Ciottoli di fiume

di

Mauro Tamagni


Mauro Tamagni - Ciottoli di fiume
Collana "I Salici" - I libri di Narrativa
14x20,5 - pp. 180 - Euro 13,50
ISBN 978-88-6587-7616

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In copertina: fotografia dell’autore


PREFAZIONE

A me piace paragonare la vita che scorre all’acqua di un fiume. Essa è incanalata nel suo letto cosparso di ciottoli di mille colori e forme diverse.
Di sassi ne esistono di bianchi, di neri, di colori misti. Essi cambiano rispetto ai materiali di cui sono composti ed hanno consistenze e fattezze simili ma sempre diseguali.
Anche l’esistenza che viviamo è cosparsa di episodi grandi e piccoli, a volte allegri, molto spesso tristi. La componente però fondamentale sono i sogni, che a volte realizziamo e a volte no, ma che comunque ci aiutano a vivere.
Io ho voluto raccontare un po’ di questi episodi e un po’ di questi sogni, paragonandoli ai ciottoli del greto di un fiume, senza una logica precisa. Alcuni fanno parte della mia vita, mentre altri sono di pura fantasia. Come le forme e i colori delle pietre, le mie storie sono un po’ lo specchio della mia anima e ricalcano spesso l’umore che avevo nei momenti in cui le scrivevo.
Tutti però o sono effettivamente veri o avrebbero potuto esserlo.
Queste pagine sono dedicate alle persone che ho conosciuto e amato, e che come tante gocce d’acqua hanno formato il fiume della mia vita.

Mauro Tamagni


Ciottoli di fiume


Voglio iniziare con il seguente racconto perché mi ha ispirato la stesura di questo libro e perché mi ha fatto particolarmente riflettere.
Lo voglio dedicare agli infermieri, ai piloti di elicottero e ai cardiologi che mi hanno assistito.


E SE PER CASO INVECE FOSSE…

A volte succedono cose nella vita che sfuggono ad ogni tipo di raziocinio. Eventi che a raccontarli non sembrano nemmeno veri. Situazioni a volte belle, a volte brutte o semplicemente che ti lasciano di sasso perché, per quanto la tua immaginazione possa essere fervida vanno oltre la più sfrenata fantasia.
Quando capitano queste cose, la tua mente si interroga se tutto accade solo per il volere del Destino, o si chiede se effettivamente siamo controllati da entità superiori che decidono per noi incanalandoci in scelte obbligate alle quali non possiamo sfuggire.
Tutti conosciamo la storia della Morte che guardava un uomo con occhi cattivi. Questi, per sfuggirle, montò su un cavallo e galoppò tutto il giorno fino ad arrivare a Sa­marcanda. La morte era lì che lo aspettava e aveva spaventato l’uomo proprio per spingerlo all’appuntamento che si era prefissata.
Questa sembra una favola da Le Mille e un Notte, ma è molto più occidentale ed attuale che mai, proprio perché esalta il destino delle persone e a tutti, più o meno, è capitato di vivere situazioni strane e inspiegabili.
Quello che è capitato a me ha dell’incredibile proprio per come si è evoluto e proprio per le persone che sono state coinvolte.
Tutto è cominciato a novembre del 2014 quando per partecipare ad un concorso letterario indetto dalla biblioteca del mio paese scrissi un racconto.
Il tema che ne era la traccia era: “Una lettera da o per il fronte. Nel centenario della Grande guerra, una lettera d’amore”.
Di getto buttai giù una storia che avevo in mente da tanto tempo. Un’accorata lettera di un soldato Serbo che chiede perdono alla moglie per essere stato costretto a partecipare alla strage di Srebrenica.
La storia era bella ma reputavo fosse fuori tema, così ne riscrissi una seconda inerente al periodo richiesto.
Non vinsi, ma mi piazzai abbastanza bene. La storia sulla Bosnia restò lì anonima tra i file del mio computer.
Il due febbraio di quest’anno fui colpito da un infarto. La prontezza dei sanitari e la comodità di avere a disposizione un elicottero del 118 mi salvarono la vita, e dopo quindici giorni d’ospedale tornai a casa con la consegna tassativa di evitare qualsivoglia sforzo o affaticamento.
Mi restava però la possibilità di lavorare al computer e mi dedicai ad una delle mie passioni che è scrivere storie e racconti.
Scoprii su internet un sito dove vengono pubblicati tutti i concorsi nazionali e tra i tanti vidi che ad Acireale in provincia di Catania ne veniva bandito uno che poteva calzare a pennello con il racconto scritto su Srebrenica.
Anche la forma e il formato nei quali la storia era scritta corrispondevano alle aspettative del regolamento. Preparai il plico e inviai la raccomandata.
Passarono così alcuni mesi durante i quali non pensai più minimamente al concorso. Nel frattempo le mie condizioni di salute miglioravano e riprendevo pian piano tutte le attività a cui ero abituato.
Verso i primi di maggio ricevetti una mail che annunciava la mia promozione alla fase finale del concorso.
Alla mia richiesta di come si sarebbero svolte le premiazioni, mi risposero che il mio racconto sarebbe stato declamato, assieme ad altri due finalisti, la sera del dieci luglio durante la presentazione degli elaborati. Una giuria di esperti avrebbe poi valutato le opere consegnando il giudizio ad un notaio. La serata seguente sarebbe stato proclamato il vincitore durante la serata di gala delle premiazioni.
Dal momento che avevo avuto problemi di cuore non molto tempo prima, ero rimasto molto perplesso se partecipare o rinunciare, ma la soddisfazione era troppo grande. C’era poi una voce dentro di me che non mi avrebbe fatto abdicare per niente al mondo, anche se io abito lontanissimo dalla Sicilia.
Cominciò così un periodo di discussioni accese con i miei cari che volevano dissuadermi per non mettere a repentaglio la mia situazione cardiaca.
Un po’ per rappresaglia e un po’ perché terrorizzata dall’aereo, mia moglie si rifiutò di accompagnarmi lasciando il compito alle mie figlie. Povera donna, l’avevo già spaventata abbastanza nei mesi precedenti e se fossi stato io nei suoi panni anch’io forse, avrei fatto lo stesso.
Chiesi consiglio al mio cardiologo che si stupì molto nel vedermi, visto che mi aveva visitato per un controllo, da nemmeno un mese. Quando gli spiegai il problema, anche lui rimase un po’ perplesso, ma arrivammo ad un compromesso: se avessi superato brillantemente la prova sforzo in ospedale, avrei avuto il suo nullaosta ufficiale.
Prenotai immediatamente la visita e dopo circa due settimane di attesa, salii sulla cyclette del reparto di cardiologia dell’Ospedale collegato ai monitor tramite una montagna di fili, e pedalai con una certa dose di timore. Superai brillantemente l’esame.
Io, un po’ incoscientemente, avevo già dato al comitato organizzatore del premio per certa la mia partecipazione, e appena seppi dell’esito positivo dell’esame, mi precipitai in agenzia per prenotare il volo per Catania.
Fissai il volo facendomi accompagnare da mia figlia Diana che mi aveva sostenuto sin dal primo momento.
Atterrammo così all’aeroporto di Catania Fontanarossa il giorno nove luglio dopo un confortevole viaggio, dove eravamo attesi da un incaricato dell’organizzazione che gentilissimo ci portò presso la struttura prenotata per il nostro soggiorno ad Acireale.
Coccolati dal Comitato di Accoglienza, arrivammo così alla serata di venerdì, quando in un’incantevole cornice di un anfiteatro ricavato da una splendida villa sul mare fui presentato al pubblico assieme agli altri due finalisti del Racconto breve in lingua italiana.
Fui molto lusingato nell’ascoltare un brano, tratto dalla mia storia, recitato da un attore professionista che lo caricò della giusta enfasi.
A questo punto bisogna specificare quelle che sono state le circostanze concomitanti che mi hanno particolarmente colpito e fatto pensare.
Per prima cosa l’argomento del racconto di cui ho già accennato.
Esso parla di una storia vera capitata nel 1995 quando durante la guerra tra Bosniaci e Serbi, quest’ultimi si macchiarono di uno dei più grandi genocidi dell’ultimo secolo, massacrando nell’enclave di Srebrenica più di ottomila e cinquecento civili Bosniaci trucidandoli a bruciapelo solo perché erano mussulmani. A tale riguardo io avevo immaginato una lettera, scritta alla moglie, da Drazen Eterovich, che fu l’unico nel 1996 ad ammettere di essersi macchiato di tale crimine, durante il processo tenutosi all’Aia. Nell’emozione dell’atto criminale appena compiuto, l’uomo chiede alla donna e alla figlia di perdonarlo in quanto obbligato dagli eventi.
La seconda circostanza strana è la data della manifestazione. La serata conclusiva della manifestazione di Acireale si sarebbe tenuta l’undici luglio 2015 e, guarda caso, corrispondeva al ventesimo anniversario della strage di Srebrenica.
C’è poi una terza concomitanza occasionale che ha dell’incredibile.
Due anni fa conobbi un tour operator di Acireale che mi accompagnò assieme a mia moglie ed alcuni amici, a compiere un viaggio in moto in Montenegro. Il bellissimo tour includeva anche visite a luoghi che furono teatro della guerra scaturita dalla disgregazione della ex Jugoslavia. Non era la prima volta che vedevo quei luoghi, avendoli già visitati in altri viaggi, fatti in precedenza sempre in motocicletta, durante i quali mi ero interessato a quella tragedia.
Quando seppi di essere finalista al premio letterario fui tentato più volte di chiamare Beppe, questo è il nome del tour operator del quale ero nel frattempo diventato amico, ma uno strano senso di pudore mi frenò sempre.
Bisogna dire che io non sono uno scrittore professionista. Io scrivo solo per passione trasferendo in ciò che scrivo tutto me stesso. Molti miei racconti non li ho mai fatti leggere a nessuno o solo a coloro che credo siano in grado di apprezzare le mie storie, a volte tristi, a volte allegre, spesso strampalate, ma comunque tutte profonda espressione di me stesso. Sono abbastanza geloso dei miei sentimenti per non doverli palesare mettendoli in piazza con leggerezza. Mandare uno scritto ad un concorso letterario, invece mi gratifica perché so che chi leggerà è predisposto e pertanto mi valuterà serenamente senza conoscermi.
Tra me e l’amico Acese si era sì creato un rapporto di amicizia, ma non una confidenza tale da esternare i miei più profondi pensieri. Fu proprio per questo forse che non telefonai a Beppe quando seppi di dover andare ad Acireale e lo avvertii solo il giorno dopo a cose fatte.
L’ultima concomitanza fu che vinsi il premio letterario, ebbi l’onore di essere acclamato sul palco e il presidente della giuria che mi premiò, sottolineò la strana coincidenza delle date alla quale nessuno aveva fatto caso.
Dunque, il tema della storia, la data dell’ambientazione e della successiva premiazione, il viaggio effettuato con un Siciliano proprio di Acireale dove presentai l’opera ed infine l’enfatizzazione delle coincidenze proprio durante la premiazione fanno effettivamente riflettere. Pur non considerando poi la mia determinazione nel volere essere presente a tutti i costi che potrebbe essere intesa solo come gratificazione personale, sono troppi tutti questi fatti per essere solo casuali.
A tutto questo poi bisogna aggiungere la mia malattia, che mi costrinse ad un forzato riposo con la conseguenza di poter dedicare molto più tempo alla narrativa.
Io non sono né superstizioso né credo ai fantasmi, ma come si può considerare una serie di simili avvenimenti così mirabilmente incastrati fra di loro?
Si potrebbero avanzare delle ipotesi, ma ce n’è è una che a me piace moltissimo anche se molto fantasiosa. La ragione potrebbe essere che l’anima di quei poveri morti si fosse collegata con la mia suggerendomi di scrivere quel racconto e presentarlo proprio a “Poeta per caso” allo scopo di sensibilizzare le persone sulla loro tragedia.
Se così fosse allora nascono spontanee alcune domande. Perché allora proprio io? Forse perché ero particolarmente sensibile? Se fosse così bisognerebbe ammettere che c’è una vita dopo la morte, che c’è un’anima e buona parte delle convinzioni razionali di cui sono assertore non siano vere. Bisognerebbe credere al Destino, credere che non avviene niente per caso e tutto è dettato dalla provvidenza come asseriva Alessandro Manzoni.
Difficile dirlo.
Razionalmente penso che siano state solo delle concomitanze straordinariamente fortunate tipo una cinquina al Superenalotto,
E se per caso invece fosse…?
P.S. Sono passati tre mesi da quando ho scritto questo racconto ed è successa un’altra cosa strana.
La novella che avevo presentato al concorso del mio paese riguardava anch’essa una storia vera accaduta durante la prima guerra mondiale.
Racconta di una divisione di fanteria che subì la decimazione per ammutinamento e dove furono barbaramente trucidati dei soldati esasperati da una guerra che nessuno voleva. Anche questa storia è scritta in forma di lettera da un carabiniere calabrese costretto a sopraintendere alla fucilazione.
Spedii il racconto a due concorsi differenti, e nel primo mi venne notificata una lettera di menzione, che non potei ritirare in quanto ancora convalescente, mentre nel secondo mi accingo a ritirare il secondo premio.
Che si facciano sentire anche i soldati fucilati della divisione Catanzaro?


[continua]


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