Opere di

Margerita Leka


Quando senti che ti fa male l’aria
sappi che non è l’aria che ti fa male,
è qualcosa di male che c’è nell’aria
che richiama il male in te
per farti male.
E se senti che ti fa male la terra
sappi che la madre non può farti male,
essa che per nutrirti si toglie il grano di bocca;
è la gramigna che ti fa male,
perciò devi scegliere
di non mangiarla.
Quando senti che l’acqua ti fa male
hai scelto di bere dell’acqua quieta,
quella che attira con lo specchio per le allodole
di finto sorriso d’un rovescio di cielo,
mentre cela nel fondo lo stagno infesto.
Sappi che ciò che ti ha generato e ti nutre
ti matura, ti fortifica
ti rinsalda,
che ti scansa i pericoli in agguato,
che ti veste del dono di amare,
che ti fa diventare canuto e più saggio
e t’insegna di seguire la via
delle tue rughe – non può farti male;
è il male di dentro che per dispetto
fa ostacolo al suo contrario;
per invidia,
per la rabbia di sapere
di non poter mai vincere quella partita.


Il camaleonte
è un animale che parte avvantaggiato,
tra tutte le doti che la natura ha in serbo
per aiutare le creature a conservarsi
a lui è toccato la più comoda ed elegante;
per sopravvivere
non ha bisogno di dimenarsi senza grazia,
non gli sono necessari le unghie
né i denti affilati,
gli basta cambiar colore …

il guaio è che per funzionare
lui ci deve fermamente credere,
credere di essere davvero
della tonalità strategica del momento dato;
così, a forza di cambiare, il camaleonte
si dimentica del colore originale
quello fondamentale
da cui e scaturita la raggiera delle sfumature
fuorvianti

davanti allo specchio resta perplesso,
in qualsiasi versione si manifesti
sembra un falso …
e se un giorno dovesse scomparire
lasciando impressa per sempre
sulla tela della vita
la faccia di convenienza, assunta per il caso?



Mi sento
come tegola malmessa
che a lungo andare ha preso gusto
del bilico
tra il ciglio del tetto e il vuoto.

Mi chiudo nel bozzolo
lasciando acceso fuori il cartello
“in riparazione”,
tutta la notte a filare il vestito del giorno
di seta pura … me lo sussurra
la farfalla in sogno.


Travolti dall’amore che per caso avevamo incontrato
– come di solito s’incontra l’amore –
abbiamo percorso un pezzo di strada insieme
intensamente vivendo ogni fase della trasformazione
Ci siamo sprofondati l’uno nell’altra …
tramite il vettore dal desiderio
tutto il mio essere è circolato nel tuo essere
e il tuo nel mio, perfetta fusione
E quando non c’è stato più niente da ricevere
né niente più da dare
abbiamo continuato ognuno il proprio cammino
separatamente
dopo aver consegnato alla vita il premio
per averci fatto incontrare: un figlio nostro
tuo e mio insieme
per mezzo dei suoi passi cammineremo a braccetto
per vie che non ci appartengono;
di lui follemente amerò quello che di te
non ho potuto amare
di lui follemente amerai quello che di me hai detestato
Dentro di lui ti chiederò perdono e ti perdonerò
e tu farai lo stesso
e ci riscatteremo a vicenda per poterci seminare
nelle sue viscere come zolle primaverili
il gusto prelibato dell’armonia interiore


You want it darker…
Leonard Cohen

all’infinito, Tu avevi tentato l’approccio invano

ci avevi chiamato senza sosta
ciascuno per il suo nome
le dita della paterna mano tesa non riuscirono
a toccarsi
a intrecciarsi con le nostre dita
Tu avevi notato l’incolmabile distanza tra il nostro sforzo
e la tua grandezza immane…
noi, figli dei nostri padri
padri dei nostri figli,
noi non sapevamo amarti senza umiliarti

– penso con i miei sensi, sento con i pensieri –

al sublime appello dell’amore
Tu ci hai donato il fiore più prezioso
il fiore Unico che noi abbiamo deriso flagellato
ucciso … poi
per il sacro richiamo della sua linfa
alla nostra linfa uguale
ci siamo raccolti tutti nella Tua mano


Nella mia vita segreta
da sempre chiusa dentro
entra a volte quando ha tempo
la vita quotidiana
discretamente
attenta a non scompigliare
per non perdere la possibilità di rientrarci
e si stupisce
non si riconosce per niente in essa
e pensa di come avrebbe potuto fare
lei che ha dovuto lottare per ogni singola cosa
se fosse stata così fragile
e impacciata
non riesce quasi ad accettare
che questa vita segreta
da sempre chiusa dentro
così sensibile
padrona di sì tanta eleganza
sia la stessa vita
vestita “casual” per la sopravvivenza


Le mie silenziose lotte cominciarono ancor prima che fossi nata;
mia madre ebbe un travaglio difficile … due giorni
e due notti di doglie – era esausta –
io stavo per soffocare dentro il tunnel
ma non mi muovevo,
non avanzavo a spintoni; alla coscienza
iscritta e non ancora contaminata dalla luce,
era tutto chiaro: avevo una paura folle
e mia madre non sarebbe subito in grado di abbracciarmi
Nacqui in silenzio;
dovettero maltrattarmi per farmi pretendere l’aria,
ero calma come se non si trattasse
di vita o di morte;
subito dopo, l’anziano medico che m’aiutò venire al mondo
fece una cosa che nessuno si ricordava avesse mai fatto:
mi prese in braccio
appena pulita e avvolta in un panno, e fece il giro delle sale dell’ospedale
mostrando a tutti “la bambola” appena nata: completamente calva e bianca,
le gotte rosa di mattino
e un concentrato di cielo negli occhi bene aperti
Intanto, il sole era sveglio nella dodicesima casa;
era irritato …nel piglio più arcigno fiammeggiava l’occhio
striato di tenebra …


Claire

Settembre duole
all’apice della maturazione; non c’è più succo fuori posto,
la goccia di sudore impronta
E proprio a mezzanotte,
due grida dopo lo scoccar dell’ora misteriosa
che cova nel vuoto istantaneo
il perpetuo inizio,
la roulette stentata si fermò sul giusto numero
e il croupier raccolse tutto lo stupore:
Claire … occhi di coccinella
Mentre la Ville Lumière si porta la croce: le sue luci
viziate specchiandosi fino al soffocamento
sul fiume nauseato, rigurgitante …
sul fiume esausto che abbraccia forte
le gambe ombrose dei suoi ponti
giacendo per un attimo
sobrio nel buio della reale notte …
poi
tutto procede come sempre: le stelle fanno posto
alla nova – sguardo diverso, di madre –
e il cuore straripato tenta di rientrare
a metà settembre


Verità

Cerco pepite di verità
nei cumuli ai lati delle strade aperte
perdendomi negli incroci infedeli

Per qualche scheggia lucida
graffio il cielo che non cede nulla
all’infuori del sorriso ermetico

Mendico gocce di verità al cuore
che me le concede: fragili
inaffidabili


Mio padre

Tra le rughe tortuose dell’amato viso
ho letto la strada: illuminata
senza scorciatoie


Montagne

Perché terra infuriata
violandoti l’insita legge
scagliasti carne tua e pietra contro il cielo; che ti aveva fatto?
Ti rimasero addosso
escrescenze
le montagne: testimoni del tuo limite,
testimoni di quella rabbia senza via d’uscita
che il contraddittorio sentimento amore – odio
susciti, annullandosi,
non possedendo il dono di esprimersi
Cadde la neve … sulle cime acuminate rimase
perenne … il costato del cielo vi si posò, sereno


Fantasia

La doccia metafisica del lampione
fa del selciato umile
un regno dorato … oltre al cerchio magico
la pallida povertà
brinda alla salute del cielo stellato
con mezza coppa di luna



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