Opere di

Michele Zanella

Con questo racconto è risultato 11° classificato – Sezione narrativa alla XVII edizione Premio Letterario Internazionale Marguerite Yourcenar 2009


Distant Sails

Solo un infinito galleggiare nel 
vuoto assoluto, nel freddo ed 
 angosciante nulla. Questo è ciò che credevo mi attendesse, nei lunghi anni che mi restavano da vivere, prima che le forze mi venissero meno…
Non ero nato per questo, ma per soddisfare l’inesauribile sete di conoscenza dei miei padri che, innumerevoli come le stelle del firmamento, volgono lo sguardo in ogni direzione, ed innalzano le vele in qualsiasi vento, incuranti dei confini del loro mondo.
Ed io ho realizzato i loro desideri, arrivando più lontano di chiunque altro. Molto più lontano di loro stessi, ancora così tanto incatenati ai vincoli che da soli si sono imposti.
La mia voce ha narrato loro di altri mondi, piccoli lontani lumi nel loro cielo… Ho mostrato loro per la prima volta l’anello spezzato di Giove, il suo grande occhio rosso, i vulcani di zolfo di Io, l’oscura superficie di Callisto. E poi le aurore di Saturno, gli incredibili disegni dei suoi anelli, l’impenetrabile atmosfera di Titano, i crateri ed i canyon delle altre lune.
Immagini ritrasmesse da mille televisioni, stampate su mille riviste, su cui hanno sognato mille scrittori, pittori, o semplici sognatori… Allora come oggi.
Ma chissà se stanno ancora ascoltando la mia voce, ormai fiaccata da così tanti anni di viaggio nella fredda oscurità? Se ancora pensano a me come al loro più remoto esploratore? Od ormai per loro non sono altro che un freddo corpo di metallo, a sempiterna testimonianza della loro esistenza…?
Tale è infatti lo scopo, più simbolico che pratico, della registrazione che mi affidarono. Suoni ed immagini di quel piccolo frammento di azzurro, voci della loro babele, ed un messaggio di speranza, rivolto a chissà chi nelle profondità dello spazio e del tempo, o più che altro a se stessi. Esso diceva di come stiano ancora cercando di sopravvivere ai loro tempi, poiché le loro vite sono così effimere, come la mia, a confronto delle odissee che li attendono.
Ma il chiarimento a tutto ciò è in realtà purtroppo molto al di là di qualsiasi orizzonte, sia per me che per ognuno di loro, e per paradosso proprio per il motivo per cui ne soffrono. Esseri mortali che sognano l’eternità proprio perché non possono farla loro. E sognano l’infinito che non potranno mai raggiungere…
Così mi trovo a chiedermi se ci sono più mondi nella mente umana o nell’universo, ma è una domanda a cui neppure io o loro stessi potremo mai trovare risposta, sebbene io non desisterò comunque di inseguirla, poiché è ciò per cui esisto. Ciò per cui sto facendo vela verso l’infinito ignoto, giorno dopo giorno, anno dopo anno, mentre le loro vite si spengono e si accendono a milioni, come se ogni momento valesse l’eternità… o il contrario.
Il tempo è un po’ come un’onda d’urto. Se non la cavalchi ti travolge, e finisci spazzato via, in una discarica chiamata “passato”. E poiché la loro memoria è a volte tanto labile è così facile ritrovarsi ad essere solo una foto in un cassetto.
È così facile ritrovarsi ad essere solo.
E gli anni sono passati, ma mentre per me negli oscuri e vuoti campi interplanetari, per loro invece nel frastuono della loro storia, nel consumismo e nelle guerre, nel progresso e nelle tragedie, nella vita frenetica sui marciapiedi e nella vita fasulla del tubo catodico.
Realtà e finzione, loro sono tanto bravi a confonderle, per loro piacere o profitto. E così una guerra infine può avere meno spettatori di un lungometraggio troppo pubblicizzato. Un omicidio molto meno del matrimonio di una celebrità. La morte per fame di mezzo pianeta ancor meno dell’aumento del prezzo del pane…
Che sia proprio perché la loro memoria è così labile? Non so. Posso, solo constatare come essi infine siano così bravi a dare tanto valore alla vita di uno ed allo stesso tempo così poca importanza alla morte di molti…
Basta poco. Un titolo su un giornale in prima pagina. Un film prodotto al momento giusto, Un commento detto in un momento sbagliato. Una notizia del telegiornale letta con un tono differente. La voce di uno invece che di un altro. Un volto sorridente su un cartellone pubblicitario. Una valigetta di pezzi di carta colorati… Ed ecco che la storia cambia. La storia a venire come quella già passata.
Ma non sempre la ragione sta dalla parte dei molti. E non sempre la verità sta dalla parte dei vincenti…
Così, mentre oggi io varco i confini del sistema solare, la loro storia sta rotolando a valle come una frana fuori controllo. Mentre io faccio vela su nuovi venti interstellari, rivelandomi rotte non attraverso i vuoto bensì attraverso nuove rivelazioni e premonizioni di grandi meraviglie, mi giungono le loro immagini di un mondo che non c’è, mentre il mondo che c’è se lo sono venduto, regalato via.
Mentre io ascolto le voci delle stelle cantare di mondi distanti, le loro voci mi giungono con parole di gente arrabbiata, con parole di gente rassegnata.
Ma cosa si dice? Ma cosa si sente?
Come si può trovare un ordinamento in un tale rumore?
Eppure la in fondo, sotto tutto il caos che origina da loro stessi, un qualcosa deve esserci. Un buco nel rumore, un qualcosa non espresso a parole, ma che si cela nel profondo dentro di loro, dietro pesanti porte.
Ma come trovarlo? Ascoltando o non ascoltando? Cercando o lasciandosi cercare?
Eppure è lì. Non è difficile averne presentimento.
Come un buco nero che attrae a se le stelle attorno ad esso, molti dei loro sentimenti vi ruotano attorno, e risplendono delle loro massime espressioni, sotto forma di opere d’arte, azioni o realizzazioni di una vita, con significati che spesso loro stessi non sanno spiegare.
Tendere le mani verso una felicità sempre un passo troppo lontana. Il vuoto che lasciano le cose perdute. Il vuoto che cose senza valore non riescono a riempire. Il desiderio di dare un senso, ma a cosa non capiscono. Un “no” che sussurra nella loro anima, ma un “no” cosa?
Paura di morire. Paura di vivere. Sopportare, sopravvivere, lottare, rassegnarsi… Infinite parole per spingersi avanti.
E così ognuno di loro passa attraverso la vita come attraverso una calca di estranei. C’è che li colpisce. C’è chi li accarezza. C’è chi gli insegna. C’è chi li illude. Un mare di eventi che fendono senza viverli appieno. Sofferenze e gioia, si affrettano a superare quelle di domani portandosi ancora dietro quelle di ieri.
E corrono, corrono, corrono verso il futuro senza vivere il presente… Ma per cosa?
Per vedere cosa c’è alla fine.
Per comprendere il loro ruolo in questo scenario.
Per capire perché sono qui, ad affannarsi verso il domani e verso l’ignoto…

…Ritornai con la mente al presente. Quaggiù, sulla confortevole superficie del luogo a cui ancora appartenevo.
Si stava facendo tardi. Mia madre mi stava chiamando da casa. La cena era pronta.
Le stelle del crepuscolo erano diventate un’infinità, e la Via Lattea rifulgeva presuntuosa sopra di me.
Il cielo era così alto.
Iniziava a fra fresco, in quella sera al calar dell’estate, e l’umidità si stava posando sull’erba della collina e sui miei capelli.
Mi rialzai e mi sbrigai verso casa, di corsa, prima di fare arrabbiare mia madre, ma ancora incapace di togliermi dalla testa il pensiero di quell’oscuro viaggiatore nel tramonto, a quella sonda, l’oggetto più distante da noi creato, ormai più distante anche dei sogni…
Ed allo stesso modo ora mi chiedo… Quanto distante andrò io?
Dove ci porterò la nostra strada, prima che su di noi cali il crepuscolo?


Il Club degli Autori - Concorsi Letterari - Montedit - Consigli Editoriali - Il Club dei Poeti
Chi siamo
La Rivista
La voce degli Autori
Tutti i nostri Autori
Per iscriversi
ClubNews
Il notiziario gratuito
Ultimi inserimenti
Homepage
Avvenimenti
Novità & Dintorni
i Concorsi
Letterari
Le Antologie
dei Concorsi
Tutti i nostri
Autori
La tua
Homepage
su Club.it