Con questo racconto è risultato 10° classificato – Sezione narrativa nella XVI Edizione del Premio letterario Il Club dei Poeti 2012
Questa la motivazione della Giuria: «Il racconto di Mario Angelo Carlo Dotti è un simbolico esempio dell’intricato manifestarsi della vita e tutto viene reso nel modo più raffinato e consapevole. La complessa trama dell’esistenza si dipana, lentamente ma inesorabilmente, senza dimenticare che ogni cosa deve essere conquistata: come poter vivere la gioia del Natale da parte di un bambino» Massimo Barile
Natale un anno fa
C’era una volta il Natale e con un tale incipit l’immaginazione cade inevitabilmente verso scene lontane, finite nel tempo, terminate da quello stesso tempo che rende quei precisi spazi e quei determinati episodi irraggiungibili come il passato, trascorso troppo in fretta perché lo si possa afferrare, dallo scorrere troppo delicato perché la memoria lo possa trattenere senza alterarlo; e tra le dita resta solo un po’ di vuoto.
Per Aiùb tra poco è Natale, seppure ne senta parlare per la prima volta, o forse è solo che non ricorda i precedenti.
Ma a lui poco importa: ha tre anni e vive la gioia del presente.
Bauci e Filemone appartengono a storie di divinità pagane e anch’essi non ricordano.
Dei giorni di Natale rammentano soltanto quelli degli ultimi quarant’anni, più o meno.
Bauci e Filemone neppure si chiamano più così.
Ma a loro poco importa: non lo sanno e non potrebbero comunque ritrovarsi, riconoscendosi per nome, dopo tante vite.
Aiùb è fortunato ed è felice.
Abita in Florida.
Non è l’Africa dei suoi avi ma l’inverno qui “nel Dixie” non è mai freddo e le acque del Golfo del Messico, vicino a Saint Petersburg, sono mitigate sebbene da lontano dalle sorgenti calde dell’Omosàssa Spring, nei pressi di Cristal River, dove svernano i grandi, pacifici lamantini.
E poi qui è tutto pieno di alberi.
Gli alberi in cui furono trasformati Bauci e Filemone per concessione di un dio, ora non ci sono più e, dopo la caduta dell’Olimpo, i due innamorati da sempre, per perpetuare la loro unione si dovranno trovare, spinti nuovamente dai fati in corpi umani privi di una completa memoria del passato, senza nemmeno sapere che si stanno cercando.
Vite apparentemente normali le loro, anche se in qualche modo sembrano essere diversi, diversi dai soliti tutti, sia pure con le debolezze e le difficoltà di ogni giorno.
Lui vive a Venezia, lei a Roma e nessuno dei due è nato lì.
Entrambi cambiarono più di una città, poi lei, spostandosi per l’ennesima volta dalla sua casa, sposò un uomo con cui sta da dieci anni amandolo come meglio può e senza essere ricambiata neppure per avergli dato due figli.
Dieci anni in cui doveva inconsapevolmente aspettare qualcosa perché volle una casa in alto come le aquile, come per poter vedere più lontano e, chissà, forse per accorgersi prima dell’arrivo di qualcuno, come per poterlo guidare.
Lui, Filemone, non si fermava mai e aveva visitato ogni rovina di ciascun tempio di Apollo persino nelle regioni più impervie e pressoché perse, scomparse dalle mappe, lontane dai ricordi degli uomini, sempre agitato da una smania di ricerca di qualcosa che non sapeva e neppure sapeva se quel qualcosa riguardasse qualcuno.
Forse se lei non si fosse fermata, Filemone non l’avrebbe più incontrata.
Lui in questa vita si chiama Elio e lei Gaia.
Tra pochi giorni inizieranno le vacanze di Natale e oggi Aiùb è felice.
Alla “little school”, per un buon lavoro, è stato premiato con una grossa scatola di biscotti.
All’uscita la mamma lo aspetta e lui le corre incontro, concitato le racconta tutto e le chiede se può andare subito al parco.
Poi parte di nuovo di corsa, sfuggendole… «Aiùb, fermati! Aspettami!»
Ma Aiùb non sente e conosce la strada.
Attraversa via dopo via, incrocio dopo in incrocio il tranquillo traffico di Clearwather, diretto al Santa Claus Partk, allestito per il Natale dei bimbi.
John è un giovane operaio che sta guidando il suo piccolo camion sulla Cleveland street. Non sa che presto incontrerà Aiùb, all’incrocio con la Osceola avenue.
Gaia ed Elio si erano incontrati un anno fa, per caso, a Roma, mentre lei usciva dalla scuola. Per caso si erano messi a parlare o forse non per caso, perché non si erano più rivisti ma avevano iniziato a cercarsi, per telefono, fino a sentirsi tutti i giorni.
Elio aveva capito molte cose e senza dirle niente aveva lasciato la sua compagna.
Gaia nel frattempo pensava che non avrebbe più potuto vivere con quell’uomo che non l’amava, con cui non era mai riuscita a parlare davvero.
Così lei ed Elio un giorno si erano incontrati, e ora qualche volta si vedevano.
Dopo dodici mesi dal loro primo incontro nulla era cambiato.
Senza neanche confessarselo, non avevano mai potuto fare a meno di addormentarsi tutte le notti soli, nei loro rispettivi letti, con la malinconica voglia di farlo tenendosi per mano.
Elio che vive col bambino avuto dalla prima moglie, oggi è in America con lui.
Lo ha portarlo a salutare la mamma, da un anno in Florida.
Non parla inglese ma gli piace l’avventura.
È partito però con un peso nel cuore.
Gaia gli ha chiesto il silenzio per un po’: vuole fare una vacanza con suo marito per cercare di dare un senso al loro matrimonio, per riuscire a prendere la decisione definitiva di restare con lui, per l’unità della famiglia.
Elio ha appena lasciato il suo piccolo dalla mamma e oggi è contento per aver ritrovato, in una terra così lontana, un minimo di dialogo e di umanità fra lui e la sua ex moglie. Lui e il piccolo avevano attraversato l’oceano e, atterrati ad Orlando, avevano scoperto le leggendarie corriere del levriero grigio e lei era venuta a prenderli proprio alla stazione del “Greyhound”.
Poi aveva persino fatto salire Elio nel suo appartamento, gli aveva fatto un caffè e preparato un hamburger.
In Italia non si parlavano neppure per e-mail.
Era come una magia di Natale!
Natale visto per la prima volta sotto il sole, nella perenne primavera dei caldi Stati del sud.
Passeggiando con i suoi pensieri nel Santa Claus Park, Elio ora sta per giungere al crocevia fra la Cleveland e la Osceola.
Anche John sta per arrivare allo stesso incrocio e anche Aiùb!
Elio vede John e Aiùb, ma Aiùb non vede né Elio né John.
John vede solo lo sguardo di Elio dritto nel suo.
Il piccolo corpo di bimbo di colore sembra un bambolotto vivo che caracolla troppo vicino alle gomme grige del camion che s’intraversa sull’asfalto con un rumore di lamiere pesanti.
Tutto fermo, tranne un leggero pulviscolo che si muove sospeso sotto al mezzo.
Un vuoto interrogativo, come soprannaturale, sovrasta ogni rumore della vita della città.
John è immobile, il camion sembra morto nella sua fissità ed Elio, senza poter fare nient’altro, ha vegliato col cuore sulla corsa di Aiùb e ora lo osserva.
Aiùb, appoggiatosi alla seduta della panchina del parco, sta offrendo contento la sua scatola di biscotti a tutti i bambini senza neppure conoscerli, pieno di gioia per un momento di cui è inconsapevole regista e protagonista.
I bimbi sono così, felici e basta, e oggi si sorridono grazie al “mestiere” che Aiùb sta svolgendo con diligenza, ignaro di tutto.
Ha quasi finito la sua festa e la mamma, che si è ripresa dallo spavento, lo ha raggiunto.
Lo sgrida e lo trascina via!
Di lui cade e resta lì, per terra, la scatola vuota dei biscotti.
Solo due piccioni accorrono, angeli in incognito, a raccogliere le ultime briciole rimaste dal gesto di Aiùb, perché nulla vada sprecato.
Ma Aiùb piange e non capisce, odia il mondo adesso e sogna di diventare un criminale: quando avrà una pistola nessuno potrà più mancargli di rispetto!
Incrocia gli occhi di Elio, che scrolla le spalle, gli sorride mesto e lo saluta agitando piano la mano aperta.
Aiùb si asciuga le lacrime e torna a sorridere, facendo un “ciao” a Elio con l’unica mano libera.
Non pensa più alla violenza, ai bambini basta poco per dimenticare.
Forse è questo il Natale di Elio, venuto qui dall’altra parte del globo per offrire un sorriso al momento giusto e chissà, forse per aver evitato una tragedia con la sola forza dell’anima.
Aiùb doveva compiere il suo gesto di Natale e quei biscotti non potevano finire su di un marciapiede ad aspettare il camion della nettezza urbana.
Le linee del Greyhound non si fermano mai, incuranti della polvere di tante, tante miglia, alimentate dal sacro fuoco dell’orgoglio, attraversando paesi dai nomi impronunciabili che solo gli Americani comprendono.
Tornando a Venezia, Elio pensa che per tutti è Natale ma non per due innamorati da sempre, come Bauci e Filemone, che devono stare senza neppure sentirsi, come amanti che vivano dei loro sotterfugi mentre coniugi senz’anima hanno il diritto sancito dalle norme dell’ipocrisia, di avere in casa i consorti tutte le notti e tutte le feste comandate.
Sul cellulare un messaggio; ovviamente durante il volo è mancata la copertura e si è perso una chiamata di Gaia.
La chiama e Gaia: «Pensavo che non volessi più sentirmi, di averci messo troppo a chiamarti. Non potevo farlo prima. Non sono andata in vacanza con lui ma in questo tempo gli ho parlato, per lasciarlo, per riprendermi quei dieci anni di vita, per i miei figli, per incominciare a rinascere e, se anche tu ancora lo vorrai, per poter trascorrere con te il prossimo Natale».
Tra Venezia e Roma non ci sono le linee del Greyhound, quelle che non si fermano mai, incuranti della polvere, delle miglia e di come gli uomini pronuncino i nomi dei villaggi… e ancora non so quando rivedrò Gaia.
Mario Angelo Carlo Dotti