L’Italia in mutande (ma in piedi)

di

Marco Raja


Marco Raja - L’Italia in mutande (ma in piedi)
Collana "La Magnolia" - I libri di Umorismo e Satira
15x21 - pp. 194 - Euro 12,00
ISBN 978-88-6587-1294

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In copertina vignetta di Carlo Lazzaretti


L’Italia è un Paese pronto a piegarsi ai peggiori governi, è un Paese dove tutto funziona male, come si sa. È un Paese dove regna il disordine, il cinismo, l’incompetenza, la confusione. E tuttavia, per le strade si sente circolare l’intelligenza, come un vivido sangue. È un’intelligenza che, evidentemente, non serve a nulla. Essa non è spesa a beneficio di alcuna istituzione che possa migliorare di un poco la condizione umana. Tuttavia scalda il cuore e lo consola, se pure si tratta d’un ingannevole, e forse insensato, conforto.

(da “Le piccole virtù” di NATALIA GINZBURG)


Fra trent’anni l’Italia sarà non come
l’avranno fatta i giovani
ma come l’avrà fatta la televisione.

(ENNIO FLAIANO)


In Italia nasciamo
Catoni e Cincinnati
Ladri? Ma non ne abbiamo
e i poveri avvocati
per non morir di stento
vanno a farsi le leggi in Parlamento.

(LORENZO STECCHETTI)


PREFAZIONE

Come vi renderete conto leggendo questo libro, esso è colmo di citazioni di persone più o meno famose, che scrivono sull’Italia e sugli italiani, alcune volte in modo speranzoso, altre in maniera drastica. Da queste considerazioni e dalle nostre riflessioni ne nasce questo libro satirico, ironico ma anche serioso.
La prefazione desideriamo iniziarla con le citazioni di due scrittori, uno straniero e l’altro italiano. Alan Friedman ha scritto nel 1996 il libro “Il bivio” (L’Italia a metà strada tra crisi e transizione), ove nella sua nota si chiede: “Dove va l’Italia? Che cosa succede in questo Paese tanto dotato di storia, cultura, bellezza ma anche, purtroppo, appesantito da mezzo secolo di partitocrazia a Roma, di mafia al Sud, e oggi dalla disoccupazione e da un’insopportabile pressione fiscale che lacerano la società, inasprendo i contrasti sociali e rendendo sempre più difficile la sfida incalzante del nuovo millennio?”
Quasi contemporaneamente nello stesso anno veniva pubblicato il libro di Roberto Gervaso intitolato “Peste e corna”, ove l’autore scriveva: “Questa Italia che si balocca fra anarchia e regime è un Paese ipocrita e pusillanime, contorsionista e trasformista, opportunista e conformista. Un Paese dove d’insormontabile ci sono i cavilli e di truffaldino soprattutto le ideologie. Un Paese che si vergogna delle cose di cui dovrebbe andar fiero e s’inorgoglisce di quelle di cui dovrebbe arrossire. Un Paese che passa impunemente dall’arsenico alla vaselina, dal pugnale al turibolo, che confonde il peccato con il reato, il confessore con il procuratore di giustizia. Un Paese che gli Unni della Prima Repubblica hanno spicinato e i tangentisti consociativi ridotto in brache di tela. Anzi, in mutande”. Ecco da dove deriva il titolo di questo libro; noi italiani ci siamo ridotti, o meglio ci hanno ridotto i vari governi, che si sono succeduti, in mutande, se non in perizoma, per coprire le vergogne che non si devono vedere pubblicamente. Perciò l’Italia, individuata in copertina come un uomo in mutande, si copre con le mani gli attributi maschili, dato che a poco a poco, pur essendo entrata nel terzo millennio da dieci anni, e sebbene sia già avvenuto il trapasso dalla prima alla seconda Repubblica, si sta aspettando la terza per fare le riforme istituzionali, come la riforma fiscale, la riforma della giustizia e la trasformazione della Costituzione, sia per ridurre con l’occasione il numero dei deputati e dei senatori (per diminuire i costi della politica), sia per cambiare l’elezione del Presidente della Repubblica (in via diretta da parte dei cittadini), sia per incrementare le funzioni del Premier alla pari degli altri Capi di Governo europei, e per operare la separazione dei poteri del Senato e della Camera dei deputati, in modo da renderli indipendenti e agevolare la funzione legislativa limitandola a una sola Camera. Riuscirà il legislatore a concludere queste riforme istituzionali, volute un po’ da tutti i politici (almeno a parole), entro il 21 dicembre 2012, data della fine del mondo secondo le previsioni catastrofiche dei Maja? Scherzi a parte, nel frattempo festeggiamo il centocinquantesimo della nascita dell’unità d’Italia come Nazione. Ma cosa dobbiamo festeggiare? Che l’Italia va sempre più male, che i nostri giovani non trovano lavoro tranne forse i raccomandati, che noi italiani, tranne i ricchi e i politici, facciamo fatica ad arrivare con qualche soldo in tasca a fine mese? C’è poco da festeggiare, come dimostrano sia le citazioni richiamate in questo libretto sia le riflessioni che ne conseguono, sia la nuova versione dell’inno “Fratelli d’Italia” riscritta da uno di noi, che spiega: “L’inno “Fratelli d’Italia” fu composto nel 1847 dal poeta e patriota Goffredo Mameli su musica del maestro Michele Novaro e solamente nel 1946 divenne “Inno Nazionale”: lo scrittore e patriota Carlo Cattaneo nel 1850 a Lugano, con una quartina intitolata “Controcanzone ai Fratelli d’Italia” parafrasò ironizzando l’inno scrivendo: “Che dite? L’Italia non anco s’è desta. / Convulsa sonnambula / scrollava la testa”.
Oggi addirittura alcuni politici, soprattutto quelli della Lega Nord, vorrebbero sostituire l’inno nazionale suddetto con “Va’ pensiero” di Verdi. Cosa penserebbero oggi i cosiddetti Padri della Patria?
Comunque con scherzoso spirito uno di noi ha composto un nuovo inno apparentemente mordace ma in fondo speranzoso del meglio che possa avvenire in Italia nei prossimi anni. Se avverrà! Da secoli la nostra bella ma umiliata Italia è motivo di attenzione di personaggi illustri e fra i primi i poeti che ne denunciano le sorti. Lo dimostrano le prose, le poesie, gli epigrammi e le riflessioni concentrate nel capitolo terzo di questa raccolta di pensieri e citazioni sulla nostra Italia, l’Italia dei campanili, che ancora oggi suonano le loro campane in modo diverso, forse perché i propri abitanti parlano lingue dialettali diverse, oltre l’italiano comune, e la pensano anche diversamente, non solo politicamente. Nel libro “Cattivi esempi” pubblicato nel 2001 Mario Pacelli scrive: “Garibaldi, Mazzini, Cavour, Gioberti, Ricasoli, Minghetti: l’elenco dei “padri” della patria potrebbe continuare a lungo. La retorica ufficiale li ha spesso descritti come individui pensosi solo del bene pubblico… Troppo bello per essere vero: infatti non lo era. Accanto all’Italia ufficiale grondante di pubbliche virtù ne esisteva un’altra permeata di vizi pubblici e privati, di corruzione, di angherie grandi e piccole, di verità accuratamente celate.”
Ci auguriamo comunque una riabilitazione sperando che le cose cambino a cominciare dalla data di festeggiamento del centocinquantesimo dell’unità d’Italia.

Gli autori


L’Italia in mutande (ma in piedi)


I testi sono di Sergio Pizzuti mentre gli aforismi, riportati dopo gli asterischi, sono di Marco Raja.

I titoli preceduti da asterischi riguardano prose, poesie, epigrammi e riflessioni tratti dal libro «La Casta ci incastra» degli stessi autori del gruppo editoriale Esselibri-Simone di Napoli.


CAP. I

L’Italia e gli Italiani
visti da Marco Raja


  • PENSIERO ITALIANO

Dopo aver letto al mattino il quotidiano,
così si mette a ragionare l’italiano.
Se rubare per il partito non è rubare,
poiché sottrar quattrini si chiama finanziare,
io, che sono stato onesto, commisi grave reato,
come molti, rimasi un gran fregato.
Ma finalmente ho capito l’aria che tira,
torno a casa e cambio vita e mira,
fondo un partito, incasso a tutte le ore,
rubo, per la sua salute, facendo il finanziatore.

***

L’Italia è uno strano Paese con troppe malefatte sempre alle prese.

L’italiano è un popolo dalla vitalità scatenata che si nutre con lo scandalo fresco di giornata.

L’Italia è uno stivale trasversale fatto da un calzolaio abituato a praticare troppe cuciture e rappezzi.


  • IBIMBI D’ITALIA

Nei tempi andati,
nell’itala terra,
uno solo comandava.
Venne poi la guerra,
fu una vita cupa,
i bimbi d’Italia
si chiamavan “figli della lupa”.
Oggi al comando,
nella patria mangiatoia,
le mandibole son troppe.
Si ruba e s’ingoia,
in totale omertà,
ancor si spara.
Or che abbiamo la libertà,
la vita è pur amara,
non più “figli della lupa”,
ma sol “della lupara”.


  • ITTAALLIAAAA

L’Ittalliaaaa, nonostante tutto, rimane “il giardino d’Europa” ma con scarsa manutenzione. Ci sono troppe piante infestanti che si fanno festa reciprocamente. Sarebbe pertanto necessaria una dilatazione nazionale. Parlando e scrivendo dell’Italia, bisognerebbe dire e scrivere: “Ittalliaaaa” per poterla aiutare a uscire dalle ristrettezze.


ITALIA NON ECOLOGICA

L’Italia è una penisola confinante con montagne di debiti e mari di guai. È uno stivale bagnato da quattro mari e dalla pipì dei turisti e degli extracomunitari. L’Italia è un Paese di debole costituzione, ha sempre bisogno del ricostituente della ria­nimazione. Quasi ogni anno frane e incendi la feriscono, la indeboliscono e la rovinano, perché gli italiani non sono capaci di proteggerla, come se non fosse la loro terra. Perché? Io ci terrei alla mia casa, al luogo che mi ha dato i natali, laddove sono nato e cresciuto. Perché dobbiamo rimboccarci le maniche quando potremmo preventivamente evitare tali disastri? Spero che gli italiani, compreso me, si diano da fare in tal senso, prima e non dopo gli eventi.


HOMO ITALICUS

Nel nostro Paese tutto ciò che è gratuito e pubblico è bistrattato e disastrato. Pare proprio che l’Homo italicus nell’atto di accogliere qualcosa da usare in collettività diventi all’improvviso pezzente e sgangherato da tutte le parti. È questa un’infezione che comincia dentro di noi, dal cervello e dal cuore, per diffondersi poi rapidamente in ciò che ci circonda e ci ospita. Un bosco o una strada cittadina, una spiaggia o uno stadio, un fiume o una carrozza ferroviaria, un parco o un’aula scolastica, tutto, ma proprio tutto quanto ci è dato come bene naturale o come servizio sociale, diventa pattumiera collettiva, imbratto stratificato, squasso societario, devastazione comunitaria, mentre questo insulto supremo verso il buon vivere comune, uccide in noi la speranza di una società meno balorda, che ci confezioni un mondo meno indigesto per i nostri stomaci, troppo delicati per poter mandare giù tutto con l’imbuto da damigiana.


  • GENESI DELL’ITALIA E DEGLI ITALIANI

Durante i giorni della Creazione, quando Dio estrasse dal caos l’Italia somigliante a uno stivale da calzare a lungo, gli riu­scì così bene e fu soddisfatto. Vide che “era cosa buona” e subito pensò: “Se tanto mi dà tanto, per custodirla così preziosa e bella creerò gli Italiani”. Nell’entusiasmo creativo non immaginò che questo fantasioso popolo da lui escogitato poteva riportare questa Sua bella Italia al caos primordiale, soprattutto non sapendo che l’uomo era un animale politico. Se ne accorse dopo il risveglio dal riposo seguito ai sei giorni di fatiche e con benevolenza di nuovo pensò: “Non tutto il male viene per nuocere, questa è una scusa buona per rifare daccapo la stupenda Italia”. Sorrise misericordioso con il dubbio se popolarla ancora con gli Italiani. Poi decise per il sì, cambiando tipo di fango, con meno impurità incorporate e, una volta seccato, meno riducibile in polvere a disposizione secondo il vento che tira.


SIMBOLI DEI PARTITI ITALIANI

Nell’odierna baraonda politica italiana persino i simboli dei nostri partiti si stanno fracassando, assumendo nuovi significati ammonitori, in un ammasso di rottami ove tutto è aggrovigliato e rammentato in un immenso cumulo forse nemmeno riciclabile. Sospinto da pruriginosa curiosità, mi sono messo a rovistare fra questa cianfrusaglia stravolta in cerca di nuovi significati affioranti e ho visto: scudi crociati che son croci. Croci senza speranza lasciate in libertà. Libertà e speranze messe sulle croci. Croci schiodate da martelli. Martelli tagliati da falci. Falci e martelli stampati su drappi di sangue. Sangue che nasconde bandiere. Bandiere che si coprono di vergogne. Vergogne che si vestono di tricolore. Tricolore che arde in fiammate. Fiammate di soli al tramonto. Tramonto di rose prese a pugni. Pugni con rose appassite. Appassite corolle di garofani deflorati. Deflorati con rossi garofani. Garofani invasi dall’edera. Edera infestata da parassiti. Parassiti invischiati di scandali. Scandali sepolti nella sabbia. Sabbia che forma il deserto. Amen.


  • UNA NUOVA CAPITALE PER L’ITALIA

L’Italia è uno dei Paesi più belli del mondo, peccato che si tratta di una Repubblica fondata sul “chiasso”, sostantivo maschile che trova i suoi sinonimi, simili e derivati, in: “assordamento”, “baccano”, “bailamme”,”cagnara”, “canea”, “clamore”, “clangore”, “diavolio”, “fracasso”, “fragore”, “frastuono”, “gazzarra”, “gridio”, “pandemonio”, “putiferio”, “schiamazzo”, “strepitio”, “urlio” ecc, tutte negatività per il mal vivere del corpo e dell’anima, che trovano meno numerosi contrari in: “pace”, “quiete”, “raccoglimento”, “serenità”, “silenzio”, “tranquillità”, tutte positività per il buon vivere del corpo e dello spirito.
Siccome tutte queste negatività si trovano inserite a cominciare dalle sedi di chi governa (le due Camere e il Governo), per estendersi poi in tutta la Repubblica: dalle strade alle piazze, dalle paninoteche alle discoteche, dai concerti moderni agli stadi, dalle manifestazioni di protesta a quelle di giubilo, dai programmi televisivi alle nostre case, dappertutto insomma, è necessario darsi una calmata per non soccombere per eccesso di decibel. Se la calmata non avviene in tutti e in tutto, bisogna cambiare almeno la città capitale. Invece della città eterna, cioè Roma, che tra l’altro è stata ufficialmente definita “capitale” d’Italia dalla Costituzione come recentemente modificata in tal senso dal Parlamento italiano, la città di Chiasso dovrebbe essere la più consona capitale d’Italia. Peccato che si trova nella Confederazione Svizzera a un passo da noi. Bisognerebbe allora acquistarla senza indugio.
Conclusione in modesta rima proletaria: Chiasso capitale, / per gli italici rampolli sarebbe l’ideale / intelligente passo, / e comunitario spasso / aver capitale Chiasso.

***

L’Italia è una penisola scoperta dagli extracomunitari in cerca del primo articolo della Costituzione italiana, i quali fanno fatica a farlo applicare.

L’Italiano è un popolo che si abitua facilmente alla maggioranza dissoluta, che con difficoltà si dissolve.


  • L’ITALIA COME L’AUTOSCONTRO

Il nostro eclettico “Bel Paese” è fatto sul modello dell’autoscontro. Tira sera a furia di spintoni, spinte e spintarelle, in uno spasso giocondo da Luna Park, insomma è il pittoresco miracolo italiano che si rinnova ogni levar del sole fra la meraviglia di tutti. A pensarci bene, la colpa non è nostra se siamo fatti con questo stampo coperto da brevetto in esclusiva. Semmai il torto grossolano è degli altri che non hanno ancora capito un piffero sulle spensierate gioie del Luna Park.


MORALE ITALIANA ELASTICIZZATA

Certi uomini politici in Italia inventano le regola del gioco di sana pianta e quel che è peggio, quando il gioco è già finito, lo fanno con quella scaltrezza un po’ gioconda, un po’ spregiudicata e molto malandrina che può far anche vincere senza convincere nessuno, nemmeno i bari, perché fra l’affermazione vittoriosa di una scaramuccia e l’aver ragione ci passa un’eternità di strada. A proposito di tangenti, qualche politico ha avuto la faccia tosta di affermare in pubblico che un conto è rubare per sé stessi e un conto è rubare per i partiti, tentando di stravolgere addirittura la morale, ignorando che i principi di verità morali non possono cambiare con il cambiare dei tempi e degli uomini. Se la morale dovesse cambiare sarebbe immorale. L’ela­sticizzazione e la mutabilità sono due processi tecnologici che a questa materia non potranno essere mai applicati. La verità morale ha in sé il rigetto per la manipolazione, anche se fatta con la tecnologia più raffinata.


  • PRESAGIO AMARO

L’Italia peggiora,
lo dicono in tanti,
persone oneste,
mischiate ai furfanti.
Rispetto al mondo
dei nostri avi,
tutto è cambiato,
mancano i savi.
Giunto il progresso,
hanno disdetto con la morale,
pur l’intelletto.
Si barcamena,
giorno per giorno,
con l’insipienza
senza ritorno.
La madrelingua
dello Stivale
giace negletta,
è messa male.
Nessuno più legge,
non sembra vero,
hanno accoppato
anche il pensiero.
Nei santuari
dell’ignoranza,
persino l’arte
ha perso sostanza,
è messa da parte.
Tutti spianati
da far paura,
dalla ruspa
dell’incultura.
L’italica stirpe,
giace supina,
siamo all’inizio
della rovina.
Solo i politici
son fiduciosi
nella ripresa,
fra tanti marosi.
Presagio amaro:
è cosa urgente,
agiamo subito,
mia cara gente.
Ma nell’agire
ci vuole sapienza,
che metta al bando
l’umana scemenza.


FARMACIA POLITICA ITALIANA

I politici italiani sono come i farmacisti, danno più confezioni che medicinali. Ti vendono contenitori giganteschi con medicinali pigmei. Quando si porta a casa il tutto, il tutto si conclude con una rottura di scatole. Talvolta, nei casi più allegri, prima delle pastiglie, dalle scatole rotte salta fuori proprio un tubo.

***

Nei politici sono le mandibole, non gli occhi, lo specchio dell’anima.

Solitamente i politici sono anche polifagi. Non pochi sono antropofagi, divorano volentieri i colleghi preferendo, paradossalmente, quelli indigesti.


L’ITALIA ALLO SFASCIO

Il nostro sgangherato Paese sta diventando un agglomerato di contraddizioni emergenti ma anche un florilegio di nemesi sconfortante. E questi affioramenti a ripetizione, generati dall’arrembaggio e dal “si salvi chi può”, finiscono tutti insieme nella gloria dello sfascio. Sembrerebbe un’assonanza bislacca, invece è davvero emblematico rivisitare la storia nostrana che per sortilegio, o per volere, o per fatale vendetta burlona, chiede in prestito all’alfabeto una “s” e la antepone per moto proprio al simbolo amato e odiato, abbattuto con tanto furore già da decenni, cioè a quel fascio borioso e in parte malandrino. Sicché, se nel ventennio tutto era merito di quel fastello di verghe littorie tenute insieme da una benda tridipinta, oggi, per diritto di usucapione, tutto converge verso quel mazzo di vincastri rabberciati impiastrati di cerotti sovrapposti, rappresentanti le nostre povere vilipese istituzioni, che formano cioè, per via della “s” transfuga e poi appiccicata sul davanti, appunto, lo sfascio.
L’Italia sfasciata arranca e poi trema, e intanto lottizza, questa volta non solo la zolla redenta immersa nell’enfasi, ma l’intero Paese affogato nel sonno dei giusti, spartito in tanti orticelli, ove le zucche ubertose ma immature ipotizzano grandezze. Nell’attesa dell’unico raccolto forse possibile, di quattrini prelevati a ruota libera dalle tasche di chi sciopera per lavorare e di chi lavora per scioperare, in una colossale baraonda, ove i valori sono ridotti a brandelli e i brandelli sono sublimati a valori. In un pugno d’anni si è passati dalla titanica abbuffata dell’adolescenza alla parsimonia della senilità, dall’orgia dell’opulenza all’inopia della languenza. Si acquistano fustelle dalla metalmeccanica per bucare le cinghie della pelletteria, partendo, s’intende, dall’ultimo foro all’indietro. In tutto questo prologo di baldoria nazionale c’è poi la speranza che i pantaloni imparino a star su da soli, magari senza il supporto della cintura, che non sopporterà altri fori in retromarcia. A questo punto la ragione di stirpe c’imporrà la regola codificata da un decreto legge lampo che dirà: “anche in mutande si può circolare”. Ma il giorno dopo già si penserà a una nuova autarchia, con gente senza slippini, perché per coprire le impudicizie forse potrebbe bastare un perizoma. Sulla moda della Nuova Guinea, subito si affermerà la moda della Nuova Italia.
Per mancanza di quadrumani, ci sarà una sola variante a quella della grossa isola del Pacifico. La pelle di scimmia sarà rimpiazzata con la foglia di fico, cresciuto negli orticelli lottizzati, ove le zucche, sempre acerbe, potranno benissimo far posto ai provvidenziali alberi copri vergogne, in attesa di giorni peggiori, quando anche i fichi spariranno per sempre a causa delle troppo frequenti defogliazioni subite.


AL BAZAR DEL MALPAESE

Alcuni politici di bocca larga ci assicurano che al bazar della politica italiana si può acquistare solo roba di prima qualità assai preziosa. Adescati, andiamo a far compere, puntando sulla mercanzia fine, come: verità, certezze, giustizie, giuramenti, dignità, speranze. Quando a casa apriamo i pacchi, viene fuori merce andata a male, da buttare nei rifiuti, come: menzogne, dubbi, ingiustizie, spergiuri, scandali, infamie, disperazioni, paccottiglia guasta insomma. Così non passa giorno senza rimanere infinocchiati nello spirito e nella borsa, sino alla nausea, sino alla rabbia, mentre stenta a farsi posto in noi la convinzione che di onestà ce n’è ancora tanta in circolazione. La flessibilità dei ruoli dei nostri governanti è per la verità, molto flessibile, ma non è quasi mai sufficientemente elastica, onde poter riprendere la verticalità necessaria per continuare a camminare spediti.

***

Chi dà fama ai giornalisti è la fame di scandali. Quando di scandali ce ne sono pochi in circolazione gli scandali li inventano loro, se non altro per sfamare la loro famiglia.

Non pochi nostri politici sono una nullità. Il prefisso del loro telefonino dovrebbe essere: 6, 1, 0 (sei, uno, zero).


LA NUOVA RAZZA ITALICA

Si sta sviluppando in molta gente, anche non del tutto indigena, un fiuto satanico che la rende simile a infallibili segugi specializzati a trovar le piste giuste dirette all’imbroglio e alla prevaricazione, tutto alle spalle dell’ambiente territoriale e di quegli abitanti che segugi non sono. A farne le spese, poi, siamo noi, sprovveduti autoctoni senza naso e senza latrato. L’evanescenza globale pare sia diventata, da noi, legge di Stato e a darne giornaliero esempio, sono proprio gli incaricati al pubblico garbuglio. Cosmopoliti, saccenti, supervisori, istrioni, arruffapopoli, funamboli, vanesi, ciambellani, giullari, alchimisti, cerusici e legulei, riuniti in ciurma protetta e nutrita, si danno un gran da fare in pittoresca gara per rendere sempre più scollato questo già troppo liso e malconcio stivale, e, attraverso ben pilotate tele-radio-stampa-sponsorizzazioni cercano di incantare i ritardati del villaggio, dando parvenze di moralità, di saggezza, di mecenatismo, che a ben vedere appaiono solo abili spinte, suadenti pizzicotti a tutti, e magari qualche teatrale botta con verghe di cartavelina ritorta sulle mani degli ecologi più discoli, tanto per tenerli calmi nel denso brodo della tranquillità. Forse solamente così si può mostrare ai più, fra i meno tristi abitatori dell’allegra penisoletta, cosa è l’Italia.


LEGGI BECCHIME

Certe leggi sbagliate che ci piovono fra capo e collo all’improvviso, distillano paure da tutte le parti. Ci vuole un coraggio da martire per accettarle in silenzio, ma ci vuole anche un cervello da gallina nel buttarle in giro come fossero becchime per allocchi. È proprio a questo punto che lo sbaglio di questi insipidi legulei microcefali diventa imperdonabile, perché l’allocco non è goffo, non è scimunito, ma è creatura vivace ed intelligente. Non si nutre di becchime, ma divora cose che hanno persino la testa e il cervello come topi, talpe, bisce, grossi insetti e può darsi pure qualche buon figlio di gallina.


  • INVITO A UNA CULTURA PENISOLANA

Insegnate ai figli e agli amici che l’Italia è bagnata per quattro quinti dal mare ed è asciugata completamente dal fisco. Che la Sicilia forse è presa a calci dallo stivale per via della mafia, mentre la Sardegna è presa a ginocchiate, senza alcun apparente motivo o ragione. Visitate per bene la Magna Grecia, posta nelle parti più basse del Paese. Capirete subito che di Grecia è rimasto assai poco, mentre la voglia di “Magna” è rimasta perennemente, soprattutto a Roma, con stimoli un po’ in tutta la penisola.


GELO E DISGELO

Nella politica italiana si continua a procedere fra gelo e disgelo, a ritmi così ravvicinati da fare andare a male le cellule del corpo umano, non abituate a simili intemperanze ambientali. Poi subentra la necrosi dei tessuti, cotti dal freddo e rammollati dal caldo, e addio corpo! L’uomo comune, il cittadino, che assiste a queste follie, vuole invece un clima almeno regolato dal ciclo delle stagioni, freddo o caldo che sia, però senza sbalzi repentini. Altrimenti come si fa ad abituarsi a sopravvivere tra la frenesia di pellicciotti, camicie e nudità, senza prendersi una polmonite fulminante?

***


La poca lettura porta la cultura alla sepoltura.

  • EPIGRAFE PER L’ITALIA

Qui giace atrocemente pugnalata
la bella Italia morta dissanguata,
spirò per colpi a Lei vibrati
da orde di politici e magistrati.
In questo luogo sacro e pio,
sia rivolta una preghiera a Dio,
che l’accolga con affabile sorriso,
fra la schiera dei martiri in Paradiso.


  • PATRIA GRATITUDINE

“Chi per la Patria muor,
vissuto è assai”.
La Patria dai tre colori,
all’assioma un dì rispose tosto:
Caro figlio se per me tu muori,
ti darò comodo posto,
sotto la pietra degli allori.
Accanto al tuo nome, ben esposto,
sopra la lastra levigata,
sarà inciso a perfezione.
“La Patria ti è sommamente grata,
per averti pappato l’intera pensione”.


  • L’ITALICA COSTITUZIONE

L’italica Costituzione
è pugnalata a morte
dalla corruzione,
macabra sorte
della Nazione.
Povera Italia,
vittima innocente,
c’è troppa canaglia
fra la tua gente.
Dov’è la gloria,
il tuo onore,
la tua storia,
è colpita al cuore.


  • LO STATO UMILIATO

Scrisse un giornale:
– Purtroppo in Italia,
la coscienza statale,
sfugge in totale. –
Per ricercarla,
in mezzo alla gente,
ci vuole niente,
è cosa geniale,
porre una taglia
sull’intero Stivale.
Quando il progetto
fu attuato,
il premio offerto
giacque negletto,
fu mai ritirato.
Si fece deserto,
in tutto lo Stato,
ancor più umiliato.


PATRIE DOMANDE

Oggi le patrie nostre galere,
sono stipate di tanti pentiti,
molti di loro la danno da bere,
dai magistrati son riveriti.
Sono pervasi di sacri rimorsi,
curvi in ginocchio in prostrazione,
in prima persona vogliono esporsi,
per la gloria della Nazione.
Nella folata di pentimento,
di verità c’è solo il vento.
È uragano o arcobaleno?
Il primo è vero, il secondo lo è meno!


SPAZIO VITALE

L’Italia è stracolma di bieche combriccole che si danno gomitate nello stomaco per acquistare sempre maggiori spazi all’iniquità. Giocano sul rassegnato ripiegamento delle schiere disorientate dei galantuomini ogni giorno più angosciati che il domani è sempre peggiore dell’oggi.
A volere fare i pignoli fino in fondo, il loro spazio vitale, il loro privilegio, la loro vittoria, sta nell’abbandono del campo da parte degli onesti.

***

L’Italia sta diventando un Paese molto unito soprattutto nell’imbecillità dei mass-media, senza dignità perché rimbecillita da ogni forma d’informazione.


  • LE SETTE DISGRAZIE D’ITALIA

Potentati di cartapesta, veggenti dai paraocchi, economisti da bancarotta, ballanzoni da cataplasmi, legulei del garbuglio, parolai del vaniloquio, parlamentari in pantofole sono le sette disgrazie d’Italia, del nostro amenissimo Paese, quasi come le sette meraviglie del mondo, al contrario, o meglio, come i sette vizi capitali.


**LO STATO PERDUTO*

Il nostro è uno Stato che ha perduto il senso dello Stato. Essendo “stato perduto in senso vietato”, c’è da fare un appello alla trasmissione televisiva “Chi l’ha visto?”. Ma anche chi l’ha visto perdersi nei meandri dell’illogico controsenso penisolano, è catturato da pavidi incubi d’omertà e non apre bocca, anzi non fiata e muore d’embolia. A supplicarne la ricerca non vien fuori nessuno, nemmeno i genitori. Figuriamoci gli altri parenti! Sicché lo smarrito trovatello, supposto sia un giorno ritrovato, neppure avrà l’amore di una famiglia vera. Essendo menomato, incapace di connotarsi, patito e vestito in qualche modo, al massimo gli daranno il soggiorno provvisorio in un campo profughi tra apolidi, senza patria e senza redenzione, in attesa di un imbarco coatto verso un approdo ignoto.

***

L’italia è una nazione ove quattro spietate malattie ne minacciano la vita: la mafia, la camorra, la ’ndrangheta, la sacra corona unita.


POLITICA AMBIENTALE DELL’ITALIA

Il nostro è un Paese ricco di storia narrata, ma poverissimo di geologia applicata. Il geologo, da noi, è purtroppo un illustre sconosciuto e paradossalmente il suo intervento era reso obbligatorio, per legge sino a ieri, solamente per l’ampliamento dei cimiteri. Come dire che, invece di aiutare la terra dei viventi, questa fondamentale figura era relegata al servizio della terra dei morti. Ora siamo in evoluzione e le cose sembrano cambiare. C’è da augurarsi comunque che il tutto non avvenga in tempo non geologico! Se in Italia non piove per un mese, tutto rinsecchisce e brucia. Se piove per tre giorni, tutto si sfalda andando in poltiglia. Da noi la seria politica ambientale è una suadente parola finta, che incenerisce con il fuoco e annega con la pioggia. Ogni giorno purtroppo ancora si baratta l’incoscienza con l’improvvisazione, l’imprevedibilità con la fatalità. I tamponi, i cerotti, le bende e le ingessature, palliativi abituali a effetto placebo, in questa amena nazione di Balanzoni maldestri, assuefatti a tirare sera a furia di prelievi e trasfusioni, finiranno una volta o l’altra con lo sgretolarsi, divenire polvere, gelatina, poi torbida broscia, in un colossale sfascio ambientale. Poi al guaio dell’evento distruttivo se ne aggiunge uno più micidiale, quello della ricostruzione del territorio tramite appetitosi appalti da gastronomia raffinata, generatori di bustarelle ben farcite.

***

La politica ambientale italiana non possiede spazi per potersi ambientare.

Bisogna combattere senza sosta e senza paura coloro che, con l’avidità di pirati addosso, hanno rovinato l’ambiente e il territorio del nostro Paese.


  • L’ITALIA: CULLA DEL DIRITTO

Da noi le leggi sono perennemente assopite perché l’Italia è la culla del diritto. Noi italiani siamo tanto bravi nel diritto che, quando in Italia c’è qualcosa che non riga giusto, si vuol convertire il qualcosa in legge. Siccome quasi tutto giostra al contrario, ne risulta un perpetuo girare con l’affanno addosso. Quando però la conversione è avvenuta, non si trovano i credenti. Tutti apostati diventano, anche i convertitori. Alcune leggi sbagliate che ci piovono fra capo e spalla all’improvviso, distillano paure e infamie da tutte le parti. Ci vuole un coraggio da martire nell’accettarle senza mugugno, ma ci vuole anche un cervello da gallina per sparpagliarle in giro come fosse becchime per pollastri da capponare per la prima tirata del collo.


  • LA RIESUMAZIONE IN ITALIA

In Italia c’è dominante uno strano e impietoso rito funebre: quello di sotterrare gli scandali ancora vivi. La riesumazione, quando avviene, si fa dopo anni, allorché, oltre alla pietà verso i defunti, rimane, testimone imperturbabile, il silenzio del mistero.

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Ogni scandalo, prima di essere scoperto, ha subito delle clandestine sepolture che si pensava fossero prive di resurrezione.


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