cui avevano deciso di portarla al Canile Municipale ed abbandonarla lì.
Sally non aveva capito perché da un giorno all’altro si era ritrovata sola, senza la sua mamma ed i suoi fratellini. Se ne stava in un angolo del recinto, quasi pensasse di essere fra le zampe della madre e aspettava… e, quando arrivava qualcuno, si alzava e correva a salutarlo, sperando di tornare a casa.
Un giorno, era venuto qualcuno; l’aveva vista ed aveva pensato che fosse quasi di razza pura; voleva portarla via per farla coprire e poi vendere i suoi cuccioli: una fabbrica di soldi insomma
Il Direttore del Canile però non aveva accettato; Sally aveva bisogno dell’amore e dell’affetto di una famiglia; aveva già troppo sofferto.
Quanto è strano il destino! Quello stesso destino, che le aveva giocato quel brutto tiro, stava invece per donarle tutto; un “dottore” aveva “involontariamente”, (almeno si spera), rovinato la sua vita, solo a pochi giorni dalla sua nascita, ma…una sera… due “dottori”, Cristina ed Ermanno videro in casa di amici un “reportage” in TV sui canili e sulle condizioni, in cui vivevano quelle povere bestie.
Da due anni era morta d’infarto la loro cagnolina, così decisero: 
Al mattino si recarono al Canile Municipale e videro…tanti occhi imploranti e velati di tristezza. Un cagnolino in miniatura era libero ed andò a mordere i calzoni del dottore e le sue scarpe, e poi…videro Sally. ……
Cara dolce piccola Sally, che si era seduta vicino alla rete ed uggiolava, come se piangesse.
La dr.ssa Cristina avvicinò la sua mano al recinto e lei gliela leccò, come se volesse baciargliela e si strofinò alla rete.
Sally aveva fatto breccia nel cuore dei due Umani, che sbrigate tutte le necessarie pratiche e riempite le scartoffie, se la portarono subito via. Erano felici come bambini, sicuri che anche ai loro figli avrebbe fatto piacere riavere un cucciolo.Tirarono fuori la cuccia, che era stata di Lillina, e la posizionarono di nuovo vicino alla porta di entrata, al coperto.
Sally capì subito che sarebbe stata sua da allora in poi e vi prese subito posto. Poi le fecero fare un giretto in giardino e lei si mise a correre felice come una matta intorno ai cespugli.
Così ogni sera , quando tornavano a casa i dottori ed i figli, Sally dava a tutti il suo caldo benvenuto e dimostrava loro tutta la sua gioia nel rivederli, Li aveva aspettati tutto il giorno!
Sally, altro che “Sally disobbediente”, io direi “ Sally, la dolce”, affettuosa, buona e…generosa! Sentite questa e , se potessi mostrarvi le foto, non avrei bisogno di spiegarvi perché!
Una sera di maggio, verso le 21, cominciava a farsi buio; in strada non passava più nessuno, da andare a salutare ai cancelli del giardino e così Sally decise di mettersi un po’ nella sua cuccia, in attesa che “mamma e papà Umani” la invitassere a dormire in casa come ogni notte.
Salì i gradini e si avvicinò alla sua bella brandina, ma… indovinate chi c’era?
Proprio lì, al suo posto… eh, no! Questo era troppo!
C’era a dormire Mister X, un bel riccio, tutto arrotolato come una palla!
Lei aveva già avuto a che fare con questo Mister …un giorno che lo aveva trovato a mangiare alla sua ciotola ed un altro a fare il bagno nella vaschetta della sua acqua da bere!
Allora non era riuscita completamente a farlo allontanare ed aveva lasciato perdere.
Questa volta però lui aveva passato i limiti! Quella era la sua cuccia e…neppure tanto grande!
Cercò così di buttarlo fuori con le zampe, ma bucava,,,Provò ad abbaiare per chiedere aiuto ai suoi Umani, ma niente di niente; così decise che questa volta non gliel’avrebbe data vinta ed entrò nella cuccia insieme a quell’impiccione invasore e si acciambellò come lui!
E fu così che la trovarono i dottori e la fotografarono.
Sally allora si alzò a sedere e li guardò con un’aria triste e implorante, come se li pregasse di toglierlo da lì, quell’intruso, usurpatore pieno di aghi e di spine, ma nello stesso tempo rimase nella cuccia, ferma e immobile, come se volesse loro dire: Aveva vinto la sua battaglia per la vita; aveva difeso il suo diritto all’amore dei “suoi” UMANI!
Non solo però…… aveva anche trovato uno spinoso amico e compagno di letto!
Sì. perchè quella fu la prima volta, ma non l’ultima; Mister X aveva trovato confortevole e morbido quel cuscino e innocua quella cuccioletta !


28 Aprile 2016

UN SOGNO

Un caro amico, che ha perso come me un figlio, mi ha influenzato ieri sera con un dolce messaggio: «Cerca le persone che hai amato negli occhi degli altri, le troverai.
Condividerete il dolore dell’esservi perduti… E sarà di nuovo amore».
E così questa mattina mi sono svegliata con il ricordo di un sogno, che ho fatto stanotte.
Ho sognato il mio Roberto, che era venuto a trovarci con la sua “compagna” e con la nostra nipotina.
Stavamo intorno ad un grande tavolo con tutti i parenti. 
La piccola An mi si è avvicinata, mi ha abbracciata e poi mi ha detto: «Nonna, mi ci vorresti tu ad aiutarmi in matematica, come faceva papà!> 
Allora io le ho detto: «Va bene, tesoro, andiamo di là in quel salottino, che ti spiego subito quello che non hai capito».
Lei è corsa di là ad aspettarmi, ma… la sua visione angelica, il suo visetto dolce, e quegli occhi neri e profondi come il suo babbo, e quel sorriso… il sorriso di Roberto… sono scomparsi con lei e con gli altri…
Ed io mi sono ritrovata, (sempre in sogno), a casa mia; è squillato il telefono ed una vocina flebile e triste mi ha sussurrato: «Nonnina, io ti aspettavo, ma tu ti sei dimenticata di me! Non sei venuta!»
Come avrei potuto dirle, anche se solo in sogno, che era per sua madre?


Febbraio, 2018

“LASSU’ DOVE VOLANO LE AQUILE”

“Dort oben, wo die Eagles fliegen”

La giornata è fredda e umida; il fuoco nel caminetto langue. Prendo allora da una cesta alcuni vecchi giornali, conservati proprio per accenderlo; li strappo, arrotolo qualche pagina e la butto sul fuoco con un po’ di legnetti. La fiamma divampa improvvisa e lingue rossastre e gialle illuminano tutt’intorno e… fra quelle vecchie carte vedo una copia del Frankfurt Allgemeine Zeitung.
Da quanto tempo è lì, mi domando? Ah, forse lo portarono le mie amiche tedesche, Trixie e Helga, quando vennero a trovarci…La data è illeggibile, così come molte pagine macchiate o scolorite… Anche la prima pagina è ingiallita; un lungo articolo a grandi lettere attrae la mia attenzione:
“Gestern ein Grossartiger Mann ist gestorben”, cioè IERI è SCOMPARSO UN GRANDE UOMO. Sto per buttare tutto sul fuoco per ravvivarlo, ma leggo un nome… mi ricorda qualcosa,. ma che?
E poi vado avanti e traduco mentalmente… “ Herr Doctor Kevin Michael W……, Presidente dell’importante Wichtigen & W. Society è deceduto improvvisamente all’età di 79 anni”; incuriosita, continuo a leggere: “ Era figlio del proprietario di una piccola pasticceria di provincia, vicino a Stuttgart, che produceva dolci già nel 1880.
Il Dr. Kevin W. , con la sua tenacia, molta intelligenza ed anche fortuna, capì che quel piccolo laboratorio artigianale della famiglia avrebbe potuto diventare la prima industria dolciaria, come è stato, fondandosi proprio sulla produzione di prodotti, unici nel loro genere, secondo una ricetta della bisnonna…… etc……etc.”
Kevin Michael W.? Era forse Miky? Quel Michael, che avevo conosciuto negli anni 50 in Svizzera a Schiaffhausen? Continuo a leggere e mi convinco sempre di più della sua identità… ed i ricordi riaffiorano alla memoria e sento una strizza di dolore al cuore per la sua morte,…forse era stato felice ed anche…grande!
Ora si affollano le immmagini di quel giorno e mi sommergono e ad un tratto mi trovo a rivivere quel passato lontano… Ero andata, per migliorare il mio tedesco, a Konstanz, ma abitavo a pensione in un paese vicino, da cui arrivavo in treno.Ogni week-end mi recavo in luoghi caratteristici, per prima la bellissima Isola di Mainau. Ero in Germania da qualche settimana soltanto e non mi ero fatta amiche o amici; volevo solo visitare nuovi paesi e villaggi, venire a contatto con la gente comune e parlare, conoscere i loro costumi, le usanze, la vita insomma, tanto diversa a prima vista da quella della mia Toscana o di Milano…Quel sabato decisi di andare a vedere le Cascate del Reno a Sciaffosa.
Le trovai eccezionali e ne rimasi incantata; mi misi a fare foto al paesaggio, alla gente, agli animali, agli alberi, ai fiori e…, e qualcuno notò quella ragazzina alta e snella, sola senza amici, che, con la sua macchina fotografica, saltava da una roccia all’altra, incurante del pericolo, ma piena di entusiasmo… ero io.
Ricordo come se fosse oggi…avevo una gonna grigio-scuro plissettata ed un maglioncino di cotone a vita lunga, azzurro scuro, quasi come vanno ora di moda. I miei capelli erano lunghi e folti con riflessi ramati, raccolti a coda di cavallo. E’ vero, ero alta, circa 1 metro e 67, come quando avevo 9 o 10 anni; (quante volte avevo pianto da bambina, perchè dicevano che sarei diventata alta come mio nonno ed io pensavo “come fo a trovarmi un marito, se divento troppo lunga?”).
Ma tornando a quel giorno…Mi si avvicinò un bel giovanotto e mi chiese, in un Italiano perfetto, se volevo che mi facesse una foto davanti alle cascate, con la mia macchina. Accettai con piacere.
Era un bel ragazzo, di qualche anno più grande di me; aveva i capelli biondi e gli occhi azzurri; alto e slanciato, sembrava un Vichingo. Si presentò…”Piacere, io sono Miky W. “- aggiunsi. A mezzogiorno andammo in un bar ed ordinammo due panini e due birre. Chiacchierammo del più e del meno, poi lui cominciò a farmi un sacco di domande su quello che facevo, dove avevo studiato, di dove ero, e cosa avrei fatto il giorno successivo, che era domenica. Mi sentìi imbarazzata e come aggredita; e, chiaro e tondo, gli dissi che prima doveva lui iniziare a raccontarmi chi era e che faceva nella vita… Quasi quasi si offese e divenne scuro in volto… poi sorrise… e incominciò: e «Ja, gnaedige Fraeulein…… Eccoti servita… – e continuò – fino a sei o sette anni fa, con i miei genitori trascorrevo le vacanze in una baita di loro proprietà sulle Alpi del Trentino ed è per questo che parlo bene l’Italiano; con noi venivano anche i miei nonni paterni, quando chiudevano il forno per 15 giorni di vacanza in settembre. Conoscevo alcune persone del paese vicino, ma non avevo fatto amicizia con nessuno… (proprio come me, pensai io).
Preferivo andarmene nei boschi da solo per vedere qualche capriolo o scoiattolo; con uno avevo fatto quasi amicizia; non incontrai mai un orso.
Un giorno.però…… vidi un’aquila reale, che volteggiava alta nel cielo e mi affascinò con le larghe e lente volute delle sue ali; mi sforzai di seguirla mentre volava, ma andava sempre più sù, verso le alte vette. Mentre correvo guardando verso il cielo, andai a sbattere in un “essere vivente”, caldo e morbido, che mi abbracciò per non cadere insieme a me. Il mio cuore sobbalzò,… un orso!
Per mia fortuna, era un vecchio montanaro con i pantaloni di pelle grigi e la casacca verde, i calzini rossi ed il cappello di paglia. Con la sua saggezza mi spiegò che non era salutare camminare con la testa per aria nei luoghi difficili e pericolosi… come avevo fatto io…
Confuso e grato, lo ringraziai e gli chiesi: «Ma signore, come faccio allora ad arrivare lassù, dove volano le aquile? Come posso raggiungerle?»
Ed il saggio uomo mi rispose: «Ragazzo mio, dovrai con tenacia e coraggio, forza di volontà e costanza, studiare, lavorare e guardare al futuro senza arretrare mai davanti alle difficoltà, ma cercare sempre di risolverle… Allora soltanto arriverai anche tu… lassù, dove volano solo le aquile» e così detto scomparve nel bosco…»
Miky, (cioè Kevin era, ora ne sono certa), aggiunse: «Vedi, Lys, io ho in mente grandi progetti per il mio futuro. Perché non ci troviamo domani mattina a Costanza, alle 10 sotto l’orologio del molo sul Reno, così ti dico qual‘è il mio sogno?»
Acccettai con piacere, ma… alla domenica mattina pérsi il treno e… non ci vedemmo mai più!
Non ci eravamo scambiati gli indirizzi, né i numeri di telefono, solo i nomi,… i cellulari non c’erano ancora! Peccato!
Da quell’articolo, io ora so per certo che Kevin (o Miky, che fosse) aveva seguito i consigli del vecchio montanaro e capìi che era arrivato “lassù, dove solo le aquile volano”, un grande uomo che ora aveva raggiunto anche l’infinito…
Riposa in pace, Kevin.


10 DICEMBRE 2018

BUON COMPLEANNO, AN…!

Vorrei oggi poterti stringere in un caldo abbraccio, mia cara An…, la mia piccola donna, che cresce!
Non posso farlo, non possiamo farlo nessuno di noi, nonni e zii paterni! 
Vorrei poter essere felice, come quel 10 dicembre 2005, anche se dovemmo aspettare due settimane per vederti…senza tenerti in braccio. Ti vogliamo tanto bene e ti auguriamo, con tutto il nostro cuore, di essere felice e di riuscire a realizzare, per quanto possibile, i tuoi desideri. Lo studio e la volontà saranno i primi mezzi, che, uniti all’amore eterno del tuo papà, ai suoi insegnamenti ed al suo esempio di vita, un esempio di bontà, gentilezza e onestà, ti faranno crescere come lui sognava e desiderava.
Noi speriamo che un angelo dal cielo ti sussurri le stesse parole di tuo padre: “Piccola mia, tu hai altri due nonni, che sono il mio papà e la mia mamma” E che tu un giorno risponda ancora: “Ma allora perchè, papà, non invitiamo anche loro alla festa dei nonni?”
Quella volta ci chiamò subito, il tuo babbo, piangendo. E ogni pomeriggio, quando veniva a prenderti a scuola, ci telefonava dall’ auto e, quando sentivi lui che diceva: “pronto, mamma ?”, tu gridavi “ CIAO, NONNA” Era musica per il mio cuore ed io mi sentivo appagata da quella SOLA PAROLA, che nascondeva affetto ed amore!
Un giorno mi piacerebbe che tu leggessi la filastrocca “CHE COS’È UNA MAMMA” di Francesco Pastonchi, e pensassi a me, alla mamma del tuo adorato babbo, alla tua nonnina, che ti ha sempre voluto e che ti vuole tanto bene, anche senza vederti. Sei sempre nei suoi pensieri.


26 dicembre 2018

NOSTALGIA

A quest’ora della sera mi è presa una struggente nostalgia della mia terra natia, di Poggibonsi e delle sue verdi e a volte rosse colline, dove vissi felice la mia infanzia e fanciullezza;
chiudo gli occhi e passano, come in un lungo metraggio, i ricordi,…… una dolce visione della mia Siena, dove trascorsi gli anni miei più belli da studentessa, piena di sogni e di “chimere“…
e poi … come uno tsunami mi travolge……… mamma non c‘è più…
tutti ci proteggono …le bambine…… babbo è tanto dolce, ma è ancora così giovane e…… si risposa; una “matrigna“…; andiamo stare a Milano. dai nonni materni e dagli zii,… e poi l’Università e il desiderio di evadere e allora… mi rivedo ……con la mia sorellina, di soli 16 anni, a Londra; 
bella,…cara Londra, i tre anni di studi ed il sapore della libertà. della responsabilità,… e poi via in Germania, konstanz, Boeblingen, e la frenesia di imparare, di conoscere nuove terre,… e la Spagna,…… Malaga, Torremolinos e poi ancora Deutschland, Darmastadt …e infine ritorno a Milano…
ed ecco la mia Milano…Questa è la città che io amo, quella che mi ha visto sposa e poi mamma felice; Milano, bella e frenetica, pulita e rispettosa delle regole; la mia Milano, in cui abbiamo cresciuto i nostri figli; quella città, in cui ho potuto lavorare e mettere in pratica il mio spirito intraprendente, il piacere di trattare con i Clienti e i fornitori anche stranieri…
Ma gli anni passano veloci , arrivano i grandi dispiaceri e la cerchia dei miei affetti si restringe e una fitta al cuore mi ricorda coloro che non ci sono più……
Ed io mi sento…… vecchia… ed ecco la voce di mia nonna Anna (87 anni)…: «Bambina, io non sono vecchia, sono solo anziana!»; aveva ragione…????

AUTUNNO, 21 ottobre 2018

Ieri era una magnifica giornata; l’autunno la faceva da padrone con i suoi sgargianti colori,… il verde cupo della magnolia, il pallido verde dei limoni e quello elettrico dei banani; e dietro … il rosso stupendo dell’acero e quello giallo del faggio……ed io ho deciso di aiutare il giardiniere ………
e mi sono messa a potare l’alloro a fungo ed i kiwi, che allungano i loro tralci fino sul caco del vicino; ed infine i rosi …… e senza accorgermi ho tagliato un bel bocciolo. O my God, che peccato ! E stavo per accorciare ancora il fusto, quando ho visto una bellissima rosa……
Mio marito mi incitava: “taglia basso, accorcia…” , -“Uffa, Bepy, se ascoltassi te,…taglierei tutto!” E allora…… io ho deciso…… e invece di tagliarla …… piuttosto…… di fotografarla, quell’ultima rosa di stagione,… come me, (non per bellezza, eh)…

INVERNO, 22 Febbraio, 2019

(la stagione della mia vita)
L’INVERNO è ormai sul suo viale del tramonto, ma ancora arcigno e freddo, deciso a non cedere il passo alla prorompente e giovane Primavera, mostra le spoglie e adunche rame di kiwi e di more, ma non riesce a bloccar l’edera in fiore, simbolo della nuova stagione……

Grazie a tutti quelli che hanno incrociato la mia strada… OGNI PERSONA che incontri lascia una traccia nella tua vita e tu nella sua;…la tua vita si arricchisce dell’esperienza di altri ed impara ad analizzare diversi punti di vista e diversi modi di concepir la vita, il cammino che ci porterà … NON SI SA QUANDO,…… in un aldilà, da cui solo Gesù (per i Cristiani) è tornato; davanti ad un Dio dai mille volti e dai mille nomi … nell’eternità.
THE END


Una storia vera in 3 atti


I ricordi di una bambina emigrante

Quel giorno volevo che fosse diverso per Sofia e Davide, i miei nipotini di cinque e sette anni, come lo era per me. Sarebbe stato bello se ci fosse stata anche la piccola Anthea, quello però è solo un sogno, destinato a rimanere una pia illusione… e poi è un’altra storia…

Era sempre una gioia grande averli ospiti per settimane. Fu così che ebbi l’idea di portarli ad un parco giochi speciale, dove conobbi una bella signora poco più giovane di me. Con i miei nipotini parlo spesso in Inglese o Tedesco per richiamarli all’ordine e lei, sentendolo si congratulò con i piccoli e con me.

Simpatizzammo subito e fu così che ci demmo appuntamento per i giorni seguenti e che la nostra diventò un’amicizia destinata a durare nel tempo,…ancora oggi.
In quel periodo si parlava dei bambini degli immigrati; il governo voleva mandarli in scuole separate e si facevano tante proposte, una più vergognosa dell’altra.
Fu per quello che un giorno mi parlò della sua famiglia di origine e della sua infanzia di bambina, figlia di emigranti, in Francia.

Questa è la sua storia, la storia di Françoise,…
nata a L., non lontano da Parigi, da genitori originari, uno del Friuli e l’altra del Trentino, un paesino in provincia di Bolzano; è quella della loro famiglia, del loro incontro fortuito e delle cause che li costrinsero a lasciare la loro terra per un suolo straniero, ma ospitale!
Suo padre si chiamava Umberto.

La spensierata infanzia di Umberto, fra le montagne incantate

Fino al 1915 Umberto era vissuto con la sua famiglia dalle parti dei Laghi di Fusine, oggi dei tre confini, Italia-Austria-Slovenia, in una grande costruzione di pietra e legno, una masseria insomma, con annessa una segheria; lì c’era anche una bella chiesetta di pietra viva, fatta erigere dal nonno.

Lavoravano i tronchi dei pini e degli abeti, che venivano tagliati nei loro boschi in montagna e negli appezzamenti di terreno intorno alla casa.
Problemi economici non ce n’erano, eccetto la distanza dalla scuola per i due figli più piccoli: lui, Umberto, che era nato il 12 gennaio e l’altro , Niccolò, il 25 dicembre dello stesso anno.
Erano arrivati dopo 18 anni dalla sorella e 20 anni da altri due fratelli gemelli.
La mamma diceva sempre che i due piccoli erano i figli del “tramonto” (la fine della fertilità), che voleva lasciarle un ricordo, ma loro non capivano cosa voleva dire e nemmeno se ne curavano. Tutti li adoravano ed i fratelli maggiori li consideravano quasi come figli.

Quando la neve era alta dovevano andare a scuola con gli sci o fare tanti chilometri a piedi con delle tavolette di legno legate sotto le scarpe, ma al pomeriggio si divertivano un mondo con le piccole slitte, che aveva fatto per loro il papà. La vita era proprio bella! Ma la felicità non è destinata a durare a lungo…


La prima grande guerra, che sconvolse l’Europa
Malattie e macerie lasciò dietro di sé, ma la vita continua

All’inizio della prima grande guerra tutta la famiglia si dovette trasferire al paese natale della nonna, in un vecchio casale e molti ettari di fertili campi, situati fra il Veneto ed il Friuli, ricevuti da lei in dote per le nozze.
Quando i combattimenti si fecero più cruenti, Umberto, non ancora decenne, ed il fratellino Niccolò vennero mandati dai genitori in un piccolo paese dell’ Italia Centrale, ospiti di una famiglia amica, nel tentativo di risparmiare loro gli orrori di un conflitto e della miseria.

Quando tornarono a casa però, trovarono problemi ancora maggiori, perché la situazione economica faceva acqua da tutte le parti, ma soprattutto perché la famiglia era sprofondata nel più cupo dolore e avvilimento per la morte del padre di Umberto e di uno dei due gemelli, suoi fratelli maggiori ; il primo sul Carso, l’altro a Roma per la “spagnola”.
Erano rimasti solo i nonni e la mamma (di Umberto) a mandare avanti tutto.

Finita la guerra dunque, cominciò per tutti una nuova vita, lì in pianura, dove presero ad allevare mucche e vitelli, e coltivare viti, anche se con enormi sacrifici.
I problemi più gravi erano venuti dalle loro proprietà in montagna.
Erano morte proprio quelle due persone care, (il padre e il fratello di Umberto),che mandavano avanti l’azienda montana, e la mamma, d’accordo con i nonni, dovette decidersi a vendere tutto, eccetto proprio la chiesetta, sulla cui facciata spicca ancora oggi una pietra commemorativa a ricordo del patriarca, che la fece costruire. (Io l’ho visitata. N.d.A.)

Mentre i grandi, ormai lavoravano, i fratellini ripresero gli studi in parte interrotti, in parte proseguiti nel loro “esilio” e li continuarono, sollecitati da tutti, orgogliosi dei loro successi.

Umberto finite le “tecniche” a Padova, non volle lavorare nell’azienda agricola, ma insieme ad un suo amico d’infanzia mise sù un laboratorio d’ idraulica.
L’indovinarono e l’attività sembrò prendere una buona piega. Avevano molti clienti e ben presto ebbero bisogno di ragazzi, come apprendisti.
Anche Niccolò disertò l’agricoltura e diventò un bravo odontotecnico, lasciando al resto della sua “grande-ora-piccola” famiglia la conduzione dei campi. Oramai c’erano solo i nonni, la mamma, la sorella e il fratello maggiore, l’unico che si era salvato dalla “spagnola”, quell’influenza che decimò intere famiglie e non ce n’era una che non piangesse la perdita di una persona cara!


La seconda guerra mondiale,
le deportazioni, l’esilio e poi la pace

Il mondo però era in subbuglio, i Tedeschi, entrati da alleati, finirono per essere dei nemici, guidati da una belva umana e dai suoi collaboratori.
Venne la guerra e come sempre il Veneto fu saccheggiato, distrutto e la gente portata alla fame e alla miseria. Umberto fu deportato in Germania, ma riuscì a scappare e farla franca, grazie anche al suo perfetto tedesco.

Si rifugiò in Francia, e vi rimase per tutta la durata del conflitto.
Appena seppe però, che l’Italia era stata liberata dagli Americani, fu preso dall’ansia di rivedere la mamma e i vecchi nonni, già provati da tanto dolore per la perdita di un figlio e di un nipote. Lo attenagliava la paura di non trovarli più; lui li rivedeva, piangenti quando i tedeschi l’avevano arrestato; li ricordava, da piccolo, alti e longilinei, dolci ed austeri, attaccati ai loro costumi antichi, come quello di recitare il rosario, quando era il momento o, a turno, le preghiere prima dei pasti.
Lui aveva preso da loro ed era anche troppo severo verso se stesso e verso gli altri, e attaccato ai costumi dei suoi avi.

Il ritorno in Patria e…un incontro speciale

Si mise così in viaggio fra mille pericoli, passando le Alpi con un amico di Valduggia, che conosceva la montagna come le sue tasche, con nel cuore quel desiderio di fare presto.
E…fu in Italia, ma dovette fermarsi per qualche giorno in Val Sesia fin quando non riusci a trovare un mezzo per arrivare alla ferrovia e poi un treno per raggiungere il Veneto.

…E durante quel viaggio incontrò una signorina, accompagnata dai suoi due fratelli.
Era molto bella, con i capelli biondissimi ed un po’ ricci, gli occhi azzurri come il cielo e l’aria timida e compunta. Per lui fu il colpo di fulmine e decise di attaccar discorso con i suoi fratelli, per riuscire a rivederla. Non era difficile però capire, guardandola, che anche lui non era rimasto a lei indifferente.
Scoprì che erano di Bolzano, ma andavano ad Udine, dove ora abitavano.
Fra un complimento, una chiacchiera, il racconto avventuroso della sua deportazione e quello della fuga in Francia, riuscì a convincerli a incontrarsi di nuovo tutti insieme a Palmanova, la domenica dopo.

Penso che tutti abbiano capito come andò a finire quell’incontro, da cui sarebbe nata Francoise.
Si sposarono infatti, ma… in Veneto non c’era lavoro; l’edilizia stentava a decollare e di conseguenza le attività dell’indotto, quali idraulica, falegnameria, ecc.; non restava che emigrare in Francia, dove Umberto era stato durante la guerra.


La Francia e gli emigranti

Là conosceva già qualcuno, che lo aiutò a mettere su un piccolo laboratorio di idraulica. Quando il lavorò cominciò ad essere troppo per uno solo, chiamò il fratello maggiore, che era rimasto a lavorare i campi.

Erano bravi e coscienziosi e tutti li rispettavano ed apprezzavano.
La moglie di Umberto era stata al suo paese un brava sarta, specializzata in camicie da uomo e da donna, per cui pensò bene di aiutare il bilancio familiare lavorando per un negozio.
Quando nacque la loro prima bimba, la chiamarono Françoise Marie, per onorare la terra che lo aveva accolto e salvato dalle SS tedesche.
Non potendola lasciare ad altri, la mamma decise di mettersi a lavorare in casa, in proprio; ormai era ben conosciuta ed aveva acquisito una buona e scelta clientela.
Dopo tre anni nacque anche Christelle.
Le bimbe crescevano ed anche gli affari di Umberto e quelli di sua moglie, ma col tempo…

«Cara amica», conclude ad un tratto Francoise, «ora vivo in Italia, a Milano ed ho sposato quel ragazzo meraviglioso, che conobbi un giorno ai Laghi di Fusine.
Pensa il caso… No, la mia storia d’amore te la racconterò un altro giorno» e continua …

«Adesso però volevo parlarti d’altro.

Credimi, sono in questo periodo molto, ma molto triste, non per cause relative alla mia famiglia o imputabili a me stessa, ma per i ricordi della mia infanzia, che ora mi assalgono e mi bruciano, come allora.

Tutta colpa di quello che succede ora in Italia: razzismo, padri, che, in nome delle loro assurde e ancestrali usanze, uccidono una figlia perché frequenta qualcuno di religione diversa o si veste all’occidentale, di scuole … In TV e sui giornali l’argomento più discusso sono gli extra-comunitari, o meglio i “migranti”!
Ci sono grossi problemi per i loro figli; si parla di classi separate, di corsi di sostegno finché non sanno bene l’italiano, di discriminazioni vergognose, che mi riportano proprio alla mia infanzia.
In un altro senso, però; io non mi sentivo diversa! Era mio padre che mi faceva sentire così, perché… io ero l’opposto di lui!

Ti spiego meglio, se ci riesco…
I miei parlavano in casa sia l’italiano che il francese; avevo frequentato l’asilo dopo la nascita di mia sorella e poi le scuole pubbliche; i miei amichetti francesi mi adoravano, eppure…
E’ difficile a spiegarsi quello che succedeva e tu farai fatica a capirlo, come me, finché non ho visto quel che succede ora in Italia. L’Italia non è mai stata razzista, eccetto nel periodo fascista, ma quello è meglio dimenticarlo.

Dunque ti dicevo…
mio padre era una persona meravigliosa, un gran lavoratore e, come ti ho già detto, apprezzato da tutti, ma nel suo subconscio c’era rimasto dentro quel senso di modestia; non vorrei dire di inferiorità, perché era una persona colta e sapeva farsi valere, però nessuno riusciva, neppure l’amore di mia madre, a togliergli quell’idea (la fissazione ) che “non ci dovevamo dimenticare che lui, noi tutti, eravamo emigranti e quindi ci dovevamo comportare come tali.” Questo era il suo chiodo fisso!

Io mi sentivo perfettamente integrata; parlavo, cioè parlo perfettamente il francese, tanto più che da mia nonna ho ereditato quello che si dice “l’erre moscia”, che ti dirò sinceramente, ora è “il mio cruccio”.
Quella che… cioè… mia madre,… era quella, che ci soffriva di più, enormemente, perché queste di lui “fissazioni” o meglio fisime, finivano per condizionarci in tutto.
Regola 1 : non dovevamo vestirci troppo eleganti e per questo lui vietava a mamma di farci vestiti nuovi ed alla moda.

Mio padre era molto bravo nel suo lavoro, onesto e anche buono; sempre pulito ed in ordine. Non aveva più problemi di soldi e continuava ad essere religiosissimo; solo alla domenica si vestiva con il “vestito della domenica”, ma anche quello…, vecchio e demodé.

Succedeva spesso che qualche ricca cliente di papà, conoscendolo e sapendo che aveva moglie e quattro figli, gli regalasse vestitini o pantaloni o scarpe, che lui ci obbligava a portare, dicendo che altrimenti la donatrice si sarebbe offesa. Per noi invece era una umiliazione, anche perché magari eravamo a scuola insieme agli ex-padroncini (di quelle scarpe o di quei vestiti!)

Mia sorella ed io cercavamo con tutte le nostre forze di primeggiare in classe per il profitto, proprio per superare quel senso di inferiorità che ci procurava l’indossare un vestito usato da altri. Devo dire che ci riuscivamo bene per fortuna e gli insegnanti si complimentavano sempre con papà, che era orgogliosissimo di noi…

Fra i ricordi belli dei miei successi nella scuola, ce n’è invece uno, che è ancora un incubo……

Quell’anno la Pasqua veniva in Aprile. Nell’aria si sentiva già la primavera e noi ragazzi in particolare eravamo inebriati da quel tepore, dal profumo dei fiori e dalla gioia di vivere. La mamma ci aveva fatto con la stoffa avanzatale dalle camicie, un bel tailleur per me, che ero quasi diciottenne e per Christelle, che di anni ne aveva quasi quindici, ma ne dimostrava più di me, che ero alta ed allampanata, diceva maman.

Era la Domenica delle Palme. Qualche settimana prima ci eravamo comprate con i nostri risparmi un paio di scarpe ciascuna. Io le avevo prese con il tacco, non troppo alto però, e mia sorella “alla ballerina”.
Il giorno prima ci eravamo lavate i capelli e messo i bigodini. Mia sorella aveva fatto “la coda di cavallo” ed io li avevo pettinati alla Brigitte Bardot.
Quella mattina ci eravamo alzate prestissimo, direi che quasi non avevamo dormito, perché alla sera a letto avevamo continuato a parlare anche dopo spenta la luce.
Eravamo eccitatissime all’idea di indossare quei bei “tailleurini” e…».

“Finalmente era arrivato il grande giorno!”, suggerisco io!
«Sì, Lysia, il grande giorno…! Vuoi dire… il giorno più umiliante della nostra vita, mia e di Christelle», dice con amarezza Francoise e continua:

«Eravamo elegantissime e belle; mia mamma aveva detto che sembravamo proprio due “figurini”, come quelli delle riviste di moda ed era orgogliosa, perché non solo eravamo le sue figlie, ma anche perché quei vestiti li aveva disegnati e creati lei.
Quando nostro padre ci vide, gli occhi gli uscirono dall’orbita; invece di ammirarci e farci i suoi complimenti, restò senza parole e quasi tememmo si sentisse male. Poi ad un tratto sbottò contro mia madre, gridando con tutta la sua acredine che lei si era messa in testa di essere una gran signora, ma era solo una “emigrata” ; che a noi aveva inculcato idee grandiose, ma che noi eravamo “emigranti” e dovevamo stare al nostro posto. Via in camera nostra a metterci i vecchi vestiti, se volevamo uscire oppure a letto, ché quello era il nostro posto.

Non ho più dimenticato quel giorno, in cui io odiai mio padre con tutte le mie forze per averci così umiliate.
Noi non eravamo“emigranti”, eravamo “francesi” e ci sentivamo “francesi”, accettate e benvolute da tutti; apprezzate e lodate a scuola per il nostro profitto; solo lui non era mai riuscito ad integrarsi completamente o forse si sentiva in debito verso la nazione che lo aveva prima salvato dalle SS e poi gli aveva dato lavoro e benessere ??

Quei vestitini li sfoggiammo poi, quando venimmo a visitare gli zii in Italia e fummo
ripagate dell’ umiliazione da tutti i complimenti, che ci profusero i parenti e… il mio futuro marito».


I Laghi di Fusine, la terra di origine e
l’incontro che cambiò la vita di Francoise!

«Pensa il caso…
Ero venuta in vacanza dallo zio Nico, che era tornato in Veneto definitivamente.
Egli volle accompagnarmi con la zia, a vedere dove erano nati lui e mio padre, cioè alla
ex-masseria dei miei nonni, che adesso è una colonia.
Orgogliosi, mi mostrarono la chiesetta, ancora di loro proprietà, e la targa col nome del mio avo ed il mio cognome. Che bello, avrei potuto raccontarlo ai miei amici in Francia!

Mentre ero assorta in questo dolce pensiero, davanti a quella lastra di marmo, mi si avvicinò un giovane. Mi colpì prima di tutto la sua altezza eccessiva e la sicurezza con cui mi apostrofò, chiedendomi chi eravamo e cosa cercavamo.
Quando mio zio Nico lo informò che eravamo ancora i proprietari della Chiesetta ed i vecchi padroni della masseria, ci disse che era l’economo della colonia e chiamò immediatamente il direttore, che insistette perché rimanessimo a pranzo lì.
Io chiacchierai tutto il tempo con quel giovane e prima di andar via ci eravamo scambiati indirizzi e numero di telefono.

Lo rividi qualche giorno dopo al paesino di T. V. e in seguito venne a trovarmi anche in Francia. Lui insegnava in un collegio privato e d’estate faceva appunto l’Economo per arrotondare lo stipendio. Ci innamorammo e, non appena io ebbi presa la laurea, ci sposammo.

Ora io mi sento Italiana e non “emigrante”! Adoro Milano, dove vivo con mio marito e dove sono nati i miei figli ed i miei nipotini, che in questi giorni stanno giocando con i tuoi».


L’ECCEZIONI CONFERMANO LA REGOLA
tratto da “I miei pensieri”

“Siamo molto cortesi l’uno con l’altro, / diciamo che è bello incontrarsi dopo anni (…) Ci fermiamo a metà della frase, / senza scampo sorridenti. / La nostra gente / non sa parlarsi.” (come scrive Wislawa Szymborska in “Un incontro inatteso”)

Ed è vero, …però io penso anche che se rincontri dopo tanti anni una persona, sia sempre una piccola delusione; i sogni e l’età ce la fanno vedere diversa, non pensate? Ma…
LE ECCEZIONI CONFERMANO LA REGOLA… come successe a me…

ROBERTO VITTORIO E IL SUO AMICO DEL CUORE

A volte quali eccezioni però!
Mio figlio Roberto aveva avuto, fin dalle elementari e poi per 2 anni alle superiori, un amico, che lui diceva, “del cuore”; poi i suoi genitori si trasferirono in Olanda, dove il padre, laureato in chimica, era stato mandato dalla sua Industria Farmaceutica a dirigere una nuova Filiale.
I ragazzi continuarono a scriversi e telefonarsi, ma dopo qualche anno si persero di vista.

L’anno scorso, quando mio figlio a soli 44 anni morì, qualcuno lo avvertì ed egli prese il primo aereo e venne a Milano.
Me lo ritrovai davanti e abbracciandomi, mi sussurrò piano e con la voce incrinata dall’emozione: «Sono George, non si ricorda di me,… mi dispiace tanto, sono così triste!».
Non me lo ricordavo, ma lo strinsi a me commossa.
Poi si allontanò e vidi che zoppicava impercettibilmente e allora capiì chi era e che aveva ragione Roby quando diceva che era il suo amico del cuore!



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