Strega a chi?

di

Maria Rosaria D’Uggento


Maria Rosaria D’Uggento - Strega a chi?
Collana "I Salici" - I libri di Narrativa
14x20,5 - pp. 178 - Euro 14,50
ISBN 978-88-6587-8743

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In copertina: Botticelli, «Giuditta e la sua ancella tornano a Betulia» Galleria delle Statue e delle Pitture degli Uffizi, Inv. 1890 n. 1484
Su concessione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo.
Vietata la riproduzione o duplicazione con qualsiasi mezzo.


Prefazione

Il libro “Strega a chi?” rappresenta il simbolo fedele del pensiero e della concezione filosofico-esistenziale di Maria Rosaria D’Uggento, in relazione ad alcune odierne tematiche sociali, universo di dibattiti e diatribe, di manipolazioni e fraintendimenti, che vengono analizzate e sottoposte ad incessante vaglio critico, in alcuni casi, messe in discussione anche attraverso una costante rivisitazione dell’oscuro periodo della “caccia alle streghe”.
L’analisi, propensa ad una rielaborazione storica e arricchita con numerose citazioni, scandaglia e penetra nel profondo tali problematiche, grazie ad un argomentare affabulante e ad una scrittura sempre attenta a porre, in primo piano, la personale visione di Maria Rosaria D’Uggento.
Ecco allora che prende avvio un percorso critico nel mare magnum di importanti tematiche che hanno contrassegnato sia periodi del passato che la realtà odierna: dalla visione positiva del vegetarianesimo e veganesimo alla questione dell’omeopatia; dai dubbi sulla politica vaccinale in Italia alle diatribe all’interno della comunità scientifica; dal pensiero eco-biopsicologico all’ambientalismo e all’animalismo; e, infine, come ad unire tale processo disvelatore con un filo sotterraneo, le profonde riflessioni sulla condizione della Donna, dalle “famose” accuse di stregoneria e crudeltà d’ogni sorta perpetrate ai danni del genere femminile, fino ai “moderni inquisitori”.
Come è facile intuire ci troviamo davanti a complesse questioni che presentano numerosi lati oscuri difficili da “illuminare” con semplici riferimenti a qualche teoria o pseudo analisi che conduca alla verità suprema.
La concezione di Maria Rosaria D’Uggento tende ad aborrire “il pensiero unico” e a non accettare la “verità” che pervenga da un’autorità, “sia essa Dio o la Scienza”, ma, al contrario, cerca di indagare la sottile trama che collega gli eventi storici e il pensiero umano, sempre così complesso, enigmatico e pericoloso.
Il processo narrativo riconduce ad alcuni riferimenti storici relativi all’epoca della “caccia alle streghe” e tali accuse di stregoneria rivolte alle donne sono giudicate come la più grave e crudele azione perpetrata contro il genere femminile: le “streghe”, al contrario, erano belle, intelligenti e spietate, donne che impersonavano il coraggio e l’astuzia; Novelle Giuditte, simboli profani dell’amore, capaci di magie e sortilegi, maledizioni ed incantesimi e, in molti casi, furono donne normali e con un forte carattere.
L’analisi storica si fa ancora più specifica quando l’Autrice fa riferimento alla figura di Maifreda, una delle prime eretiche, bollata come strega, che fu condannata al rogo e arsa viva, davanti alla Chiesa di Sant’Eustorgio, a Milano.
Viene poi offerto un excursus sulle origini della caccia alle streghe che si propagò in tutta Europa con crudeli persecuzioni che videro anche la nascita di un manuale per cacciatori di streghe, il famoso “Malleus Maleficarum”, redatto nel 1486, dagli inquisitori domenicani Heinrich Kramer e Jacob Sprenger, propugnatori del concetto che il Diavolo si serva della strega che, per sua natura, è propensa all’eresia e amica del Demonio.
Nella dinamica delle profonde considerazioni e riflessioni di Maria Rosaria D’Uggento risultano interessanti i riferimenti critici ai moderni inquisitori come Jean de Kervasdoné, con la sua teoria che “la natura sia un artificio umano” e a Michel Maffesoli, esponente del pensiero post moderno, filosofo e sociologo, che afferma come la nostra società si diriga verso una dimensione di confusione e tribalismo: Dio non esiste più, al suo posto, dominano gli istinti primitivi.
La concezione di base dell’Autrice conduce ad una visione moderna che sia capace di fare piena luce su pensieri oscurantisti e persecuzioni che, nel corso dei secoli, hanno prodotto effetti negativi e follie inenarrabili: in primo luogo, è offensivo definire le donne come streghe, in passato come ai giorni nostri, anche perché, secondo l’Autrice, le streghe odierne sono quelle che odiano i farmaci e gli antibiotici, i vaccini, il progresso scientifico come una verità; sono vegane, vegetariane, e si curano con l’omeopatia.
Nell’ancestrale labirinto, al tempo stesso prigione materiale, protezione sacra e scena iniziatica, tra false concezioni e lusinghe del Demonio, si avverte la volontà di Maria Rosaria D’Uggento di oltrepassare la condizione limitante d’un arcaico “recinto” assegnato dalla storia alla Donna e si percepisce il desiderio di illuminare la figura di una donna moderna che ignora tale “recinto”, fino a divorare le presunte colpe, innalzare il suo corpo, ipocritamente accusato, a vessillo di libertà: l’unico sortilegio concesso è che la sua Parola diventi atto purificatore.
Per questo motivo emerge la necessità vitale di una rivoluzione culturale che comprenda tutti gli aspetti del comportamento umano e possa condurre l’umanità verso una nuova visione che non contempli sbarramenti e steccati di sorta, false convinzioni e folli persecuzioni, terrorismo psicologico e demonizzazione storica e, soprattutto, non conduca ad invocare un esorcista “per chi osi esprimere opinioni contrarie”.

Massimo Barile


Strega a chi?


INTRODUZIONE

Strega a chi?
Qualcuno (qualcuna) mi ha definita in un libro “La mia amica strega”.
Non proprio me, per la verità. Ha definito così alcune sue amiche, ma in quanto facente io parte di quei milioni di persone nel mondo che:

  • - non sono succubi del pensiero unico,
  • - non accettano l’ipse dixit sia esso impersonato da un Dio, dall’Autorità, dalla Figura carismatica di turno o dallo Scienziato del “lo-dice-la-scienza-e-la-scienza-non-sbaglia-mai”,
  • - non hanno fede nel progresso costi quel che costi,
  • - se si sono avvicinati qualche volta all’omeopatia magari ne hanno tratto un qualche giovamento,
  • - sulla politica vaccinale in Italia nutrono qualche dubbio,
  • - pensano che se è possibile che un medico radiato sia un truffatore non è detto che tutti i medici radiati lo siano,
  • - sono emotivi e razionali insieme perché ormai sono rimasti davvero in pochi a considerare ragione ed emozioni così rigidamente separate.

Ebbene, per tutti questi motivi, mi sono sentita anche io una strega.
Ma – badate bene – dare della strega a qualcuno è un’accusa grave. In altri tempi avrebbe potuto portare la poveretta accusata di esserlo, dritto al rogo.
Non nascondo di aver avuto anch’io un attimo di paura. I segnali ci sono tutti. La libertà di espressione comincia a scricchiolare, noto un preoccupante ritorno alle manieri forti.

  • - Che pensi? – ho immaginato che mi chiedesse con un sorrisetto falso sulle labbra la mia “amica virtuale” autrice del libro, con la quale – essendo io strega – riesco ad entrare in un rapporto empatico.

Le ho risposto come avrebbe risposto il mio amico radiato da poco dall’ordine dei medici: che non si può pensare.
L’accusa di stregoneria è stata la più grave, pericolosa, crudele che possa essere mai stata perpetrata ai danni del genere femminile.
Le Streghe.
Belle, intelligenti e spietate, giustiziere, simbolo del coraggio e dell’astuzia contro la forza bruta.
“Novelle Giuditte le streghe – come è stato giustamente osservato –, spesso simboli fisici e profani dell’amore, si attribuiscono loro sortilegi, magie erbarie dei filtri amorosi, incantesimi di possesso e di maledizione, un immaginario diffuso, un potere misterioso che travolge ragione e volontà”.
Il più delle volte furono donne normalissime, dotate di forte carattere e fulgida intelligenza o malate di mente e quindi doppiamente infelici.
C’eravamo liberati di questa ossessione oscurantista, a fatica, e da poco.
Maifreda è una di loro. Un’eretica assimilata a una strega. E dà l’inizio alla saga.
Riconosciuta eretica impenitente e relapsa è condannata al rogo e abbandonata al braccio secolare, cioè al podestà, che la fa ardere viva, assieme ad altri, davanti alla chiesa di Sant’Eustorgio, nella zona dell’attuale piazza Vetra a Milano, nel 1300.
Perché – uno si chiede a un certo punto – le donne divennero streghe?
Non abbiamo nessuna riserva a considerare l’evento che si situa soprattutto tra il 1550 e il 1650 (ma che ha inizio molto prima e si conclude molto dopo) e che caratterizzò tutta l’Europa, anche se soprattutto la Francia e la Germania, paragonabile – per valenza simbolica e crudeltà – alla shoah del Novecento, con la differenza che se la shoah è una persecuzione contro il genere umano tutto, la caccia alle streghe fu una persecuzione soprattutto contro le donne (sappiamo in verità anche di stregoni ma in numero molto minore), a causa della condizione di inferiorità in cui esse versavano a tutti i livelli della società.
Il culmine della elaborazione dottrinale si ebbe con la codificazione nel manuale per cacciatori di streghe per eccellenza, il Malleus Maleficarum, pubblicato nel 1486 dai due domenicani inquisitori Heinrich Kramer e Jacob Sprenger. Il successo fu enorme e per due secoli il Malleus divenne il punto di riferimento sull’argomento. L’opera ebbe la duplice autorizzazione del pontefice e dell’imperatore.
Gli inquisitori nel loro argomentare sostenevano che il diavolo si serve della strega proprio perché, essendo femmina (da fe-minus o colei che ha minor fede) è più portata all’eresia:

Perché nel sesso tanto fragile delle donne, si trova un numero di streghe tanto maggiore che tra gli uomini? […]. Alcuni Dottori spiegano il fenomeno dicendo che le donne […] tendono a essere credule, e siccome il diavolo cerca sopra tutto di corrompere la fede, le aggredisce di preferenza. […]. Il secondo motivo è che le donne per natura a causa della pieghevolezza della loro complessione sono più facilmente impressionabili […]. Il terzo motivo è che hanno una lingua lubrica; quando sanno qualcosa per le loro male arti è difficile che riescano a nasconderlo alle amiche e, siccome sono deboli, cercano facilmente nelle stregonerie un mezzo per vendicarsi di nascosto […]. Possiamo aggiungere ancora che siccome le donne sono difettose di tutte le forze tanto dell’anima quanto del corpo, non c’è da meravigliarsi se operano molte stregonerie contro gli uomini, che esse vogliono emulare.

Ancor prima, per la verità, con la bolla Summis desiderantes Affectibus, promulgata il 5 dicembre 1484, papa Innocenzo VIII li aveva autorizzati a ricercare e quindi punire, incarcerare e correggere le persone resesi colpevoli di stregoneria:

Ci venne ultimamente all’orecchio, non senza nostro grave dolore, che in alcune parti, città, territori, località e diocesi della Germania Superiore e nelle province di Magonza, di Colonia, di Treviri, di Saltzburg e di Brema, numerose persone di ambo i sessi, immemori della propria salute e deviando dalla fede cattolica, hanno abusivi commerci con demoni incubi e succubi e con i loro incantesimi, vaticini, scongiuri e con altri nefandi sortilegi, superstizioni, eccessi, delitti; fanno e procurano che i parti delle donne, i feti degli animali, i frutti della terra, i prodotti delle viti e degli alberi, gli uomini e le donne, […] i giardini, i prati, i pascoli, i cereali, il frumento e gli altri raccolti delle campagne periscano, siano soffocati e soppressi; che riescano inoltre a impedire che gli uomini generino, che le donne concepiscano e che i mariti con le mogli e le mogli con i mariti compiano i loro atti coniugali; che non si astengono di abiurare con sacrilega bocca la stessa fede che ricevettero nell’amministrazione del santo battesimo e di commettere e perpetrare […] altri numerosi nefandi eccessi e delitti, con pericolo delle loro anime, con offesa della maestà divina, con pernicioso esempio e scandalo di molti.

Dare della strega a qualcuno a cuor leggero non si può.
Affibbiare l’epiteto di strega a una donna non è come definirla svenevole, lacrimevole, oca (che è già grave).
È molto di più. È come dire che gli ebrei sono topi di fogna (come dicevano i nazisti), che “i mussulmani sono tutti violenti” (qualche trombone nostrano che si illude di appartenere a una civiltà superiore), che “le persone non colte sono sottosviluppate” (gli intellettuali inutili, fautori del logocentrismo) e “i portatori di handicap e i vecchi improduttivi” (sempre i nazisti).
Il termine ha avuto a che fare con la sofferenza e la persecuzione, non usiamolo mai più. È una cattiveria. Detto da una donna è un tradimento.
Considerare le donne streghe (anche se solo per gioco o per scrivere il titolo accattivante di un libro) è crudele nei confronti delle tante del passato perché avalla il pregiudizio e l’accusa dei loro carnefici che fossero in combutta con il demonio e per questo da condannare.
È offensivo nei confronti di tutte quelle donne di oggi, le moderne streghe, alle quali l’autrice appioppa l’epiteto operando quella generalizzazione così metodologicamente poco scientifica per cui se alcune di quelle che lei frequenta sono così (irrazionali, ipocondriache, superemotive e credulone) non è detto che lo debbano essere tutte quelle che prendono posizione su alcuni temi che riguardano la salute pubblica, o criticano la “fede” nel progresso-senza-se-e-senza-ma.
È veramente ora di dire basta. La pazienza è finita (come dice l’autrice per sé) anche per noi.
Streghe-femministe di tutto il mondo unitevi!
Streghe e streghette affilate le vostre armi (della critica), che non vi difettano.
Non fatevi intimorire.
Gli inquisitori son tornati e i processi stanno già per ricominciare.
Ma a ben pensare se le streghe son tornate – come dicono loro –, facciamo in modo che abbiano davvero paura di noi. Della nostra intelligenza, della nostra ragione dubitativa, perché no, delle nostre competenze e persino del nostro essere, politicamente, scomode e diffidenti.


I

IL RITORNO DEGLI INQUISITORI

Fate attenzione, là fuori le streghe sono tornate, avvisa la nostra amica giornalista-scrittrice!
E organizzano “sabbe”? – la provochiamo noi
Come quella di Valpurga nel Brocken presso la tomba di S. Valpurga?
Tutto vero, ne ha parlato persino Goethe!
E ora la storia si ripete? Cento, mille Valpurghe, persino in Italia?

Cosa si può fare?

Traggono al Broken le Streghe in masnade (dal Faust di Goethe)

Mefistofele. Vedi l’affollarsi, l’urtarsi, il rimescolarsi che costoro fanno. E strillano e mugolano e cinguettano e ronzano e zufolano; e sfolgorano e sfavillano, e putono ed ardono! Oh, il grandissimo indiavolio! Tienti bene stretto a me che non ci smarriamo nella folla. Olà, dove sei tu?

Faust. (di lontano). Qui!

Mefistofele. Po’! già trasportato fin là? Or via, qui mi convien fare da padrone di casa. Largo! il cavalier Volante! su largo, graziosa marmaglia! Fate strada! Qua, dottore, afferrami, e d’un salto vediam di gettarci fuori di questo scompiglio, ch’io medesimo mal so reggere a tante mattezze! Quindi poco discosto splende non so che cosa di un lume così nuovo, ch’io mi sento trarre verso quel prunajo. Vientene, vientene! facciamo di guizzare fin là.

Faust. O viluppo di contraddizioni che tu se’! Ma va, fa di me il piacer tuo. Gran senno è il nostro veramente! C’inerpichiamo sul Brocken per godere della Valpurga, e nel bello dello spasso ne piace star soli.

Mefistofele. Eh via, mira là quelle fiamme tutte screziate! Sono una briosa combriccola; e ben sai che in piccola compagnia l’uomo non è solo.

Faust. Io nondimeno n’andrei più volentieri lassù. Già veggo levarsi la vampa, e avvolgersi il fumo; – ed oh, come tutti traggono in calca verso il Maligno! Là certo vi si deono sciogliere molti enigmi.

Mefistofele. E del pari molti enigmi vi si avviluppano. Or tu lascia fervere il gran mondo; e noi c’incantucceremo qui in pace; che già per antico l’uomo gode di comporsi un suo piccolo mondo nel gran mondo. Veggo colà alcune giovani stregoncelle tutte nude, ed altre vecchie che fanno gran senno a coprirsi. Or tu sii cortese per amor mio, e per poca fatica avrai gran diletto. Odo risonare non so che istrumenti. Che maledetto baccano! Ma bisogna assuefarvisi. Vien via meco, vieni: egli non c’è scampo. Io vo innanzi e t’introduco alla lor compagnia: e tu mi avrai nuovo obbligo di nuovi servigi. Ehi, che ne dici, amico? Ti par egli un picciol luogo questo? Tendi l’occhio in là, a pena ci vedi in fondo. Un centinajo di fuochi ardono tutti in fila, e vi si balla, vi si ciancia, vi si cuoce, vi si bee, vi si fa all’amore. Or mi di’ se potremmo star meglio altrove?

Faust. Come vogliam noi introdurci a costoro? Pensi tu di darti per mago o per diavolo?

Mefistofele. Veramente io ho per uso di andare incognito. Se non che ne’ dì di gala ognuno sta sull’onorevole, e mostra i suoi ordini. Io non ho la giarrettiera che mi segnali, ma quassù è in gran riverenza il piè di cavallo. – Vedi tu là quella lumaca? Ella vien via strisciando lenta lenta, e col menare intorno delle corna ha già avuto qualche fumo di me; ond’io non riuscirei a celarmi dove pure lo volessi. Su, vientene; andremo di fuoco in fuoco; tu sei l’amoroso ed io il dimandante. (Ad alcune persone sedute intorno a carboni mezzo spenti.) Che fate voi costì in un angolo, miei vecchi signori? Molto vi loderei se vi vedessi darvi buon tempo nel bel mezzo del trambusto e dell’allegra gioventù; ché ognuno ha tempo di covar le ceneri in casa.

[…]

Strega Rigattiera. Signori miei, non passino oltre a quel modo; non lascino fuggire l’occasione. Veggano, veggano che fiore di mercante! Qui v’è di tutto; e son nullameno tutte rarissime e senza eguali in terra; tutte famose per qualche gran malanno recato, quando che fosse, agli uomini e al mondo. Io non ho in bottega un pugnale dal quale non sia grondato sangue, non una tazza che non abbia dato a bere un segreto veleno, e distrutte le più robuste complessioni; non un ornamento che non lasciasse una donna da bene; non una spada che non rompesse un’alleanza, o non trafiggesse l’avversario alle spalle.

Mefistofele. Madonna, voi conoscete male i tempi. Quelle cose vostre sanno dell’antico, e ciò che è stato è stato. Provvedetevi, in buon’ora, di novità, che le novità sole possono allettarci.

Faust. Io son mezzo fuori di me. Questa in ultimo non è che una fiera!

Mefistofele. La turba trae tutta insieme all’insù. Tu credi di sospingere e sei sospinto.

Faust. Dimmi, chi è colei?
Mefistofele. Mirala bene! Ell’è Lilith.

Faust. Chi?

Mefistofele. La prima moglie di Adamo. Guardati dalla sua bella capigliatura, quell’unico ornamento di cui faccia pompa; che dove ell’abbia allacciato con essa alcun giovane, nol lascia andare così di leggieri.

Faust. Vedine qua due a sedere: la vecchia con la giovine a canto; e par ch’ell’abbiano già saltato ben bene.

Mefistofele. Stanotte son senza requie; e già rientrano in ballo. Su, lesti! veggiam di pigliarcele.

No, non più “sabbe” – immaginiamo che ci risponda la nostra giornalista. Le nuove streghe sono molto ma molto peggio!
Odiano i farmaci.

Il maledetto progresso.

Dimenticano all’improvviso lauree e dottorati.

Mettono in dubbio l’uso di antibiotici e vaccini.

Non riescono più a ragionare.

La metamorfosi in streghe ormai è avvenuta!

Ma cosa si può fare dunque per liberarsi dalle streghe?

Non c’è che un modo. Affidarsi di nuovo agli inquisitori. Per l’occasione son tornati!
Il primo è un signore francese che si chiama Jean de Kervasdoné.
Economista della salute e agronomo.
Sostiene che la nostra epoca è quella dei “sofisti”, si confonde quello che emerge dalla fisica con quello che viene fuori dalla metafisica.
Denuncia i “profeti dell’Apocalisse”, è contro “il principio di precauzione” e sostiene che:

  • gli OGM sono una manna per l’umanità;
  • il nucleare uccide 4200 volte meno rispetto al carbone;
  • la natura stessa è un meraviglioso artificio umano.

Dal suo ultimo libro si leva l’accusa: «Ils ont perdu la raison», tradotto: «hanno perso la ragione».
A lui si è ispirata tutta una scuola di inquisitori anche nostrani e, novità, anche inquisitrici.

[continua]


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