Opere di

Michael Zamaro

Con questo racconto si è classificato al 2° posto al concorso letterario Città di Melegnano 2009


Questa la motivazione della Giuria: «In un futuro talmente razionale e disumano da mostrare il suo lato tragicamente comico e paradossale, l’autore ipotizza una società priva di qualsiasi tipo di disagio, di armamenti, di fantasia, di miseria, ma che elimina tutto ciò che risulta inutile e superfluo e lo trasforma in dentifricio. La soluzione drastica è anche eliminare i disoccupati dopo 365 giorni, e sottoporli a tale trasformazione alchemica. L’inutilità è un crimine punibile con la morte. Il dialogo del protagonista disoccupato da 365 giorni con “l’essere” che è deputato a decidere la sua sorte, è freddo, allucinato e angosciante. Non c’è appello, né luce di speranza o umanità. Solo l’assoluta certezza che il senza lavoro diventerà pasta dentifricia. Ma “l’essere” ha conservato sulla scrivania un proibitissimo oggetto che gli sarà fatale: una lama antichissima, unica arma rimasta al mondo. Il disoccupato lo trapasserà all’istante. Il primo assassino che diventerà pasta dentifricia il giorno dopo. Tra un sorriso amaro e una stretta al cuore, l’autore ironizza su un futuro prettamente tecnologico, ma centra il bersaglio con uno stile incisivo, efficace e decisamente originale. Bravo». Alessandra Crabbia.


«365 giorni»

L’alito di Power – Whiskey mi appiccica la bocca. Eppure ieri sera ne ho bevuti solo tre con d-E-vid l’androide.
Il dentifricio alla polvere di stelle e il colluttorio all’acido solforico mentolato cercano di fare il proprio dovere. Una camicia banale assieme ad una giacca ed una cravatta altrettanto banale mi preparano ad affrontare il colloquio. Dopo la legge stellare nr. 2564, qualunque essere umano o non, privo di un impiego per un periodo massimo di un anno esatto, viene polverizzato ed usato per creare dentifricio. Altroché polvere di stelle.
Sono disoccupato da 365 giorni, e se non fosse per la legge stellare nr. 632 che ha mantenuto l’anno bisestile, oggi sarei già in una qualsiasi bocca disgustosa a fare i conti con le carie e il tartaro dentario.
La Robot- segretaria è particolarmente affascinante. Si intravedono le forme dei glutei sotto la gonna fucsia. “Che culo d’acciaio” penso e comincio a ridere cercando di strozzare con la mano destra tale risata isterica.
La porta blindata d’acciaio Full – inox dell’ingresso si apre facendo entrare, senza dubbio, un altro concorrente. Chissà da quanti giorni è disoccupato.
Capisco immediatamente, con un colpo d’occhio di sguincio, che questo posto da operatore addetto al telecontrollo lunare sarà facilissimo da ottenere.
Lo guardo fisso, mentre nella mia testa continua, come una pubblicità stroboscopica ad intermittenza, a comparire il numero 365… 365… 365… 365!
Il ragazzo, invece, è in uno stato di completa agitazione. Gesticola con il palmare satellitare G4, le gambe incrociate e tremolanti (forse ha solo bisogno di fare pipì, penso)e un rigolo di sudore compare sulla sua fronte.
Forse anche lui è al 365?
Fossero stati tutti così i miei precedenti avversari, ora sarei già il comandante dell’Enterprise versione 3.1.
Mi avvicino e butto una domanda allo stesso tempo banale(come la camicia e la giacca) quanto apocalittica «A quanti giorni sei arrivato?»
«Sono già a 12. Sono finito – risponde con voce tremolante, – e tu?»
«Solamente 7» gli rispondo mentendo, trattenendomi dal prenderlo a schiaffi per una paranoia inesistente.
La segretaria mi chiama e mi invita a seguirla fino ad una porta fluorescente munita di targhetta elettronica con scritto DIREZIONE E COMANDO TOTALITARIO. Chissà che cazzo di essere mostruoso o di robot o di vecchio fiero umanoide mi aspetta, magari con un ghigno di potere, quel ghigno maledetto intriso di falsa mielosità che sfocia unicamente nelle polverizzazioni istantanee per uso orale.
Entro, la porta colorata ad acido per anfetamine si chiude dietro le mie spalle, mentre guardo con estrema attenzione la sottospecie di essere che ho davanti agli occhi.
Un uomo sui cinquant’anni, stempiato con i capelli per certi versi brizzolati, per altri ancora con il loro colore originale. Piccoli ed inespressivi occhi marroni infossati da due occhiaie da “non dormo da quando hanno inventato le astronavi.”
L’ufficio sembra emanare la stessa vomitevole espressione. Due grosse piante carnivore agli OGM avanzati ai lati della scrivania in oro 243 carati alieni, quadri demodé appesi al muro raffiguranti il primo campo da calcio spaziale, e il primo robot creato con intelligenza propria, mentre l’unica nota positiva riguarda l’oggettistica. Un’ originale katana giapponese usata come decorazione della scrivania.
L’essere (al momento è solo questo, date le non prove a mia disposizione) intuisce il mio spaesamento temporaneo e sorridendo mi invita a sedermi. Inizia leggendo ad alta voce il mio file, come non lo conoscessi a memoria.
«Dunque lei è un ragioniere A1, dove si è diplomato?»
«All’istituto stellare per Ragionieri A1/5, signore» gli rispondo.
«Ah molto bene. Vedo che tra le sue precedenti professioni ha esercitato, vado citando: Contabile A22 presso un concessionario di astronavi utilitarie, rappresentante terrestre di laser-kalashnikov ak 47 per tre giorni fino all’armistizio universale che ha eliminato tutte le armi esistenti nell’universo, agente di navi interstellari da crociera e tagliatore di cibi da McSpace. Ma lei è un idiota? Ha qualche scopo nella sua vita oltre a farmi divertire?»
«Scusi la domanda, perché un idiota?»
«Rappresentante di laser-kalashnikov. Solo un idiota a tre giorni dall’armistizio universale può accettare un tale lavoro. In un universo dove non esistono più malattie, dove i mezzi di locomozione sono tutti auto-controllati, la legge stellare nr. 1899 per preservare la vita ha imposto lo smaltimento indeterminato e totale, grazie a evoluti metal detector satellitari, di tutte le armi presenti. Unico produttore di morte dell’uomo attraverso l’uomo. Anche quelle da taglio. Anche un normale coltello da cucina era considerato un’arma. Ecco perché tutti i cibi, al giorno d’oggi sono sotto forma di pezzi già tagliati da apposite macchine, ma questo lo sa meglio di me, visto il suo ultimo impiego da McSpace. Le piaceva?».
«Cosa?» chiedo
«Lavorare da McSpace?»
«L’esperienza più brutta della mia vita. Mi hanno licenziato!»
«Un fallimento continuo. Eh?» replica col ghigno da bastardo.
«Permette un’altra domanda?» guardandolo fisso negli occhi.
«Certo, ma non si dilunghi troppo».
«Questa spada che vedo sulla sua scrivania, è fasulla? Non può essere reale, lei stesso ha appena detto che tutte le armi sono state smaltite per sempre.- – Lei anche se è una disgrazia negli ambienti lavorativi, devo dire che ha buon occhio. Quella è l’unica arma presente nell’universo. È stata creata oltre 400 anni fa da Hatori Anzu nel lontano 2003 e rappresenta l’unico mezzo in cui un essere umano può dare la morte ad un altro essere umano. Mi è costata più di questa società, dove lei ambisce a lavorare, con scarsi risultati al momento» dice mentre una risata gli esplode dal petto.
Un odio vendicativo mi sta affogando, non riesco a respirare e continuo a guardarlo, pensando sempre al nr.365 e alla mia fine sempre più vicina.
«Perché vuole lavorare per me?» mi chiede grattandosi un sopracciglio.
«Perché credo sia opportuno mettersi sempre in gioco e migliorare costantemente la propria posizione».
«Una gargantuesca idiozia! Lei è qui per l’ultimo tentativo di salvezza. Crede che non sappia che lei è arrivato al 365? Io sono il Capo Supremo, come ha letto sulla porta io ho il controllo totalitario. Io conosco ogni cosa che c’entri con quest’ azienda, ogni minimo dettaglio. Conosco le abitudine mattutine di tutti i miei 72.624.396 dipendenti e per quanto mi riguarda, le dico solo che ha le ore contate».
Ci guardiamo in silenzio per alcuni secondi, la sua bocca si distorce in una smorfia animalesca di pura sfida, lasciando scoperti un paio di denti simili a quelli delle piante carnivore. Capisco di odiarlo. Sento il sibilo della lama sfiorarmi l’orecchio come se fosse una supplica. Afferro la katana di Hatori Anzu l’estraggo dal fodero e senza pensarci gliela infilo in gola. Non ha tempo nemmeno di urlare. Cade a terra emettendo qualche rantolo sforzato e disarmante.
«Questo è quello che ti ha riservato il comando totalitario. Guardarmi negli occhi mentre perdi tutto. Ne è valsa la pena».
«Sono l’ultimo uomo dell’universo che ha ucciso un uomo».

Il giorno seguente da McSpace. Ore 9.02.
Una madre con la figlia dirigono il carrello volante pieno di cibo, verso la Cyber – cassa automatica.
«Mamma, mamma» dice la bambina.
«Che c’e?!
«Abbiamo dimenticato il dentifricio alla polvere di stelle che mi piace tanto».
«Hai ragione, amore. Andiamo a prenderlo».

Michael Zamaro


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