Ferrara by night

di

Michele Raisi


Michele Raisi - Ferrara by night
Collana "I Salici" - I libri di Narrativa
14x20,5 - pp. 104 - Euro 12,00
ISBN 978-88-6587-1447

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In copertina: «Satanisches Ritual» © Haramis Kalfar – Fotolia.com


Il fendente partì velocissimo.
La lama si conficcò in gola, lacerando i tessuti fino all’esofago.
Flutti di sangue inondarono la trachea.
Un gemito e… Scarlet soffocò.


Ferrara by night


A Edoardo, mio figlio, mia linea d’orizzonte.
A Patrizia, mia moglie, mia prima sostenitrice.


“Noi siamo i soliti
quelli così
siamo i difficili
fatti così
noi siamo quelli delle illusioni,
delle grandi passioni
noi siamo quelli che
vedete qui
abbiamo frequentato delle pericolose abitudini
e siamo vivi quasi per miracolo
grazie agli interruttori
noi siamo liberi, liberi,
liberi di volare
siamo liberi, liberi,
liberi di sbagliare
siamo liberi, liberi,
liberi di sognare…”

Vasco Rossi


Prologo

Il fendente partì velocissimo.
La lama si conficcò in gola, lacerando i tessuti fino all’esofago.
Flutti di sangue inondarono la trachea.
Un gemito e… Scarlet soffocò.

Con gli occhi colmi di lacrime, l’assassino, rimase per un tempo indefinito, ad osservare la fiamma del lume, acceso accanto al corpo esanime.
Recitò un’Ave Maria.
Poi decise di ultimare l’opera. Con il coltello intriso di sangue, lasciò il solito messaggio sul pavimento: I DIAVOLI ALL’INFERNO!


1.

Settembre. Ferrara.
Puntuale, come ogni sabato pomeriggio, la signora Sagrati, dopo aver compiuto un giro completo attorno allo storico acquedotto, posteggiò il proprio Mercedes ML ai margini di piazza XXIV Maggio. La donna non scese, attese in auto, mirandosi nel retrovisore ne approfittò per un ultimo make-up. Ancora due minuti e un BMW 318 bianco affiancò il suv della signora, annunciandosi con un lieve colpo di clacson. La splendida cinquantenne uscì avvolta in un elegante tailleur bianco, celando la propria identità dietro un enorme paio di occhiali da sole e i capelli raccolti in un leggero foulard. Dalla berlina, nel frattempo, era sceso un bel ragazzo moro, alto, aitante e anch’egli vestito in maniera impeccabile, che si affrettò, da vero gentleman, ad aprire la portiera alla signora. L’auto ripartì sprintando.
“È inutile che correte, tanto so dove venire a cercarvi…”
L’intera scena era stata catturata da decine di scatti in sequenza dall’obiettivo della Canon EOS 450D, una fotocamera digitale da 12.2 megapixel. L’uomo ripose con tutta calma la macchina fotografica nella sua custodia. L’adagiò nel vano sottosella e, indossato il casco, risalì corso Vittorio Veneto a bordo del suo Yamaha T Max.
Imboccò viale Cavour, per poi arrivare, dopo una breve attesa ai semafori di porta Po, all’hotel Nord-Ovest. Ad attenderlo trovò, alla reception, il suo confidente Alberto.
“Aloisi! Buongiorno!” lo accolse il portinaio. “Qual buon vento? Non sarà a caccia di piccioncini, vero?” disse con un sorriso stupido.
“Ne sai niente tu?”
“Sono appena volati nel loro nido d’amore… Truu truu, stanza 36, truu truu…”


2.

Gran parte della domenica, Aloisi la trascorse a riordinare il materiale raccolto per il dossier Sagrati. L’indomani, il marito della donna, il noto imprenditore ferrarese Casolari, avrebbe ricevuto, presso gli uffici dell’agenzia investigativa, conferma dei propri sospetti. Foto, filmati, indirizzi, orari, coincidenze, targhe, appuntamenti, tutto ciò che Aloisi stava infilando in quella cartellina di plastica azzurra, avrebbe rivelato l’adulterio della moglie.
“Chissà che faccia farà”, pensò, “ma soprattutto non vorrei essere nei panni della signora, domani sera…”
Rimase per un attimo a fissare il vuoto. Sullo schermo del notebook scorrevano, ad intervalli di alcuni secondi, le foto scattate ai due amanti. Mentre stava salvando il lavoro svolto, su dvd da destinare all’archivio dell’agenzia, non poteva fare a meno di rimuginare quanto meschino fosse quel lavoro. Proprio lui, che aveva giurato di servire la Patria con onore e rispetto, che per anni aveva convissuto con quegli alti valori morali che soltanto la divisa dell’Arma sa conferire, si ritrovava ora a fare il… “pettegolo a pagamento”, così si definiva ironicamente.
“Ma purtroppo bisogna pur mangiare!” ripeteva, cercando di assolvere se stesso.
Antonino Aloisi era approdato nel team di Este Investiga dopo essersi spogliato dei panni di Tenente dei Carabinieri, a causa di un violento litigio con un superiore dell’Arma. Ferito nell’orgoglio aveva presentato le dimissioni. Se n’era andato sbattendo la porta, pentendosene amaramente pochi istanti dopo. Ma cocciuto, come ogni siculo verace, non aveva avuto il coraggio, e tanto meno il senno, di tornare sulle proprie decisioni. Fu così, dopo qualche settimana da nullafacente, che decise di rispondere a quell’annuncio sul giornale dove si richiedevano intuito, perspicacia e doti investigative. Dall’alto della sua esperienza gli fu facile avere la meglio sugli altri candidati.
Anita Gazzarini, titolare dell’agenzia investigativa, sapeva il fatto suo e mai si sarebbe fatta sfuggire un professionista così prezioso. In breve tempo, Aloisi seppe farsi apprezzare per la competenza e la lungimiranza, diventando ben presto collaboratore di fiducia della titolare.
Sulle prime, tali preferenze della Gazzarini, crearono qualche malumore all’interno dell’ufficio, ma poi anche i colleghi riconobbero in Aloisi quella marcia in più.
Va da sé che, operando fianco a fianco, tra i due nacque una tenera amicizia, ma che rimaneva ancorata ad un nulla di fatto. Antonino e Anita erano troppo timidi per riuscire a lanciarsi in qualcosa di più di una semplice cenetta a lume di candela. Le fallimentari esperienze passate avevano lasciato profonde ferite in entrambi. Ed entrambi ora approcciavano alle loro passioni sentimentali con estrema cautela, indugiando.
Ad Aloisi piaceva molto quella donna, bionda, sempre fasciata nei suoi tubini color pastello. Aveva qualche chilo di troppo, ma lei non pareva soffrirne con quel viso tondo sempre sorridente. Un concentrato di energia, alta un metro e sessanta, faceva sentire la propria presenza con il continuo ticchettio dei tacchi vertiginosi e quello squillante tono di voce. Titolare di un’agenzia matrimoniale, era stata scaltra nell’intuire, verso la fine degli anni Ottanta, che il matrimonio era un’istituzione a cui, ormai, sempre meno persone credevano. Mentre i divorzi per adulterio erano in continuo aumento. Da lì, l’idea di trasformare, con successo, l’agenzia Este Sposi in… Este Investiga.


3.

Lunedì mattina, Aloisi si presentò in ufficio con un sacchetto di pane fresco sottobraccio.
Esibendo un cornetto, offriva ai colleghi “Chi ne vuole uno? Sono ancora caldi!”
L’interfono della sua scrivania gracchiò “Il garzone del fornaio è atteso in direzione, ripeto, il garzone del forn…” Tra le risate generali Aloisi rispose pigiando sulla consolle “Arrivo!”.
Entrò nello studio della Gazzarini allungando il dossier Sagrati “Buongiorno Anita!”
La donna non rispose, impegnata a digitare sul computer, afferrò la cartella e, senza degnare uno sguardo, l’appoggiò sul mobile alle sue spalle.
“Qualcosa non va? Non gli dai un’occhiata?” chiese lui.
“Dimmi tu, Antonio, se qualcosa non va!” replicò lei inarcando le sopracciglia. “Non dovevamo vederci per una pizza, ieri sera?”
“Che testa! Che stupido!” esclamò Aloisi picchiandosi il palmo della mano sulla fronte. “Perdonami! Ieri ho sistemato alcune cose, poi c’era la partita in tv… Mi sono scordato, scusa, proprio non…”
“Voi uomini! Tutti uguali! Perdete la testa per un pallone…” Anita, fissandolo, scosse il capo, lo aveva già perdonato “Chissà dove hai la testa! E io che ti affido il caso più importante dell’agenzia…”
“Importante? La Sagrati?”
“Non essere sciocco!” sbuffò la titolare “Ieri sera, mentre tu guardavi la partita,” sottolineò, “sono stata contattata per un’indagine e, vista la gravità dell’argomento, ho deciso di affidarla a te!”
“Lusingato, di che si tratta?”
“Dei delitti alle torri gemelle!”
“Prego?” chiese Aloisi attonito.
“Si tratta degli omicidi dei due trans!…”
“Continuo a non capire…”
“Oh! Insomma Antonio, a volte mi sembri sulle nuvole!” si spazientì la Gazzarini “Qualcuno, ci ha chiesto di svolgere delle indagini sugli omicidi avvenuti nei grattacieli della stazione!”
“Quegli omicidi?” sobbalzò lui “Impossibile!”
“Perché impossibile?”
“Ma è assurdo! Già indagano gli inquirenti, è un caso scottante, fuori dalla nostra portata!”
“Questo lo sostieni tu, mio caro,” si stizzì Anita, “si dà il caso che chi ci ha contattati, lo ha fatto su consiglio di un noto avvocato…”
“Una nota testa di cazzo, vorrai dire!”
“Modera le parole, Antonino!” lo mise a tacere lei “Ormai è deciso: seguiremo il caso! Con o senza te!” lo fissò negli occhi canticchiando “Whit or whitout you…”
“Ma Anita, ragiona,” cercò di smorzare i toni lui. “Non possiamo metterci in mezzo a un’indagine del genere…”
“E chi ha parlato di mettersi in mezzo? Ce ne staremo da parte facendo i nostri riscontri, le nostre valutazioni, accertamenti… Chi ci ha contattati, e già pagati, aggiungo, è rimasto insoddisfatto del lavoro svolto dagli agenti. Noi ci mettiamo la nostra professionalità, dove ci porterà poi… e chi lo sa?”
Convinta ormai di averlo persuaso, la voce della donna si fece più serena “Siamo bravi in queste cose, lo sai, e tutti i colleghi sono pronti a darti una mano. Un’occasione così quand’è che ci ricapita?” Anita si alzò dalla poltrona, e straripante quasi, in quel vestitino turchese, di una taglia in meno, andò a sedersi sulle ginocchia dell’incredulo Antonino.
“Pensa che pubblicità per l’agenzia!” ammaliò sbattendo le ciglia. “E poi, tu, non ti sentiresti rinascere? Finalmente un’indagine vera, degna di tutta la tua esperienza investigativa, senza dover rincorrere poveri amanti fuori da squallidi motel!”
Confuso dall’atteggiamento di Anita, Aloisi non seppe fare a meno di accettare “Ok, ok! Fissami un appuntamento con questo cliente… Robe da matti…”
“E non ti lamentare! Che già non vedi l’ora d’infilarti dentro a questa storia!” ribatté lei rialzandosi prontamente “Il cliente è di là, ti attende in sala riunioni!”
“È già qua?”
“Ero sicura che avresti accettato! Ti conosco meglio di quanto tu creda…” E prima che Aloisi uscisse dall’ufficio, aggiunse ammiccando “Ci vediamo per una pizza stasera?… Pago io!”


4.

La sala riunioni era l’unica stanza dell’agenzia priva di vetrate. La fioca luce entrava da una finestra che apriva verso un cortile interno della palazzina, sita in corso Porta Po. L’arredamento era essenziale. Un lungo tavolo, in ciliegio laccato stava al centro, attorniato da sei poltrone in pelle nera. Sul lato opposto alla finestra, trovavano spazio quattro schedari Helmer, in acciaio rivestito a polvere, verniciati due in grigio e due in rosso, acquistati all’Ikea di Casalecchio. Di fronte alla porta, sulla parete lunga, vi erano appese due grandi cartine stradali: quella a colori era la mappa stradale della provincia di Ferrara, mentre, quella in bianco e nero, era la topografica della città. Le tendine rosa e la lampada a stelo posta nell’angolo, erano gli unici corredi ereditati da Este Sposi.
Varcata la soglia, Aloisi trovò, ad attenderlo, una gran bella donna, anzi, bellissima. Per un istante rimase con la presa sulla maniglia a contemplare quella meraviglia.
“Piacere Antonino!” si presentò, cercando di fare appello velocemente, alla propria memoria, nel tentativo, vano, di ricordare di aver stretto la mano, in passato, a qualche femmina più avvenente.
“Venus, molto lieta…” pronunciò con voce suadente.
“Prego, si accomodi!” esortò Aloisi mentre si avviava a prendere posto sotto le due cartine.
La donna sedette accavallando le splendide gambe, messe in mostra dalla stretta gonna grigia abbondantemente corta sopra le ginocchia. La pelle perfettamente levigata esibiva una invidiabile abbronzatura. I lunghi capelli castani, lisci, cadevano sulle spalle incorniciando un viso esotico. Due profondi occhi da gatta, color pervinca, facevano da contro altare alle carnose labbra rosa.
“Bene, cominciamo!” disse Aloisi aprendo innanzi a sé un fascicolo “Può ripetermi il suo nome per intero, per cortesia?” chiese rimanendo in attesa con una biro fra le dita.
“Venus…, Venus e basta. Da quando vivo in Italia questo è il mio nome d’arte!”
“Ah! Quindi lei è un’artista?”
“La migliore!” replicò immediatamente lei.
“Comunque ho bisogno del suo nome di battesimo” chiarì Aloisi “Serve per i pagamenti, le fatture… roba burocratica!” tagliò corto.
“Ok, ok!” rispose la donna mostrando poco entusiasmo “Benito, Carlos Ribeiro!” sussurrò.
“Prego?” domandò Antonino, corrugando la fronte, incerto dall’aver udito correttamente.
“Benito Carlos Ribeiro!” arrossì lei.
“Ma che razza di nome…”
“È stato quell’emerito stronzo, fascista, di mio nonno!” esclamò Venus “Ha voluto imporre i nomi a tutti i nipoti. Benito, Italo, Ciano e si figuri, anche la piccola di famiglia l’ha chiamata Edda!”
“Non mi riferivo all’origine politica del suo nome…, ma è che le hanno affibbiato un appellativo da… maschio?!”
Venus a quel punto s’irrigidì “Dobbiamo giocarci ancora per molto?” il suo viso si fece duro e spigoloso “Anche lei come tutti gli altri! La sua principale ha speso egregie parole nei suoi confronti, ma vedo che si sbagliava!”
Aloisi aggredito s’insaccò nella poltrona “Ma…, ma…, io… lei…” balbettò.
“Sono un trans! E allora? Ci trovate tanto da ridere? Volete vedere fino a che punto proviamo vergogna di ciò che siamo?” tuonò Venus in tutta la sua collera, tanto che la camicetta bianca pareva esplodere sotto i colpi di quel seno così prosperoso “Ebbene,” proseguì, “io non mi vergogno! Io vivo bene così, e non devo renderne conto né a lei, né a nessun altro!” si alzò in piedi minacciando di andarsene, quando Aloisi, lanciandosi sopra il tavolo, l’afferrò per un polso “La prego, mi scusi! Non era mia intenzione mancarle di rispetto!” la implorò, “Non sapevo… Io l’ho scambiata davvero per una donna, deve credermi…”
“Io… sono… molto più… di una donna!”
“Oh immagino!” e nella speranza di abbattere quel muro di ghiaccio che si era venuto a creare, propose “Ci prendiamo un caffè?”

L’aroma dell’espresso fu un toccasana: chiarito l’equivoco tornò la calma. Il transessuale sedette accendendosi una sottile sigaretta, ne offrì una come gesto di pace. Con lo sguardo incantato dai riflessi azzurrognoli del fumo che saliva, Venus iniziò a raccontare “Ci chiamavano «Le Tre Sorelle»: io, Princess e Scarlet. I tre trans più belli di Ferrara, e non solo, visto i numerosi clienti provenienti da Bologna, Padova, Rovigo e dalla Romagna. Abitavamo e lavoravamo tutte e tre nella torre A dei due grattacieli. Princess al dodicesimo piano, io uno sopra e Scarlet al sedicesimo. Abbiamo un’amica, trans pure lei, che vive nella torre B, si tratta di Moira…”
“Questa… Moira, perché non veniva considerata, pure lei, una delle sorelle?” la interruppe Aloisi.
“Non saprei, forse perché è l’unica di colore! Oppure per la sua costituzione piuttosto… mascolina? Comunque siamo rimaste solo noi due, per ora,” estrasse un kleenex dalla borsetta e se lo portò al naso, “le altre, lo sapete, le hanno trovate morte, sgozzate…” cominciò a singhiozzare.
Aloisi attese in silenzio tamburellando con le dita sul tavolo, poi, scemata la tensione di quell’attimo, ricominciò “Che significa per ora? Avete ricevuto minacce?”
“Scarlet negli ultimi tempi era terrorizzata,” si riprese Venus, “anche Princess pareva nervosa, a me hanno appiccato fuoco alla porta d’ingresso, un mese fa…”
“Sapete chi può avercela con voi? Qualche sospetto?” prendeva nota Antonino.
“Alcuni giorni prima dell’incendio,” rispose lei “qualcuno, mi ha recapitato un biglietto facendolo scivolare sotto l’uscio. DOVETE SPARIRE DIAVOLI!, così stava scritto, ma non gli ho dato peso, e l’ho gettato, convinta si trattasse di uno stupido scherzo di qualche bigotto inquilino!” Poi continuò “Princess, invece, mi confidò di essere stata schiaffeggiata da un cliente! Io le consigliai di smetterla di riceverlo, ma lei non ascoltava. Era infastidita dalla ribellione di un suo schiavo.”
“Schiavo, ha detto?”
“Princess praticava sadomasochismo, era una perfetta dominatrice, professionista dell’umiliazione.”
Aloisi sentiva crescere il proprio interesse per quella storia, in cuor suo, ringraziava Anita per essere stata così brillantemente ostinata “E non le ha mai rivelato l’identità di questo servo ribelle?”
Venus indugiò “A essere sinceri…” prese fiato “A essere sinceri sì… Fra’ Stefan!”


5.

“Fra’ Stefan?” a quel nome Aloisi drizzò la schiena “Il francescano che celebra Messa nella chiesa di San Romano?”
“Ne conosce altri?” ribatté Venus.
Antonino si strofinò una mano sul volto, a un tratto sentiva il bisogno di un secondo caffè “Se ben ricordo, in passato, il nostro religioso ha incontrato seri problemi con l’alcool. Ma gli inquirenti che dicono?”
Venus sbottò “A parte fare battutine sui transessuali, e gli stupidi con i nostri attrezzi da lavoro… Parlano di un regolamento di conti nel giro della prostituzione!”
Punto nel suo animo di Carabiniere, Aloisi difese gli ex colleghi “Suvvia, non credo siano stati così superficiali…” Ma lei lo interruppe alzando la mano “Sa come sono stata annunciata, al mio arrivo in caserma, per gli interrogatori di rito? È arrivato il… frocio, lo faccio accomodare?” e ricominciò a lacrimare.
Seguirono ancora alcune domande, poi, dopo essersi fatto consegnare un recapito, Antonino congedò Venus aprendole la porta. Rimase a mirarla mentre, ancheggiando, se ne andava lungo il corridoio dell’ufficio. Aveva due gambe splendide, e la gonna attillata delineava un folgorante fondoschiena.
Non appena sparì dietro l’uscio, il collega semprearrapato Massarenti, si precipitò da Aloisi “Fiuu!” fischiò, “Chi è quella sventola?”
Antonino allargò le braccia “Ma tu sei malato, appena vedi due gambe…”
“Due gambe quelle? Quelle sono due opere d’arte! Ma hai visto che roba? Che sedere! Che tette!”
“Massarenti…” Aloisi lo guardò serio negli occhi; si prese tutto il tempo per caricare di effetto quello che stava per dire, sicuro di provocare scalpore con la scottante rivelazione “Quello è un uomo! È un trans!” e per rimarcare “Tiene il pisello tra le gambe!”
Ma quella sentenza non sortì l’effetto desiderato. “Donna, uomo, chi se ne frega!” rispose impassibile Massarenti “Ma hai visto che fisico? Quella è una bomba sexy! Tu piuttosto, stai all’occhio… Quella ti manda il sangue alla testa!”


6.

Quella sera Anita e Antonino cenarono con una pizza al ristorante I Tri Scalin. Dopo una macedonia di frutta fresca, lasciarono il tavolo decisi a prendere il caffé in qualche bar della piazza. Camminando dal posteggio di via Kennedy, verso il centro, Aloisi lamentò “Non potevi scegliere un ristorante più vicino?”
Anita sorrise “Sono due passi! E camminare fa bene, sennò ti ricresce la pancia!” Poi, stringendolo sottobraccio, alzò gli occhi verso il cielo stellato “È una sera così calda… Così romantica…” lo mirò assorto, “a che pensi?”
“Mi servono più notizie, più particolari, per andare avanti nell’indagine” rispose lui, facendo crollare tutta la poesia di quel momento…


7.

L’indomani mattina, Aloisi si svegliò di buon’ora. Doccia, barba, e poi, inforcata la bicicletta, uscì di casa diretto a far colazione. Il sole, già alto, annunciava un’altra splendida giornata settembrina, ma l’aria del mattino era particolarmente fresca. Mentre pedalava, Antonino si rammaricò di non aver indossato qualcosa di più pesante. Arrivato nei pressi della nota pasticceria Leon d’Oro, posteggiò la sua Umberto Dei, assicurandosi che il lucchetto fosse ben chiuso. Lanciò un’occhiata e, come previsto, scorse fra i tavoli della sala da the il maresciallo Esposito, intento a sfogliare le pagine della «Gazzetta». Il carabiniere, nel frattempo, stava commissionando al giovane cameriere ritto in attesa, innanzi a lui. Arrivandogli di sorpresa alle spalle, Aloisi ordinò anch’egli “Un cappuccino anche per me e… due sfogliatelle. Offro io!”
“Uè, Antò! Che sorpresa!”
“Maresciallo!”
“Accomodati” lo invitò Esposito “Chessidice? Chettiporta? Maronn dov’è finita la pancia?”
“Passavo di qua e… Novità?”
“Novità? Antò, cà stamm’ e cà murimm’!”
Mentre il cameriere apparecchiava il tavolo con le ordinazioni, Aloisi saldò immediatamente il conto, lasciando un euro di mancia. Poi rivolto al maresciallo “Esposito, credi che mi sia alzato alle sette del mattino per offrire la colazione al primo Carabiniere che incontro?”
“Maronn! Ci risiamo, che ti serve? Devo controllare cosa? Un numero di targa? Un cellulare?” rispose l’agente alzando gli occhi al cielo “Per un piccolo piacere che mi hai fatto dieci anni fa…”
“Piccolo piacere?” sbottò Aloisi, “Quella sera ho beccato tuo figlio con un etto di hascisc!”
“E vabbé! Modica quantità! Che ti serve?”
“Degli omicidi alle torri della stazione, che mi dici?”
“Gli omicidi dei due froci? E che ti devo dire? Se ne occupa il tenente Mezzolago!”
“Stiamo freschi! E che dice Mezzolago?”
“Con la stampa, il tenente, ha liquidato tutto motivando che trattasi di un regolamento di conti, ma…” lasciò la frase in sospeso.
“Ma?” lo esortò a continuare Aloisi.
“Roba che scotta assai!” enfatizzò Esposito facendo rimbalzare lo sguardo sulla sfogliatella ancora intatta di Antonino, il quale, conoscendo l’irrefrenabile golosità del maresciallo, non si lasciò sfuggire l’occasione “La vuoi tu?” offrì, indicandogli la pasta “A me non va, sono a dieta…”
Esposito afferrò la sfogliatella mordendola avidamente. A bocca piena continuò a rivelare “Pare si tratti di messe nere! Riti satanici! A fianco ai corpi hanno trovato delle candele accese!”
“E a Mezzolago bastano delle candele accese per dedurre che si tratti di satanismo?”
“Maronn’! Antò, nun me fa parlà di ’ste cose! Nun me fa parlà di sangue mentre mangio ’ste squisitezze! Mi fai passare il gusto!” Poi, dopo aver addentato l’ultimo boccone di pasta, continuò “Sul pavimento l’assassino ha lasciato un messaggio scritto con il sangue delle vittime: I DIAVOLI ALL’INFERNO!”


8.

Mercoledì, sull’ora del mezzogiorno Aloisi telefonò a Venus per annunciarle la sua visita nel tardo pomeriggio. Quel giorno faceva un caldo insopportabile. L’alta pressione che si era insinuata su tutto il nord Italia, regalava splendide giornate di sole. Gli unici a rammaricarsene erano gli studenti che, iniziato l’anno scolastico, vedevano trascorrere quell’ultimo scampolo d’estate, seduti dietro ai banchi. Aloisi arrivò alla stazione col tram numero nove. Appena scese, alzò gli occhi in direzione dei grattacieli e s’incamminò. Entrato nella torre A, prese controvoglia l’ascensore per salire ai piani. Nello stretto loculo che montava verso il tredicesimo, il caldo divenne soffocante. Innanzi all’uscio di Venus, Antonino, con un fazzoletto, si tamponò la fronte permeata di sudore.
Lei aprì al primo squillo. Indossava una vestaglia di seta rosa, ricamata con enormi fiori blu. L’indumento, cortissimo, copriva a malapena la sexy lingerie. Le bellissime gambe nude mostravano in tutto la loro perfezione.
“Accomodati!” lo invitò con uno splendido sorriso “Sto preparando il caffè”
Infilatosi in casa, Aloisi venne avvolto dall’aroma caldo proveniente dalla moka.
“Vedo che ti sei tagliata i capelli…” osservò lui “Stai molto bene!”
“Te ne sei accorto?” ammiccò lei, lusingata dal complimento. Lasciandosi guidare lungo il corridoio d’entrata, Aloisi sostò davanti a un paio di foto appese alla parete che ritraevano pesci tropicali “Le hai scattate tu?” domandò.
“Certo, in gioventù ero appassionata di fotografia…”
“Non deve essere semplice sott’acqua!”
“È solo questione di esperienza, servono parecchie immersioni…” Sederono in cucina, dove, di tanto in tanto, uno sbuffo di vento arrivava dalla porta che apriva sul balcone.
“Dunque, parlami delle tue amiche, che tipe erano, chi frequentavano…”
“Princess era brasiliana, di San Paolo come me,” rimpianse Venus, “eravamo buone amiche, anche se ogni tanto bisticciavamo un po’. Ci siamo rubate qualche amore e qualche cliente a vicenda, ma poi, quando scoprivamo di che pasta erano fatti quegli stronzi, ritornavamo come sorelle.” Venus, commossa, si alzò e accese una sigaretta. Dinnanzi a un Pioneer compatto si rivolse ad Aloisi “Ti piace il jazz? La tromba di Miles Davis mi ricorda un pianto disperato, come il mio…” e se ne uscì sul terrazzo. Antonino la seguì “È la prima volta che vedo Ferrara dall’alto” disse osservando dal parapetto le minuscole auto sfrecciare verso il centro.
“O deserta bellezza di Ferrara,
ti loderò come si loda il volto
di colei che sul nostro cuor s’inclina
per aver pace di sue felicità lontane;
e loderò la chiara
sfera d’aere e d’acque
ove si chiude
la tua melanconia divina…”
“Bello! Cos’è una canzone?” chiese lei.
“D’Annunzio!” rispose lui.
D’un tratto una folata di vento scostò un lembo della vestaglia di Venus, scoprendole il nudo seno.
Aloisi rimase, per qualche interminabile istante, a bocca aperta con lo sguardo fisso sui turgidi capezzoli. A riportarlo vigile, fu il fumo della sigaretta che, maliziosamente, Venus gli stava soffiando in volto. L’ottone di Davis in Blue In Green lacerò l’aria, rendendo ancor più insopportabile l’imbarazzo. Come una preda percepisce lo sguardo del proprio carnefice, così Antonino avvertiva addosso lo sguardo di lei.
“Ma… ma… di… dimmi di Scarlet” balbettò, incapace di sostenere quegli occhi da pantera.
“Scarlet era l’unica italiana,” stemperò l’atmosfera lei, “giovane, troppo giovane, in alcuni momenti mi sembrava ancora bambina. Sempre sorridente, era impossibile volerle del male…”
“Hai avuto modo di vedere i corpi sul luogo del delitto?” domandò Aloisi.
“Di Scarlet no, ma ho saputo che pure con lei, l’assassino ha lasciato un messaggio scritto col sangue.” Poi, accesa un’altra sigaretta continuò “Con Princess sono stata io a chiamare i vigili del fuoco, erano tre giorni che non la vedevo. Ed erano tre giorni che il suo cellulare squillava senza risposta.
Quando i pompieri hanno abbattuto la porta, sono entrata dietro loro. Princess era lì, in un lago di sangue raffermo,” cominciò a singhiozzare, “mio Dio! Che orrore povera Princess!”
“Solitamente, entrando nel luogo di un delitto, al primo impatto balza agli occhi una stranezza…” spiegò Aloisi “Che ne so, un oggetto fuori posto, un indumento fuori stagione, oppure spesso manca l’animale domestico… Ricordi nulla di strano al tuo ingresso in casa di Princess?”
Venus meditò un attimo, asciugandosi le lacrime “In effetti ricordo un particolare… La cartolina che Princess stringeva in pugno! Gliela aveva spedita suo fratello Douglas da San Francisco. Lui vive là ormai da diversi anni, è il presidente dell’associazione gay della città. Pure con Scarlet l’assassino ha seguito lo stesso rituale.”
“Che intendi dire?” volle sapere Antonino.
“Al comando dei Carabinieri mi hanno informata che in mano a Scarlet è stata ritrovata una cartolina postale. Proveniva da Montecarlo, l’aveva spedita Princess durante una vacanza.”
“Un’ultima cosa…” chiese Aloisi, “In caserma, durante l’interrogatorio, gli inquirenti hanno menzionato l’ora del decesso di Princess?”
Venus rimase a pensare a lungo poi rispose decisa “Circa le sette del mattino!”
“Grazie, sei stata molto esauriente, e il caffè era ottimo! Arrivederci!” disse Antonino mentre si recava verso l’uscio. Seguendolo alla porta, Venus accennò un invito “Antonio, ti va di accompagnarmi a una festa venerdì sera? Ho bisogno di staccare un po’ da questa brutta storia!”
“Volentieri!” accettò Aloisi.
“Scoprirai quanto sono brava a fare anche altre cose, oltre il caffè!” ammiccò lei, “Arrivederci!”

[continua]


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