I fantasmi del passato non ti abbandonano mai

di

Maurizio Bonaldo


Maurizio Bonaldo - I fantasmi del passato non ti abbandonano mai
Collana "I Salici" - I libri di Narrativa
15x21 - pp. 220 - Euro 13,50
ISBN 978-88-6587-8453

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In copertina: «United States Army ranger» © Getmilitaryphotos – Fotolia.com


INTRODUZIONE

È una sera di musica come tante altre al Paradise Live Music cafè, a Verona, quando ad attirare l’attenzione di Giuseppe, da tutti conosciuto come Giù, ex incursore della marina, esperto di arti marziali e titolare del locale, è una coppia che sembra stia litigando in una lingua a lui sconosciuta. Il suo intervento per calmare le acque lo porterà a conoscere Alina, una giovane donna, che la fuga disperata della madre, quando lei era ancora bambina, dalla invivibile miseria prodotta dalla dittatura di Ceaus¸escu, ha portato a vivere nella città di Verona. Entrambi carichi di crudeli esperienze che come un pesante fardello pesano sulle loro spalle, troveranno sin da subito una perfetta intesa che li porterà ad aprirsi l’un l’altro come mai erano riusciti a fare nelle loro vite fino a quel momento. Sofia, la figlia di Alina, sarà l’ultima delle confessioni che verrà rivelata a Giù. I ricordi della vita tormentata di lei e i fantasmi del passato che la notte visitano Giù, iniziano a sbiadire quando l’amore si affaccia sulle loro vite. Sarà anche grazie a Sofia che l’amore tra i due si consoliderà giorno dopo giorno, fino alla loro unione in matrimonio. Così, assieme al personale del Paradise e al fedele cane da pastore tedesco Rock, entreranno nella già ampia famiglia di Giù anche Alina e Sofia. Ma quando tutto sembra essere diventato un mondo perfetto, ecco ritornare, più insistenti che mai, i fantasmi del passato. L’oscuro passato di Iulia, la madre di Alina, morta in circostanze mai chiarite legate al mondo della malavita e della prostituzione, tornerà a tormentare le loro vite. In un attimo, tutta la serenità conquistata verrà travolta e spazzata via dalla tragicità degli eventi.


I fantasmi del passato non ti abbandonano mai


Un uomo non può liberarsi dal passato più facilmente di quanto possa farlo dal suo corpo.
André Maurois


Ad Anna, che fu l’amica di un’avventura fantastica in quella gelida terra di Russia.
Riposa in pace.


1

2014
Oggi

Le note di “It’s a Man’s, Man’s, Man’s World” e la voce di Joss Stone, si diffondevano nel locale di Giù avvolgendo i clienti, così come la leggera foschia novembrina avvolge persone, barche e palazzi a Venezia.
Ma il “Paradise Live Music cafè” non si trovava in una delle solitarie calli di Venezia, ma in un angusto vicolo del centro storico di Verona.
La serata prometteva bene, erano appena passate le 22 e cocktail, long drink, birre e prosecchi scorrevano a fiumi. Alle 22:30, quando i Rusty Boys sarebbero saliti sul palco per iniziare il loro concerto live, il pubblico sarebbe stato ben carburato e pronto al punto giusto per farsi aggrovigliare le budella dalle ruggenti note delle cover dei Led Zeppelin.
La serata era particolarmente afosa. Le grosse pale appese al soffitto sembravano muoversi con fatica, cercando invano di spingere negli angoli del locale l’aria pesante, densa dei fumi di cibo e di alcol che permeavano il locale.
«Carmen, mi verseresti un altro Glenlivet per favore?».
«Certo Giù, arriva subito.»
Il Paradise non era un locale particolarmente sofisticato, ma Giù, nella cantina del suo locale, teneva comunque una buona scorta di malt whisky delle migliori marche ed anche qualche cassa di Zacapa, quel magnifico rum guatemalteco apprezzato dai cultori di rum di tutto il mondo.
Giù, con la mano destra, fece ruotare lo snifter per osservarne la consistenza del liquore che aderiva alle pareti del bicchiere. Poi vi avvicinò il naso quel tanto che bastava per godere degli aromi che l’alcol, evaporando, rilasciava. Lo snifter era il bicchiere preferito dalla maggior parte di bevitori di malt whisky perché concentrava tutti gli aromi e quando l’alcol entrava in bocca colpiva la lingua in modo esteso facendo ricordare quanto la Scozia fosse un Paese meraviglioso.
Giù, periodicamente, andava personalmente in Scozia per visitare le distillerie di whisky e approvvigionare il locale con qualche cassa di prodotti eccellenti.

I Rusty Boys aprirono con un pezzo da pelle d’oca “Babe I’m Gonna Leave You”, ma per Giù evocava tristi ricordi. Era da poco uscito da una lunga e travagliata relazione e benché non fosse un neofita delle relazioni importanti, questa volta era rimasto particolarmente ferito. Furono proprio le prime strofe del testo ad evocare recenti dispiaceri…
“Babe, Baby, baby,
I’m gonna leave you.
I said baby, you know I’m gonna leave you.
I’m leave you when the summertime,
Leave you when the summer comes a-rollin’,
Leave you when the summer comes along.”
…e quella maledetta estate ormai stava per finire!

L’assolo di chitarra, quasi una perfetta imitazione di quello eseguito quarantacinque anni prima da Jimmy Page, era una meraviglia. Chiudendo gli occhi e provando a concentrarsi, si poteva scorgere in quella musica una sorta di cerchi concentrici che si formavano uno all’interno dell’altro, come quando si getta un sasso nell’acqua. Erano creazioni astratte che si disegnavano nella mente di Giù, che avrebbe voluto poterle registrare per trasmettere ad altri le sensazioni che provava.
Poi la canzone finì e le ultime note si sparsero nell’aria. Era una sensazione piacevole quella che provava quando le note rimanevano sospese nell’aria anche dopo che la musica era terminata, riusciva a visualizzarle poteva quasi toccarle.
«Carmen scusami, versamene un altro, grazie.»
«Arriva subito Giù, però poi non te ne darò un altro, non mi va di vederti affogare i dispiaceri nell’alcol, anche se si tratta di alcol pregiato!»
Carmen era una ragazza di ventitré anni, ma con una maturità da trentenne navigata, lavorava nel locale di Giù solo da un anno. In questo anno, Carmen aveva conquistato nei confronti di Giù, fiducia, affiatamento e confidenza, tali da permetterle di trattarlo da sorella e, nonostante l’inversione di età, qualche volta anche da madre. Ora che Giù era triste e tendeva ad abbandonarsi a vizi nocivi, Carmen sapeva che avrebbe dovuto marcarlo a uomo e stoppare sul nascere qualsiasi iniziativa deleteria che avesse cercato di intraprendere.
A Giù, Carmen, era piaciuta subito e non solo per l’aspetto esteriore. Fin dal primo colloquio aveva capito che era una ragazza in gamba, forse con qualche tatuaggio di troppo, ma come Carmen spiegò in seguito, avevano tutti un particolare significato legato alle sue già notevoli esperienze di vita. Benché avesse sulle spalle una breve esperienza come barista, nel giro di qualche settimana era diventata autonoma sotto tutti i punti di vista, tanto da lasciarla anche da sola nei momenti di minor affluenza di clienti.
A presentarla a Giù era stata Floriana, Flo per gli amici, la direttrice e barista del locale. Quando, come questa sera, il locale era zeppo di gente e tutti assetati come profughi nel deserto, Carmen raccoglieva i suoi lunghi capelli neri con un elastico a formare una lunga coda, si sistemava le bretelle che reggevano gli attillatissimi jeans, che mettevano in risalto il suo scultoreo lato B, poi partiva come un razzo e senza mai fermarsi soddisfava le voglie alcoliche e anche quelle dei bulbi oculari dei clienti. C’era un più che fondato sospetto che molti clienti frequentassero il locale non solo per bere qualche buona birra o long drink, ma anche per godere della visione di Carmen. Di origine spagnola da parte di madre, non era molto alta, forse meno di un metro e settanta, aveva una folta capigliatura nera come la pece; un viso bellissimo con gli zigomi pronunciati; dei denti regolari e bianchissimi; delle labbra carnose che chiedevano di essere baciate; due seni ben piantati e abbondanti che lei portava con una disinvoltura invidiabile; una vita da vespa; un sedere pronunciato da ammirare che terminava dove iniziavano delle belle gambe dritte e atletiche. Chiunque avrebbe potuto innamorarsi di Carmen anche dopo averle parlato per dieci minuti, ma lei aveva una invidiabile maestria nel tenere a posto le decine di mosconi che le ronzavano attorno. Per farlo non usava solo la lingua, all’occorrenza sapeva usare anche le mani. Fin da giovanissima aveva frequentato una palestra di arti marziali dove aveva appreso l’arte del combattimento da strada e questo le era stato utilissimo per uscire indenne da situazioni rischiose. Questo era stato un altro buon motivo per convincere Giù a prenderla in scuderia. Primo perché anche lui era un esperto maestro di arti marziali e poi, perché preferiva che nel locale non vi fossero dei beceri buttafuori, ma piuttosto delle ragazze toste che sapessero gestire eventuali situazioni complicate.
Infatti anche Flo, di una decina d’anni più vecchia di Carmen, sapeva come tenere a bada i galletti. Aveva gareggiato come nuotatrice a livelli nazionali, si era laureata in scienze motorie e successivamente aveva frequentato una palestra dove per sfogarsi pompava ferro. A differenza di Carmen, aveva un fisico meno slanciato, ma duro come la pietra. I muscoli erano molto pronunciati. Aveva gambe toniche, vita stretta, spalle larghe, poco seno, dei bicipiti e tricipiti che spiegavano chiaramente perché era consigliabile trattarla con rispetto. I capelli cortissimi e biondi, facevano risaltare l’ovale del viso, forse un po’ androgino ma comunque molto bello.
Flo, da un paio d’anni aveva incontrato la sua anima gemella. Simona era una graziosa ragazza di venticinque anni che aveva conosciuto proprio al Paradise. Ora convivevano e rappresentavano una coppia perfetta, Flo era, per così dire, il maschio di casa, risolveva le problematiche più spinose e affrontava i problemi che richiedevano muscolarità. Simona a differenza di Flo era aggraziata e mite, era la femmina di casa, tutto quello che riguardava la cura dell’estetica era compito suo.


2

2010

Quella sera sembrava che il creatore avesse scatenato una pioggia da diluvio universale e Simona, che non possedeva un’arca per salvarsi dal diluvio, zuppa fino alle ossa entrò al Paradise per ripararsi. Flo, vedendola bagnata e tremante, le preparò un the caldo, ma visto che i tremori per il freddo non accennavano a diminuire, le offrì di cambiarsi e di mettersi qualcosa di suo che teneva nell’armadietto sul retro del locale. Simona accettò senza fare complimenti perché fradicia com’era avrebbe rischiato di ammalarsi.
Quando Simona si spogliò per mettersi un paio di jeans e una camicia, Flo non poté fare a meno di contemplare quel corpo ben fatto, in modo particolare quel provocante fondoschiena, dove i lunghi e lisci capelli neri sfioravano le aggraziate fossette prodotte dai buchi dell’osso sacro. La pelle, leggermente ambrata, avvolgeva quel corpo stupendo. Quando Flo porse i jeans a Simona, trattenne la sua mano per una frazione di secondo di troppo e avvertì una pelle calda e asciutta, la forza e allo stesso tempo la delicatezza di quelle dita e tutto questo le provocò un infinito brivido lungo la schiena. Si scambiarono una rapida occhiata e, alle donne, una rapida occhiata è più che sufficiente per capirsi.
Sorseggiarono, assieme, un altro the bollente. Chiacchie­rarono a lungo senza smettere mai di fissarsi.
«Io sto qui a farti perdere tempo e tu invece devi lavorare. Si è fatto tardi è meglio che vada.»
«Non preoccuparti, in una serata da lupi come questa in giro non c’è molta gente e Carmen se la cava benissimo anche da sola e poi la tua compagnia mi fa molto piacere.» Flo non voleva che Simona se ne andasse, era una piacevole conversatrice e una bellissima ragazza.
«Anche a me ha fatto molto piacere conoscerti, ma ora devo proprio andare.»
Si scambiarono i numeri di telefono e Simona promise a Flo che le avrebbe restituito i vestiti lavati e stirati nel giro di un paio di giorni.

Ha smesso di piovere. Simona è seduta sui gradini della fontana di piazza Erbe. Verona dorme quieta e forse dovrebbe dormire pure lei data l’ora. In giro neanche il solito cane, solo una macchina della polizia. La vedono. Un poliziotto scende le si avvicina «Signorina, tutto a posto? EÈ tardi, torni a casa.»
Avrebbe voluto raccontare cosa le era successo. Forse l’avrebbero pure ascoltata. Alzandosi in piedi sfoderò un incerto sorriso, si spazzolò il sedere per togliere la polvere e incamminandosi verso casa gli rispose:
«Va tutto bene, non ho mai amato i temporali ma quello di questa notte credo che l’abbia mandato la provvidenza.»

Il giorno successivo Simona ricevette un SMS…
“Se ti piacciono e ti fa piacere, i vestiti li puoi tenere, consideralo un regalo da parte di un’amica. Flo.”
Simona non rispose, ma il suo cuore aveva iniziato ad accelerare e i respiri a farsi più profondi. Non aveva ancora fatto lavare i vestiti, avevano un buon profumo che non voleva cancellare.
La notte, prima di addormentarsi, ripensò al messaggio e a Flo. Era turbata ma anche eccitata e per quante pecore provasse a contare, non riusciva a prendere sonno.

Qualche giorno più tardi il cellulare di Simona squillò.
«Hai ricevuto il mio messaggio, l’altro ieri, vero?»
La bocca di Simona divenne immediatamente secca come la sabbia del deserto.
«Sì, l’ho ricevuto.»
«Però non mi hai risposto e così ho pensato che…»
Ora che Flo era lì, anche se solo con la voce, voleva farle sapere che strane sensazioni le aveva procurato quel messaggio. Voleva dirle che la notte l’aveva trascorsa a guardare il soffitto mentre contava le pecore e fantasticava su come fosse il suo fisico che teneva celato sotto i vestiti. Voleva dirle che avrebbe tenuto quei vestiti e che non li avrebbe più lavati, per non cancellare il suo profumo.
«No, no, guarda che il tuo messaggio mi ha fatto molto piacere… anzi moltissimo piacere.»
«Senti Simona, io credo di aver capito cosa ti piace. L’ho capito dalla tua mano e dal tuo sguardo. E tu hai capito cosa piace a me?»
Con il suo modo di fare concreto e diretto, Flo aveva puntato tutto quello che aveva su quell’ultima frase. Non sapeva e non voleva resistere oltre, quella ragazza l’aveva stregata e doveva capire prima possibile se aveva avuto la fortuna di fare bingo o se doveva bere una pozione che le facesse dimenticare quella meravigliosa ragazza.
Ma la risposta tardava ad arrivare.
«Ci sei Simona? Sei ancora lì?»
«Sì sì, sono qui…» Qualche colpo di tosse, come a celare l’imbarazzo, arrivò attraverso il cellulare.
«…è come dici tu, solo che io faccio fatica a…» Ancora qualche colpo di tosse e poi una decisa soffiata di naso.
«…insomma sono piuttosto timida e ho un certo timore a rivelare le mie inclinazioni sessuali. I miei genitori non sanno nulla e io…»
L’aveva fatto! Si era svelata. Si era confidata con una persona che aveva visto una sola volta e per non più di mezz’ora, le aveva raccontato quello che non avrebbe mai raccontato ad alcuno sulla faccia della terra.
A quel punto Flo, dal tono della voce di Simona, che si era fatto basso e insicuro, capì la serietà e la delicatezza della situazione e con estrema dolcezza intervenne:
«Ti capisco. Non preoccuparti. Nemmeno io sono una ragazza che va in giro con la scritta sulla maglia, ma certi sguardi sono più eloquenti delle parole. Gli sguardi belli, anzi bellissimi, come il tuo, sono una rarità e io non vorrei perderli, è per questo che ti ho mandato quel messaggio.»
Ora Simona era più tranquilla, aveva intuito che all’altro capo del filo c’era una bella persona, che si era aperta e l’aveva fatta aprire a sua volta.
«Grazie Flo. Grazie per avermi chiamato e fatto aprire come mai avevo fatto prima d’ora. Sei riuscita a farmi fare il coming out più spontaneo di tutta la mia vita. Voglio dirti che terrò i tuoi indumenti con estremo piacere perché hanno un profumo che mi piace, credo che non li laverò a lungo.»
«Sono io che ti ringrazio per avermi fatto provare quello che non provavo da molto tempo. Ora però non credere di cavartela così, devi darmi la possibilità di corteggiarti. Ho il tuo numero e non ti mollo. Domani sera passa a trovarmi al Paradise, quando chiudiamo il locale lo terrò aperto solo per noi.»
«Di solito mi sarei fatta un sacco di paranoie prima di accettare un invito intimo da parte di una ragazza. Di solito però. Con te mi sento di essere al sicuro. Verrò. Ci puoi contare.»

Al mattino, quando si rivestirono, Flo conosceva ogni centimetro del corpo di Simona: ogni piega della sua pelle; ogni neo, anche il più piccolo; i suoi capelli uno ad uno. Aveva annusato il suo odore fino a riempirsene i polmoni.
Simona aveva scoperto quel corpo che stava sotto i vestiti e che aveva cercato di immaginare per una notte intera. Si era sentita protetta come non mai tra le forti ed accoglienti braccia di Flo. Aveva provato sensazioni nuove, una sorta di assurda felicità, che avrebbe voluto provare mille e mille volte ancora.

[continua]


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