Primavera
Di Morfeo ascolto il canto
sempre uguale e insistente
sulla sponda d’un rivo
che mi culla i pensieri
mentre intorno natura
spande linfa ed umori
che puoi quasi sentire
come fanno ad aprire
crisalidi e gemme.
E i voli sono follia
intrecciati di strida gioiose
tagliano fette d’azzurro
per scordare l’inverno.
Verdi i prati e un po’ gialli
con le strisce di sangue
dei papaveri ardenti
pettinati dal vento
come d’acqua le onde.
Donna del sud
Richiamano i tuoi occhi
come i capelli scuri,
l’adrenalina di vuoti
e precipizi
a picco su un mare di cobalto
dove precipito in libera caduta.
Così, veleggio ad ogni tuo
sorriso,
come gabbiano
tra le correnti ascensionali
in gioco,
ma è d’ambra la tua pelle
che accarezza i tramonti
con l’ultimo chiarore.
In te abbraccio le cale,
sorgenti e quiete insenature,
poi mi nascondo
sole ingigantito
nel misterioso immenso
del tuo mare.
Nebbia autunnale
Quasi melanconia mi prende
avvolto nella nebbia d’un fine Ottobre,
d’oro per le chiome dei pioppi,
serpi di luce, che rivelano il percorso
del fiume alla campagna.
Qualche raro lampione, spande cauto
l’aureola, ed è quadro irreale
per un paese del sud, nei valloni
di detriti e nei pini un po’ più usato,
dal soffio di venti fieri ad esser flagellato!
Si posa così un sentire quieto
e scambia nascondigli, con l’incerto
dei rami, che a stento affiorano
là, dove la coltre la presa un poco
allenta.
E sono d’Autunno gli umori
e i linimenti che la riarsa terra
spalmano, e già scioglie i capelli
la natura che nuda si adagia su un letto
di foglie e di colori, come ninfa
nella sera, già pronta per l’amore.
Hic et nunc
Se mai non rinasciamo
nello spirito
come possiamo dire
che un bimbo ci è nato,
che è venuto a noi,
quando crediamo Lui
stella polare,
principio e fine, ogni riferimento?
Beviamo acqua di vita
e siamo sempre assetati,
tralci innestati alla sua vite
terrore ad ogni vento;
ma è qui ed ora
di fede pura scelta,
se stare con la polvere
o la continua polla d’infinito.
Quando…
Quando ti cerco,
batto le vie immanenti
e non ti trovo.
Quando ti cerco
sempre consulto
i dati della mente,
e non ti trovo.
Ti scopro poi per caso
un giorno,
sugli eterei percorsi del cuore
fuori da sensi e sentimenti,
oltre i confini miei.
E Sei pozzo di luce,
da caligini o scorie
non offuscato cristallo.
Puro abbaglio d’amore,
come posso spiegare
quel percorso ineffabile
d’orizzonti infiniti,
indefinibili
che m’apre solchi profondi
come prua in acque d’anima.
Paese
Nel paese del Sud al mattino,
piazza e strade sono così vuote
che pare anche Dio le abbia
abbandonate.
Al bar, qualche vecchio o un
invalido,
s’accende in discorsi col viaggiatore
di passaggio
mentre quello pensa a un’occasione
di vendita.
È fiducioso, ma guadagnerà la giornata?
Fuori anche il poeta, estratto da sé stesso,
si vede in prospettiva,
poi si richiude dentro.
Un’auto passa rombando, un cane
l’insegue e abbaia,
ma è solo un attimo,
poi reinvade la noia.
In simbiosi
Sul lago del mio cuore
pioppi autunnali specchiano le chiome
da vento leggero pettinate.
Anatre solcano appena l’acqua piana
che plastica richiude la ferita.
Io resto immoto, ai sensi non connesso
oltre me stesso ed i miei anni
nell’eterno perduti;
mi sento albero irrorato
da commossa linfa, incantato
da questo fluire d’infinito.
Con la natura in simbiosi, come l’erba
fremo al vento della sera,
parte dell’acqua oltre i riflessi chiari.
Da luce e ombra mi lascio trasportare
precisamente al centro d’ogni mio sentire
dove incontro il sublime, il tempo vero.
Messiah
Vola alto il mio cuore
ora che i cieli squarciati hanno
piovuto il giusto. La terra si è aperta
ed ha partorito un germoglio, il
cui labbro effonde come fuoco e grazia.
Egli ama la giustizia, e l’empietà
detesta, i monti a lui s’inchinano e colline,
che splendido di maestà, con olio
di letizia è consacrato, come rugiada
dal seno dell’aurora generato.
Quanta polvere i suoi piedi hanno
reso santa, per la terra che nel mondo
ha camminato, e le tenebre
arretravano accecate, dalla sua luce
di verbo sublimato. Nell’alba livida
la scarna croce e il rumore dei chiodi,
mentre dentro scoppiavano le urla della gente,
assetata di sangue d’innocente.
Davanti a lui coprimmo la faccia,
ma la sua morte fu laccio alla morte:
Egli è risorto!
Dentro di noi è acqua viva
sorgente eterna inestinguibile,
anche se ormai vacilla la fede sulla terra
che la sposa si è prostituita per poco.
Il Signore è il segreto del tempo,
Egli è ieri, l’oggi, il domani che viene,
reca un dono per il genere umano
ed asciuga dagli occhi le pene.
All’unisono
Me ne andrò
alle sorgenti della vita
tra i ghiacciai eterni dell’essere,
dove sgorga nuova acqua di vita.
Qui, scioglierò dei duri freni i lacci,
da sempre tedio al mio tendere libero
la sete arsa nelle solitudini
estinguerò in spazi senza tempo.
Dischiuse poi le finestre del cuore
di fresco vento mi disseterò,
lavando muffe e polvere di tempo
di libertà me stesso placherò.
Sarò brioso come vino novello
che mal sopporta attempato costume,
vestito a nuovo solcherò il mio cielo
da luce attratto come di mille soli.
con la madre dell’anima
ora pulso all’unisono.
Segnali di fumo
Magari un’inflazione di pensieri
pensati e scritti con l’intento,
d’intercettare l’attimo fuggente
come fumo svanito.
Impulsi d’idee, magnetiche tempeste
seguono un bersaglio in perpetuo moto,
ma in quale dimensione si nasconde?
Che il tempo è uno, uguale a quello
uscito dalla mente,
come lampo nel buio o come il vento
che improvviso s’impenna e tosto cheta.
E resto qui con la sconfitta dentro,
cacciatore al laccio della preda
e ancora avverto il senso, la ferita,
d’uomo che indaga
il senso della vita.