Concerto di Natale

di

Marcella Pera


Marcella Pera - Concerto di Natale
Collana "I Salici" - I libri di Narrativa
14x20,5 - pp. 136 - Euro 13,50
ISBN 978-88-6037-9672

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In copertina e all’interno: illustrazioni dell’autrice


Suzy è un fiocco di neve tornato nel paese di Babbo Natale dopo aver fallito nel portare a termine la propria missione.
Giacomo Masi, il sindaco di una piccola cittadina laziale, decide di far chiudere una scuola media che ormai cade a pezzi.
Alfiero Pavese è un direttore d’orchestra che casualmente arriva in città insieme ad altri musicisti che faranno di tutto per convincerlo a ripartire.
Chi sono tutti questi personaggi?
I protagonisti di ‘Concerto di Natale’!
Che cosa li accomuna?
Il fatto che le loro scelte influenzeranno il futuro della scuola che Elisa Tulai, la preside, vorrebbe non dover chiudere, ma purtroppo a volte, nella vita, si tende a scegliere la via più facile, per comodità od egoismo.
Che cosa potrebbe impedir loro di sbagliare? Il Natale.
E per il giorno di Natale di questa storia c’è in serbo una seconda possibilità per tutti.
Riusciranno a cogliere l’occasione?
Lo saprete se seguirete le vicende dei protagonisti di questo libro.


Premessa

Avevo sette anni o giù di lì, quando stavamo festeggiando la Vigilia di Natale nella casa dei nonni al mare, quella con il camino che ci riscaldava. Un camino vero. Con del fuoco vero che non dava illusioni. Ma a rendere calda l’atmosfera non era solo quello.
I miei ricordi visivi sono piuttosto sfocati, le immagini che mi sono rimaste nella mente, di mia nonna che cucina e delle mie zie che sorridono, sono sbiadite ormai, ma le risate che esplodevano da quella casa quando Babbo Natale rincorreva mio cugino piccolo, Fabio, con un sacco nero in mano per tutto il salotto, girando intorno alla tavolata apparecchiata, restano stampate nella mia mente e sono le prime cose che vedo quando sento la parola ‘Natale’.
Fabio, poverino, era terrorizzato dall’idea che Babbo Natale lo potesse portar via e si rifugiava in qualsiasi angolo della casa che a suo parere era inaccessibile agli adulti.
“Se vieni a prenderti il regalo e mi dai un bacetto qui sulla guancia ti lascio stare, altrimenti ti chiudo nel sacco e ti porto via con me!” aveva proposto a mio cugino l’uomo vestito di rosso.
Ma lui restava nascosto.
La sua mamma, mia zia Floriana, però, mentre i suoi muscoli facciali non riuscivano a rilassarsi dal gran ridere (come tutti noi del resto) lo prendeva per il maglione e lo costringeva a dare un bacetto sulla guancia al simpatico portatore di doni.
Poi, quello stesso Babbo si era voltato verso di me e mi aveva detto: “Tu me lo dai un bacetto?” e mentre mi porgeva un grosso regalo io, seppure intimidita nel cuore, mi sono allungata con le labbra verso la sua guancia paffuta.
Questo era il mio Natale. Unico. Divertente. Placido.
E poi… successe quella cosa!
Alcuni dicono che è il primo passo che fa diventare grandi i bambini, quella che secondo alcuni ti fa fare l’albero e il presepe per abitudine quando diventi adulto, quasi senza sapere il perché il Natale sia considerato una festa.
Mentre tornava ad occuparsi di Fabio, Babbo Natale si era voltato di profilo e mi sono accorta, ancora con il regalo in mano, che la barba era tenuta sul mento e sulla faccia da due elastici attaccati alle orecchie, e quelle orecchie appartenevano ad una persona a me molto familiare.
Mi ero girata, così, verso mia sorella più grande, Marina ed avevo accostato una delle mie manine al suo orecchio, poi le avevo fatto la fatidica domanda: “ma quello è NONNO?”
La risposta di mia sorella, che faceva di sì con la testa, con mia grande sorpresa non era stata un colpo per me.
Da quell’anno in poi le mie feste natalizie sono state sempre le più belle, perché sapere che i grandi, anzi, il più anziano della famiglia si traveste per renderti felice e che ogni anno il Natale è arricchito con i sorrisi di chi ti vuole veramente bene, ci fa crescere con il cuore buono e pieno di fiducia in te stesso.
Ti fa venire voglia da dare.
Questo per me è il Natale.
È festa, è la neve che cade lenta, è una serata in allegria, divertente… Serena…
È scoprire che tuo nonno si veste da Babbo Natale per te… o che per tutti gli altri giorni dell’anno è Babbo Natale che indossa i panni di un nonno, di mamma o di papà.
Questo libro, è dedicato a tutta la mia famiglia perché se sono in grado di scrivere e di capire tante cose, è solo per merito dei miei cari.
E quindi grazie a tutti…


Concerto di Natale

Introduzione

Il vento era forte quella notte di fine Dicembre e si schiantava contro gli abeti del fitto bosco alla periferia di Roma.
Erano gli anni del dopoguerra nonché la Vigilia di Natale e per le persone che vivevano in periferia, in quel periodo, Natale significava stare in casa tutti insieme, riuniti attorno alla tavola davanti ad un piatto di brodo caldo e il camino acceso.
Niente TV. Niente videogiochi a disturbare e rendere difficoltoso il legame affettivo in casa tra genitori, figli e nonni.
Gli abeti del bosco circostante al piccolo raggruppamento di case della periferia si piegavano fino a toccare quasi le punte a terra, tanto era forte la tormenta, ma non erano i soli ad esserne vittima: due viandanti la stavano affrontando chini sotto le mantelle grigie tese dal vento impetuoso.
Erano una ragazza ed un uomo di mezz’età; un uomo di strada, senza fissa dimora in cerca, proprio quella sera, di un posto dove poter stare al caldo: era sicuro che lo avrebbe trovato perché quella era la Vigilia di Natale, qualcuno avrebbe sicuramente avuto il buon cuore di ospitarlo per non lasciarlo al gelo dell’inverno.
“Coraggio amico!” la voce flebile di Suzy era quasi inudibile nel fischio inquietante del vento.
“Siamo quasi arrivati, comincio a vedere le case illuminate della città.” Suzy, una figura piccola e gracile faceva strada all’uomo stanco, ma che pur di seguirla si teneva in piedi a tutti i costi, perché aveva fiducia in lei, che gli aveva promesso aiuto.
Anche lui alzando la testa aveva visto le luci accese nelle case e si era fatto forza perché era sicuro che una volta arrivato, avrebbe ricevuto quel conforto desiderato da tanto tempo.
Fin da piccolo si era accontentato di vendere castagne ai bordi dei marciapiedi delle case, d’inverno e d’estate sotto il sole o sotto la pioggia battente non si era mai tirato indietro nel suo lavoro, quell’anno aveva espresso il desiderio di passare il Natale in compagnia, alla stessa tavola con qualcun altro, perché dopo una vita solitaria sentiva il bisogno di essere felice e di condividere la felicità e le cose belle della vita con altre persone, fosse stato anche solo per una sera.
Il desiderio era sincero e per questo motivo Suzy era arrivata da lontano ad aiutarlo affinché tutto ciò si avverasse.
“Suzy, come vorrei essere già arrivato!” la distanza dalla città cominciava a sembrare incolmabile e la stanchezza ed il freddo erano i suoi nemici peggiori.
L’uomo si era fermato all’improvviso nella tormenta. Era caduto in avanti affondando le mani nella neve avvolte nei guanti neri di lana grossa, stremato dal freddo e dalla fame.
Suzy, che lo precedeva di qualche passo, non vedendolo più al suo fianco si voltò: “Ehi, non fare scherzi! Perché ti sei fermato?” ora gli stava accanto, china su di lui.
“Alzati, coraggio, se restiamo ancora un po’ in questa tormenta morirai di freddo!”
Suzy cercava con tutte le sue forze di aiutarlo ad alzarsi in piedi, ma l’uomo ormai cominciava a lasciarsi andare non solo dalla stanchezza e dal freddo, ma anche dallo sconforto.
“Avanti, ce la puoi fare, non manca molto!” ora Suzy era più decisa, e a fatica lo trascinava a forza verso il centro abitato. Raggiunse una casa in cortina.
Piccola, ma fortunatamente illuminata, leggermente in disparte rispetto al centro cittadino e con un giardino circondato da un piccolo recinto di legno.
Suzy, dopo aver lasciato, per un attimo, il suo amico in strada, corse alla porta d’ingresso dove i proprietari di casa avevano attaccato una grande ghirlanda natalizia.
Suzy bussò.
Nessuno venne ad aprire subito, così Suzy osservò più attentamente la decorazione appesa: pigne e rami di vischio erano incastrati tra loro per formare il cerchio, al centro una simpatica renna di pezza stava seduta come se fosse su un’altalena e sorrideva ai benvenuti.
Portava al collo un cartello che diceva ‘felice Natale a tutti’.
Suzy, leggendolo bussò più forte, quel cartello l’aveva rincuorata. Qualcuno in quella casa avrebbe avuto cura del suo amico che nel frattempo, ritrovate un po’ di energie, l’aveva raggiunta fino a quell’uscio.
Finalmente la porta veniva aperta e i due pellegrini furono investiti dal calore del camino e dall’odore del pesce arrosto nel forno. Per un momento avevano avuto un senso di sollievo.
“Sì?” l’uomo sulla porta, con indosso un maglione marrone a rombi bianchi e un paio di pantaloni blu di velluto a coste, con ancora il sorriso sulle labbra per la lieta atmosfera in casa, guardava i due con aria perplessa aggrottando la fronte alla vista di quelle due figure un po’ trasandate.
“Buona sera e buon Natale!” gli sorrise Suzy, ma lui non contraccambiò la sua espressione.
“Chi siete?” chiese l’uomo senza sorridere tenendo un bicchierino di whisky in mano.
“Siamo due persone che desidererebbero passare qualche ora al caldo, almeno stasera. È la Vigilia di Natale!”
Dall’interno dell’abitazione arrivavano fragorose risate che riempivano il silenzio sceso tra i due interlocutori.
L’uomo a quel punto aveva perso la sua allegria ma Suzy non aveva intenzione di mollare: “Se potessimo avere anche solo una tazza di latte caldo e potessimo riscaldarci un po’, non so magari lì” indicò una serranda abbassata “nel garage, per noi andrebbe benissimo.”
“Ma cosa diavolo…” l’uomo si stava innervosendo.
Alle spalle una voce di donna: “Caro, chi è?” chiese.
L’uomo in tutta risposta farfugliò qualcosa, ma la donna lo interruppe.
“Dai chiudi quella porta altrimenti la casa si gela” poi si girò e tornò all’interno.
Suzy udì quelle parole e supplicò l’uomo.
“No! Aspetti!” si era lanciata verso l’uscio che si stava richiudendo con entrambe le mani avanti e cercava di farsi forza per non perdere quella fievole speranza.
L’ospite, però, sgradevolmente la ricacciò indietro, accusandola di rovinare la serenità della sua casa.
“Ma non vede che quest’uomo ha bisogno di ripararsi dal freddo? Sta male! La prego, almeno mi dia la possibilità di chiamare un’ambulanza!”
Ma la porta si chiuse, lasciandola nel vento.
Il pover’uomo tossì e Suzy si affrettò a rimboccargli il mantello pesante, poi prendendolo sotto braccio cercò di tirarlo alla ricerca di un’altra possibilità, ma fatti pochi metri, lui la pregò di fermarsi.
“Lasciami qui cara Suzy, non ce la faccio proprio più, sono esausto. Pensavo di non arrivare nemmeno a quella casa. La speranza mi aveva dato un po’ di forze in più, ma ora… Quell’uomo mi ha lasciato il vuoto dentro.”
“Non ti arrendere, io resterò con te finché non ti saprò al sicuro, in una casa dove potrai trovare ristoro e calore umano.”
Il mendicante si accasciò, appoggiò delicatamente la testa sulla neve e parlò a Suzy, che era lì vicino a lui.
“Cara Suzy…” le carezzò una guancia “grazie per tutto quello che hai fatto per me, il tuo aiuto per me è stato come la più calda delle coperte, ma evidentemente per me esiste solo l’inverno. È tutta la vita che fa freddo per me.”
Suzy non riusciva a dire niente.
Aveva guardato solo il muoversi delle labbra violacee per il freddo. Poi gli occhi dell’uomo si chiusero sotto lo sguardo addolorato di lei.
“Oh, no!” si portò le mani alla bocca, era sconvolta “mi dispiace tanto” riuscì solo a sussurrare “finalmente adesso qualcuno si prenderà cura di te.”
Ma lei aveva fallito, non era riuscita a trovare qualcuno che aiutasse quell’uomo e purtroppo, quando gli aiutanti di Babbo Natale non portano a termine una missione, vengono sollevati dal loro incarico e passa molto prima di avere una seconda opportunità… nel regno di Babbo Natale.
Sì, Suzy era questo, un fiocco di neve, in attesa come tutti gli altri di avere l’occasione di poter tornare a vivere sulla Terra.


Concerto di Natale

1

Roma, 24/12/2002

Le manine tiepide di Yuri stringono un piattino di ceramica dipinto a mano, comprato a Castelli, un piccolo paese abruzzese immerso nell’Appennino, durante una vacanza estiva di qualche anno prima.
Quasi per caso era avvenuta la scoperta di questo magnifico posto dove i suoi abitanti vivono quasi esclusivamente di ceramica e pittura.
Nonostante i suoi otto anni Yuri ha già visitato molti luoghi, poiché i suoi genitori possono permettersi di viaggiare senza problemi.
In realtà possono permettersi molte cose senza problemi. La loro casa addobbata per le feste è piena di agi e comodità: dalla poltrona massaggiatrice alla play station e per finire a un impianto stereo tale da fare invidia a una discoteca di grande richiamo.
“Yuri! Vieni qua, restituiscimi quel piatto!” la voce della mamma si confonde con le risate e le chiacchiere di tutti i membri della famiglia.
Yuri ha un carattere vivace, dispettoso, che sembra fatto apposta per attirare l’attenzione su di sé. Ha appena rubato quel piatto di ceramica appartenente al prezioso servizio natalizio dipinto a mano di sua madre.
“Allora?” la mamma continua a rincorrerlo per tutta l’enorme casa mentre in un angolo del salone, l’albero di Natale sta lì, a vegliare sui regali ancora incartati.
Nessuno degli invitati lo ammira più, poiché è stato spodestato dai videogiochi degli adolescenti che urlano di continuo contro il grande schermo ipnotizzatore.
Yuri, costretto in un angolo da sua madre, nasconde il piatto dietro la schiena e guarda la donna alzando solo gli occhi come fa un cagnolino quando sa di essere in colpa.
“Non capisco perché ti comporti così! Ci fai perdere solo tempo! Abbiamo ancora tutta la frittura da preparare, avanti” la donna gli porge una mano con il palmo verso l’alto “dammi quel piatto” ha una lunga collana di perle che le scende sul maglione a collo alto di colore rosa acceso.
Il bambino resta impassibile mentre la sua espressione si incupisce sempre di più.
“Yuri!” Il tono di lei è secco e impaziente “conto fino a tre… Uno” stende un dito “…Due… T…”
Yuri le porge all’improvviso il piatto tenendolo con una manina sola, scatenando il timore della sua mamma, che il piatto gli possa cadere da un momento all’altro e facendola reagire fulmineamente.
“Senti lo so che ti senti isolato perché sei il più piccolo, ma perché non vai a giocare al computer con i tuoi cugini!” indica i ragazzi che straziano i pulsanti del videogioco e guardano lo schermo colorato ed illuminato e lampeggiante con gli occhi sbarrati.
“Lo sai che a loro do solo fastidio perché sono il più piccolo!” urla il bambino lasciandola lì, impietrita a fissare l’angolo ormai vuoto, perché dopo aver incrociato le braccia davanti al suo corpicino se ne va girovagando per la casa piena di gente.
La donna, dopo aver rimesso il piatto sulla tavola imbandita a festa, torna ai fornelli.
I cugini, tutti ventenni, scherzano davanti al televisore, assorti dal videogioco; Yuri non prova neanche ad avvicinarsi, nessuno di loro gli permetterebbe di intromettersi nella gara.
Si guarda intorno.
I mobili scuri in vecchio stile, in contrasto con le pareti color pesca, fanno da sfondo al gruppo di uomini che sorseggiano un aperitivo e parlano di lavoro e di automobili, mentre le donne, con impegno si dedicano alla cena, anche se il loro argomento principale resta la dieta che ognuna di loro sta seguendo.
Certo, non è che al giorno d’oggi si senta più il vero spirito natalizio che si sentiva al tempo dei nonni, quando festeggiare il Natale significava gustare un caldo minestrone e soprattutto stare insieme in serenità… e forse è per questo che Yuri raggiunge la sua camera da letto al piano di sopra.
Sale le scale biascicando i piedi e reggendosi al corrimano, lasciando il rumore delle voci degli invitati al piano di sotto; arrivato davanti la porta della camera del nonno bussa e fa capolino nella stanza. Le pareti tinte di rosa ed un piccolo mobile di legno scuro sotto lo specchio fanno da arredamento.
Senza aspettare un invito ad entrare chiede: “Nonno ti disturbo?”
Il nonno ha la vestaglia sulle spalle, e in piedi sta guardando fuori della finestra.
Durante le riunioni di famiglia è solito tenersi in disparte.
Si volta per salutare il nipotino: “Tesoro mio! Sei venuto a salutarmi! Sei solo?”
Finalmente Yuri entra, senza chiudersi la porta alle spalle e camminando lentamente, deluso dalla serata gli risponde senza entusiasmo: “Già, gli altri sono di sotto a giocare al computer.”
“Non mi sembri molto felice stasera” mormora il nonno con aria dolce ed indagatrice. La sua vestaglia di ciniglia è marrone scuro e in testa ha un cappuccio dello stesso colore, lungo fino alla schiena che lui usa per tenere la gola al caldo una volta avvoltolo intorno al collo.
“Sai nonno, ho notato una cosa: ogni Natale che passa è sempre uguale al precedente. Ogni anno spero che arrivi il momento in cui tutti voi ascoltiate la poesia che la maestra a scuola ci insegna, che ho imparato con tanta fatica; oppure che il mio lavoretto venga usato come centrotavola, invece di nasconderlo nella credenza…”
Il nonno sospira.
“O che qualcuno” continua Yuri “si metta al pianoforte a suonare le canzoni per cantare tutti insieme.” Il vecchio guarda il bimbo con dolcezza. “Invece ognuno sta per i fatti suoi ed è sempre tutto così noioso! E sono ancora piccolo, figurati quando diventerò grande!”
Il nonno sorride: “Mi stai dunque dicendo che secondo te non c’è spirito natalizio nella nostra famiglia…”
Yuri alza le spalle e poi fa di no con il capo. Incrocia le braccia e conclude: “Quando la famiglia si riunisce, tutti mi trascurano! Io non lo voglio più il Natale!” esclama sentenzioso.
Il nonno lo rimprovera: “Non devi dire queste cose, pensa che ogni anno le donne di casa si danno molto da fare per rendere la festa di Natale allegra e coinvolgente. Sono settimane che stanno facendo la lista delle cose da preparare e ti assicuro che non è facile per nessuno mettere d’accordo venti persone su quello che si deve mangiare per cena. Poi preparano il servizio di piatti più bello, ricamano la tovaglia con i nomi di ognuno per assegnare i posti, e tutto questo lo fanno con amore. Tutto questo lavoro lo iniziano due mesi prima.”
Yuri si sente a disagio ed è dispiaciuto per quello che ha appena detto.
“Su, avanti, avvicinati” il nonno lo invita a sedersi sulle sue ginocchia. Si trovano entrambi accanto alla finestra da dove si vedono le luci del traffico, dei lampioni e delle insegne decorate a tema natalizio La città è sempre diversa la sera di Natale, così silenziosa, come non lo è mai.
“Mi dispiace molto che ti senta così la notte di Natale, però se vuoi posso raccontarti una favola per tirarti un po’ su il morale.”
“Wow! Sì una favola! Adoro come le racconti tu, nonno!” il bambino saltella sulle ginocchia del nonno.
L’uomo anziano finalmente fa breccia nell’animo del bambino e si assetta meglio nella poltrona, poi si schiarisce la voce ed inizia a raccontare: “Chiudi gli occhi ed immagina il tuo Babbo Natale ideale.”
“Uhm…” Yuri strizza gli occhi “alto e grosso, con la barba nera!”
“Beh… Cosa? Nera?”
Yuri incrocia le braccia “certo, il mio Babbo Natale è così! Ed è sempre sorridente.”
Il nonno alza il mento poco convinto “va bene. Comunque la nostra storia comincia quando mancano pochi giorni al Natale.”
“Credo che in questo periodo Babbo Natale sia molto indaffarato a confezionare i regali.”
Yuri interviene: “I suoi aiutanti li etichettano e glieli preparano sulla slitta fissandoli bene con le corde: sono tanti, ma ben organizzati, proprio come la mamma, le zie e la nonna!”
“Hai ragione tesoro. Sei un tipo fantasioso! Anche se devo ammettere che le donne di casa lavorano davvero come operai!”
Ridono insieme poi il nonno continua: “Devi sapere che Babbo Natale invia i suoi aiutanti sulla Terra per risolvere problemi importanti…”


Provincia di Roma, 19/12/1961

Suona la campanella in una scuola media privata.
Elisa Tulai è la preside dell’istituto privato datole in affitto dal sindaco della cittadina, Giacomo Masi. Entrambi da piccoli erano stati alunni di quella stessa scuola.
Aspettando sulla soglia i genitori, apre il cancello e saluta uno per uno i ragazzi che escono da scuola per tornare a casa.
La donna è anche l’insegnante di italiano e storia degli alunni delle medie, l’ultimo corso a cui l’istituto avrebbe potuto aprire le porte, poiché la scuola e la sua amministrazione per molto tempo erano state trascurate, finché un giorno, arrivata Elisa, aveva ricominciato a pagare i conti, ma gli arretrati erano molti e la preside non trovava i fondi per coprire tutti i debiti.
E purtroppo, da quando Giacomo era diventato sindaco, non si era mai proposto di aiutarla.
“Arrivederci signor Paolini, l’aspetto come sempre per la festa di Natale.” il tono della donna è sconsolato, perché lei sa che Paolini, come molti altri, non vi avrebbe partecipato.
“Bah, Natale! Riempite la testa dei ragazzi con queste favole e poi crescono con tante illusioni per la testa. Babbo Natale non ha mai bussato alla nostra porta” risponde lui con espressione arcigna, sotto la fronte rigata dall’espressione e dal dolore ancora sentito per l’abbandono della moglie avvenuto qualche anno prima.
Il signor Paolini è un tipo burbero, ma non cattivo, Elisa Tulai sospira pazientemente incassando la brutta risposta dell’uomo dai capelli corvini e con la speranza per il piccolo Marco, che un giorno quel brontolone di suo padre sarebbe diventato un po’ meno aggressivo nei confronti del prossimo.
Ogni anno Elisa proponeva una festa di Natale per riunire le famiglie del quartiere, ma non era mai riuscita a farla, poiché ogni inverno le famiglie dei suoi alunni avevano sempre troppo da fare.
“Ciao Serena, a domani tesoro.”
“Arrivederci signora Tulai,” le sorride la bambina felice “non vedo l’ora di leggerle la poesia che ho scritto oggi!”
“Sono io che non vedo l’ora di ascoltarla!” le risponde la preside accarezzandole i capelli e stringendole il colletto di lana di pecora del giaccone che la ragazza ha indosso.
La tredicenne si allontana stampando nella neve candida le sue impronte. È stata l’ultima ad uscire da scuola, Elisa chiude il cancello e resta ad osservare i ragazzi che si allontanano.

Yuri ora è incuriosito: “Questa storia ha l’aria di essere molto triste, nonno.”
“Beh, qualcuno vuole far chiudere e poi demolire la sua scuola, è per questo che la signora Tulai è triste: secondo questo qualcuno l’edificio è troppo vecchio per i ragazzi.” aggiunge il nonno pizzicando il naso del nipotino.
“Poverina…” sussurra il ragazzo.
“Già… ma per fortuna a darle sostegno morale c’è suo marito Simone! Che nel frattempo la sta proprio aspettando a casa.”
“Per fortuna! Dove vivono nonno?”
“Uhm… In una casa non molto grande, di legno, con il tetto spiovente dipinto di rosso.
Distante dal centro cittadino. La sua auto è parcheggiata nel vialetto, c’è un piccolo giardino con una recinzione di legno dipinto di bianco. La strada non è asfaltata e separa la casa dal boschetto di abeti circostante.”

La signora Tulai è seduta al tavolo della cucina le cui pareti sono rivestite con maioliche azzurre. È molto piccola ed il camino acceso non fatica a scaldarla.
Mentre sorseggia una cioccolata calda, rilegge i temi che i suoi alunni hanno scritto quel giorno. Suo marito le è accanto.
Il suo pensiero torna per un momento a Marco Paolini, quel bambino così allegro, vivace che vive solo con il suo papà e che non crede più alle favole.
Sua moglie se ne era andata qualche anno prima lasciandoli soli ad affrontare la difficile quotidianità.
La signora Tulai riflette sul fatto che quel bimbo sarebbe cresciuto troppo in fretta, disilluso ed isolato dal mondo che lo circonda.
‘Forse la sua è una reazione all’abbandono della moglie’ riflette Elisa, ma come avrebbe potuto aiutarlo? Aveva bisogno di compagnia, o di un’amicizia.
‘Suo figlio non lo lascerebbe mai… e forse… lui deve solo capire questo!’
“Tesoro, sei così pensierosa…” Elisa trasale e si volta verso il marito “il sindaco ti dà ancora dei problemi?”
“Già.” Elisa sospira, fosse solo il sindaco il suo problema. “Pretende che gli dia un affitto mensile per tenere in piedi la scuola: se non lo pago la butta giù.”
“Che maledetto!” si arrabbia il marito “non può ricattarti così!”
“Già! Ha sempre avuto molto fiuto per gli affari! Fin da bambino! Non posso credere che a lui non importi di tenere in piedi il posto che da piccoli ci ha ospitati.
Quello stesso posto ora è l’unica cosa che tiene insieme le famiglie di questa piccola città, se l’edificio verrà chiuso, quei ragazzi si perderanno di vista per sempre, saranno costretti a cambiare città, sarebbe un dramma per ognuno di loro, non me la sento di lasciarli in mezzo alla strada, che futuro avrebbero così?”
Elisa prende uno dei temi e lo mostra al marito con uno svolazzo della mano. “In questi temi emerge la paura dei ragazzi di non avere più la loro scuola che rappresenta il loro punto di riferimento.”
Il marito cerca di consolarla e la stringe forte abbracciandole la vita. “Sai cosa facevo da piccolo a Natale quando mi sentivo solo e nessuno ascoltava i miei problemi?” gli sussurra lui all’orecchio dolcemente “scrivevo il mio desiderio su un biglietto e lo gettavo nel camino in modo che bruciandosi il suo fumo, salendo verso il cielo, fosse preda di un angelo che lo prendesse al volo e lo realizzasse.”
Elisa sbuffa una risata senza alzare lo sguardo che rimane fisso sul pavimento di cotto.
“Non ci crederai” continua lui fingendo di essere offeso dalla sua reazione di pochi istanti prima “ma ha sempre funzionato.”
Un attimo di silenzio serve ad Elisa per riflettere.
Suo marito, un ragazzone robusto dai capelli castani un po’ scompigliati e gli occhi buoni, fa di tutto per convincerla della verità delle sue parole. Guarda i temi, “tu sei già a metà dell’opera, devi solo allungare una mano.” conclude indicandole il camino acceso.
Elisa resta a guardare per un minuto il caminetto acceso con le labbra arricciate.
È immobile davanti al fuoco che danza e che illumina i suoi ricci biondi con sfumature color rosso acceso. Riflette su ciò che il marito le ha appena detto: se fosse una follia bruciarli, quei temi, oppure no.
Ma dopo tutto cos’ha da perdere ormai?
Lei non deve demoralizzarsi, deve lottare per i suoi bambini. Deve lottare per non perdere tutto quello che ha costruito.
Infine, con un gesto deciso, raccoglie i temi e con un colpo solo li getta nel camino e rimane lì ad osservarli, mentre il fuoco li consuma. Da quei compiti aveva capito quali erano gli stati d’animo dei suoi alunni e le loro paure.



Torna quindi con la mente a quella stessa mattina:

“Molto bene ragazzi, avete tutti il vostro foglio, scrivete la traccia del tema: il mio desiderio più grande.”
La voce di Elisa, che passeggiava lentamente per la classe, aveva portato i bambini a riflettere su cosa scrivere e l’aula di scuola in quel momento aveva conosciuto il silenzio.
‘In questo periodo dell’anno’ aveva pensato Carlotta, una delle alunne, con la testa tra le nuvole, portandosi la penna alla bocca ‘la cosa che desidero fortemente è quella di formare un coro per poter cantare le canzoni di Natale; vorrei che il coro fosse formato da tante persone, ma per fare questo dovrei coinvolgere tanta gente’ si era girata con lo sguardo pensieroso verso il suo compagno di banco, Marco ‘…Ma proprio tutte, anche questa peste che ho di fianco’ pensò lei che lo aveva guardato storto con i suoi occhioni neri e vispi, lui, invece, le aveva sorriso ‘però credo che sarei felice lo stesso’ aveva concluso tra sé.
Carlotta stava pensando ad un vero e proprio concerto poiché aveva sempre avuto un debole per la musica e l’idea di far cantare tutti i genitori in un coro la divertiva e allo stesso tempo la rendeva felice ed impaziente per l’arrivo del Natale.
Magari sarebbe successo un miracolo. Forse qualcuno avrebbe riunito tutta la loro comunità per passare almeno la sera di Natale in compagnia, tutti insieme.
A due banchi di distanza, Serena appoggiava i gomiti sul tavolo, ticchettando la punta del naso con la penna ed ogni tanto buttava giù qualche frase sul foglio.
‘Ho scritto tre poesie da quando è iniziato l’anno scolastico, ma nessuna delle tre è abbastanza bella da piacere a mia madre, che è sempre al telefono, sempre occupata; la preside invece mi incoraggia a scriverne altre anche più gagliarde, forse me le farà pubblicare. Io lo spero tanto’.
La bambina aveva impulsivamente fermato lo sguardo sulla sua insegnante alla quale non era sfuggita la sua espressione amara. Rispose allo stesso sguardo dell’insegnante con un grande sorriso.
Marco invece non sapeva di preciso cosa desiderasse o se suo padre gli avrebbe permesso di uscire con gli amici.
‘Sono tante le cose che desidero, forse troppe: una bici, un cane enorme ma visto che si avvicina il Natale voglio esprimere il desiderio di festeggiarlo con i miei amici’ aveva guardato Carlotta, stavolta senza sorridere ‘anche con questa rompiscatole qui di fianco’ ora anche lei lo fissava ‘che certe volte per sbaglio ha un bel sorriso; vorrei che anche mio padre avesse questo desiderio, giusto per farlo credere un po’ nella magia del Natale, magari non proprio nel Babbo vestito di rosso al quale francamente non credo neanche io, già, perché papà ogni anno dice che crederà in Babbo Natale quando troverà il vetro della finestra del salotto rotto, visto che può entrare solo da lì… Parliamoci chiaro, quel vetro non l’ho mai visto rotto neanche io! E poi il modo in cui lui tratta la preside mi fa un po’ sorridere, è proprio un vecchio brontolone!’

“Nonno, allora la signora Elisa ha fatto in modo di far esprimere i desideri ai ragazzi senza che loro se ne rendessero conto! Mi piace la signora Tulai!”
“Sì, è una donna molto generosa. E anche fortunata. Vedi, lei non lo sa ancora, ma dal momento in cui ha gettato i temi dei ragazzi nel camino qualcosa… Ha avuto inizio!”
“Cosa nonno? Cosa? Dai Racconta! Non mi tenere sulle spine!” Yuri zampetta più volte sulle ginocchia del povero nonno, scuotendolo per le spalle.
“Va bene! Dunque…” Il vecchio signore si schiarisce la gola e si aggiusta la vestaglia, poi continua il suo racconto “Il fumo che esce dal camino di Elisa…



…Sale fino al cielo e sopra la piccola città cominciano a cadere fiocchi di neve, soffici e leggeri… Uno di essi si posa su un ramo di uno degli abeti lì vicino casa e… Cosa succede? Qualcosa sta cadendo da quello stesso albero battendo da un ramo all’altro prima di fare un grande botto per terra! È una ragazza! Almeno così sembra.
Mora, magra e vestita completamente di rosso, con i capelli raccolti con un fermaglio decorato con dell’agrifoglio.”
“Accidenti che volo!” esclama ancora a terra mentre si massaggia il fondo schiena, poi si alza e dopo essersi sistemata i capelli attraversa la strada. Giunta nel giardino di Elisa, si guarda intorno soffermando la sua attenzione su due rami secchi che spuntano dalla neve candida che fa da tappeto al piccolo giardino di Elisa.
“Oh, eccoti qua!” afferra i due rami, molto grandi e muschiati e li scuote energicamente.

“Aspetta nonno, non ti seguo! Ma chi è questa ragazza?”
Il nonno sorride dolcemente “questa sembra una ragazza, in realtà è uno dei tanti aiutanti di Babbo Natale! È un fiocco di neve e si chiama Suzy. È in missione segreta” fa l’occhiolino a Yuri.

Suzy continua a strattonare i due rami “avanti bellezza, vieni fuori” esclama con la fatica nella voce: magicamente quei due rami si rivelano essere le corna di una bellissima renna che dolcemente esce da sotto quel candido tappeto e che poi scuote il suo corpo per liberare il pelo dalla neve!

“Wow!” esclama Yuri incantato e totalmente preso dalla storia “anche se la signora Tulai non è di buon umore, i suoi desideri e quelli dei bambini si stanno avverando! Questo vuol dire che il fumo che esce dal camino arriva diretto da Babbo Natale!”
“Non proprio amore. I desideri vengono prima selezionati! Devi sapere che sulle nuvole un folletto abbastanza anziano, filiforme e con gli occhiali seleziona le lettere che arrivano attraverso un apposito bocchettone con tre uscite che ne sputa fuori di continuo senza sosta.
Yuri è perplesso “nonno non ci capisco niente. Racconta tutto dall’inizio e con calma, per favore!”

[continua]


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